Ordinanza n. 309/98

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ORDINANZA N.309

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità dell’art. 22, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), promosso con ordinanza emessa il 2 giugno 1997 dal Pretore di Trieste nel procedimento penale a carico di Bruss Alberto, iscritta al n. 663 del registro ordinanza 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Udito nella camera di consiglio del 6 maggio 1998 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che, nel corso di un procedimento penale per violazioni edilizie, il Pretore di Trieste, con ordinanza del 2 giugno 1997 (r.o. n. 663 del 1997), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), nella parte in cui non prevede la estensione della durata della sospensione dell’azione penale relativa alle violazioni edilizie fino alla definizione dell’eventuale ricorso giurisdizionale avverso il diniego di rilascio di concessione edilizia in sanatoria;

che, ad avviso del giudice a quo, la disposizione censurata violerebbe gli artt. 3 e 24 della Costituzione, ponendosi irragionevolmente in contrasto con la esigenza di evitare pronunce difformi del giudice penale e di quello amministrativo, con gravi conseguenze in caso di sentenza penale di condanna con ordine di demolizione, e ledendo, altresì, il principio costituzionale di tutela giurisdizionale dell’interessato nei confronti del rifiuto di concessione in sanatoria.

Considerato che questa Corte, già con la sentenza n. 85 del 1998, pronunciata con riferimento alla diversa ipotesi di domanda di condono, in relazione alla quale l’art. 39, comma 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 non prevede la sospensione dell’azione penale in pendenza della impugnazione in via giurisdizionale del provvedimento di diniego della domanda di autorizzazione paesaggistica in sanatoria per opere abusive in zona sottoposta a vincolo, ha affermato che sul piano costituzionale non si pone per il legislatore, come soluzione obbligata, la sospensione del procedimento penale, quando sia pendente avanti ad un altro giudice una controversia che debba risolvere una questione su un atto pregiudiziale alla definizione del primo processo, essendosi anzi andato affermando, in sede di disciplina positiva, il principio della separazione dei giudizi e della autonomia ed indipendenza delle giurisdizioni civile, amministrativa e tributaria da un lato, e penale dall’altro, con le sole previsioni di ipotesi derogatorie tassativamente previste da leggi;

che con la stessa decisione la Corte ha rilevato che la mancata previsione della sospensione dell’azione penale non comporta l’obbligo per il giudice penale di procedere in ogni caso, giungendo alla condanna dell’imputato anche in pendenza avanti al giudice amministrativo di giudizi sul diniego di rilascio di concessione edilizia in sanatoria, potendo infatti egli esercitare tutti i poteri processuali relativi alla scansione del procedimento, anche in ordine alle verifiche istruttorie, ai tempi delle varie fasi, fino alla eventuale applicazione, ove ne sussistano i presupposti, della sospensione del dibattimento ex art. 479 cod.proc.pen., con effetti sospensivi del decorso della prescrizione;

che pertanto la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Trieste con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Riccardo CHIEPPA

Depositata in cancelleria il 22 luglio 1998.