Ordinanza n. 16/2000

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ORDINANZA N. 16

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI 

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv. Massimo VARI 

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

- Dott. Franco BILE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito delle delibere del 16 marzo 1999 della Camera dei deputati relative alla insindacabilità dei fatti per i quali è in corso il procedimento penale n. 4771/98 nei confronti degli onorevoli Roberto Maroni ed altri, promosso dalla Corte di appello di Milano - sezione IV penale, con ricorso depositato il 5 agosto 1999 ed iscritto al n. 127 del registro ammissibilità conflitti.

 Udito nella camera di consiglio del 24 novembre 1999 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

 Ritenuto che la Corte di appello di Milano procede nei confronti dei deputati Roberto Maroni, Umberto Bossi, Mario Borghezio, Davide Carlo Caparini, Piergiorgio Martinelli e Roberto Calderoli, appellanti avverso la sentenza del Pretore di Milano, che li aveva condannati per i reati di cui agli artt. 110, 337, 339 e 110, 341, quarto comma, del codice penale, in relazione ai fatti commessi in Milano durante una perquisizione disposta dal Procuratore della Repubblica di Verona nei confronti di tale Marchini Corinto, e poi estesa ad un locale ritenuto nella disponibilità del predetto presso la sede di Milano del Partito Lega Nord;

 che la Camera dei deputati, con deliberazioni adottate in assemblea il 16 marzo 1999, discostandosi parzialmente dalle proposte della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ha ritenuto l'insindacabilità, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, dei fatti oggetto di entrambe le imputazioni di resistenza e di oltraggio contestate ai deputati Maroni, Bossi, Caparini, Martinelli e Calderoli, mentre nei confronti del deputato Borghezio, anch'egli imputato di entrambi i reati, la deliberazione di insindacabilità ha avuto per oggetto solo i fatti relativi all'imputazione di oltraggio;

 che la Corte di appello di Milano ha sollevato, con ordinanza in data 8 giugno 1999, conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, contestando l'uso non corretto «del potere di decidere con riferimento alla ricorrenza dei presupposti di applicabilità dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, come esercitato dalla Camera dei deputati con delibere del 16 marzo 1999»;

 che la ricorrente, richiamando le sentenze di questa Corte n. 289 del 1998 e n. 375 del 1997, rileva che la prerogativa costituzionale riguarda i soli comportamenti dei membri delle Camere funzionali all'esercizio del mandato parlamentare e non si estende all'intera attività politica del deputato, in quanto «tale interpretazione finirebbe per vanificare il nesso funzionale posto dall'art. 68, primo comma, e comporterebbe il rischio di trasformare la prerogativa in un privilegio personale»;

 che, in particolare, la Corte ricorrente dubita che nell'azione di difesa di una posizione programmatica e politica si possa configurare, «solo perché non estranea a rivendicazioni avanzate anche nell'ambito parlamentare, quel nesso con le funzioni proprie dei deputati... che è presupposto essenziale del potere valutativo attribuito alle Camere»;

 che il nesso funzionale sarebbe ancor meno ravvisabile con riferimento a comportamenti di violenza e minaccia per opporsi a pubblici ufficiali, come d'altronde ritenuto dalla stessa Giunta per le autorizzazioni a procedere, che aveva escluso qualsiasi possibile collegamento tra le funzioni parlamentari e le condotte riconducibili al reato di resistenza a pubblico ufficiale, «ancorché lette nel contesto di protesta ideologica da cui si muove l'azione politica della Lega Nord»;

 che le delibere parlamentari di insindacabilità avrebbero quindi compresso la sfera di attribuzioni proprie del potere giudiziario, precludendo alla Corte ricorrente «la cognizione... in ordine alla rilevanza penale dei fatti contestati e alla loro riferibilità agli imputati».

 Considerato che in questa fase la Corte è chiamata preliminarmente a decidere, senza contraddittorio, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, se il ricorso sia ammissibile, in quanto esista materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, in riferimento ai requisiti soggettivi e oggettivi richiamati dal primo comma dello stesso articolo, impregiudicata ogni definitiva decisione anche sull'ammissibilità;

 che la Corte di appello di Milano è legittimata a sollevare il conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene nell'ambito delle funzioni giurisdizionali ad essa attribuite in relazione al giudizio penale pendente per i reati di resistenza ed oltraggio a pubblico ufficiale, in conformità al principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo il quale i singoli organi giurisdizionali, svolgendo le loro funzioni in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita, sono legittimati ad essere parte nei conflitti di attribuzione;

 che, parimenti, la Camera dei deputati è legittimata ad essere parte del presente conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta in ordine all'applicabilità dell'art. 68, primo comma, Cost. (v., da ultimo, ordinanze nn. 363, 362, 319 del 1999);

 che, per quanto attiene al profilo oggettivo del conflitto, la Corte di appello di Milano lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione costituzionalmente garantita, in conseguenza dell'esercizio, ritenuto illegittimo per erroneità dei relativi presupposti, del potere, spettante alla Camera dei deputati, di dichiarare l'insindacabilità, a norma dell'art. 68, primo comma, Cost., delle opinioni espresse dai propri membri nell'esercizio delle loro funzioni (v., da ultimo, ordinanze nn. 363,362 e 319 del 1999);

 che dall'ordinanza possono ricavarsi le "ragioni del conflitto" e "le norme costituzionali che regolano la materia", come richiesto dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dalla Corte di appello di Milano, sezione IV penale, nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe;

 dispone:

a)                               che la cancelleria della Corte dia comunicazione della presente ordinanza alla Corte di appello di Milano, sezione IV penale, ricorrente;

b)                               che gli atti introduttivi del conflitto e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati alla Camera dei deputati entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, a norma dell'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2000.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 17 gennaio 2000.