ORDINANZA N. 414
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del 7 luglio 1998 della Camera dei deputati relativa all’insindacabilità delle opinioni espresse dall’On. Amedeo Matacena nei confronti del dott. Vincenzo Macrì, promosso dal Tribunale di Reggio Calabria, con ricorso depositato il 17 aprile 1999 ed iscritto al n. 116 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 29 settembre 1999 il giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che nel corso di un procedimento penale instaurato nei confronti del deputato Amedeo Matacena, per distinti reati di diffamazione aggravata, a mezzo stampa ovvero a mezzo trasmissione televisiva (art. 595 cod. pen., in relazione agli artt. 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e 30 della legge 6 agosto 1990, n. 223), in danno di Vincenzo Macrì, sostituto procuratore della Repubblica addetto alla Direzione nazionale antimafia, il Tribunale di Reggio Calabria ha sollevato, con ordinanza depositata il 17 aprile 1999, conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione del 7 luglio 1998 con la quale la medesima Camera, approvando la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ha dichiarato che taluni dei fatti per i quali è in corso il procedimento penale (e precisamente quelli ascritti a titolo di diffamazione aggravata dall’uso del mezzo televisivo) concernono opinioni espresse dal deputato Matacena nell’esercizio delle sue funzioni, con conseguente insindacabilità, a norma dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che il Tribunale, premesso che sono contestati al deputato reati di diffamazione in relazione a) ad appellativi espressi dal deputato nei confronti del magistrato nel corso di una conferenza stampa e altresì nell’ispirazione di un articolo apparso su un quotidiano, e b) all’attribuzione al magistrato di fatti non corrispondenti al vero, e perciò lesivi della reputazione dello stesso, nel corso di una intervista televisiva presso un’emittente locale, ritiene che la deliberazione parlamentare di insindacabilità a norma dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, benché concernente soltanto il secondo episodio (sub b), debba intendersi estesa al primo (sub a), nell’assunto dell’unitarietà temporale e sostanziale della vicenda, che ha del resto condotto alla riunione dei due correlativi procedimenti penali originariamente distinti;
che ad avviso del ricorrente Tribunale le frasi utilizzate dal deputato, per il loro tenore obiettivo, esulano dall’espressione di opinioni politiche, sia pure svolte in toni accesi, rappresentando una denigrazione dettata da ragioni personali e non collegabili con il mandato parlamentare;
che l’affermazione della prerogativa dell’insindacabilità da parte dell’Assemblea non può dunque, secondo il Tribunale, essere condivisa, perché, nel caso di specie, non risulta il nesso funzionale tra il comportamento posto in essere e la carica rivestita, nesso che è il presupposto perché l’insindacabilità possa essere riconosciuta;
che pertanto il ricorrente chiede l’annullamento della delibera della Camera dei deputati, in quanto lesiva delle attribuzioni del potere giurisdizionale.
Considerato che in questa fase del giudizio, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte è chiamata a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile, esistendo la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche in punto di ammissibilità;
che è costante nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione che il conflitto promosso dall’autorità giudiziaria, chiamata a giudicare della eventuale responsabilità (nella specie, penale) di un parlamentare per dichiarazioni o altre espressioni da lui rese, nei confronti della Camera che abbia valutato tali comportamenti come costituenti opinioni espresse dal parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni e perciò riconducibili alla previsione dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, verte, sotto il profilo oggettivo, su attribuzioni costituzionalmente garantite agli organi della giurisdizione, che si assumono lese dalla deliberazione dell’Assemblea parlamentare, e insorge, sotto il profilo soggettivo, tra organi competenti a dichiarare in via definitiva la volontà del potere cui appartengono (da ultimo, ordinanze nn. 363, 362 e 319 del 1999);
che pertanto, alla stregua delle osservazioni che precedono, il presente conflitto deve ritenersi ammissibile, peraltro limitatamente all’oggetto quale definito dal contenuto della deliberazione della Camera dei deputati che si assume lesiva delle attribuzioni costituzionali del giudice ricorrente (v. sentenze nn. 252 del 1999 e 265 del 1997; ordinanze nn. 131 del 1999 e 179 del 1998), deliberazione che si riferisce, espressamente, soltanto a uno dei diversi fatti che sono contestati al deputato a titolo di diffamazione nel procedimento penale pendente dinanzi al ricorrente Tribunale di Reggio Calabria.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto con il ricorso indicato in epigrafe dal Tribunale di Reggio Calabria, in relazione alla delibera adottata il 7 luglio 1998 dalla Camera dei deputati;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia comunicazione della presente ordinanza al Tribunale di Reggio Calabria, ricorrente;
b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere depositati nella cancelleria della Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, secondo l’art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in cancelleria il 29 ottobre 1999.