ORDINANZA N. 272
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura) e degli artt. 1 e 2 della legge 6 agosto 1984, n. 425 (Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati), promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1997 dal Pretore di Siena nel procedimento civile vertente tra Meocci Giovanni ed altri e il Ministero delle finanze, iscritta al n. 734 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1997.
Visti l'atto di costituzione di Meocci Giovanni ed altri nonchè gli atti di intervento dell'Associazione Nazionale Giudici Tributari e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 23 marzo il Giudice relatore Fernanda Contri;
uditi l'avvocato Ettore Valenti per Meocci Giovanni ed altri e l'Avvocato dello Stato Michele Di Pace per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il Pretore di Siena, con ordinanza emessa il 23 giugno 1997, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97, 101 e 108 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura), che ha istituito a favore dei magistrati ordinari un’indennità non pensionabile in relazione agli oneri che essi incontrano nell’esercizio della loro attività, e degli artt. 1 e 2 della legge 6 agosto 1984, n. 425 (Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati), che hanno esteso tale indennità ai magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti, dei tribunali amministrativi regionali, della giustizia militare ed agli avvocati e procuratori dello Stato, nella parte in cui non comprendono i componenti le commissioni tributarie tra i beneficiari di detta indennità;
che ad avviso del rimettente l’art. 1 della legge 6 agosto 1984, n. 425 - che dispone che l’art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, si interpreta nel senso che l’indennità spetta solo ai magistrati dell’ordine giudiziario - avrebbe introdotto un diverso trattamento retributivo, da un lato per i magistrati appartenenti alle giurisdizioni ordinaria, amministrativa, contabile e militare, e dall’altro per i componenti di altri organi giurisdizionali, quali le commissioni tributarie, pur se soggetti anch’essi alla legge;
che la ragione del diverso trattamento sarebbe venuta meno dopo che, con la legge 18 maggio 1974, n. 217, l’indennità é stata riconosciuta ai vice pretori onorari reggenti l’ufficio e, con la legge 25 ottobre 1985, n. 795, anche ai giudici popolari delle corti di assise, di modo che sarebbe priva di qualsiasi ragionevolezza una distinzione fondata sulla funzione svolta dai componenti le commissioni tributarie e in particolare sulla natura onoraria della stessa;
che si sono costituiti davanti alla Corte i ricorrenti del giudizio a quo, chiedendo che venga accolta la questione sollevata dal Pretore di Siena o, in subordine, che gli atti vengano rimessi a detto giudice perchè lo stesso si pronunci secondo un’interpretazione estensiva della legge 6 agosto 1984, n. 425;
che, secondo le parti private, per i componenti le commissioni tributarie, in ragione degli obblighi e degli oneri loro imposti, si costituirebbe un rapporto di servizio continuativo ed a tempo indeterminato, il cui contenuto consisterebbe nell’esplicazione in modo professionale, pur se non esclusivo, di attività giurisdizionale in materia tributaria, ciò che renderebbe irrazionale la mancata corresponsione della speciale indennità istituita a favore dei magistrati ordinari;
che il mancato riconoscimento dell’indennità violerebbe anche l’art. 36 della Costituzione posto che il principio del diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro impone al legislatore di attribuire lo stesso trattamento economico a coloro che esplicano le medesime mansioni, come stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 264 del 1983;
che é intervenuto nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare non fondata la questione;
che nel giudizio davanti alla Corte é intervenuta fuori termine, depositando una propria memoria, anche l’Associazione nazionale dei giudici tributari, chiedendo l’accoglimento della questione di costituzionalità sollevata dal Pretore di Siena;
che le parti ricorrenti nel giudizio a quo hanno depositato memorie difensive in prossimità dell’udienza.
Considerato che, impregiudicata ogni questione relativa all’ammissibilità dell’intervento dell’Associazione nazionale dei giudici tributari, lo stesso deve essere preliminarmente dichiarato irricevibile, dal momento che la memoria é stata depositata fuori termine;
che, come più volte affermato da questa Corte – ordinanze nn. 379, 515 e 594 del 1989, ordinanza n. 57 del 1990 - i compensi dei componenti le commissioni tributarie e degli altri giudici onorari non sono assimilabili alla vera e propria retribuzione, ma consistono in semplici emolumenti, la cui disciplina esula dalla previsione dell’art. 108 della Costituzione, e la loro misura é inidonea ad incidere sull’indipendenza del giudice;
che le posizioni dei magistrati che svolgono professionalmente e in via esclusiva funzioni giurisdizionali e quelle dei componenti le commissioni tributarie, che esercitano funzioni onorarie, non sono fra loro raffrontabili ai fini della valutazione del rispetto del principio di eguaglianza, in quanto il compenso per i secondi é previsto per un’attività che essi non esercitano professionalmente bensì, di massima, in aggiunta ad altre attività svolte in via primaria, e quindi non si impone che agli stessi venga riconosciuto il medesimo trattamento economico di cui beneficiano i primi;
che, come affermato da questa Corte con l’ordinanza n. 377 del 1987, non rientra nei compiti della Corte ma nel magistero del legislatore stabilire se e quale indennità sia dovuta ai funzionari onorari per l’opera da essi prestata;
che la disciplina del contenzioso tributario di cui all’art. 13 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) ha previsto per i componenti le commissioni tributarie compensi fissi – determinati e rideterminabili con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro - ed ancora compensi aggiuntivi che tengono conto della specifica attività in concreto da essi svolta, ciò che ulteriormente esclude che il mancato riconoscimento dell’indennità di cui trattasi possa configurare un attentato all’indipendenza dei loro componenti;
che pertanto la questione di legittimità costituzionale é manifestamente infondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura) e degli artt. 1 e 2 della legge 6 agosto 1984, n. 425 (Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97, 101 e 108 della Costituzione, dal Pretore di Siena con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 30 giugno 1999.