ORDINANZA N. 153
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 2, e 37, comma 1, lettere a) e b) del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 22 dicembre 1997 dalla Corte d'Appello di Ancona nel procedimento penale a carico di I. F. ed altra, iscritta al n. 129 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Udito nella camera di consiglio del 24 marzo 1999 il Giudice relatore Guido Neppi Modona
Ritenuto che con ordinanza del 22 dicembre 1997 la Corte di appello di Ancona, chiamata a decidere su di una dichiarazione di ricusazione proposta dagli imputati nei confronti del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Fermo, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 2, e 37, comma 1, lettere a) e b), del codice di procedura penale (quest’ultimo richiamato solo per relationem), nelle parti in cui tali norme non prevedono l’incompatibilità del giudice per le indagini preliminari che abbia in precedenza emesso decreto di archiviazione ad esercitare funzioni giurisdizionali sul medesimo fatto ex art. 409, commi 2, 3, 4 e 5, cod. proc. pen., ovvero nell’udienza preliminare;
che il giudice rimettente premette: che gli imputati, rinviati a giudizio per ricettazione e assolti nel giudizio di appello, avevano denunciato per falsa testimonianza i testimoni che, con le loro dichiarazioni, avevano determinato il rinvio a giudizio; che il giudice per le indagini preliminari aveva disposto l’archiviazione per essere insussistente il delitto di falsa testimonianza; che a carico dei denuncianti era stato instaurato procedimento penale per calunnia; che per tale reato il giudice per le indagini preliminari, andando in contrario avviso rispetto alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, aveva fissato udienza in camera di consiglio ex art. 409 cod. proc. pen.; che i soggetti sottoposti alle indagini preliminari per calunnia avevano proposto dichiarazione di ricusazione nei confronti del giudice per le indagini preliminari;
che il giudice rimettente precisa inoltre che il precedente procedimento, nel quale aveva disposto l’archiviazione per il reato di falsa testimonianza, pur essendo formalmente diverso, aveva ad oggetto la medesima vicenda processuale;
che il giudice a quo - richiamata la sentenza di questa Corte n. 371 del 1996, nonchè le successive sentenze nn. 306, 307 e 308 del 1997, secondo cui ricorre la situazione di incompatibilità anche quando alla pluralità formale dei procedimenti corrisponde l’unicità sostanziale della vicenda portata a giudizio - ritiene che la previsione delle incompatibilità solo con riferimento alla funzione di giudizio, e non anche in relazione alle funzioni giurisdizionali svolte dal giudice per le indagini preliminari quando dispone l’archiviazione ovvero assume i provvedimenti conclusivi dell’udienza preliminare, determina una violazione dei principi di ragionevolezza, di imparzialità del giudice e del giusto processo, in relazione al diritto di difesa, stante la propensione del giudice a confermare la propria precedente decisione, ed é fonte di irragionevole disparità di trattamento tra situazioni sostanzialmente (anche se non formalmente) uguali.
Considerato che nel procedimento a quo la rilevanza della questione va circoscritta alle decisioni che il giudice per le indagini preliminari é chiamato ad assumere nell’udienza in camera di consiglio fissata ex art. 409 cod. proc. pen., e non può essere estesa alle eventuali successive funzioni giurisdizionali che il medesimo giudice potrebbe essere chiamato a svolgere nell’udienza preliminare;
che, alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte, la disciplina delle incompatibilità é volta ad evitare che l’attività di "giudizio", cioé la valutazione sul merito dell’accusa, possa essere, o apparire, pregiudicata da precedenti valutazioni di merito assunte dallo stesso giudice sul medesimo fatto e non si riferisce anche ad "altre attività processuali anteriori o propedeutiche al giudizio" (v. da ultimo ordinanze 191 e 91 del 1998 e sentenza n. 131 del 1996);
che, pertanto, la relazione di incompatibilità ha come esclusivo termine di riferimento il giudizio vero e proprio, cioé l’accertamento di merito sulla responsabilità dell’imputato nella fase del giudizio (cfr. in tale senso, tra le tante, sentenze nn. 124 del 1992 e 401 del 1991, nonchè le più recenti ordinanze sopra menzionate), mentre tale non può considerarsi, qualunque ne sia il contenuto, la decisione del giudice per le indagini preliminari in tema di archiviazione pronunciata ex art. 409 cod. proc. pen.;
che il rimettente, nel prospettare l’analogia tra le decisioni del giudice per le indagini preliminari nell’udienza in camera di consiglio ex art. 409 cod. proc. pen. e le pronunce di merito emesse nella fase del giudizio, non tiene conto della differenza tra la natura interlocutoria e sommaria delle prime e la pienezza della valutazione sulla responsabilità che caratterizza le seconde;
che la questione va pertanto dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 2, e 37, comma 1, lettere a) e b), del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, dalla Corte di appello di Ancona, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 aprile 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Depositata in cancelleria il 30 aprile 1999.