Ordinanza n. 152/99

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ORDINANZA N. 152

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI           

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 19 settembre 1997 dal Pretore di Livorno nel procedimento penale a carico di Z. A. ed altri, iscritta al n. 880 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, dell'anno 1997.

  Udito nella camera di consiglio del 24 marzo 1999 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che con ordinanza del 19 settembre 1997 il Pretore di Livorno ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 77 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità ad esercitare le funzioni di giudice del dibattimento del giudice per le indagini preliminari che abbia in precedenza pronunciato nei confronti dei medesimi imputati decreto di archiviazione "parziale" ai sensi dell’art. 411 cod. proc. pen. in relazione ad alcuni reati "concorrenti";

  che il rimettente premette: di avere pronunciato, in qualità di giudice per le indagini preliminari, decreto di archiviazione per intervenuta prescrizione in relazione ai reati di lesioni volontarie, oltraggio a pubblico ufficiale e inosservanza di un provvedimento dell’Autorità; di avere poi ordinato la restituzione degli atti al pubblico ministero per l’ulteriore corso in relazione al delitto di resistenza a pubblico ufficiale, commesso nello stesso contesto dai medesimi imputati; di essere ora chiamato a giudicare tale reato in qualità di giudice del dibattimento, pur avendo in precedenza preso visione di tutti gli atti di indagine e, quindi, anche di quelli relativi all’odierna imputazione;

  che ad avviso del rimettente la ratio dell’incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento va individuata nell’esigenza di evitare che "il giudice del merito abbia avuto, in precedenza, conoscenza degli elementi d’accusa relativi al reato di cui é chiamato a conoscere e giudicare", nonchè di scongiurare il rischio di una sorta di "pregiudizio" da parte del giudice del dibattimento;

che l’omessa previsione nel caso in esame di una situazione di incompatibilità si porrebbe pertanto in contrasto con l’art. 77 Cost., per violazione della direttiva n. 67 della legge delega - in relazione alla direttiva n. 52 - stante l’assimilazione del decreto di archiviazione ex art. 411 cod. proc. pen. alla sentenza di non luogo a procedere per estinzione del reato, nonchè con l’art. 3 Cost. per l’ingiustificata disparità di trattamento tra "situazioni giuridiche processuali identiche".

Considerato che, contrariamente a quanto sostiene il giudice rimettente, la mera conoscenza degli atti del medesimo procedimento, non accompagnata da una valutazione contenutistica, di merito, sui risultati delle indagini, non ha effetti pregiudicanti sulla funzione di giudizio (v. in tale senso sentenze n. 455 del 1994 e n. 502 del 1991);

che inoltre, alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte, l’atto pregiudicante che comporta una situazione di incompatibilità per la funzione di giudizio deve comunque avere per oggetto la medesima res iudicanda (v. sentenze nn. 455 del 1994, 439 del 1993, 186 e 124 del 1992);

che nel caso di specie il rimettente, in qualità di giudice per le indagini preliminari, ha pronunciato decreto di archiviazione per intervenuta prescrizione nei confronti di reati diversi da quello su cui é chiamato a svolgere la funzione di giudizio, e si é limitato a prendere visione degli atti di indagine, senza esprimere alcuna valutazione contenutistica, di merito, sui risultati delle indagini stesse;

che la questione va pertanto dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt.26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 del codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 77 della Costituzione, dal Pretore di Livorno, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 aprile 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 30 aprile 1999.