SENTENZA N.325
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge 16 marzo 1988, n. 88 (Norme sugli accordi interprofessionali e sui contratti di coltivazione e vendita dei prodotti agricoli), promosso con ordinanza emessa il 20 settembre 1997 dal Tribunale di Padova nei procedimenti civili riuniti vertenti tra la Sipa s.r.l. e l’Associazione Fucentina ed altra, iscritta al n. 60 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Udito nella camera di consiglio del 17 giugno 1998 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.
Ritenuto in fatto
1.— Nel corso del giudizio civile promosso dalla Sipa s.r.l. contro l'Associazione produttori di patate di Avezzano il Giudice unico del Tribunale di Padova ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge 16 marzo 1988, n. 88 (Norme sugli accordi interprofessionali e sui contratti di coltivazione e vendita dei prodotti agricoli).
Osserva il giudice a quo che nel caso in esame la parte convenuta ha eccepito il difetto di giurisdizione dell'autorità adita, in conseguenza della previsione di cui all'impugnata norma - previsione recepita anche dall'art. 10 dell'accordo interprofessionale per la patate concluso il 2 giugno 1995 presso il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali - secondo cui eventuali controversie che dovessero insorgere tra le parti saranno rimesse alla decisione di un collegio arbitrale. Il testo dell'art. 11 della legge n. 88 del 1988 impone di definire l'arbitrato in questione come obbligatorio (o necessario), non prevedendosi per le parti alcuna possibilità di deroga. E da tanto consegue, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (che prende inizio dalla sentenza n. 127 del 1977), l'illegittimità costituzionale dell'impugnata norma, la cui declaratoria acquista un'importanza preliminare nel giudizio a quo.
2.— Non si sono costituite parti private, nè ha prestato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1.— Il Giudice unico del Tribunale di Padova dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione, dell'art. 11 della legge 16 marzo 1988, n. 88 (Norme sugli accordi interprofessionali e sui contratti di coltivazione e vendita dei prodotti agricoli), ritenendo che tale norma preveda una forma di arbitrato obbligatorio che non consente alle parti di optare per la risoluzione in via giudiziaria delle controversie.
2.— La questione é fondata.
Costituisce orientamento consolidato di questa Corte (v. le sentenze n. 127 del 1977, n. 488 del 1991, n. 49 del 1994, n. 206 del 1994, n. 232 del 1994, n. 54 del 1996, n. 152 del 1996 e n. 381 del 1997) quello per cui l'arbitrato trova il proprio legittimo fondamento nella concorde volontà delle parti, sicchè l'obbligatorietà ex lege del medesimo si traduce in un'illegittima compressione del diritto di difesa ed in una violazione del principio della tutela giurisdizionale. D'altronde l'arbitrato può ritenersi effettivamente non obbligatorio solo quando sia consentito a ciascuna delle parti in contesa, con decisione anche unilaterale, di adire il giudice ordinario.
La norma impugnata stabilisce che per le controversie "che riguardino l'interpretazione o l'esecuzione degli accordi interprofessionali o dei contratti di coltivazione e vendita, le parti si rimettono al giudizio di un collegio arbitrale", con una formula sostanzialmente recepita anche dall'art. 10 dell'accordo interprofessionale del 2 giugno 1995 relativo alla campagna 1995 per le patate destinate alla trasformazione industriale.
Ora, pur non essendo il testo legislativo formulato in modo particolarmente chiaro, appare corretto l'assunto del giudice rimettente secondo cui la norma impugnata prevede una forma di arbitrato obbligatorio, dal momento che la medesima non lascia in effetti alcun margine all'eventuale difforme volontà di una delle parti di affidare la causa al giudizio dell'Autorità giudiziaria ordinaria. Ed inoltre la legge individua a priori il collegio che sarà chiamato alla decisione.
Ne consegue che nella presente ipotesi valgono le stesse ragioni più volte indicate da questa Corte nelle sentenze sopra richiamate, che hanno concluso con la declaratoria di illegittimità costituzionale.
3.— Quanto all’osservazione che nel caso di specie – essendo stato l’obbligo di ricorrere all’arbitrato recepito nell'accordo interprofessionale già menzionato – le singole parti, aderendo alle associazioni che avevano concluso tale accordo, sarebbero vincolate da una clausola compromissoria, deve ritenersi che tale argomentazione non possa essere condivisa.
Ed invero, a prescindere dal rilievo che in questa sede ciò che viene in esame é solo il contenuto dell’atto avente forza di legge sottoposto a scrutinio, va considerato che l’adesione alle associazioni di categoria stipulanti gli accordi interprofessionali, é condizione pressochè indispensabile per l’effettivo inserimento nel mercato; per cui non se ne può dedurre per implicito anche l’accettazione di una clausola nella piena e consapevole autonomia delle singole parti della controversia.
Quello che invece va ribadito é che la presente declaratoria di illegittimità costituzionale non impedisce, alla stregua dei principi di cui ai parametri costituzionali richiamati dal giudice a quo e degli indirizzi emersi in sede comunitaria per il commercio dei prodotti agricoli (Regolamenti CEE 2036/91, 3477 e 3478/92), che i soggetti dei rapporti contrattuali possano effettivamente scegliere – tramite compromesso o clausola compromissoria veri e propri – di devolvere la decisione delle controversie insorte sui contratti stessi ad un collegio arbitrale; che in tal caso risulterà investito della sua funzione non in forza di una norma di legge, bensì di una autonoma manifestazione di volontà delle parti.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 11, primo comma, della legge 16 marzo 1988, n. 88 (Norme sugli accordi interprofessionali e sui contratti di coltivazione e vendita dei prodotti agricoli) nella parte in cui non prevede che la competenza arbitrale possa essere derogata anche con atto unilaterale di ciascuno dei contraenti.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1998.
Presidente: Giuliano VASSALLI
Redattore: Fernando SANTOSUOSSO
Depositata in cancelleria il 24 luglio 1998.