SENTENZA N.270
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso della Regione Lombardia notificato il 26 aprile 1997 depositato in Cancelleria il 30 successivo per conflitto di attribuzione sorto a seguito dell’ordinanza del Ministero della sanità, prot. 600.8./VET/24436/AG/12/635, recante "Norme transitorie per la identificazione degli animali della specie bovina e bufalina" nonchè del telegramma, prot. n. 600.8./VET/24486/12/AG/578 del direttore generale del Dipartimento alimentazione, nutrizione e sanità pubblica veterinaria del Ministero della sanità ed iscritto al n. 27 del registro confitti 1997.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 27 gennaio 1998 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;
uditi l’avvocato Giuseppe Ferrari per la Regione Lombardia.
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso notificato il 26 aprile 1997 e depositato il 30 successivo, la Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione all’ordinanza del Ministero della sanità prot.600.8/VEET/24436/AG/12/635 (26 febbraio 1997) intitolata "Norme transitorie per la identificazione degli animali della specie bovina e bufalina" pervenuta alla Regione il 27 febbraio 1997, e alla nota telegrafica 21 febbraio 1997, pervenuta il 24 febbraio, a firma del direttore generale del Dipartimento alimentazione nutrizione sanità pubblica veterinaria del Ministero della sanità.
La ricorrente sottolinea che con d.P.R. 30 aprile 1996, n. 317 (Regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 92/102/CEE relativa all’identificazione e alla registrazione degli animali) é stato disciplinato il sistema di identificazione e registrazione degli animali della specie bovina e bufalina.
In particolare l’art. 4 del regolamento prevede che per il tramite dell’apposizione di marchio da parte dell’azienda di origine si identifichino gli animali delle specie anzidette.
La disciplina di dettaglio, attuativa del regolamento, é stata adottata con circolare del 14 agosto 1996, n. 11 denominata "Norme tecniche di indirizzo per l’applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1996, n.317".
La circolare, oltre a dettare ulteriori prescrizioni sulla punzonatura e marca auricolare, dà vita ad un regime transitorio che consente, fino all’attuazione del sistema di identificazione a regime, la protrazione del sistema vigente al fine di perseguire "il contemperamento delle esigenze della nuova disciplina con prassi preesistenti ed esigenze locali".
La Regione ricorrente sottolinea come, nonostante l’astratta invasività della descritta normativa, abbia consapevolmente prestato acquiescenza, fidando nella "ragionevole attuazione della nuova normativa".
Di contro, con gli atti impugnati, il Ministero della sanità ha fissato il termine ultimo di utilizzazione del sistema di punzonatura al 31 dicembre 1997, prescrivendo una serie di modalità esecutive fra le quali spicca quella di acquistare i marchi auricolari presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise "G.Caporale" di Teramo, che viene qualificato come centro di referenza, con il quale i servizi veterinari regionali si dovrebbero rapportare, concordando con esso, oltre con l’AIMA e il Ministero, le modalità tecniche e la frequenza della trasmissione dei dati.
L’impugnazione é affidata ad un unico motivo, articolato nella violazione: degli artt. 11, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione; del d.P.R. 30 aprile 1996, n. 317 (Regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 92/102/CEE relativa alla identificazione e alla registrazione degli animali); del d.lgs. 24 luglio 1992, n.358 (t.u. delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture, in attuazione delle direttive /72/62/CEE, 80/767/CEE e 88/295/CEE) e di precedenti atti di indirizzo e coordinamento.
L’argomento di fondo da cui muovono le censure é che l’utilizzo delle marche a punzonatura per il bestiame bovino per un periodo transitorio previamente non determinato veniva incontro ad un duplice e concorrente ordine di esigenze: da un lato, consentiva che, fino all’adozione del sistema di identificazione a regime, le Regioni, modulando la scansione dei tempi tecnici di adeguamento in conformità alle realtà socioeconomiche locali, si vedessero riconosciuta l’attribuzione del potere di fissare autonomamente la cessazione del regime transitorio; dall’altro, che il sistema della punzonatura, con oneri economici minimi e di semplice esecuzione anche per le piccole aziende, avesse ancora margine di operatività almeno nei termini e modalità di cui agli atti normativi emessi dallo stesso Ministero della sanità, qualificabili, essi sì, come atti di indirizzo e coordinamento.
D’altra parte, secondo la ricorrente, l’ingente onere economico connesso all’acquisto diretto e alla distribuzione da parte delle Aziende-USL del materiale da utilizzare dagli allevatori, oltre a scontrarsi sul piano della coerenza con l’avvertita esigenza di ridurre i costi a carico del fondo sanitario, impone spese non debitamente autorizzate, perseguendo una logica di centralismo amministrativo non giustificata.
Da ultimo, rileva la Regione che l’approvvigionamento presso un unico fornitore, individuato con atto amministrativo, senza il rispetto della previa procedura di evidenza pubblica, viene in contrasto con i principi di fonte comunitaria sulla necessaria intermediazione della gara pubblica per le pubbliche forniture di cui al d.lgs. 24 luglio 1992, n. 358.
2.— Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, é intervenuto in giudizio chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o infondato.
La difesa erariale ha dedotto preliminarmente che il denunciato conflitto, per la natura delle norme assunte a termine di riferimento, non attinge il livello di costituzionalità proprio del sindacato esercitato dalla Corte: trattasi di violazioni di norme secondarie, contenute nel d.P.R. n. 317 del 1996 riguardanti attività tecniche.
Del resto, secondo l’Avvocatura, gli atti impugnati non sono altro che la coerente esecuzione di disposizioni contenute nel già richiamato regolamento, la cui finalità era quella di assicurare "l’osservanza di prioritarie misure sanitarie in materia di malattie animali", in adempimento di specifici obblighi comunitari dello Stato. Alla medesima stregua già la circolare n. 11 dava vita espressamente ad un regime transitorio; di talchè la mancata impugnazione di tali disposizioni, oltre a rendere evidente che l’esercizio del potere é ricompreso nelle attribuzioni spettanti allo Stato, non giustificherebbe sul piano logico-giuridico il ricorso avverso misure attuative, strumentali all’operatività di disposizioni non contestate quanto alla titolarità del potere.
Nel merito, a giudizio della resistente, la scelta dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e Molise sarebbe espressione di discrezionalità amministrativa sugli standard di professionalità, rimessa alla valutazione dell’amministrazione centrale; mentre eventuali costi aggiuntivi, lamentati dalla ricorrente, oltre a trovare giustificazione nell’interesse pubblico prevalente ad un sollecito e sicuro controllo veterinario, possono essere fronteggiati attingendo alla provvista del fondo sanitario regionale, la cui gestione é indistinta.
3.— Nell’imminenza dell’udienza la Regione ricorrente ha controdedotto alla memoria dell’Avvocatura, precisando che gli atti impugnati si configurano sostanzialmente come atti di esercizio del potere di indirizzo e coordinamento privi dei necessari requisiti formali (approvazione con delibera del Presidente del Consiglio dei ministri), nonchè "dell’imprescindibile fondamento primario" (sentenze n. 45 del 1993; n. 486 del 1992). D’altra parte, a giudizio della ricorrente, anche accedendo all’interpretazione proposta dall’Avvocatura, si giunge ugualmente alla declaratoria di invasività degli atti impugnati: se ritenuti atti amministrativi, difettano del necessario referente normativo che espressamente conferisca tale potere.
In ordine alla questione afferente la mancata impugnazione del regolamento n. 317 del 1996 e della circolare, costituenti gli atti prodromici di quelli impugnati, la Regione richiama la giurisprudenza della Corte, contraria all’indirizzo sostenuto dall’Avvocatura, laddove ha precisato termini e limiti del conflitto di attribuzione avente ad oggetto atti preceduti da altri provvedimenti normativi presupposti (sentenza n. 215 del 1996).
Considerato in diritto
1.— La questione sottoposta all’esame della Corte ha ad oggetto l’ordinanza del Ministero della sanità datata 26 febbraio 1997, riguardante "Norme transitorie per l’identificazione degli animali della specie bovina e bufalina", nonchè la nota telegrafica a firma del direttore generale del Dipartimento alimentazione nutrizione sanità pubblica veterinaria del Ministero della sanità, spedita il 21 febbraio 1997, nella parte in cui stabiliscono il termine perentorio di cessazione del regime transitorio, di cui al d.P.R. n. 317 del 1996, di identificazione con il sistema della punzonatura delle specie bovine, al 31 dicembre 1997, imponendo oneri economici alla Regione al fine di adeguarsi al regime definitivo, con la contestuale previsione di un fornitore.
In particolare la Regione ricorrente lamenta la violazione degli artt. 11, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, in quanto gli atti impugnati esautorerebbero la potestà normativa ed amministrativa della Regione, il cui esercizio si renderebbe necessario per salvaguardare le esigenze delle aziende locali in funzione delle quali il regime transitorio era diretto; nonchè del d.P.R. 30 aprile 1996, n. 317, che, prevedendo un regime transitorio di identificazione delle specie bovine senza la fissazione del termine ad quem di cessazione, consentiva l’esercizio delle attribuzioni regionali in materia.
Inoltre la Regione denuncia la violazione del t.u. n. 358 del 1992 dal momento che la prescrizione dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, quale unico centro abilitato alla fornitura, verrebbe a porsi in contrasto, oltre che con la normativa comunitaria recepita nel t.u. anzidetto, che prescrive la procedura di gara per le forniture pubbliche, con le disposizioni che disciplinano l’evidenza pubblica in ambito contrattuale e, da ultimo, con gli atti di indirizzo e coordinamento anteriori che facevano salva la residuale competenza della Regione in materia.
2.— Preliminarmente deve escludersi la fondatezza del profilo di inammissibilità del ricorso proposto dalla difesa dello Stato, relativo alla mancata impugnazione dei provvedimenti normativi presupposti, in quanto, alla luce dell’indirizzo delineato con le sentenze n. 215 del 1996 e n. 472 del 1995, la pretesa lesione non può farsi risalire alle norme presupposte, alle quali gli atti impugnati danno attuazione ed esecuzione ulteriore con svolgimento e completamento certamente autonomo, non potendo gli stessi atti impugnati configurarsi — per i profili denunciati — come atti di mera e necessaria esecuzione.
Peraltro deve escludersi che gli atti impugnati siano idonei a comportare una lesione della sfera di competenza costituzionalmente assegnata alla Regione (ed é questo nella specie il profilo che in ipotesi legittimerebbe la proposizione di un conflitto di attribuzione da parte della Regione stessa), in quanto essi non hanno il contenuto lesivo configurato nel ricorso, essendo suscettibili di interpretazione conforme a Costituzione, tale da rendere la norma non invasiva della sfera di competenza regionale.
Ed infatti non é configurabile negli atti impugnati nè una prescrizione di avvalersi in via esclusiva di un determinato Istituto, nè un onere aggiuntivo finanziario a carico del servizio sanitario regionale.
Giova al riguardo chiarire che, in attuazione di un preciso obbligo discendente dalla direttiva 92/102/CEE, é stata dettata una disciplina (d.P.R. 30 aprile 1996, n. 317) della identificazione degli animali attraverso un meccanismo di apposizione di marchio a cura e spese dell’azienda di origine. Tale sistema appare, con particolare riferimento alla specie bovina e bufalina, circondato da apposite garanzie, che assicurano l’osservanza di prioritarie misure sanitarie, in adempimento di obblighi comunitari dello Stato. La disciplina di dettaglio é stata, poi, adottata con la circolare n. 11 del 14 agosto 1996, che ha, tra l’altro, dato vita ad una regime transitorio che ha consentito la protrazione del sistema previgente. La individuazione del termine di durata di tale regime non poteva certamente essere affidata ad un intervento delle singole Regioni, dovendo, invece, sia il sistema transitorio, sia la dilazione dell’entrata a pieno vigore delle modalità di identificazione definitive, cessare — contestualmente alla disponibilità dei nuovi strumenti identificativi — in maniera uniforme per tutto il territorio nazionale con atto statale, allo stesso modo in cui erano stati pacificamente introdotti con atti dello Stato.
La scelta dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo, basata principalmente sulle "difficoltà incontrate da alcune unità sanitarie", ha carattere meramente indicativo, per quanto riguarda la fornitura dei marchi auricolari, di un istituto in grado di offrire, tempestivamente ed in via del tutto transitoria, gli strumenti di cui si tratta secondo gli standards richiesti, nell’ambito di una collaborazione tra Stato e Regioni, restando queste (e così le Aziende-USL) libere di provvedere direttamente anche attraverso altri canali o diversi fornitori di prodotti con identiche caratteristiche, come del resto risultava evidente dalla espressa previsione che il centro avrebbe provveduto in via transitoria "alla fornitura alle USL che facciano richiesta" dei marchi auricolari.
D’altro canto il centro di referenza nazionale identificato nel centro operativo veterinario di epidemiologia programmazione e informazione, attivato presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Abruzzo G. Caporale di Teramo, era stato precedentemente oggetto di una scelta organizzativa statale effettuata con un decreto ministeriale risalente al 2 novembre 1991, richiamato nelle premesse dell’ordinanza impugnata del 26 febbraio 1997.
Di conseguenza, il profilo della censura relativo alla indicazione di un unico istituto attiene alla scelta, effettuata dallo Stato, di un organo incaricato della funzione di centro di referenza nazionale, come interfaccia statale di carattere tecnico ed informativo, nell’ambito di competenze tecniche unitarie esclusivamente statali, per cui rimane estraneo all’ambito di un conflitto di attribuzione tra Stato e Regione, non potendo interferire la scelta di cui si tratta nella sfera di competenza regionale, nè comunque menomare o invadere l’autonomia regionale: detta scelta ha semplicemente il valore di conferma dell’individuazione dell’organo tecnico-amministrativo affidatario di attribuzioni statali, come esercizio di mera attività di organizzazione nell’ambito delle attribuzioni stesse, in materia non riservata ad organi costituzionalmente rilevanti in funzione di garanzia dei rapporti tra Stato e Regioni.
Nè può ritenersi idonea a ledere la sfera costituzionalmente garantita alla Regione la previsione delle modalità di invio dei dati all’Istituto, individuato come banca dati del Ministero della sanità, in quanto le stesse "modalità tecniche e la frequenza di trasmissione" erano affidate ad una leale collaborazione tra organi regionali ed organo statale, dovendo essere "concordate" per espressa previsione.
D’altro canto, l’eventuale inosservanza di tale procedura non costituisce certamente vizio addebitabile all’atto impugnato in questa sede, ma alla successiva attuazione di esso, attraverso la ulteriore attività tecnico-amministrativa, restando, estranea al presente conflitto di attribuzione.
Pertanto, sotto ogni profilo, il proposto ricorso per conflitto di attribuzione é inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione in relazione all’ordinanza del Ministero della sanità 26 febbraio 1997 "Norme transitorie per l’identificazione degli animali della specie bovina e bufalina" e alla nota telegrafica in data 21 febbraio 1997 del direttore generale del Dipartimento alimentazione nutrizione sanità pubblica veterinaria del Ministero della sanità, sollevato dalla Regione Lombardia nei confronti dello Stato con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Riccardo CHIEPPA
Depositata in cancelleria il 17 luglio 1998.