Sentenza n. 215 del 1996

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SENTENZA N. 215

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Sardegna notificato il 10 agosto 1995, depositato in Cancelleria l'11 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota del Ministero delle finanze - Dipartimento delle entrate, Direzione generale per gli affari giuridici e per il contenzioso tributario, del 14 giugno 1995, prot. n. V/10/1244/95, recante istruzioni all'Ente poste italiane per il versamento alla Regione Sardegna di parte dei proventi dei valori distribuiti per imposta di bollo e dei valori bollati distribuiti per tassa sulle concessioni governative, ed iscritto al n. 28 del registro conflitti 1995.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 19 marzo 1996 il Giudice relatore Massimo Vari;

udito l'avvocato Sergio Panunzio per la Regione Sardegna e l'Avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 

1.- Con ricorso del 10 agosto 1995, la Regione Sardegna ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla nota (prot. n. V/10/1244/95) del Ministero delle finanze, in data 14 giugno 1995, indirizzata all'Ente poste italiane, e comunicata alla stessa Regione, nella parte in cui dispone che il suddetto Ente - tenuto conto dell'art. 13 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359 - versi alla Regione le somme ad essa spettanti nella misura di "3/5 dei valori distribuiti per l'imposta di bollo" e di "9 decimi del 50 per cento dei valori bollati distribuiti per tassa sulle concessioni governative", disponendo che le restanti somme siano "attribuite all'Erario dello Stato".

2.- La ricorrente - premesso che, ai sensi dell'art. 8, lettera b), dello statuto speciale, e relative disposizioni di attuazione, spettano, tra l'altro, alla Regione i nove decimi del gettito delle imposte sul bollo e delle tasse sulle concessioni governative percette nel suo territorio - ritiene che la nota ministeriale succitata violi le attribuzioni costituzionali e l'autonomia finanziaria ad essa garantite dagli artt. 7 e 8 dello statuto speciale e dalle relative norme di attuazione (in particolare dall'art. 34 del d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250), nonché dagli artt. 116 e 119 della Costituzione.

3.- Onde prevenire e confutare un'eventuale obiezione della difesa della Presidenza del Consiglio dei ministri, la ricorrente esprime l'avviso che la nota ministeriale in questione non possa considerarsi meramente esecutiva dell'art. 13 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, (convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359), il quale non può essere ritenuto applicabile alla Regione Sardegna, pur prevedendo che le entrate derivanti dagli aumenti di imposte, introdotti dallo stesso provvedimento (artt. 9 e 10), sono riservate "all'Erario e concorrono, anche attraverso il potenziamento di strumenti antievasione, alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, nonché alla realizzazione delle linee di politica economica e finanziaria in funzione degli impegni di riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria".

Richiamando l'analoga riserva all'Erario delle maggiori entrate tributarie previste, recata dall'art. 13 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 438 (oggetto della sentenza n. 363 del 1993), il ricorso osserva che quest'ultimo provvedimento conteneva anche un art. 13-ter, in base al quale le disposizioni di tale decreto-legge erano, di regola, applicabili anche alla Regione Sardegna. Viceversa, il decreto-legge n. 333 del 1992, in assenza di un'analoga previsione, ben può intendersi nel senso che la riserva all'Erario di cui all'art. 13 sia applicabile "alle sole Regioni (a statuto ordinario o speciale) i cui statuti non garantiscono ad esse in modo rigido (come fa invece l'art. 8 dello statuto sardo) una aliquota fissa di tutto il gettito percetto nel territorio regionale; e che, di conseguenza, la devoluzione allo Stato delle maggiori entrate derivanti dagli artt. 9 e 10 del decreto-legge n. 333 del 1992 si debba effettuare soltanto nei limiti stabiliti dall'art. 8 dello statuto sardo, restando così immutata la quota destinata alla Regione".

4.- In via subordinata e per l'ipotesi che la prospettata interpretazione dell'art. 13 del decreto-legge n. 333 del 1992 non fosse condivisa, si chiede che la Corte sollevi questione incidentale di costituzionalità della suddetta disposizione per violazione degli artt. 8 e 54, quarto comma, dello statuto speciale. Nel rilevare che l'oggetto del presente conflitto è distinto formalmente e sostanzialmente dall'oggetto dell'eventuale questione di costituzionalità, si ritiene che tale questione sia ammissibile, secondo la giurisprudenza della Corte (ordinanza n. 22 del 1960), ed al tempo stesso fondata, atteso l'insanabile contrasto della norma denunciata con il quarto comma dell'art. 54 dello statuto sardo, il quale richiedeva che la Regione fosse "sentita" in sede di emanazione del citato art. 13 del decreto-legge n. 333 del 1992.

5.- Nel costituirsi in giudizio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, ha chiesto il rigetto del ricorso.

6.- In prossimità dell'udienza la Regione Sardegna ha depositato una memoria nella quale, nel ribadire quanto già argomentato in ordine all'inapplicabilità ad essa dell'art. 13 del decreto-legge n. 333 del 1992, come pure in ordine all'infondatezza della eventuale eccezione di inammissibilità del conflitto, richiama la giurisprudenza costituzionale che ammette il conflitto di attribuzione anche riguardo a circolari ed atti interni all'amministrazione, dotati di rilevanza esterna, nonché la giurisprudenza che ammette il conflitto medesimo contro l'interpretazione o applicazione, che si assumano invasive, di una legge non ritenuta invasiva se rettamente interpretata ed applicata (sentenza n. 153 del 1986); come pure la giurisprudenza (sentenza n. 56 del 1969) che esclude l'effetto preclusivo, ai fini del conflitto, della mancata impugnazione dell'atto normativo posto a fondamento del provvedimento.

Rilevato, poi, che per impedire il conflitto fra Stato e Regione occorre "che l'atto amministrativo non presenti alcun margine di valutazione autonoma rispetto alla legge" e "che la legge non lasci all'amministrazione nessun margine di discrezionalità, neppure meramente tecnica o anche soltanto interpretativa", la ricorrente osserva che, nella specie, vengono fatte valere, nei confronti del provvedimento lesivo, censure - e cioè quelle di violazione delle norme costituzionali e di attuazione che garantiscono l'autonomia finanziaria della Regione (artt. 7 e 8 dello statuto, 34 del d.P.R. n. 250 del 1949, 116 e 119 della Costituzione) - diverse rispetto a quelle che, in via subordinata, sono state prospettate nei confronti della legge che quell'atto assume di voler eseguire e che si riferiscono alla violazione di un diverso parametro costituzionale e cioè l'art. 54, quarto comma, dello statuto regionale. Nell'insistere per l'accoglimento del ricorso, si ribadisce al contempo l'ammissibilità della sollevata questione alla luce degli orientamenti della Corte (ordinanze nn. 130 del 1968, 181 del 1971 e 38 del 1976); questione che viene in udienza ulteriormente prospettata sotto il profilo della deroga addotta all'art. 34 del d.P.R. n. 250 del 1949, senza rispettare la procedura prevista dall'art. 56, ultimo comma, dello statuto speciale.

7.- Anche l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria, nella quale, nel sostenere la piena applicabilità alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome della normativa contenuta nell'art. 13 del decreto-legge n. 333 del 1992, si deduce il carattere meramente esecutivo della nota ministeriale impugnata, con conseguente inammissibilità del ricorso, come pure della richiesta avanzata in via subordinata di sollevare questione incidentale di costituzionalità, ricordando quella giurisprudenza che limita il potere della Corte di sollevare questioni di costituzionalità, in sede di conflitto di attribuzione (sentenze nn. 140 del 1970 e 112 del 1972), al solo caso in cui "la questione relativa alla competenza ad emanare l'atto impugnato sia autonoma e distinta dalla questione di legittimità costituzionale".

In subordine si deduce l'infondatezza del ricorso e al tempo stesso la manifesta infondatezza anche della prospettata questione di legittimità costituzionale.

Considerato in diritto

 

1.- La Regione Sardegna ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla nota del Ministero delle finanze 14 giugno 1995, prot. n. V/10/1244/95, con la quale sono state fornite istruzioni all'Ente poste italiane, quale concessionario del servizio di distribuzione dei valori bollati, ai fini della determinazione della quota di gettito spettante alla Regione stessa, a seguito degli aumenti di aliquote, introdotti dagli artt. 9 e 10 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359.

Il conflitto investe la nota in questione nella parte in cui dispone che il suddetto Ente, tenuto conto dell'art. 13 del menzionato decreto-legge, versi alla Regione le somme ad essa spettanti nella misura di "3/5 dei valori distribuiti per l'imposta di bollo" e di "9 decimi del 50 per cento dei valori bollati distribuiti per tassa sulle concessioni governative", salvo a prevedere che le restanti somme siano "attribuite all'Erario dello Stato".

La ricorrente - nel rammentare che, ai sensi dell'art. 8, lettera b), dello statuto speciale, spettano alla Regione i nove decimi del gettito delle imposte sul bollo e delle tasse sulle concessioni governative percette nel suo territorio - ritiene che la nota ministeriale succitata violi le attribuzioni costituzionali e l'autonomia finanziaria ad essa garantite dagli artt. 7 e 8 dello statuto speciale e dalle relative norme di attuazione (in particolare dall'art. 34 del d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250), nonché dagli artt. 116 e 119 della Costituzione.

2.- Prima di valutare il merito del conflitto, va esaminata e definita la questione della ammissibilità del medesimo; questione sulla quale le parti in causa si sono soffermate, con dovizia di argomenti, negli atti scritti e nelle difese orali.

E' noto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il conflitto di attribuzione fra Stato e Regione può sorgere quando un atto risulti invasivo della sfera di competenza dell'altro ente, a patto, però, che "la negazione o lesione della competenza sia compiuta immediatamente e direttamente con quell'atto, ed esso, qualora sia preceduto da altro che ne costituisca il precedente logico e giuridico, sia nei confronti dello stesso, autonomo, nel senso che non ne ripeta identicamente il contenuto o ne costituisca una mera e necessaria esecuzione" (sentenza n. 206 del 1975 e, in ultimo, sentenza n. 472 del 1995).

Alla stregua di tali principi, quel che occorre qui valutare è se l'atto oggetto del presente conflitto, per la parte che forma oggetto di doglianza, e cioè i criteri di ripartizione del gettito tributario, sia immediatamente lesivo della competenza assunta come propria dalla Regione, o se invece la pretesa lesione non debba farsi risalire alla disposizione legislativa alla quale l'atto dà esecuzione.

Dispone l'art. 13 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359, che le entrate previste dal capo secondo, tra le quali vanno annoverate quelle di cui qui si discute, "sono riservate all'Erario e concorrono, anche attraverso il potenziamento di strumenti antievasione, alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico nonché alla realizzazione delle linee di politica economica e finanziaria in funzione degli impegni di riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria".

Dal canto suo, la nota del Ministero delle finanze del 14 giugno 1995 si limita ad indicare, in termini di meri ragguagli numerici, l'entità del gettito di pertinenza della Regione, avendo riguardo, da un canto, al criterio generale discendente dallo statuto della spettanza ad essa dei nove decimi delle imposte, e, dall'altro, alla riserva in favore dello Stato delle entrate derivanti dagli aumenti tariffari introdotti dagli artt. 9 e 10 del medesimo decreto-legge n. 333 del 1992.

Risulta, perciò, evidente che l'atto impugnato, lungi dal presentare quei margini di valutazione autonoma che la Regione afferma, invece, sussistere, si pone in un rapporto meramente attuativo rispetto all'art. 13 che, nella sua incondizionata e puntuale formulazione, è tale da riservare allo Stato l'intero gettito delle entrate e da non giustificare l'esclusione che la ricorrente tende a scorgervi in proprio favore.

3.- L'ostacolo che ne deriva all'ammissibilità del conflitto non può, d'altro canto, essere superato attraverso la richiesta che la ricorrente avanza, in via subordinata, alla Corte di sollevare innanzi a sé questione di legittimità costituzionale del predetto art. 13, per contrasto con gli artt. 8 e 54, quarto comma, dello statuto regionale. Nel sostenere, infatti, che la modifica del criterio di ripartizione delle entrate fiscali enunciato dall'art. 8, lettera b), dello statuto, poteva avvenire, giusta l'art. 54, quarto comma, del medesimo, solo attraverso accordi diretti tra gli enti interessati, la ricorrente prospetta non tanto un problema di invasione della propria competenza, causato dalla nota ministeriale, quanto di violazione delle norme statutarie, risolvendosi, così, la censura introdotta con il giudizio per conflitto in una censura di illegittimità costituzionale della norma di legge cui la nota ministeriale ha dato attuazione.

In questi termini, il conflitto finisce per riflettere non più il rapporto tra gli enti interessati nell'esercizio delle rispettive competenze, bensì la legittimità costituzionale dell'assetto normativo della specifica materia, come risultante dall'art. 13 del decreto-legge n. 333 del 1992.

Senonché, proprio con riferimento al rapporto fra atto impugnato e legge di cui esso è attuazione, questa Corte ha, in più occasioni, affermato che "in sede di conflitto di attribuzione non [è] possibile impugnare atti amministrativi al solo scopo di far valere pretese violazioni della Costituzione da parte della legge che è a fondamento dei poteri svolti con gli atti impugnati" (così sentenza n. 126 del 1990 e, in ultimo, sentenza n. 472 del 1995).

Né a diversa conclusione può portare la distinzione che la ricorrente adombra fra le disposizioni che sarebbero alla base delle censure contro il provvedimento - e cioè quelle costituzionali e statutarie relative alle entrate finanziarie della Regione (artt. 7 e 8 dello statuto, 34 del d.P.R. n. 250 del 1949, 116 e 119 della Costituzione) - e le disposizioni che, invece, costituirebbero il parametro della denunciata illegittimità costituzionale e cioè gli artt. 8 e 54, quarto comma, nonché, secondo l'ulteriore prospettazione della ricorrente, l'art. 56, ultimo comma, dello statuto speciale. Infatti le disposizioni statutarie e costituzionali richiamate dal ricorso, in tema di finanza regionale, concorrono tutte a delineare il quadro nel quale si colloca la questione di costituzionalità posta dalla ricorrente. Questione che, però, non è dato qui alla Regione sollevare, fuori dai termini tassativamente stabiliti dagli artt. 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, il conflitto va, perciò, dichiarato inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione Sardegna nei confronti dello Stato, in relazione alla nota del Ministero delle finanze prot. n. V/10/1244/95 del 14 giugno 1995.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 25 giugno 1996.