Sentenza n. 81/98

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SENTENZA N.81

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof.    Francesco GUIZZI, Presidente

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO               

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 8, del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66 (Disposizioni urgenti in materia di autonomia impositiva degli enti locali e di finanza locale) convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 1989, n. 144, promosso con ordinanza emessa l’11 aprile 1996 dal Tribunale di Pisa nel procedimento civile vertente tra Benvenuti Sergio e il Comune di Pisa, iscritta al n. 1250 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 1996.

Udito nella camera di consiglio del 12 novembre 1997 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento civile avente ad oggetto l’opposizione (notificata l’11 luglio 1990) all’avviso di accertamento di omesso versamento dell’imposta per l’esercizio di imprese e di arti e professioni (ICIAP) per l’anno 1989, il Tribunale di Pisa, con ordinanza emessa l’11 aprile 1996 (r.o. n. 1250 del 1996), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 8, del d.l. 2 marzo 1989, n. 66 (Disposizioni urgenti in materia di autonomia impositiva degli enti locali e di finanza locale) convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 1989, n. 144, nella parte in cui (attraverso il richiamo all’art. 20 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638) non prevede l’esperibilità dell’azione giudiziaria avverso l’avviso di accertamento di imposta anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo.

Appare al collegio rimettente in contrasto con l’art. 24 della Costituzione il subordinare la proponibilità dell’azione giudiziaria alla preventiva proposizione del ricorso in via amministrativa.

Il Tribunale si fa carico dell’orientamento consolidato della Corte di cassazione inteso a ridimensionare la portata della pregiudiziale amministrativa, escludendola nel caso in cui il contribuente intenda contestare in radice il potere impositivo dell’ente, o qualora la pretesa tributaria sia stata avanzata direttamente mediante iscrizione a ruolo senza la preventiva notifica dell’avviso di accertamento. Nell’ordinanza di rimessione viene precisato, peraltro, che nel caso di specie non si versa in alcuna di tali ipotesi.

Ad avviso del collegio rimettente, la norma denunciata presenterebbe il medesimo carattere di ingiustificata ed eccessiva compressione del diritto di azione, che ha già indotto la Corte costituzionale a dichiarare illegittime altre disposizioni analoghe a quella in questione.

Considerato in diritto

1.— La questione di legittimità costituzionale sottoposta all’esame della Corte ha per oggetto l’art. 4, comma 8, del d.l. 2 marzo 1989, n. 66 (Disposizioni urgenti in materia di autonomia impositiva degli enti locali e di finanza locale), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 1989, n. 144, nella parte in cui, attraverso il richiamo all’art. 20 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, subordina la proponibilità dell’azione giudiziaria avverso l’avviso di accertamento di omesso versamento dell’imposta per l’esercizio di imprese e di arti e professioni (ICIAP) alla preventiva proposizione del ricorso in via amministrativa.

Il giudice a quo deduce la violazione dell’art. 24 della Costituzione per l’ingiustificata ed eccessiva compressione del diritto di azione.

2.— Preliminarmente deve essere rilevato che l’art. 71 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) ha espressamente abrogato una serie di disposizioni, tra le quali l’art. 20 del d.P.R. n. 638 del 1972, nonchè la norma denunciata (a sua volta modificata dall’art. 42-ter del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, nella legge 22 marzo 1995, n. 85).

Tuttavia l’effetto abrogativo decorre dalla data di insediamento delle commissioni tributarie provinciali e regionali (art. 80 del d.lgs. n. 546 del 1992, modificato dall’art. 69 del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, nella legge 29 ottobre 1993, n. 427), e cioé dal 1° aprile 1996 (secondo quanto stabilito dall’art. 42 del d.lgs. n. 545 del 1992, come modificato, da ultimo, dall’art. 1, comma 1, lettera b), del d.l. 26 settembre 1995, n. 403, convertito in legge 20 novembre 1995, n. 495), in logica connessione con l’attribuzione alla giurisdizione delle commissioni tributarie delle controversie concernenti i tributi comunali e locali (art. 2, comma 1, lettera h), del d.lgs. n. 546 del 1992). Anzi, é prevista l’ultrattività delle disposizioni abrogate con l’art. 71 perfino per i procedimenti contenziosi amministrativi pendenti avanti all’Intendente di finanza o al Ministro. Pertanto, in assenza di diversa disposizione transitoria, l’abrogazione anzidetta non può influire sulla questione proposta: il procedimento giurisdizionale avanti al giudice ordinario continua, infatti, ad essere svolto secondo le norme sulla giurisdizione vigenti al tempo della domanda e, quindi, ad essere regolato dai termini e modalità anteriormente previsti (art. 4, comma 8, del d.l. n. 66 del 1989, convertito, con modificazioni, in legge 24 aprile 1989, n. 144, con rinvio, nel testo previgente alla modifica di cui all’art. 42-ter del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, nella legge 22 marzo 1995, n. 85, all’art. 20 del d.P.R. n. 638 del 1972).

3.— La questione é fondata.

La norma denunciata comporta che la tutela giurisdizionale del soggetto contribuente, nei cui confronti é stato notificato avviso di accertamento per omesso versamento dell’imposta per l’esercizio di imprese e di arti e professioni (ICIAP), per i quali non é ammesso ricorso alle commissioni tributarie, viene subordinata al previo esperimento del ricorso amministrativo.

Questa Corte, investita dell’esame di costituzionalità di altre norme coeve, sempre nel settore tributario, strutturate in maniera sostanzialmente analoga alla presente (art. 12 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, tassa sulle concessioni governative; art. 39 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, imposta sugli spettacoli,; art. 33 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, imposta di bollo), ha sempre ritenuto che l’assoggettamento dell’azione giudiziaria all’onere del previo esperimento di rimedi amministrativi con conseguente differimento della proponibilità dell’azione a un certo termine decorrente dalla data di presentazione del ricorso, é legittimo solo se giustificato da esigenze di ordine generale o da superiori finalità di giustizia, non ritenute esistenti nei casi considerati (sentenze n. 233 del 1996; n.56 del 1995; n.360 del 1994; n. 406 del 1993).

4.— La violazione del parametro costituzionale invocato risulta ulteriormente evidenziata quando, come in base alla legge denunciata in questa sede, il ricorso amministrativo non sospenda la riscossione dell’imposta (sentenza n. 62 del 1998) essendo attribuito alla facoltà discrezionale dell’autorità amministrativa che decide il ricorso il potere di sospensione, con provvedimento motivato, in presenza di gravi motivi. Solo per le pene pecuniarie e le sovrattasse é previsto un automatico rinvio della riscossione dopo la decisione della controversia (art. 4, comma 9, del d.l. n. 66 del 1989, art. 16, comma 3, della legge n. 408 del 1990).

5.— Di conseguenza, anche nel presente caso, si impone la dichiarazione dell’illegittimità costituzionale della norma denunciata nella parte in cui non prevede l’esperibilità dell’azione giudiziaria avverso l’avviso di accertamento di imposta ICIAP anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo.

6.— Giova, infine, richiamare anche nella presente occasione le precisazioni della precedente sentenza n. 233 del 1996 (confermate nella sentenza n. 62 del 1998) in ordine alla ragionevolezza del rispetto dei termini di decadenza, qualora il soggetto contribuente si sia avvalso del procedimento amministrativo in una libera scelta della specifica ulteriore forma di tutela riconosciutagli, nonchè in ordine ai poteri del giudice, avanti al quale l’azione é proposta, di verificare le modalità e il termine della concreta esperibilità della stessa azione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 8, del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66 (Disposizioni urgenti in materia di autonomia impositiva degli enti locali e di finanza locale) convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 1989, n. 144, nella parte in cui non prevede l’esperibilità dell’azione giudiziaria avverso l’avviso di accertamento dell’imposta per l’esercizio di imprese e di arti e professioni (ICIAP) anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1998. 

Presidente: Francesco GUIZZI

Redattore: Riccardo CHIEPPA

Depositata in cancelleria il 1° aprile 1998.