ORDINANZA N.424
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, cpv. del codice di procedura civile promosso con ordinanza emessa il 29 gennaio 1997 dal Giudice istruttore del Tribunale di Lecce nel procedimento vertente tra IN.CO.MER. s.r.l. e il Ministero delle finanze iscritta al n. 116 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1997.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 novembre 1997 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.
Ritenuto che nel corso di un processo civile, avente ad oggetto una richiesta di rimborso di tassa sulle società, il Giudice istruttore del Tribunale di Lecce ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 107, terzo comma, della Costituzione, dell'art. 9 cpv. cod. proc. civ., limitatamente alle parole "in materia di imposte e tasse";
che il rimettente, dopo aver premesso che la causa posta al suo giudizio viene trattata col nuovo rito processuale di cui alla legge n. 353 del 1990 e successive modifiche, ha osservato che tale causa, avendo per oggetto una richiesta di rimborso per lire 18.500.000, dovrebbe essere devoluta alla competenza per valore del pretore, mentre é di competenza del tribunale in forza della riserva di cui all'impugnato art. 9 cod. proc. civ.;
che alla luce della citata riforma, che ha istituito il giudice unico anche in tribunale, riservando alla decisione collegiale le cause di cui all'art. 48 dell'Ordinamento giudiziario, la competenza per materia del tribunale si giustifica solo nelle cause di cui alla predetta norma, fra le quali non rientrano quelle tributarie;
che nel permanere di tale competenza per materia il rimettente ravvisa violazione degli indicati parametri costituzionali, tanto più che l'art. 21-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ha introdotto il principio della reversibilità di funzioni tra magistrati;
che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.
Considerato che nel caso specifico, trattandosi di causa incardinata secondo le nuove regole processuali e, quindi, destinata alla decisione del giudice istruttore in funzione di giudice unico, sussiste la legittimazione di quest'ultimo a sollevare questione di costituzionalità di norme riguardanti la definizione del processo, dopo averne valutato la concreta rilevanza (sentenza n. 204 del 1997);
che il presupposto interpretativo dal quale muove il rimettente deve ritenersi erroneo, poichè lo schema complessivo della legge n. 353 del 1990 (e successive modifiche) dimostra che il legislatore ha perseguito il tendenziale obiettivo di affidare la decisione di primo grado ad un giudice unico, obiettivo che verrà portato a definitivo compimento quando il Governo darà attuazione alla delega contenuta nella legge 16 luglio 1997, n. 254;
che é erronea l'affermazione secondo cui la competenza per materia del tribunale é stata mantenuta soltanto per le cause riservate alla decisione collegiale in base all'art. 48 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;
che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il legislatore gode della più ampia discrezionalità nel dettare le norme processuali, col solo limite rappresentato dal principio di ragionevolezza (v. le sentenze n. 295 del 1995, n. 65 del 1996, n. 94 del 1996, nonchè l'ordinanza n. 7 del 1997);
che tale affermazione é stata in più occasioni ribadita sulla specifica materia della ripartizione della competenza tra i vari organi giurisdizionali, non potendosi ritenere che l'attribuzione all'uno o all'altro giudice della decisione di certe cause si traduca in un'irrazionalità del sistema od in una disparità di trattamento tra cittadini (v., ex plurimis, le ordinanze n. 257 del 1995, n. 63 del 1997 e n. 139 del 1997);
che, in particolare, non é ravvisabile alcuna evidente irragionevolezza nell'aver mantenuto la competenza per materia del tribunale per le cause in materia di imposte e tasse;
che va anche ribadita l'estraneità dell'invocato art. 107, terzo comma, Cost. rispetto alle norme sulla ripartizione della competenza, trattandosi di parametro relativo allo status dei giudici (ordinanza n. 63 del 1997);
che, pertanto, la questione risulta manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 cpv. codice di procedura civile sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 107, terzo comma, della Costituzione, dal Giudice istruttore del Tribunale di Lecce con l'ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1997.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Fernando SANTOSUOSSO
Depositata in cancelleria il 18 dicembre 1997.