ORDINANZA N. 63
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 669-ter, secondo comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 22 febbraio 1996 dal Giudice di pace di Fano nel procedimento civile vertente tra Condominio "Flaminio R. 3" di Fano e Calamandrei Daniela ed altro, iscritta al n. 450 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 1997 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto che nel corso di un procedimento in cui era stato richiesto ante causam un provvedimento d'urgenza il Giudice di pace di Fano, con ordinanza emessa il 22 febbraio 1996, ha sollevato -- in riferimento agli artt. 107, terzo comma, 101, 106, secondo comma, 3 e 97, primo comma, della Costituzione -- questione di legittimità costituzionale dell'art. 669-ter, secondo comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui prescrive che "se competente per la causa di merito è il giudice di pace, la domanda si propone al pretore";
che, a giudizio del rimettente, con la recente riforma del processo sarebbe stato introdotto un principio generale, secondo cui alla competenza di merito corrisponde la titolarità dei "poteri d'urgenza", così palesandosi l'irragionevolezza dell'esclusione del giudice di pace dalla competenza cautelare;
che quest'ultima, inoltre, determinerebbe una surrettizia gerarchia tra magistrati onorari e togati, nonché ritardi procedurali ostativi al buon andamento dell'amministrazione giudiziaria;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha chiesto dichiararsi la manifesta infondatezza della questione, preliminarmente sottolineando la natura discrezionale della scelta di escludere il giudice di pace dalla competenza cautelare;
che l'autorità intervenuta ha poi osservato, nel merito, come l'art. 106 della Costituzione, se consente la nomina di giudici onorari, non impone affatto l'attribuzione ad essi di ogni funzione, in particolare di quella cautelare, implicante un accentuato uso dell'imperium in ragione del correlativo potere di attuazione di provvedimenti.
Considerato che il legislatore, nell'esercizio della propria discrezionalità, ha, col nuovo procedimento cautelare uniforme, introdotto un modulo processuale unitario, in cui (a) stabilisce una correlazione necessaria tra la denunciata norma e il successivo art. 669-quater dettato per la corrispondente ipotesi di competenza cautelare in corso di causa, (b) ripartisce le competenze in modo da escludere sempre quella del giudice di pace, (c) prevede altresì un complesso di poteri d'attuazione-esecuzione delle misure cautelari (art. 669-duodecies) ed un sistema di ipotesi di reclamabilità (art. 669-terdecies), non conciliabili con l'invocata estensione di competenza;
che con detta esclusione il legislatore non ha travalicato il limite di ragionevolezza imposto al suo potere di conformare il processo, tanto più in quanto il giudice di pace decide secondo equità il merito delle cause il cui valore non eccede lire due milioni (art. 113, secondo comma), attività, questa, ben difficilmente conciliabile con l'apprezzamento del fumus boni iuris;
che, d'altronde, trattandosi appunto di normativa concernente il modo di esercizio della funzione giurisdizionale, non può venire in considerazione il principio di buon andamento della pubblica amministrazione;
che palesemente estranei alla ripartizione della competenza appaiono infine gli altri parametri evocati nell'ordinanza di rimessione, relativi tutti all'"ordinamento giurisdizionale" della Magistratura, e più in particolare al reclutamento e allo status dei giudici;
che, pertanto, la questione risulta manifestamente infondata.
Visti gli art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 669-ter, secondo comma, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, 101, 106, secondo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione, dal Giudice di pace di Fano con l'ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 1997.
Giuliano VASSALLI, Presidente
Cesare RUPERTO, Redattore
Depositata in cancelleria il 14 marzo 1997.