ORDINANZA N.342
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 34 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa l’11 dicembre 1996 dal Pretore di Padova, iscritta al n. 120 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Udito nella camera di consiglio del 18 giugno 1997 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che il Pretore di Padova con ordinanza in data 11 dicembre 1996 ha sollevato, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità del giudice, pronunciatosi con sentenza nei confronti di alcuni imputati, a celebrare il dibattimento nei confronti di altri concorrenti nei medesimi reati;
che dall’ordinanza di rimessione emerge che il pretore aveva in precedenza giudicato, previa separazione dei processi, altri imputati, accusati degli stessi reati (invasione di terreni o edifici, ecc.) oggi ascritti ai concorrenti sottoposti al distinto giudizio;
che il giudice a quo precisa che nella sua precedente sentenza "in nessun momento vi é accenno alcuno agli odierni imputati", sicchè, in applicazione dei principî affermati nella sentenza n. 371 del 1996 di questa Corte, a suo avviso, non ricorrono le condizioni per dichiarare la propria astensione nel procedimento in corso;
che, tuttavia, ad avviso del remittente, i residui concorrenti negli stessi reati attualmente sottoposti al suo giudizio potrebbero ragionevolmente dolersi di vedere ristretto l’ambito della propria difesa ai soli aspetti afferenti la propria condotta di concorso nel fatto e non sarebbero posti in grado di adeguatamente difendersi in riferimento alla insussistenza o irrilevanza penale del fatto medesimo, questioni già valutate nella sentenza resa nei confronti dei coimputati, con conseguente vulnerazione del principio del giusto processo.
Considerato che, secondo l’ordinanza di rimessione, la logica sottesa alla sentenza n. 371 del 1996 comporterebbe che il giudice che si sia pronunciato in un precedente giudizio sulla responsabilità di alcuni concorrenti sia per ciò solo colpito da incompatibilità in relazione al processo che venga successivamente celebrato nei confronti di altro o di altri concorrenti;
che invece quella sentenza mantiene espressamente ferma la precedente acquisizione giurisprudenziale, che risale alle sentenze n. 186 del 1992 e n. 439 del 1993: nelle ipotesi di concorso di persone nel reato, la autonomia delle posizioni di ciascun concorrente consente, pur nella naturalistica unitarietà della fattispecie, una segmentazione di processi e la scomposizione del fatto in una pluralità di condotte autonomamente valutabili in processi distinti, senza che la decisione dell’uno debba influenzare quella dell’altro;
che con la sentenza n. 371 del 1996 si é però affermato che il principio costituzionale del giusto processo, anche indipendentemente dalle ipotesi di concorso di persone nel reato, impedisce che uno stesso giudice valuti più volte, in sentenza, in successivi processi la responsabilità penale di una persona in relazione al medesimo reato;
che pertanto l’incompatibilità del giudice non può essere estesa a tutte le ipotesi in cui si proceda separatamente nei confronti di diversi soggetti, concorrenti o meno nel reato, ma deve essere ragionevolmente circoscritta ai casi in cui, con la sentenza che definisce il processo a carico di un imputato, vengano compiute, sia pure incidentalmente, valutazioni in ordine alla responsabilità penale di una persona formalmente estranea al processo;
che di conseguenza solo attraverso la puntuale analisi dell’effettivo contenuto della sentenza che si assuma pregiudicante può essere accertato l’eventuale compimento di una valutazione in ordine alla responsabilità del terzo, suscettibile di determinare l’incompatibilità del giudice al successivo giudizio;
che, nel caso di specie, il giudice a quo nell’ordinanza di rimessione chiarisce di non avere affatto preso in esame le posizioni dei concorrenti estranei al processo, che sono quindi rimaste non pregiudicate;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal Pretore di Padova con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 1997.
Presidente Renato GRANATA
Redattore Carlo MEZZANOTTE
Depositata in cancelleria il 7 novembre 1997.