Sentenza n. 191

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SENTENZA N. 191

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO   

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

ha pronunciato la seguente                  

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Siciliana, approvata il 24 marzo 1996 (Disposizioni in materia di personale tecnico di cui all'art. 14 della legge regionale 15 maggio 1986, n. 26 e successive modifiche ed integrazioni. Norme concernenti l'affidamento del servizio di tesoreria degli enti locali. Reiscrizione di somme) promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana notificato il 1° aprile 1986, depositato in cancelleria il 10 successivo ed iscritto al n. 12 del registro ricorso 1996.

Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell'udienza pubblica del 25 febbraio 1997 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Uditi l'Avvocato dello Stato Michele Di Pace per il ricorrente e gli avvocati Francesco Torre e Francesco Castaldi per la Regione Siciliana.

Ritenuto in fatto

 

1. Con ricorso notificato il 1° aprile 1996 e depositato il 10 aprile 1996 il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha impugnato l'art. 1 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 24 marzo 1996 (Disposizioni in materia di personale tecnico di cui all'art. 14 della legge regionale 15 maggio 1986, n. 26, e successive modifiche ed integrazioni. Norme concernenti l'affidamento del servizio di tesoreria degli enti locali. Reiscrizione di somme).

In particolare, la censura investe la disciplina contenuta nell'art. 1 della predetta legge per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione nonchè dell'art. 2 della legge n. 421 del 1992 in relazione ai limiti posti dall'art. 14 dello statuto speciale, laddove essa consente la stabilizzazione permanente e definitiva di rapporti di lavoro da ritenersi non necessari per gli enti locali, in quanto non ricompresi nelle previsioni delle piante organiche rideterminate ai sensi delle vigenti disposizioni legislative statali, vincolanti anche per la Regione Siciliana.

L'iter argomentativo su cui si fonda la questione di legittimità muove dalla premessa che il legislatore regionale con la previsione normativa censurata intende dare definitiva soluzione all'attuale stato di precariato in cui versano 1500 tecnici, assunti in origine dai Comuni della Regione per l'esame e l'istruzione dei procedimenti relativi alla sanatoria edilizia, disciplinata dalla legge regionale n. 37 del 1985, prevedendo il loro inquadramento nei ruoli o la loro stabilizzazione in aggiunta ai ruoli stessi in una specie di soprannumero.

La situazione contingente e transeunte, cui in origine si doveva far fronte con l'assunzione del personale tecnico da parte dei Comuni, seppur protrattasi in considerazione dell'elevato numero delle domande di sanatoria presentate e della complessità del procedimento relativo alla loro definizione (tanto da indurre il legislatore regionale a prorogare più volte il termine finale dei contratti di durata biennale), non consentirebbe di assumere stabilmente detto personale (sentenza n. 479 del 1995), senza alcuna procedura concorsuale ed in elusione delle disposizioni precettive che subordinano l'inquadramento nei ruoli alla preventiva verifica dei carichi di lavoro.

Oltretutto, secondo le considerazioni conclusive espresse dal Commissario dello Stato, si comprometterebbe il diritto costituzionalmente garantito di coloro i quali, in attesa di essere assunti, confidano nell'espletamento delle procedure concorsuali per concorrere, a parità di condizioni, all'accesso ai pubblici uffici.

2. Si é costituita la Regione Siciliana, sostenendo l'infondatezza del ricorso sotto tutti i profili denunziati: in punto di fatto non sarebbe corretto ritenere, come assume il ricorrente, che il termine finale di durata dei contratti di cui si discute sia perentorio; inoltre, ai sensi dell'art. 1, comma 3, della legge regionale 6 luglio 1990, n. 11, il personale tecnico può essere utilizzato, oltre che per le attività previste dalla legge regionale 10 agosto 1985, n. 37 anche per compiti d'istituto.

In diritto, la Regione osserva che la norma impugnata espressamente subordina l'inquadramento nei ruoli dei tecnici al rispetto delle disposizioni statali in materia di assunzione e quindi alla predeterminazione dei posti nelle rispettive piante organiche degli enti e, da ultimo, alla previa selezione del personale mediante "regolare procedura concorsuale" per titoli, da valutarsi secondo i criteri ed i punteggi fissati con decreto dell'assessore regionale per gli enti locali.

A guisa di corollario, sul piano dell'effettiva violazione dei principi precettivi espressi nelle norme costituzionali richiamate, la Regione richiama la consolidata giurisprudenza della Corte sulla "non arbitrarietà" e "non irragionevolezza" (cfr. sentenze n. 250 del 1993 e n. 314 del 1994) della disciplina che prevede la stabilizzazione di rapporti di impiego sulla base della previa verifica della concorrenza dei requisiti soggettivi (precedente reclutamento mediante concorsi per esami e per titoli) ed oggettivi (persistenza delle esigenze che diedero luogo alle assunzioni straordinarie).

Considerato in diritto

 

1. La questione di legittimità costituzionale, sottoposta in via principale all'esame della Corte, riguarda l'art. 1 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 24 marzo 1996 (Disposizioni in materia di personale tecnico di cui all'art. 14 della legge regionale 15 maggio 1986, n. 26, e successive modifiche ed integrazioni. Norme concernenti l'affidamento del servizio di tesoreria degli enti locali. Reiscrizione di somme), nella parte in cui dispone la stabilizzazione, in via permanente e definitiva, dei rapporti di lavoro del personale tecnico con il quale era stato instaurato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ai sensi dell'art. 1 della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9 ed in servizio presso i Comuni.

Il ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana propone come motivi di impugnazione la violazione dell'articolo 3 della Costituzione, per ingiustificato trattamento di favore rispetto ad altri che aspirano all'accesso nell'impiego pubblico; nonchè dell'art. 51 della Costituzione, in relazione alle aspettative di coloro i quali sono in attesa di accedere agli uffici pubblici mediante la partecipazione a concorsi pubblici aperti; dell'art. 97 della Costituzione, per contrasto con il principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione (che subordina le assunzioni al concorso pubblico); e da ultimo dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (in relazione all'art. 14 dello statuto speciale), che impone, per procedere all'immissione in ruolo dei pubblici dipendenti, la previa determinazione delle piante organiche mediante le procedure dei carichi di lavoro.

2. Occorre premettere che l'utilizzazione di personale tecnico, oggetto della speciale forma di permanente e definitiva stabilizzazione-inquadramento in ruolo o in aggiunta alle piante organiche comunali, trae origine da rapporti risalenti nel tempo e che sono stati oggetto di modifiche per effetto di numerosi interventi legislativi regionali, che hanno come filo di continuità quello di consentire l'utilizzazione di detto personale.

Infatti, originariamente, in occasione della applicazione nella Regione Siciliana della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ed in particolare per la parte relativa alla sanatoria-condono edilizio, il legislatore regionale siciliano era intervenuto con l'art. 30 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, prevedendo la possibilità per i Comuni (su autorizzazione regionale) di utilizzare la collaborazione di tecnici privati professionisti sulla base di apposita convenzione di durata non superiore a due anni, mediante rapporto di prestazione professionale (con un sistema analogo a quello previsto da altre Regioni attesa la transitorietà della esigenza), "per l'esame istruttorio delle domande di autorizzazione o concessione in sanatoria, per provvedere alle operazioni di ricognizione e verifica, nonchè per ogni altro adempimento previsto dalla presente legge".

Gli "emolumenti da corrispondere ai tecnici privati professionisti convenzionati" dovevano essere rapportati alla quantità delle istruttorie espletate (art. 30, secondo comma) ed erano a carico dell'Assessorato regionale del territorio (art. 30, terzo comma), con autorizzazione di spesa di tremila milioni a carico dell'esercizio finanziario 1985 (art. 38).

Con successiva legge regionale 15 maggio 1986, n. 26 (Norme integrative della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37), art. 14, veniva sostituito il predetto art. 30 della legge n. 37 del 1985, che prevedeva la facoltà di concludere convenzioni per la disciplina di rapporto di lavoro autonomo, in corrispondente facoltà di "assumere" personale tecnico con rapporto di lavoro dipendente (contratto a termine di durata non superiore a un biennio, non rinnovabile) con il limite quantitativo rapportato al numero delle domande di condono presentate. In relazione alla natura di rapporto di impiego il trattamento economico veniva commisurato a quello della corrispondente qualifica funzionale, con i correlati medesimi obblighi di servizio del personale di ruolo (art. 14, secondo comma), conservandosi l'onere delle spese a carico dell'Assessorato regionale che avrebbe dovuto provvedere con gli ordinari fondi del cap. 45007 del bilancio 1986.

Con legge regionale 6 luglio 1990, n. 11, si consentiva, altresì, sia la prorogabilità, sia il rinnovo dei predetti contratti a termine (art. 1, commi 1 e 2), sia la possibilità, per i Comuni che non lo avessero fatto, di stipulare nuovi contratti entro il 30 settembre 1990 (art. 2); nello stesso tempo si consentiva la utilizzazione del predetto personale anche per compiti di istituto (art. 1, comma 3).

Con una ulteriore legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9, art. 1, venivano autorizzati i Comuni a trasformare il rapporto di lavoro instaurato con i tecnici assunti in base all'art. 30 della legge regionale n. 37 del 1985, sostituito dall'art. 14 della legge regionale n. 26 del 1986, in "rapporto di lavoro a tempo indeterminato", con applicazione anche ai contratti scaduti, cui veniva data la possibilità di proroga ai fini della trasformazione. Questa atipica trasformazione doveva avvenire secondo modalità da determinarsi con regolamento in coerenza con i principi di accesso al pubblico impiego. Inoltre, in relazione all'obbligo per Comuni di concludere le procedure del condono edilizio entro diciotto mesi dalla entrata in vigore della legge regionale n. 9 del 1993 (termine poi prorogato al 31 dicembre 1996 con l'art. 33 della legge regionale 8 gennaio 1996, n. 4), veniva stabilito l'obbligo di prioritaria utilizzazione del predetto personale nei compiti del condono (art. 5, comma 2, della legge regionale n. 9 del 1993).

3. Con l'art. 1 della legge impugnata si procede ad una definitiva e permanente stabilizzazione di tutto l'anzidetto personale tecnico assunto dai Comuni per esigenze di disbrigo delle procedure del condono edilizio ed ancora in servizio, mediante una apparente limitazione dell'inquadramento nelle piante organiche rideterminate ai sensi dell'art. 3 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 con riferimento ai "posti che si rendono disponibili", ma in realtà senza alcun limite, prevedendo la creazione di posti "in aggiunta alle piante organiche comunali rideterminate".

4. Il ricorso é fondato.

Come precisato nelle sentenze nn. 205 del 1996, 59 e 153 del 1997, il principio di buon andamento della pubblica amministrazione in materia di personale ha un ambito generale di applicazione intrinsecamente connesso alla natura pubblica del soggetto cui fa capo il rapporto di impiego, indipendentemente dalle caratteristiche dello strumento giuridico utilizzato per costituirlo. Inoltre ogni "espansione" dell'impiego presso le amministrazioni pubbliche deve dipendere dalla preventiva e condizionante valutazione delle oggettive necessità di personale per l'esercizio di pubbliche funzioni, sia in caso di collocamento in ruolo o in posti stabili, sia in ipotesi di assunzione, in via precaria, senza distinzione alcuna.

Non é certamente conforme all'art. 97 della Costituzione, che l'interesse pubblico, che giustifica l'inquadramento in una posizione di ruolo o la stabilizzazione in posto aggiunto o comunque la creazione di una posizione di impiego presso la pubblica amministrazione, sia subordinato a quello del personale alla conservazione del rapporto, con inversione di priorità. Con ciò non si nega che anche l'interesse alla conservazione del posto di lavoro possa essere rilevante in sede di scelte del legislatore, ma solo in aggiunta o in concorrenza con l'interesse pubblico dell'amministrazione alla creazione o alla copertura del posto.

Nella specie il tipo di rapporto stabile e permanente, la sua durata e lo stesso numero dei soggetti posti in aggiunta alle piante organiche non risultano "legati da un rapporto di congruità controllabile in sede di giudizio sulla ragionevolezza delle scelte legislative" con riferimento alle necessità funzionali dell'amministrazione (ricognizione in termini qualitativi e quantitativi ed in relazione anche ai carichi di lavoro e alle verifiche attitudinali secondo procedure concorsuali previste).

Inoltre vi é una evidente contraddizione nella stessa norma denunciata che fa riferimento a recente rideterminazione delle piante organiche, da presumersi in conformità con le esigenze funzionali, e nel contempo consente la posizione in aggiunta alle stesse piante organiche.

La violazione degli anzidetti principi risulta, nel caso in esame, aggravata dalla circostanza che il rapporto di impiego con il personale oggetto della norma trae origine da rapporti in vario modo, in inizio, configurati e quindi anche su scelte non necessariamente collegate a selezioni attitudinali nella forma tipica di procedura concorsuale pubblica (v. sentenze nn. 479 e 478 del 1995).

D'altro canto le graduatorie compilate ai fini dell'art. 14 della legge n. 26 del 1986 sono risalenti nel tempo e quindi senza alcun rapporto con requisiti attuali e con il modo di svolgimento delle funzioni (v. sentenza n. 514 del 1995) e si riferiscono a valutazioni relative al solo espletamento di compiti (iniziali) inerenti al condono edilizio. Nè può valere a ravvisare una selezione concorsuale il giudizio di mera idoneità di cui al d.Pres.Reg. 7 agosto 1993, n. 18, al quale potevano essere ammessi coloro che erano stati in precedenza scelti per chiamata diretta o tramite gli uffici di collocamento anche per livelli di elevata professionalità (ingegnere e architetto).

Infine assume peculiare importanza la considerazione che il personale era stato assunto per prevalenti compiti che inerivano al condono edilizio (i cui ritardi degli adempimenti specie in Sicilia costituiscono un dato notorio, confermato dai ripetuti interventi legislativi acceleratori) e che questi compiti erano in via di imminente esaurimento, con termine fissato dalla legge, mentre la stabilizzazione di tutto il personale (senza limiti numerici) in aggiunta alle piante organiche non può trovare alcuna giustificazione nelle esigenze dei normali compiti di istituto, cui lo stesso personale poteva essere adibito in via secondaria, già valutate in sede di nuove piante organiche.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 24 marzo 1996 (Disposizioni in materia di personale tecnico di cui all'art. 14 della legge regionale 15 maggio 1986, n. 26, e successive modifiche ed integrazioni. Norme concernenti l'affidamento del servizio di tesoreria degli enti locali. Reiscrizione di somme).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 luglio 1997.

Renato GRANATA: Presidente

Riccardo CHIEPPA: Redattore

Depositata in cancelleria il 24 giugno 1997.