SENTENZA N. 479
ANNO 1995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO, Presidente
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia riapprovata l'8 marzo 1995 dal Consiglio regionale (Norme transitorie concernenti il personale assunto a norma dell'art. 3 della legge regionale 16 dicembre 1988, n. 59, per l'attuazione di progetti finalizzati), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 5 aprile 1995, depositato in cancelleria il 12 aprile 1995 ed iscritto al n. 24 del registro ricorsi 1995. Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia; udito nell'udienza pubblica del 3 ottobre 1995 il Giudice relatore Riccardo Chieppa; uditi l'Avvocato dello Stato Gaudenzio Pierantozzi per il ricorrente, e l'Avvocato Valerio Onida per la Regione.
Ritenuto in fatto
1. -Con ricorso notificato il 5 aprile 1995, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia recante (Norme transitorie concernenti il personale assunto a norma dell'art. 3 della legge regionale 16 dicembre 1988, n. 59 per l'attuazione di progetti finalizzati), approvata dal Consiglio regionale in data 8 febbraio 1995 e, a seguito di rinvio governativo, riapprovata a maggioranza assoluta nel testo originario nella seduta dell'8 marzo 1995. Tale normativa si porrebbe in contrasto, ad avviso del ricorrente, con gli artt. 117 e 97, terzo comma, della Costituzione. Sarebbero, infatti, violati, i principi fondamentali posti dalla legislazione statale nella materia del pubblico impiego. In particolare, l'art. 1, comma 1, della legge censurata, stabilendo che essa si applica al personale assunto, a norma dell'art. 3 della legge regionale 16 dicembre 1988, n. 59, per la realizzazione di progetti finalizzati già approvati dalla Giunta regionale alla data di entrata in vigore della legge 19 luglio 1993, n. 236, violerebbe l'art. 4-bis del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, come convertito dalla citata legge n. 236, che prevede concorsi per l'assunzione del personale utilizzato con rapporto di lavoro a tempo determinato, e che, al comma 1, ne limita l'applicazione al solo personale già in corso di utilizzazione presso le pubbliche amministrazioni alla data di entrata in vigore del decreto stesso. I successivi commi dello stesso art. 1, ammettendo il personale individuato ai sensi del comma 1 ed assunto nelle qualifiche funzionali sesta, settima ed ottava, a partecipare ad apposite selezioni interne per le medesime qualifiche, violerebbero, altresì, il principio della assunzione presso le amministrazioni pubbliche mediante concorsi aperti a tutti, principio fissato dall'art. 97, terzo comma, della Costituzione, e ribadito dall'art. 8 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, nonchè dall'art. 3, comma 20, della legge 24 dicembre 1993, n. 537. Infine, la predetta normativa, prevedendo l'inquadramento del personale in questione indipendentemente dalla ridefinizione degli uffici regionali e della pianta organica, a prescindere dalla verifica dei carichi di lavoro ed in elusione delle limitazioni temporali e numeriche in materia di assunzioni, si porrebbe in contrasto con gli artt. 30 e 31 del citato d.lgs. n. 29 del 1993 e con l'art. 22, commi 6, 7 e 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
2.-Nel giudizio si è costituita la Regione Lombardia, che ha concluso per la inammissibilità e, comunque, la infondatezza della questione, rilevando, preliminarmente, la genericità delle censure, ed osservando, nel merito, che la legge impugnata, nel prevedere che il personale assunto nelle qualifiche funzionali sesta, settima ed ottava, ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 16 dicembre 1988, n. 59, per la realizzazione di progetti finalizzati, già approvati dalla Giunta regionale alla data di entrata in vigore della legge 19 luglio 1993, n. 236, venga ammesso a partecipare ad apposite selezioni interne per le medesime qualifiche o figure professionali in base alle quali è avvenuta l'assunzione, si limiterebbe ad estendere a fattispecie particolari le disposizioni già previste dall'art. 27 della legge regionale 10 marzo 1995, n. 10, come modificato dall'art. 3 della legge regionale n. 11 in pari data, leggi entrambe regolarmente vistate dal Commissario del Governo. Il predetto art. 27, che si applica solo al personale in servizio alla data di entrata in vigore della legge n. 236 del 1993, adotterebbe, con riferimento al personale utilizzato per l'attuazione dei progetti finalizzati, un meccanismo analogo a quello contemplato dall'art. 4-bis del d.l. n. 148 del 1993, che prevede concorsi e selezioni per l'assunzione del personale utilizzato con rapporto di lavoro a tempo determinato in base ad una serie di precedenti disposizioni. Ciò posto, la Regione esclude che la normativa impugnata violi alcun principio fondamentale, tanto più che, ai sensi dell'art. 22, comma 37, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, le disposizioni riguardanti la gestione del rapporto di lavoro costituiscono norme di indirizzo per le regioni, che provvedono nell'ambito della propria autonomia e capacità di spesa. In particolare, per ciò che concerne la censura relativa al mancato rispetto del principio del concorso pubblico aperto a tutti, la Regione rileva che il principio di cui all'art. 97, terzo comma, della Costituzione pone una regola che non è assoluta, ma consente deroghe legislativamente disposte, e che deve, pertanto, ritenersi legittimo il ricorso a forme diverse di reclutamento del personale quando esse rispondano a criteri di ragionevolezza e comunque siano in armonia con i principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione. Nel caso di specie, l'immissione in ruolo di personale in precedenza utilizzato a tempo determinato, sulla base di selezioni per titoli ed esami, tali da escludere ogni automatismo, consentirebbe di salvaguardare le anzidette esigenze. Nell'imminenza della udienza, la difesa della Regione ha depositato una memoria con la quale ha insistito nelle conclusioni già rassegnate, ribadendo che la legge impugnata non ha introdotto una disciplina nuova, limitandosi, invece, ad estendere l'arco temporale di riferimento dei rapporti di lavoro a tempo determinato che già in base alla legge regionale n. 10 del 1995 davano diritto a partecipare alle selezioni per l'inquadramento nei ruoli della Regione. La legge in questione avrebbe una finalità di perequazione riferita a quarantasette unità di personale assunto con contratti annuali scaduti tra il 3 novembre 1994 e il 5 settembre 1995 e non prorogati. Inoltre, non trattandosi di assunzioni, ma di inquadramenti in ruolo, tra l'altro, sulla base di prove selettive di merito, di dipendenti già assunti, sia pure a tempo determinato, non si derogherebbe al principio del concorso, la cui ratio consisterebbe nella esigenza che l'accesso agli impieghi avvenga alla stregua di imparziali accertamenti di idoneità dei candidati. Del resto, con riferimento al personale assunto a tempo determinato per l'attuazione dei progetti finalizzati, già la legge dello Stato ha previsto tale modalità di copertura dei posti (art. 4-bis del d.l. n. 148 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993).
Considerato in diritto
1.-Il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri sottopone all'esame di questa Corte la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia riapprovata nella seduta del Consiglio regionale dell'8 marzo 1995 (Norme transitorie concernenti il personale assunto a norma dell'art. 3 della legge regionale 16 dicembre 1988, n. 59, per l'attuazione di progetti finalizza ti), in quanto, nel prevedere che il personale assunto nelle qualifiche funzionali sesta, settima ed ottava, per la realizzazione di progetti finalizzati, già approvati dalla Giunta regionale alla data di entrata in vigore della legge 19 luglio 1993, n. 236 (con la quale è stato convertito il decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148), venga ammesso a partecipare ad apposite selezioni interne per le medesime qualifiche o figure professionali in base alle quali è avvenuta l'assunzione, si porrebbe in contrasto con gli artt. 117 e 97, terzo comma, della Costituzione per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di pubblico impiego. In particolare, sarebbero violati l'art. 4-bis, comma 1, del d.l. n. 148 del 1993, che prevede concorsi e selezioni per l'assunzione di personale già utilizzato con rapporto di lavoro a tempo determinato, e si riferisce solo al personale in corso di utilizzazione da parte delle pubbliche amministrazioni alla data di entrata in vigore dello stesso decreto; nonchè il principio della assunzione mediante concorso pubblico, affermato dall'art. 97, terzo comma, della Costituzione, e ribadito dall'art. 8 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e dall'art. 3, comma 20, della legge 24 dicembre 1993, n. 537; infine, gli artt. 30 e 31 dello stesso d.lgs. n. 29 del 1993 e l'art. 22, commi 6, 7 e 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, in quanto è previsto l'inquadramento del personale in questione indipendentemente dalla ridefinizione degli uffici regionali e della pianta organica, a prescindere dalla verifica dei carichi di lavoro e in elusione delle limitazioni temporali e numeriche in materia di assunzioni, in contrasto con le norme citate. Tale enunciazione sintetica della questione sollevata induce a superare la eccezione preliminare di inammissibilità, sollevata dalla difesa della Regione, sotto il profilo della genericità delle censure, in quanto il ricorso esattamente individua e circoscrive i vizi denunciati con il parametro costituzionale e le norme contenenti i principi fondamentali invocati, da individuarsi secondo criteri sostanziali elaborati dalla giurisprudenza al di là di autoqualificazioni. Del resto, il contraddittorio instaurato ha esattamente individuato e precisato i termini sostanziali delle questioni sottoposte alla Corte.
2.-La legge della Regione Lombardia riapprovata l'8 marzo 1995, richiamandosi alla disciplina prevista dal contratto collettivo approvato ai sensi dell'art. 45 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e alla legge della stessa Regione sulla revisione dell'ordinamento del personale regionale, approvata dal Consiglio regionale il 30 gennaio 1995 (legge regionale 10 marzo 1995, n. 10), estende al personale utilizzato ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 16 dicembre 1988, n. 59 per la realizzazione di progetti finalizzati, già approvati dalla Giunta regionale alla data di entrata in vigore della legge statale 19 luglio 1993, n. 236, un meccanismo di sistemazione-assunzione agevolato, mediante selezioni interne per le medesime qualifiche e/o figure professionali per le quali era avvenuta l'assunzione (a tempo determinato con durata corrispondente al rispettivo progetto e comunque non superiore ai dodici mesi: art. 3, commi 1 e 4, della legge regionale 16 dicembre 1988, n. 59), corrispondente al sistema transitorio previsto dall'art. 27 della legge regionale 10 marzo 1995, n. 10. La norma impugnata estende, riaprendo il procedimento di sistemazione in ruolo, il meccanismo del predetto art. 27 (che si atteneva ai principi della legislazione statale in materia), allargandone tuttavia i presupposti soggettivi quanto all'epoca di riferimento dell'inizio del servizio, non più ancorata ad una data precisa (entrata in vigore della legge 19 luglio 1993, n. 236, di conversione, con modificazioni, del d.l. 20 maggio 1993, n. 148), ma collegata ad assunzioni a tempo determinato effettuate sulla base di progetti finalizzati semplicemente approvati dalla Giunta regionale entro la data di entrata in vigore della medesima legge di conversione n. 236 del 1993. È evidente l'effetto della variazione, che comporta l'allargamento indeterminato dell'inizio del servizio (quale presupposto dell'inquadramento), non più vincolato a data anteriore all'entrata in vigore della legge n. 236 del 1993, ma preso in considerazione, ai fini di cui si tratta, pur se avvenuto in epoca più recente (anche a distanza di oltre un anno). A quel vincolo temporale rimane, invece, assoggettata la sola data di approvazione dei progetti, che, quindi, possono risalire ad epoca più remota ed essere rimasti inattuati in tutto o in parte per alcuni anni (per ragioni di bilancio o per difetto di possibilità di esecuzione o per altre ragioni in questa sede irrilevanti). Con il suddetto allargamento (che concerne un numero di unità tutt'altro che esiguo) viene travisato il sistema di razionalizzazione organizzativa dell'amministrazione pubblica, indissolubilmente connesso ad esigenze finanziarie di contenimento della spesa con verifica delle strutture (ridefinizione degli uffici regionali e delle piante organi che, verifica dei carichi di lavoro) e alle limitazioni temporali e numeriche in materia di assunzioni. Infatti, la riapertura e la reiterazione di un sistema di concorsi riservati, con l'allargamento soggettivo e temporale dell'inizio del servizio da parte dei destinatari dell'assunzione in ruolo, vengono a porsi in netta dissonanza con i principi fondamentali posti dalla legislazione dello Stato in materia di pubblico impiego, quali desumibili dal richiamato articolo 4-bis del d.l. n. 148 del 1993 in relazione alle disposizioni del d.lgs. n. 29 del 1993 e della legge n. 724 del 1994 contenenti blocchi e limitazioni di assunzioni. Con ciò non si esclude che le Regioni, nella loro autonomia, possano scegliere, purchè in modo razionale e con criteri di ragionevolezza, se sistemare o meno (con l'assunzione in ruolo) particolari categorie assunte a tempo determinato per esigenze contingenti e non stabili, e nello stesso tempo divergere da talune indicazioni di dettaglio o dai sistemi organizzatori e procedimentali delle assunzioni, sempre che ciò avvenga sulla base di selezioni con le garanzie concorsuali (sotto questo ultimo profilo le censure dedotte con il ricorso sono in fatto prive di fondamento). Invece, deve negarsi la legittimità di un travolgimento del principio che esclude sia la reiterabilità della procedura di sistemazione, sia la assunzione in ruolo stabile per chi, alla data dell'entrata in vigore delle corrispondenti e richiamate norme statali eccezionali di sanatoria e conversione, non era legato da un rapporto di impiego temporaneo e, soprattutto, non era stato ancora utilizzato (inizio del servizio). Queste norme di sistemazioneassunzione, col legate in modo indissolubile alla operazione di verifica dei carichi di lavoro e della quantità di attività svolta nonchè della copertura del servizio in rapporto alla domanda, sono dirette -come norme di principio in relazione alla loro natura oggettiva -a chiudere definitivamente una serie di rapporti a tempo determinato in atto, bloccando ulteriori concorsi e assunzioni (se non sulla base di concorsi già autorizzati) ed implicitamente escludendo la creazione di nuovi rapporti. La legge impugnata ha alterato fondamentalmente l'ambito di riferimento temporale dell'inizio del rapporto da trasformare con le assunzioni, omettendo nello stesso tempo qualsiasi riscontro di verifica nei sensi sopraindicati. Ciò doveva essere tanto più necessario in quanto alcuni degli oggetti dei progetti finalizzati riguardavano compiti e funzioni stabili della Regione; altri, profili particolari in relazione a specifiche iniziative contingenti, senza diretta correlazione con i ruoli e la previsione di funzioni organiche regionali. Pertanto, il ricorso deve essere accolto sotto gli anzidetti profili, rimanendo assorbiti gli altri motivi.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia riapprovata l'8 marzo 1995 (Norme transitorie concernenti il personale assunto a norma dell'art. 3 della legge regionale 16 dicembre 1988, n. 59 per l'attuazione di progetti finalizzati).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/10/95.
Vincenzo CAIANIELLO, Presidente
Riccardo CHIEPPA, Redattore
Depositata in cancelleria il 31/10/95.