Sentenza n. 123

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 123

 

ANNO 1997

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Guido NEPPI MODONA  

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma primo (recte: comma secondo), d.P.R. 30 giugno 1970, n. 540 (Semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di brevetti per invenzioni industriali, per modelli di utilità, modelli e disegni ornamentali e in materia di registrazione di marchi di impresa), promosso con ordinanza emessa il 20 maggio 1995 dalla Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi di Roma sul ricorso proposto da Vacchi Claudio, iscritta al n. 320 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1996.

  Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 9 aprile 1997 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

Ritenuto in fatto

 

  1. -- Nel corso di un procedimento in cui il titolare di una ditta aveva impugnato il provvedimento - comunicatogli l'11 ottobre 1994 - con cui l'Ufficio italiano brevetti e marchi aveva negato la registrazione di un marchio d'impresa, la Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi ha rilevato che il ricorso risultava spedito all'Ufficio centrale brevetti in data 4 novembre 1994 mediante raccomandata con avviso di ricevimento, ma era pervenuto - giusta verbalizzazione dell'Ufficio stesso - soltanto l'11 novembre successivo, cioé oltre il termine di trenta giorni fissato dalla legge a pena di decadenza.

  La Commissione, pertanto, con ordinanza emessa il 20 maggio 1995, ha sollevato -- in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione -- questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma rpimo (recte: comma secondo), del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 540 (Semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di brevetti per invenzioni industriali, modelli industriali e marchi di impresa), nella parte in cui, nel caso di trasmissione del ricorso (avverso il rigetto della domanda di brevetti e di marchi d'impresa) mediante il servizio postale, prevede come data del deposito quella del ricevimento del plico e della relativa verbalizzazione.

  Rileva l'Autorità rimettente come il ricorso avverso i provvedimenti concernenti i brevetti per invenzioni industriali, modelli e marchi d'impresa debba essere presentato, ex art. 1 del d.P.R. n. 540 del 1972, mediante deposito presso l'Ufficio centrale ovvero presso gli UPICA (Uffici provinciali industria commercio e artigianato) competenti, i quali, all'atto del ricevimento, ne redigono processo verbale. La norma impugnata prevede altresì la possibilità di trasmettere il ricorso a mezzo del servizio postale in plico raccomandato diretto all'Ufficio centrale, stabilendo che questo, all'atto del ricevimento, "redige processo verbale, la cui data si considera data del deposito".

  Premessa la propria legittimazione a sollevare questione di legittimità costituzionale, la rimettente Commissione ritiene che far coincidere la data del deposito con quella del ricevimento anzichè con quella della spedizione del ricorso, risulti lesivo del diritto di agire in giudizio, poichè l'esercizio di questo risulterebbe condizionato dall'attività del Servizio postale, del tutto indipendente dall'iniziativa del titolare del diritto stesso, la cui tutela sarebbe resa perciò difficile e spesso impossibile.

  Secondo la Commissione, disposizioni siffatte possono trovare giustificazione allorchè siano collegate al momento iniziale di decorrenza di un termine e non già quando, come nella specie, sia ad esse connesso l'effetto della decadenza. Nè d'altra parte potrebbe argomentarsi che la scelta del servizio postale viene compiuta a rischio e pericolo dell'interessato, posto che, una volta consentito l'uso di tale strumento, il legislatore sarebbe tenuto anche ad assicurarne il risultato. Nell'ordinamento, del resto, sono rinvenibili numerose altre ipotesi -- che la rimettente esemplifica con riguardo al contenzioso tributario, al giudizio di Cassazione, alle impugnazioni nel processo penale -- in cui l'azione dinanzi ad organi giurisdizionali o amministrativi si considera proposta con la spedizione del plico raccomandato.

  2. -- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione, ricordando il principio generale secondo cui la notifica si intende perfezionata nel momento in cui l'atto perviene al destinatario: principio, rispetto al quale le ipotesi indicate dalla rimettente Commissione configurerebbero mere eccezioni. Non risulterebbero violati gli evocati parametri, sia perchè il principio di uguaglianza può essere evocato solo nell'àmbito dello stesso procedimento, sia per l'ampiezza del termine e la pluralità dei mezzi a disposizione dell'interessato.

Considerato in diritto

 

  1. -- La Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma primo (recte: comma secondo), del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 540, nella parte in cui, nel caso di trasmissione mediante servizio postale del ricorso avverso il rigetto della domanda di registrazione di marchio, prevede come data del deposito quella del ricevimento del plico anzichè quella della sua spedizione. A parere dell'autorità rimettente, la norma impugnata risulterebbe lesiva degli artt. 3 e 24 della Costituzione, sia per il confronto con altre ipotesi normative in cui la proposizione dell'azione é individuata con riferimento alla spedizione della raccomandata, sia perchè farebbe carico all'interessato dell'inattività del servizio postale.

  2. -- La questione non é fondata.

  2.1 -- L'art. 75 del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, in materia di brevetti per marchi d'impresa, prevedeva che il deposito delle domande relative si effettuasse in Roma, presso l'Ufficio centrale dei brevetti, ovvero presso gli uffici periferici indicati nel regolamento di esecuzione. Analoga previsione era contenuta nell'art. 92 del regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127, in tema di brevetti per invenzioni industriali, che tuttavia consentiva anche l'invio delle domande e della documentazione mediante servizio postale con plico raccomandato diretto all'Ufficio centrale. In tal caso si considerava come data del deposito quella del verbale che l'ufficio era tenuto a redigere all'atto del ricevimento con la specificazione anche dell'ora.

  La legge 19 ottobre 1956, n. 1356, ratificava e dava esecuzione alla Convenzione europea relativa alle formalità prescritte per le domande di brevetto, firmata a Parigi l'11 dicembre 1953, che all'art. 3, par. 3, recita: "Les Etats Contractants autoriseront l'envoi postal des demandes, sans prèjudice de toute règlementation nationale concernant l'exigence d'un mandataire ou d'una èlection de domicile".

 

  Con la legge 18 marzo 1968, n. 249, art. 4, il legislatore delegava il Governo a disciplinare le procedure amministrative allo scopo di rendere il più sollecita possibile l'azione amministrativa, in particolare attraverso l'eliminazione di competenze ed adempimenti non necessari.

  In attuazione di tale delega é stato emanato appunto il d.P.R. 30 giugno 1972, n. 540, che, ispirandosi già nel suo titolo alla finalità di semplificazione, ha assoggettato ad un modello uniforme i vari itinera procedurali in precedenza previsti distintamente onde ottenere il brevetto per invenzioni industriali, modelli di utilità, modelli e disegni ornamentali nonchè la registrazione dei marchi d'impresa. Esso ha abrogato espressamente (v. art. 14) le due succitate norme, rispettivamente dettate per brevetti industriali e per marchi d'impresa nel 1939 e nel 1942, prevedendo invece, sub art. 1, comma primo, che tutti gli atti comunque concernenti le procedure in materia possono essere depositati presso gli uffici periferici determinati con decreto del Ministro dell'industria, i quali assicurano un'uniformità di luoghi e di orari su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, col denunciato art. 2, si consente che tali atti siano inviati mediante plico raccomandato con avviso di ricevimento all'Ufficio italiano brevetti e marchi in Roma, il quale -- come stabilisce il secondo comma, cui va correttamente riferita la censura -- redige, all'atto del ricevimento, processo verbale, la cui data si considera come quella di deposito.

  Sempre in vigore é peraltro rimasto l'art. 33 del regio decreto n. 929 del 1942 per i marchi, che prevede la facoltà di presentare ricorso entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento dell'Ufficio (similmente dispone l'art. 35 del regio decreto n. 1127 del 1939 per i brevetti); ricorso che va rivolto alla Commissione di cui all'art. 71 di quest'ultimo regio decreto, secondo quanto stabilito dall'art. 53 dello stesso regio decreto n. 929 del 1942.

  In vigore é rimasto anche l'art. 79 del regio decreto 5 febbraio 1940, n. 244, che consente l'invio dei ricorsi per raccomandata, senza nulla peraltro disporre circa il momento in cui si considera perfezionato il deposito. Momento che la Corte di cassazione ha individuato, con varie decisioni, nella verbalizzazione della ricezione del plico.

  2.2. -- Così delineato il quadro normativo, occorre ricordare come questa Corte abbia più volte affermato che l'utilizzo del servizio postale, nell'àmbito della pur legittima pluralità di moduli notificatori, é di per sè compatibile con l'art. 24 Cost. (v. sentenze nn. 201 e 408 del 1991), in quanto tale servizio é deputato istituzionalmente a fornire un agevole mezzo di prova della spedizione e dell'arrivo a destinazione di una lettera o di un plico (v. sentenze n. 50 del 1992 e n. 170 del 1971); rilevando inoltre come la presentazione di domande all'Ufficio brevetti risulti facilitata dalla possibilità di avvalersi del servizio stesso (v. sentenza n. 236 del 1996).

  Da tali affermazioni non é dato tuttavia pervenire a ritenere che, una volta concessa detta facilitazione, il legislatore sia anche tenuto a far coincidere in ogni caso la data della spedizione con quella del deposito dell'atto. Nello scandire i momenti del procedimento occorre infatti bilanciare gli interessi opposti che vengono in considerazione nelle varie situazioni, ammettendo o negando quanto sopra, a seconda delle interferenze che l'atto depositando sia suscettibile di produrre con rapporti altrui.

  Nelle ipotesi prospettate dalla rimettente quale tertia comparationis, evidentemente, il legislatore ha ritenuto che nessun altro soggetto possa trarre nocumento dall'incertezza derivante dall'attribuire alla data di spedizione l'idoneità a far considerare soddisfatto l'onere d'osservanza del termine. Altrettanto non ha ritenuto, operando nella sua discrezionalità, relativamente alla complessa materia dei brevetti e dei marchi. Ma non si può dire che in tal modo abbia violato il principio di ragionevolezza e, tantomeno, il diritto di difesa del soggetto autorizzato ad utilizzare il mezzo postale.

  Sotto il primo profilo, basti considerare che la presentazione del ricorso alla Commissione avviene attraverso il deposito senza previa o successiva notificazione ad altri soggetti, pur potendo nella fattualità avere effetti nei confronti di terzi interessati alla consolidazione della situazione che col ricorso s'intenda rimuovere (e dunque alla certezza in ordine alla pendenza del ricorso stesso). Il che giustifica la previsione che, ai fini del rispetto del termine dei trenta giorni, l'atto sia ricevuto e immediatamente verbalizzato dall'ufficio di destinazione, onde conseguire appunto tale certezza.

  Sotto il secondo profilo, va rilevato che la spedizione per posta costituisce una possibile alternativa offerta al ricorrente, rispetto a quella di depositare il ricorso direttamente, presso l'Ufficio centrale di Roma o anche presso gli uffici e gli enti determinati con decreto del Ministro a' sensi dell'art. 1 dello stesso d.P.R. n. 540 del 1972.

  A tutto ciò si aggiunga la ragionevole ampiezza del termine previsto per il ricorso (trenta giorni), a fronte di quello ristrettissimo (tre giorni), in presenza del quale questa Corte, con la sentenza 16 ottobre 1990, n. 461 richiamata dalla rimettente, ebbe a dichiarare costituzionalmente illegittimo il combinato disposto degli artt. 169, ultimo comma, 175 e 202, secondo comma, del codice di procedura penale del 1930. Ampiezza, che consente al soggetto di ben valutare, usando l'ordinaria diligenza, il tempo presumibilmente necessario per l'arrivo del plico a destinazione e di operare conseguentemente la propria scelta del mezzo di presentazione del ricorso; tenuto conto anche del fatto che l'art. 4, terzo comma, dello stesso d.P.R. n. 540 del 1972 dà per osservato il termine in caso di ritardo determinato da interruzione del servizio postale, purchè il plico sia stato spedito per raccomandata almeno cinque giorni prima della scadenza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma secondo, del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 540 (Semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di brevetti per invenzioni industriali, per modelli di utilità, modelli e disegni ornamentali e in materia di registrazione di marchi di impresa), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi con l'ordinanza in epigrafe.

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 1997.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 6 maggio 1997.