SENTENZA N. 303
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 6, 30 e 32 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), promosso con ordinanza emessa il 18 novembre 1994 dalla Corte di cassazione, sezione unite civili, sui ricorsi riuniti proposti dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Salerno contro Giovanni Battista Crescenzo ed altra e da Giovanni Battista Crescenzo ed altra contro il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Salerno, iscritta al n. 238 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 29 maggio 1996 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto in fatto
1. -- Con ordinanza emessa il 18 novembre 1994 nel corso di un giudizio promosso per attribuire efficacia in Italia, come affidamento preadottivo, ad un provvedimento di adozione emesso nel Maryland (Stati Uniti), la Corte di cassazione, sezione unite civili, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e 31 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 6, 30 e 32 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), nella parte in cui non prevede che il giudice, nel valutare il requisito della differenza di età tra minore adottando ed adottante non superiore a quaranta anni, possa tenere conto, quale circoscritto ed eccezionale motivo di ammissibilità della declaratoria di efficacia del provvedimento straniero, del superamento di tale limite, da parte di uno dei coniugi adottanti ma non dell'altro, in misura tale che sia comunque rispettata la differenza biologica naturale, ovvero ordinaria, tra genitori e figli (alla quale è ispirata la convenzione europea in materia di adozione di minori, firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967 e resa esecutiva con legge 22 maggio 1974, n. 357).
La Corte di cassazione era chiamata a pronunciarsi, su ricorso sia del pubblico ministero che dei coniugi adottanti, sul decreto del Tribunale per i minorenni di Salerno, che, considerato l'interesse preminente del minore, aveva attribuito efficacia al provvedimento straniero di adozione, calcolando la differenza di età tra minore ed adottante, prevista dall'art. 6 della legge n. 184 del 1983 e da applicare anche all'adozione internazionale (art. 30 della stessa legge), non a giorni, ma in base agli anni interamente compiuti dall'adottante. Con la conseguenza che il limite di quaranta anni, altrimenti superato di soli tre mesi da uno dei coniugi adottanti, era da considerare rispettato.
La Corte di cassazione afferma che l'accertamento dei requisiti previsti dall'art. 6 della legge n. 184 del 1983 è richiesto dall'art. 30 della stessa legge anche per l'adozione di minori stranieri e comprende, quindi, il requisito della differenza di età tra coniugi adottanti e minore da adottare. La specifica fissazione di tale limite in non più di quaranta anni non consente, secondo il tenore letterale della disposizione, di fare ricorso, per attribuire efficacia a sentenze straniere di adozione, a valutazioni diverse, in ipotesi compatibili con i principi di ordine pubblico italiano, quando sia superato il limite di quaranta anni, ma il divario di età riproduca la differenza biologica naturale e l'adozione risponda, con certezza, all'interesse del minore.
Ad avviso del giudice rimettente, si è in presenza di una disciplina tassativa e rigida, che non permette in nessun caso di attribuire efficacia al provvedimento straniero di adozione, in mancanza del requisito della differenza di età, anche quando vi sia un eccezionale interesse del minore, pur altre volte considerato dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 183 del 1988 e n. 44 del 1990) come idoneo a consentire, a seguito di un rigoroso accertamento giudiziale, di superare la rigidità dello sbarramento legislativo.
La Corte di cassazione ritiene che la disciplina denunciata sia in contrasto con gli artt. 2 e 31 della Costituzione, perché non permetterebbe al coniuge in possesso del requisito dell'età di realizzare il diritto alla costituzione della famiglia adottiva, a causa di una situazione estranea alla sfera dei propri diritti e doveri, e senza che vi sia un conflitto con i principi di ordine pubblico. Inoltre ammettere l'adozione anche in questi casi potrebbe far realizzare il fondamentale interesse del minore e consentirebbe di adempiere al dovere di solidarietà verso chi versa in stato di abbandono.
La Corte rimettente prospetta anche la violazione dell'art. 3 della Costituzione, in quanto il coniuge idoneo ad adottare, sempre che sia tutelato l'interesse del minore, sarebbe posto, a parità di condizioni personali, in posizione di diseguaglianza rispetto agli altri cittadini.
2. -- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
L'Avvocatura ritiene che sarebbe difficile sottrarre le norme denunciate alla censura di incostituzionalità, se il requisito della differenza di età dovesse essere inteso ed applicato nel significato rigoroso, attribuito dall'ordinanza di rimessione.
La questione potrebbe essere, tuttavia, risolta in via interpretativa. E' stata, difatti, già dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui non consente l'adozione di uno o più fratelli in stato di adottabilità, quando per uno di essi l'età degli adottanti supera di più di quarant'anni l'età dell'adottando e dalla loro separazione possa derivare ai minori un danno grave per il venir meno della comunanza di vita e di educazione (sentenza n. 148 del 1992). La Corte costituzionale ha, quindi, già ritenuto che il divario di età, legislativamente previsto, non si pone come così assoluto da non poter essere ragionevolmente intaccato, in casi circoscritti ed eccezionali, per consentire l'affermazione di interessi, particolarmente attinenti al minore ed alla famiglia, che trovano radicamento e protezione costituzionale e la cui esistenza in concreto sia rimessa al rigoroso accertamento giudiziale.
Ad avviso dell'Avvocatura, il divario di età vive, nel nostro ordinamento, nei limiti entro i quali è stata riconosciuta la sua aderenza ai valori costituzionali di protezione della personalità dei minori. Il caso considerato nel giudizio principale (superamento di appena tre mesi del divario massimo di età da parte di un solo coniuge) sarebbe compreso nell'ambito di questa interpretazione, conforme ai principi costituzionali, che consente alla prudente e ponderata valutazione del giudice di attenuare l'apparente rigidità nella disciplina del divario di età legislativamente fissato.
Considerato in diritto
1. -- La questione di legittimità costituzionale investe la norma relativa al divario di età tra coniugi adottanti ed adottato, fissato in non più di quaranta anni dalla disciplina dell'adozione dei minori. La Corte di cassazione ritiene che l'art. 6 della legge 4 maggio 1983, n. 184, che stabilisce tale requisito, operante anche per l'adozione di minori stranieri in forza degli artt. 30 e 32 della stessa legge, possa essere in contrasto con gli artt. 2, 3 e 31 della Costituzione. Il dubbio di legittimità costituzionale è formulato per la rigidità della regola, che non consente al giudice di tenere conto, quale circoscritto ed eccezionale motivo di ammissibilità della dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero di adozione, del superamento, da parte di uno solo dei coniugi adottanti, del limite di età di quaranta anni tra adottante ed adottato, in maniera tale che sia comunque rispettata la differenza biologica naturale ovvero ordinaria tra genitori e figli.
2. -- La questione, prospettata nei confronti del combinato disposto degli artt. 6, 30 e 32 della legge n. 184 del 1983 in un caso che riguarda l'adozione di un minore straniero, è tuttavia da considerare riferita all'art. 6, secondo comma, della stessa legge, che stabilisce il requisito, generale e comune tanto all'adozione nazionale che a quella internazionale, del divario di età tra coniugi adottanti e minore adottato.
Difatti il legislatore, nel disciplinare l'adozione dei minori, ha stabilito, tra le disposizioni generali della legge n. 184 del 1983, alcuni requisiti comuni per l'adozione, sia quando essa è direttamente disposta dal giudice nazionale, sia quando, per i minori stranieri, è disposta dallo stesso giudice, ma sul presupposto di un provvedimento di adozione emesso in altri Paesi e che solo così può acquistare efficacia in Italia.
L'unificazione dei requisiti risponde ad un principio al quale si ispira l'intera legge n. 184 del 1983: quello della pari protezione dei minori e quindi della omogeneità di disciplina sostanziale per la loro adozione, tanto che siano italiani quanto stranieri, evitando, in danno di questi ultimi, discriminazioni ed abusi (sentenza n. 536 del 1989).
Questo principio risponde all'esigenza di una comune e generale salvaguardia della personalità e dei diritti del minore, e trova fondamento nella garanzia costituzionale della dignità della persona e nella speciale protezione dell'infanzia (artt. 2 e 31 della Costituzione). Il medesimo principio ispira le norme internazionali che richiedono, per l'adozione all'estero, garanzie e norme equivalenti a quelle previste per l'adozione nazionale (art. 21 della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176).
Tra i requisiti comuni alle due forme di adozione, nazionale ed internazionale, l'età degli adottanti, rispetto a quella degli adottandi, ha un rilievo non secondario. Essa è presa in considerazione anche dalla convenzione europea in materia di adozione di minori, che prevede la regola generale di una differenza di età, tra adottante e adottato, non diversa da quella che intercorre di solito tra genitori e figli (art. 8 della convenzione di Strasburgo firmata il 24 aprile 1967, resa esecutiva con legge 22 maggio 1974, n. 357).
L'adozione di minori è, difatti, destinata a far cessare ogni rapporto tra la famiglia di origine e l'adottato, il quale viene definitivamente inserito nella famiglia di accoglienza, assumendo in essa la condizione giuridica di figlio legittimo. La famiglia di accoglienza è chiamata, quindi, ad assolvere una funzione completamente sostitutiva della famiglia di origine e deve, pertanto, avere tutti i requisiti di una famiglia nella quale ordinariamente avviene l'accoglienza della nascita, l'assistenza e l'educazione del fanciullo. Così si spiega il divario di età tra genitori adottivi e minore adottato, che deve essere conforme a tale modello.
3. -- Il legislatore ha ritenuto, facendo uso della discrezionalità che gli è propria, di stabilire, sia nel minimo che nel massimo (rispettivamente in diciotto e quaranta anni), il divario di età tra adottanti e adottando in modo rispondente alle finalità peculiari dell'adozione legittimante e tenendo conto delle condizioni sociali nelle quali l'istituto è destinato ad operare.
Non viene ora posta in discussione la regola, ragionevolmente stabilita dal legislatore, ma la sua assolutezza, tale da non tollerare eccezione alcuna anche quando l'adozione risponda al preminente interesse del minore e la specifica famiglia di accoglienza, giudicata idonea, sia la sola che possa soddisfare tale interesse, ma sia superato il divario di età rigidamente previsto, pur rimanendo tale divario compreso in quello che di solito può intercorrere tra genitori e figli, sicché l'adozione non può essere disposta ed in concreto ne deriva un danno per il minore stesso.
Questa Corte ha già ritenuto che la regola del divario massimo di età tra adottante e adottato non può essere così assoluta da non poter essere ragionevolmente intaccata, in casi rigorosamente circoscritti ed eccezionali, per consentire l'affermazione di interessi, attinenti al minore ed alla famiglia, che trovano radicamento e protezione costituzionale, la cui esistenza in concreto sia rimessa al rigoroso accertamento giudiziale (sentenza n. 148 del 1992).
Sotto questo profilo non viene in considerazione l'interesse dei coniugi ad avere figli legittimi di derivazione adottiva. Né, per gli aspetti considerati, il limite di età stabilito dalla disposizione denunciata per l'adozione di minori può essere valutato in relazione all'interesse ed alla posizione dell'adottante, giacché l'intero sistema dell'adozione di minori è eminentemente incentrato sulla valutazione e sulla protezione della personalità e dell'interesse del fanciullo, alla cui accoglienza è preordinato lo stesso apprezzamento dell'idoneità della famiglia adottiva, e quindi dei requisiti richiesti ai suoi componenti.
Occorre, invece, considerare l'interesse e la protezione del minore, che l'ordinanza di rimessione prospetta quali elementi del giudizio di legittimità costituzionale, facendo riferimento agli artt. 2 e 31 della Costituzione.
4. -- In continuità con la precedente giurisprudenza costituzionale, relativa al superamento dell'assoluta rigidità delle prescrizioni normative, quanto alla differenza di età tra coniugi adottanti ed adottando (sentenze n. 183 del 1988, n. 44 del 1990, n. 148 del 1992), deve essere riconosciuta la possibilità che il giudice valuti, con rigoroso accertamento, l'eccezionale necessità di consentire, nell'esclusivo interesse del minore, che questi sia inserito nella famiglia di accoglienza che, sola, può soddisfare tale suo interesse, anche quando, pur rimanendo nella differenza di età che può solitamente intercorrere tra genitori e figli, l'età del coniuge adottante si discosti in modo ragionevolmente contenuto dal massimo di quaranta anni, legislativamente previsto.
Tuttavia, affinché non si trasformi in una regola, la cui fissazione è invece rimessa alla discrezionalità del legislatore, l'eccezione deve rispondere ad un criterio di necessità in relazione ai principi ed ai valori costituzionali assunti quale parametro di valutazione della legittimità costituzionale della disposizione denunciata (artt. 2 e 31 della Costituzione).
Nel contesto di un istituto preordinato ad assicurare al minore in stato di abbandono una famiglia di accoglienza idonea ad assolvere pienamente la funzione di solidarietà propria della famiglia legittima, la necessità della deroga al criterio rigido del divario di età (fissato dall'art. 6, secondo comma, della legge n. 184 del 1983) si verifica quando l'inserimento in quella specifica famiglia adottiva risponde al preminente interesse del minore e dalla mancata adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per lo stesso.
La questione è dunque, in questi limiti, fondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre l'adozione, valutando esclusivamente l'interesse del minore, quando l'età di uno dei coniugi adottanti superi di oltre quaranta anni l'età dell'adottando, pur rimanendo la differenza di età compresa in quella che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla mancata adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 24 luglio 1996.