Sentenza n. 148 del 1992

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SENTENZA N. 148

 

ANNO 1992

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 30, comma secondo, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori) in relazione all'art. 6, comma secondo, della stessa legge, promosso con ordinanza emessa il 15 maggio 1991 dal Tribunale per i minorenni di Bari nell'istanza proposta da Dolciamore Nicola ed altra, iscritta al n. 560 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1991.

 

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 22 gennaio 1992 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il Tribunale per i minorenni di Bari, con ordinanza emessa il 15 maggio 1991 nel procedimento introdotto dai coniugi Dolciamore Nicola e Spezzacatena Elisabetta per ottenere la dichiarazione di efficacia di una sentenza del Tribunale di Braila (Romania) di adozione di due minori fratelli, accogliendo l'istanza formulata dal Procuratore della Repubblica ha sollevato questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli articoli 2, 3 e 31 della Costituzione, della norma che, stabilendo tra i requisiti degli adottanti che la loro età non deve superare di più di quarant'anni l'età dell'adottando, (art. 30, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 in relazione all'art. 6, secondo comma, della stessa legge), non prevede che a detto limite si possa derogare allorchè dall'applicazione di esso derivi al minore un danno irreversibile come quello causato dalla separazione dal fratello o dalla sorella.

 

Il giudice a quo, adito per ottenere la declaratoria di efficacia nello Stato italiano del provvedimento straniero di adozione dei piccoli Ionut e Claudia Viorica Anton, ha accolto l'istanza relativamente al fratello, mentre con riguardo alla sorella più piccola ha ritenuto di non poter provvedere indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale prospettata, atteso che la differenza di età tra la minore e uno dei coniugi supera il limite di quarant'anni.

 

Il giudice rimettente ha osservato che la norma impugnata urterebbe contro il dettato degli articoli 2, 3 e 31 della Costituzione.

 

Difatti l'art. 2 della Costituzione garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, quale quello del minore ad una crescita che gli assicuri il pieno ed armonico sviluppo della sua personalità; l'art. 3 della Costituzione impone allo Stato di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana; l'art. 31 della Costituzione prevede quale compito della Repubblica quello di agevolare e proteggere la famiglia, l'infanzia e la gioventù. La separazione dei due minori germani arrecherebbe grave danno psicologico e di crescita a ciascuno di essi, in quanto in applicazione degli artt. 33, ultimo comma, e 37 della stessa legge la sorellina andrebbe in adozione ad altri, e si profilerebbe un contrasto con i principi costituzionali già richiamati.

 

Pur non disconoscendo le giuste finalità dell'art. 6 della legge 4 maggio 1983, n. 184, di dare ai minori in abbandono genitori adottivi che possano offrire il massimo del proprio affetto e del proprio patrimonio culturale ed educativo senza che sia di ostacolo una differenza di età diversa da quella indicata dall'art. 6 della legge del 1983, n. 184, il giudice a quo rileva che tale disposizione, cui rinvia l'art. 30 della stessa legge, appare in contrasto con i citati parametri costituzionali dal momento che non prevede la possibilità di deroghe quando l'applicazione della norma comporta per il minore un danno irreversibile, come accade con la separazione di due fratelli germani, ben superiore a quello di avere genitori adottivi la cui carenza sia solo nel non avere l'età prescritta.

 

Il giudice rimettente ricorda che la Corte costituzionale, sia pure in riferimento all'ultimo comma dell'art. 44 della stessa legge, ha ritenuto che la fissazione della distanza d'età, storicamente dettata non da considerazioni naturalistiche ma da ragioni di opportunità sociale, non è ostativa alla adozione in particolari casi di necessità, quale quello della realizzazione dell'unità familiare.

 

2. - Intervenuta in rappresentanza del Presidente del consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato ha concluso per l'inammissibilità della questione per difetto di rilevanza. L'Avvocatura afferma che per l'adozione di minori stranieri, così come disciplinata dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, il giudizio di idoneità degli aspiranti adottanti è formulato dal Tribunale per i minorenni in via preventiva ed astratta, senza riguardo ad alcun minore specificamente individuato, sul quale poter misurare la capacità degli adottanti. Non sarebbe dunque configurabile una successiva verifica del rispetto dei limiti di età previsti dall'art. 6.

 

L'Avvocatura rileva inoltre che l'ordinanza di rimessione non precisa se nella dichiarazione di idoneità pronunciata dallo stesso Tribunale fosse stata, a suo tempo, introdotta una condizione di un minimo e di un massimo nell'età dell'adottando in relazione all'età dei coniugi adottanti, ai fini della successiva dichiarazione di efficacia in Italia del provvedimento straniero. In sede di procedimento ex art.32 della legge del 1983, n. 184, di attribuzione di efficacia al provvedimento straniero, non assumerebbe rilevanza - a giudizio dell'Avvocatura - una questione di legittimità costituzionale inerente ai presupposti per l'emanazione della precedente e già intervenuta dichiarazione di idoneità degli adottanti. Nel giudizio a quo, rileverebbe solo l'avvenuta, emanazione della dichiarazione d'idoneità degli adottanti ed il rispetto delle condizioni eventualmente precisate in tale provvedimento.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Tribunale per i minorenni di Bari dubita della legittimità costituzionale della norma che, nel contesto della disciplina della adozione legittimante, stabilisce tra i requisiti richiesti ai coniugi adottanti che la loro età superi "di non più di quaranta anni l'età dell'adottando" (art. 6, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n.184). Tale norma opera tanto nella ipotesi di adozione interna, quanto in quella di adozione internazionale, giacchè in conformità all'indirizzo volto ad unificare i requisiti richiesti per la adozione indipendentemente dalla cittadinanza dei minori, la norma sostanziale posta dall'art. 6 della legge del 1983, n. 184, ha effetto anche nella procedura diretta ad accertare la idoneità dei coniugi i quali intendano adottare un minore straniero (art. 30 della legge del 1983, n.184), procedura che si conclude con la successiva ed eventuale dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero di adozione o di affidamento preadottivo (art. 32 della legge del 1983, n. 184, cit.).

 

Le disposizioni indicate dal giudice rimettente come parametro di valutazione della legittimità costituzionale della norma, sono gli artt.2, 3 e 31 della Costituzione.

 

2. - L'Avvocatura dello Stato ha eccepito la irrilevanza della questione, in quanto sollevata nel corso della fase procedurale disciplinata dall'art. 32 della legge del 1983, n. 184, dopo che era già concluso l'accertamento della idoneità dei coniugi alla adozione, con la fissazione delle relative condizioni, anche quanto al divario di età richiesto rispetto al minore da adottare.

 

Ma proprio la peculiare sequenza di atti e provvedimenti previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, tutti volti alla conclusiva dichiarazione di efficacia nello Stato del provvedimento straniero di adozione, persuade della infondatezza della eccezione.

 

Il procedimento per la adozione di minori stranieri, volto ad assicurare requisiti e controlli analoghi a quelli previsti per la adozione interna, si articola difatti in più fasi, che vanno dalla dichiarazione di idoneità degli adottanti (questa prescinde dalla individuazione e dal rapporto con un minore e precede il provvedimento straniero di adozione) alla dichiarazione di efficacia di tale provvedimento straniero nello Stato.

 

Anche in questa ultima fase, nella quale si trovava il procedimento dinanzi al giudice rimettente, è previsto un controllo, sia pure estrinseco, sulla dichiarazione di idoneità dei coniugi adottanti: se ne trae l'accertamento del rispetto delle condizioni poste dal relativo provvedimento e la possibilità di un contenzioso in ordine ad esse. Anzi, per quanto attiene al requisito del divario di età tra adottanti ed adottato, solo in questa fase, perchè in relazione ad uno specifico minore al quale il divario di età è rapportabile, si pone come rilevante la questione di legittimità costituzionale della norma che fissa in non più di quaranta anni, anche in presenza di particolari situazioni che in ipotesi possano trovare protezione radicata in norme costituzionali, la differenza di età tra adottante ed adottato. Se così non fosse, per la adozione internazionale tale questione non potrebbe mai essere considerata effettivamente rilevante, giacchè nella fase procedurale relativa alla preventiva dichiarazione di idoneità dei coniugi il superamento del divario di età, in assenza di un minore al quale il divario stesso va rapportato, sarebbe solo ipotetico ed eventuale.

 

La eccezione di inammissibilità della questione, sollevata dalla Avvocatura dello Stato, deve essere pertanto disattesa.

 

3. - Nel merito la questione, nei rigorosi limiti nei quali è prospettata, è fondata.

 

Il legislatore ha stabilito all'art. 6 della legge 4 maggio 1983, n. 184, sia per l'adozione interna che per l'adozione internazionale, alla quale la norma si applica per il rinvio operato dall'art. 30 della stessa legge, tra i requisiti richiesti per l'adozione il minimo ed il massimo divario di età tra coniugi adottanti e minore adottato.

 

Si tratta di una previsione rigida, non del tutto adeguata ai principi fissati in materia dalla Convenzione di Strasburgo del 24 aprile 1967, ratificata con legge 22 maggio 1974, n. 357, che fissa il divario di età minimo, in ordine al quale possono essere previste deroghe per il verificarsi di circostanze eccezionali (art. 7). Peraltro comune è il principio ispiratore di fondo della disciplina legislativa nazionale e della Convenzione europea sull'adozione dei minori: esso consiste nella valutazione in termini di assoluta preminenza dell'interesse del minore ad "un ambiente familiare stabile ed armonioso" (per usare la incisiva espressione dell'art. 8 della Convenzione).

 

Questa Corte ha più volte sottolineato che dai principi costituzionali di cui agli artt. 2 e 30, primo e secondo comma, della Costituzione, discende che l'adozione deve trovare nella tutela dei fondamentali interessi del minore il proprio centro di gravità (sentenza n. 197 del 1986, sentenza n. 11 del 1981) essendo sempre poziore l'interesse del minore stesso alla soluzione più adeguata allo sviluppo della sua personalità.

 

Con riferimento al divario di età tra coniugi adottanti e minore il legislatore ha, con una valutazione discrezionale, fissato i termini di tale divario in almeno diciotto anni ed in non più di quaranta anni, attribuendo così riferimenti certi anche alle situazioni ed agli atti preordinati alle adozioni. Ma la assoluta rigidità delle previsioni normative è stata già, in due specifiche e circoscritte situazioni, ritenuta non conforme a costituzione, tanto nel limite minimo quanto nel limite massimo.

 

Per quanto concerne il non raggiunto divario minimo di età, dei diciotto anni, tra adottante ed adottando, nel caso di chi intende adottare il minore figlio anche adottivo del coniuge, questa Corte ha ritenuto che, quando sussistano validi motivi per la realizzazione dell'unità familiare, la ragionevole riduzione del termine diciottennale possa essere rimessa all'apprezzamento del giudice, previo attento e severo esame delle circostanze del caso (sentenza n. 44 del 1990).

 

Quanto al divario massimo di età tra adottante ed adottato questa Corte ha ritenuto, con riferimento alla estensione degli effetti della adozione legittimante, prevista dall'art. 79 della legge del 1983 n.184, nei confronti degli adottati ai sensi dell'art. 291 del codice civile precedentemente in vigore, che la differenza di età tra adottanti ed adottato superiore ai 40 anni non poteva essere di ostacolo, in presenza, tra l'altro dei valori costituzionali di cui agli artt. 2 e 30, primo e secondo comma, della Costituzione (sentenza n. 183 del 1988).

 

Il divario di età legislativamente previsto non si pone dunque come così assoluto da non poter essere ragionevolmente intaccato, in casi rigorosamente circoscritti ed eccezionali, per consentire la affermazione di interessi, particolarmente attinenti al minore ed alla famiglia, che trovano radicamento e protezione costituzionale e la cui esistenza in concreto sia rimessa al rigoroso accertamento giudiziale.

 

Tale situazione si verifica nel caso di fratelli e sorelle minori, uniti da comunità di vita e di educazione, quale parte di un nucleo familiare, e che versino in eguale stato di adottabilità.

 

In proposito si può rilevare che la legge del 1983, n. 184, consente, in principio, l'adozione plurima; anzi afferma che non può essere disposto l'affidamento di uno solo dei due fratelli, tutti in stato di adottabilità, salvo che non sussistano gravi ragioni (art. 22), ma non ne disciplina in modo specifico i profili attinenti al divario di età tra adottanti ed adottando, quando per uno dei minori tale divario non rientri in quello previsto in via generale dall'art. 6, secondo comma.

 

I valori costituzionali di protezione della personalità dei minori, risultanti dagli artt. 2 e 31 della Costituzione, la esigenza di un pari trattamento di essi quando versano nella medesima condizione, come pure quella di salvaguardare la unità familiare che residua o si va a comporre, impongono che sia mantenuta la loro comunanza di vita e di educazione, quando dalla separazione deriverebbe per essi un danno grave, suscettibile di rigorosa valutazione da parte del giudice. In tal caso, essendo uno dei minori adottabile o adottato, la preclusione della adozione di un fratello o di una sorella da parte degli stessi adottanti solo in ragione del superamento del divario massimo di età, non è costituzionalmente legittima.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori) nella parte in cui non consente l'adozione di uno o più fratelli in stato di adottabilità, quando per uno di essi l'età degli adottanti supera di più di quarant'anni l'età dell'adottando e dalla separazione deriva ai minori un danno grave per il venir meno della comunanza di vita e di educazione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/03/92.

 

Aldo CORASANITI, Presidente

 

Cesare MIRABELLI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 1° aprile del 1992.