ORDINANZA N.24
ANNO 1996
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Avv. Mauro FERRI, Presidente
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 18 maggio 1995 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Neri Giovanna, iscritta al n. 470 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1995.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 novembre 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri.
RITENUTO che il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 76 e 77 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a partecipare alla successiva udienza preliminare del giudice per le indagini preliminari che abbia ordinato al pubblico ministero, ai sensi dell'art. 409, comma 5, del medesimo codice, di formulare l'imputazione;
che il remittente ___ il quale premette di essere a conoscenza delle sentenze nn. 401 e 502 del 1991, nonché delle successive ordinanze (n. 162 del 1992 e n. 203 del 1994) con le quali questa Corte ha già esaminato la medesima questione dichiarandola non fondata ___ argomenta l'odierna riproposizione della questione basandosi su di un elemento di ritenuta novità costituito dalla soppressione del termine "evidente" dal testo dell'art. 425 del codice di procedura penale (disposta dall'art. 1 della legge 8 aprile 1993, n. 105), per effetto della quale il giudice dell'udienza preliminare è ora chiamato a valutare i contenuti delle indagini con una più ampia capacità di cognizione, e quindi, a suo avviso, con un vaglio critico assimilabile a quello proprio del giudizio di merito;
che, quindi, la norma impugnata si porrebbe in contrasto:
___ con l'art. 3 della Costituzione: per disparità di trattamento "tra l'imputato tratto avanti al giudice per l'udienza preliminare a seguito di richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero, e quello nei cui confronti è incardinata udienza preliminare ex officio", e cioè ex art. 409, comma 5, del codice di procedura penale;
___ con l'art. 24 della Costituzione: per violazione del diritto di difesa, in quanto le argomentazioni difensive dell'imputato sono già state valutate dal medesimo giudice e ritenute insufficienti a suffragare la richiesta di archiviazione;
___ con l'art. 25 della Costituzione: poiché il giudice che dà ordine di formulare l'imputazione, esprime, per ciò stesso, una valutazione fortemente significativa del merito dell'accusa, e perde quindi la sua qualità di giudice naturale;
___ con gli artt. 76 e 77 della Costituzione: per violazione della direttiva n. 67 dell'art. 2 della legge di delega n. 81 del 1987: "posto che la mancata previsione di incompatibilità incide altresì sul principio della divisione tra parte requirente ed organo giudicante, e, per conseguenza, sull'affermata terzietà del giudice".
CONSIDERATO che questione identica è già stata dichiarata non fondata con le sentenze nn. 401 e 502 del 1991 e 124 del 1992 nelle quali si è rilevato che il legislatore ha ristretto le previsioni d'incompatibilità vincolandole a due condizioni: che il giudice abbia previamente compiuto una valutazione "contenutistica" dell'accusa e delle prove, e che debba poi partecipare ad un "giudizio", inteso come attività finalizzata alla decisione sul merito della regiudicanda;
che nella situazione in esame ___ ha affermato la Corte ___ ricorre la prima condizione ma non la seconda, in quanto il giudice dell'udienza preliminare non è chiamato ad esprimere valutazioni sul merito dell'accusa, bensì a valutare la legittimità della domanda di giudizio formulata dal pubblico ministero (cfr. sentenza n. 64 del 1991);
che l'elemento di novità sulla base del quale il giudice a quo ripropone la questione (costituito dalla soppressione del termine "evidente" dal testo dell'art. 425) non può portare a diverse conclusioni: ed infatti, posto che il giudice dell'udienza preliminare allorquando dispone che il pubblico ministero formuli l'imputazione compie una valutazione sul contenuto dell'accusa, ciò, tuttavia, non incide sull'altro termine di riferimento rappresentato dalla mancanza di una valutazione sul merito della responsabilità dell'imputato nella decisione conclusiva presa all'esito dell'udienza preliminare;
che al riguardo è utile sottolineare che l'esplicito intendimento del legislatore era appunto quello di evitare che al provvedimento di rinvio a giudizio fosse attribuito un "peso" eccessivo, e quindi una portata condizionante sui successivi esiti del processo, mentre ove si dovesse ritenere che l'udienza preliminare è "giudizio" a tutti gli effetti, detta decisione si trasformerebbe in una pesante ipoteca gravante sul destino processuale dell'imputato a causa della pre-delibazione della sua responsabilità penale;
che, infine, questa Corte ha già avuto occasione di affermare che l'imparzialità del giudice non può dirsi, in via generale, intaccata da una qualsiasi valutazione già compiuta nello stesso procedimento (cfr. cit. sentenza n. 124 del 1992), e, in particolare, per quanto qui rileva, all'interno della stessa fase del procedimento, intesa quale ordinata sequenza di atti, ciascuno dei quali legittima, prepara e condiziona quello successivo; poiché, infatti, ogni provvedimento ordinatorio o istruttorio implica o può implicare una delibazione del merito, ove si dovesse ritenere altrimenti, ne deriverebbe un'assurda frammentazione del procedimento con l'attribuzione di ciascun segmento di esso ad un giudice diverso (cfr. anche, per un caso analogo, sentenza n. 448 del 1995);
che pertanto, non ravvisandosi argomenti che inducano questa Corte a mutare il proprio precedente avviso, la questione va dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, della Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 76 e 77 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 1996.
Mauro FERRI, Presidente
Mauro FERRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1996.