Sentenza n. 478 del 1995

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SENTENZA N. 478

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia riapprovata l'8 marzo 1995 dal Consiglio regionale (Norme transitorie di mobilità verticale), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 5 aprile 1995, depositato in cancelleria il 13 aprile 1995 ed iscritto al n. 25 del registro ricorsi 1995. Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia; udito nell'udienza pubblica del 3 ottobre 1995 il Giudice relatore Riccardo Chieppa; uditi l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il ricorrente, e l'Avvocato Valerio Onida per la Regione.

Ritenuto in fatto

1.-Con ricorso notificato il 5 aprile 1995 (R.Ric. n. 25 del 1995), il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, in via principale, questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia, approvata dal Consiglio regionale nella seduta dell'8 febbraio 1995, e, a seguito di rinvio governativo, riapprovata nello stesso testo a maggioranza assoluta l'8 marzo 1995 (Norme transitorie di mobilità verticale). Secondo il ricorrente, la legge impugnata, prevedendo il reinquadramento ope legis in qualifica superiore di categorie di personale, peraltro in mancanza della rideterminazione della dotazione organica del ruolo regionale, violerebbe l'art. 117 della Costituzione, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato nella materia del pubblico impiego, che, in tema di progressione nei pubblici uffici, prevedono l'espletamento di pubblico concorso (art. 8 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e relativo regolamento di cui al d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487; art. 3, comma 20, della legge 24 dicembre 1993, n. 537), e comunque la previa rideterminazione della dotazione organica complessiva (artt. 30 e 31 del citato d.lgs. n. 29 del 1993, art. 22 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, come integrato dall'art. 8, comma 4, del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, peraltro soppresso dalla legge di conversione 22 marzo 1995, n. 85).

2.-Nel giudizio si è costituita la Regione Lombardia, che ha concluso per la inammissibilità della questione mancando nel ricorso, a suo avviso, una precisa indicazione dei principi che sarebbero stati nella fattispecie violati, e comunque per la infondatezza. Ha osservato, al riguardo, che, quanto al principio del concorso pubblico, lo stesso art. 97, comma terzo, della Costituzione non pone una regola assoluta, consentendo deroghe secondo criteri che appartengono alla discrezionalità del legislatore, e meccanismi selettivi diversi, a con dizione che la garanzia di obiettività e di rispetto degli altri principi fondamentali sia comunque adeguatamente salvaguardata. La legge impugnata si giustificherebbe per il fatto di porre una normativa transitoria, conforme, del resto, al principio destinato ad operare a regime, in base alla legge regionale 10 marzo 1995, n. 10, recante la revisione dell'ordinamento del personale regionale, regolarmente vistata dal Commissario di Governo. Questa stabilisce che l'accesso agli impieghi regionali possa avvenire, oltre che per concorso pubblico, anche per corsoconcorso e per selezione tramite comparazione di curricula e mediante lo svolgimento di prove volte all'accertamento della professionalità richiesta. Inoltre, la progressione interna del personale già in ruolo, accompagnata da una adeguata valutazione dell'effettivo livello di qualificazione professionale acquisita nell'ambito dell'ente, consentirebbe di salvaguardare la esigenza di buon andamento dell'amministrazione e di economicità della sua azione. Nell'imminenza dell'udienza, la difesa della Regione ha depositato una memoria con la quale ha insistito nelle conclusioni già rassegnate, ribadendo che la legge in questione non disciplina una modalità di assunzione agli impieghi regionali, limitandosi a prevedere in via transitoria una forma di (mobilità verticale), istituto presente in qualsiasi ordinamento del personale, e tanto più negli ordinamenti improntati alle regole del diritto privato, quale quello dei dipendenti regionali, ed inoltre previsto e regolato dalla legge regionale n. 10 del 1995. Non vi sarebbe, pertanto, alcuna violazione del principio del concorso pubblico per le assunzioni, del resto incompatibile con l'avanzamento in carriera per merito, che riguarda il personale già in servizio. Parimenti, gli avanzamenti in esame -che comunque non avverrebbero ope legis ma sarebbero subordinati a concreti accertamenti di merito -non sarebbero in contrasto, come sostenuto nel ricorso, con l'art. 31, comma 6, del d.lgs. n. 29 del 1993, che prevede il divieto di assunzione di personale fino all'approvazione della proposta di ridefinizione degli uffici e delle piante organiche. La progressione in carriera sarebbe, infine, subordinata alla disponibilità di posti in organico nella qualifica oggetto della richiesta.

Considerato in diritto

1. -Il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri sottopone all'esame di questa Corte la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia, approvata nella seduta dell'8 febbraio 1995 e riapprovata nello stesso testo l'8 marzo 1995 (Norme transitorie di mobilità verticale), in quanto, disponendo il reinquadramento ope legis di determinate categorie di personale regionale in qualifica superiore, peraltro in mancanza di rideterminazione della dotazione organica del ruolo regionale, violerebbe l'art. 117 della Costituzione, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato in materia di rapporto di pubblico impiego, tra i quali la obbligatorietà dell'espletamento del pubblico concorso per le assunzioni e la progressione nei pubblici uffici (art. 3, comma 20, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, recante (Interventi correttivi di finanza pubblica); art. 8 del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29; regolamento di cui al d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487) e la previa determinazione della dotazione organica complessiva e per qualifiche del ruolo regionale (artt. 30 e 31 del citato d.lgs. n. 29 del 1993: art. 22 della legge 23 dicembre 1994 n. 724, recante (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica)). Tale enunciazione sintetica della questione sollevata induce a superare l'eccezione preliminare di genericità delle censure, essendo esattamente circoscritti ed individuati i vizi denunciati con il parametro costituzionale e le norme contenenti i principi fondamentali invocati (individuati secondo criteri sostanziali elaborati dalla giurisprudenza al di là di autoqualificazioni: sentenza n. 406 del 1995).

2.-La legge impugnata contiene una normativa transitoria in relazione alla nuova disciplina dell'ordinamento del personale introdotta con la legge regionale 10 marzo 1995, n. 10 (approvata il 30 gennaio 1995), immediatamente modificata dalla legge regionale 10 marzo 1995, n. 11 (approvata l'8 febbraio 1995 e pubblicata contestualmente alla legge n. 10 nel I Supplemento ordinario al Bollettino ufficiale della Regione Lombardia n. 11 in data 14 marzo 1995, a seguito di visto del Commissario del Governo per le due leggi in data 1° marzo 1995). Detta normativa transitoria doveva operare fino alla definizione dei criteri e modalità per l'attuazione della mobilità verticale, disciplinata in via permanente con una previsione generica (da completarsi con provvedimento del Consiglio regionale) dalle modifiche operate dalla citata legge regionale 10 marzo 1995, n. 11, che all'art. 2 aveva abrogato e completamente sostituito, con un nuovo testo dei commi 6 e 7, i precedenti ultimi tre commi (6, 7 e 8) dell'art. 10 della legge regionale approvata il 30 gennaio 1995 e divenuta legge regionale 10 marzo 1995, n. 10. In realtà le norme impugnate con il ricorso in esame costituiscono la pura e semplice riesumazione (accompagnata dalla introduzione del carattere transitorio e dalla soppressione nel periodo del soggetto che dispone l'inquadramento) degli abrogati commi 6, 7 e 8 del citato art. 10 della legge n. 10.

3.-Il ricorso è fondato in quanto il reinquadramento non è razionalmente collegato ad una vera e propria procedura selettiva concorsuale con specifica verifica attitudinale in relazione alla qualifica e funzioni cui si riferisce il posto da conferire (da sottolineare che si tratta di inquadramento a livello superiore di personale in atto rivestente le qualifiche sesta e settima), ma deriva, per previsione normativa, dalla semplice domanda e dalla verifica del possesso di un qualsiasi diploma di laurea (indipendente dal tipo di ruolo e da specifica indicazione della legge sull'ordinamento dei servizi regionali), conseguito "entro il periodo di servizio", domanda semplicemente collegata ad una "specifica attinenza tra il percorso di studio seguito e l'attività svolta dal richiedente entro il settore, documentata da dichiarazione del coordinatore di settore", accompagnata da curriculum. Trattasi di una procedura che non ha nulla a che vedere con un cosiddetto "concorso interno per merito" (come accenna, invece, la difesa della Regione), ma costituisce solo un beneficio di passaggio al grado superiore erogato una tantum attraverso una pseudo verifica nominalmente collegata a valorizzazione professionale, ma in effetti incentrata sul possesso di titolo di studio -laurea conseguita nel corso del servizio prestato presso l'amministrazione regionale (le lauree conseguite anteriormente sembrano irrilevanti) --, sull'anzianità di servizio superiore a nove anni (generico servizio senza previsione di livello o di funzioni, essendo sufficiente all'atto della domanda il possesso di qualifica sesta o settima). Vi è anche la previsione di una verifica riguardante la semplice disponibilità di posti in organico nella qualifica oggetto della richiesta, ma questo è un mero riscontro alla data del decreto di reinquadramento del Presidente della Giunta, indipendentemente da una valutazione o verifica da parte dell'amministrazione della esigenza di mantenere e di coprire il posto al fine essenziale della riforma del pubblico impiego, basata proprio sulla riorganizzazione e razionalizzazione degli apparati e sul controllo delle spese connesse al personale, nonchè sull'interesse nazionale alla sua riuscita (sentenza n. 406 del 1995). Per di più, l'operazione di inquadramento è affidata esclusivamente all'ordinario organo al vertice dell'amministrazione regionale e al suo apparato, senza alcuna previa valutazione da parte di organo collegiale straordinario, come commissione di concorso o di selezione, con le caratteristiche tipiche della imparzialità (attraverso componenti estranei e non politici), della capacità selettiva e delle garanzie procedimentali (sentenze n. 313 del 1994 e n. 333 del 1993). I suddetti profili, che attengono all'aspetto sostanziale e ai principi relativi alla esigenza di procedura selettiva, sono, invece, suscettibili di essere superati attraverso i criteri e le modalità per l'attuazione della mobilità verticale secondo la differente previsione della norma di regime. Infatti, in sede di necessaria integrazione della disciplina legislativa con atto generale, potrà essere utilizzata la maggiore ampiezza e la non tassatività della previsione normativa degli elementi di valutazione per completare il sistema, in relazione anche al bilanciamento tra valorizzazione del personale di ruolo e interesse delle esigenze organizzative della regione: art. 2 della legge regionale 10 marzo 1995, n. 11, con riformulazione dei commi 6 e 7 dell'art. 10 della citata legge regionale n. 10 del 1995. Di conseguenza, cade ogni argomento per fare ritenere la legittimità costituzionale delle norme denunciate sotto il profilo che queste sono mere anticipazioni della norma di regime, che invece ha altro contenuto e meccanismo selettivo.

4.-In riferimento al profilo della mancanza di concorso-selezione attitudinale, certamente, come afferma la difesa regionale, la regola del con corso pubblico non è assoluta, consentendosi deroghe legislativamente disposte per singoli casi e secondo criteri appartenenti alla discrezionalità del legislatore (sentenza n. 81 del 1983). Tale regola del pubblico concorso, applicabile anche al passaggio a funzioni superiori (sentenze n. 313 del 1994; n. 487 del 1991 e n. 161 del 1990), non esclude forme diverse di reclutamento e di copertura dei posti, purchè rispondano a criteri di ragionevolezza (presenza di peculiari situazioni giustificatrici senza automatismi: sentenza n. 314 del 1994; valutazione delle mansioni concretamente svolte in precedenza: sentenza n. 134 del 1995) e siano comunque in armonia con le disposizioni costituzionali e tali da non contraddire i principi di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione. Tali ultimi due principi costituiscono la base comune della previsione concorsualeselettiva. Nella specie in esame, sulla base delle anzidette considerazioni, difettano proprio le garanzie minime di obiettività e di buon andamento (attraverso il ricorso a procedure congrue e ragionevoli richieste per ogni selezione nel settore del pubblico impiego) necessariamente basate su elementi attitudinali per coprire (sia in sede di ammissione all'impiego, sia in sede di progressione di quali fiche o di mobilità verticale: sentenza n. 487 del 1991) posti, soprattutto se di livello medio o elevato, quale che sia la forma di accesso, pubblico, o limitato a categorie, o interno.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia riapprovata l'8 marzo 1995 (Norme transitorie di mobilità verticale).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/10/95.

Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 31/10/95.