Ordinanza n. 330 del 1995

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ORDINANZA N. 330

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

-     Avv. Mauro FERRI

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, della legge 28 dicembre 1993, n. 561 (Trasformazione di reati minori in illeciti amministrativi) promosso con ordinanza emessa il 9 settembre 1994 dal Pretore di Cuneo, sezione distaccata di Fossano, nel procedimento penale a carico di Stancari Livio iscritta al n. 791 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 31 maggio 1995 il Giudice relatore Renato Granata.

RITENUTO che, con ordinanza del 9 settembre 1994, il Pretore di Cuneo sezione distaccata di Fossano, adito come giudice dell'esecuzione per la revoca ex art. 673 c.p.p. di una sentenza di condanna per reato contravvenzionale (poi) depenalizzato dell'art. 1 della legge 28 dicembre 1993, n. 561, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 4 della predetta legge, nella parte in cui esclude l'applicabilità di tale depenalizzazione alle violazioni commesse anteriormente alla sua entrata in vigore, quando il procedimento penale già risulti definito, come nella specie, con sentenza passate in giudicato; che, ad avviso del Pretore a quo, la disposizione denunciata introdurrebbe infatti una "illogica disparità di trattamento tra soggetti che abbiano tenuto identico comportamento nello stesso periodo di tempo"; che, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri che ha concluso per l'infondatezza della impugnativa.

CONSIDERATO che con riguardo, in genere, alla sopravvenienza di norma più favorevole al reo, questa Corte ha reiteratamente già puntualizzato che la correlativa retroattività - non costituzionalizzata (sub art. 25 , secondo comma della Costituzione) a differenza della irretroattività delle disposizioni incriminatrici - può, conseguentemente, subire deroghe, per via di legislazione ordinaria, quando ne ricorra una sufficiente ragione giustificativa (cfr. sentenze nn. 74 del 1980, 6 del 1978 e 164 del 1974); che, in particolare, nella specie non è denegabile che una pertinente ragione giustificativa consista nell'esigenza di salvaguardare la certezza dei rapporti ormai esauriti cui è appunto finalizzata l'intangibilità del giudicato, come sancita dalla norma (a torto quindi) censurata; che neppure è prospettabile, d'altra parte, alcuna violazione dell'art. 3 Cost., per l'evidente diversità (che esclude la comparabilità) delle posizioni dei soggetti, rispettivamente, già condannati con sentenza definitiva ovvero ancora sottoposti a giudizio; che la questione sollevata è pertanto, per ogni aspetto, manifestamente infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 28 dicembre 1993 n. 561 (Trasformazione di reati minori in illeciti amministrativi) sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Cuneo, sezione distaccata di Fossano, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10/07/95.

Vincenzo CAIANIELLO, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 17/07/95.