ORDINANZA N. 140
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 92 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) promosso con ordinanza emessa il 28 gennaio 1993 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Venezia sul ricorso proposto da MESSINA Salvatore contro l'Ufficio II.DD. di Mestre, iscritta al n.655 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1993.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 marzo 1994 il Giudice relatore Renato Granata;
Ritenuto che, in un giudizio promosso da un contribuente avverso l'irrogazione di soprattassa su IRPEF non tempestivamente versata a causa di [dedotte] gravi difficoltà finanziarie in cui versava la sua azienda (il cui principale cliente, il Governo libico, aveva bloccato in quel periodo tutti i pagamenti nei riguardi dei fornitori italiani), la Commissione tributaria di 2° grado di Venezia (adita in sede di impugnazione avverso la decisione di primo grado reiettiva del ricorso) ha sollevato, con ordinanza del 28 gennaio 1993, questione di legittimità costituzionale dell'art. 92 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte dirette) - nella parte in cui sanziona con l'applicazione della soprattassa del 40% il ritardo nel pagamento dell'imposta, da effettuarsi mediante versamento diretto, anche nell'ipotesi in cui questo sia (come nella specie) determinato da (ad avviso del giudice a quo, acclarata) impossibilità economica del contribuente per contrasto con l'art. 3 della Costituzione;
che, ad avviso della Commissione rimettente, nella situazione considerata si avrebbe, infatti, un trattamento ingiustificatamente discriminato rispetto a quello riservato al contribuente nella parallela (e sostanzialmente non diversa) ipotesi di mancato pagamento di imposta da riscuotere mediante iscrizione a ruolo; con riguardo alla quale ultima, ai sensi dell'art. 97, co. 5°, dello stesso d.P.R. n. 602, non si fa luogo, invece, alla applicazione della pena pecuniaria (prevista nel precedente co. 1) "se il contribuente prova che il mancato pagamento è stato determinato da impossibilità economica";
che, l'Avvocatura, per l'intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per l'infondatezza della impugnativa.
Considerato che, rispetto al generale principio di irrilevanza delle difficoltà economiche del debitore ai fini della (non) imputabilità dell'inadempimento di obbligazioni pecuniarie, la riferita disposizione dell'art. 97, co. 5, del d.P.R. 602/1973 ha carattere innegabilmente derogatorio;
che ciò di per sè comporta la manifesta inammissibilità della odierna questione, stante che nel rapporto tra norma generale e norma derogatoria, la seconda può bensì formare oggetto ma non anche invece essere utilizzata come tertium comparationis nel giudizio di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 3 Costituzione (cfr. nn. 2/1982; 17, 427/1990; 194/1991, ex plurimis);
che i rilievi di merito del giudice a quo non possono quindi trovare altro interlocutore che il legislatore il quale peraltro si è già mosso nella direzione di un diverso bilanciamento tra an e quantum della misura in esame con l'art. 6, comma 3, d.l. 4 febbraio 1994 n. 90, in corso di conversione (non applicabile alla fattispecie);
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 92 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte dirette), per violazione dell'art. 3 della Costituzione in relazione all'art. 97, quinto comma, dello stesso decreto, sollevata dalla Commissione tributaria di secondo grado di Venezia, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25/03/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Renato GRANATA, Redattore
Depositata in cancelleria il 13/04/94.