SENTENZA N. 85
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Gabriele PESCATORE
Giudici
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 23, quarto comma, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359 (Provvedimenti urgenti per la finanza locale), convertito nella legge 29 ottobre 1987, n. 440, promosso con ordinanza emessa il 27 ottobre 1992 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dall'I.N.A.D.E.L. contro Ingemi Giuseppa, iscritta al n. 246 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1993.
Visto l'atto di costituzione di Ingemi Giuseppa;
udito nell'udienza pubblica dell'8 febbraio 1994 il Giudice relatore Luigi Mengoni;
udito l'avv. Francesco Mobilia per Ingemi Giuseppa.
Ritenuto in fatto
l. Nel giudizio sul ricorso proposto dall'Istituto nazionale assistenza dipendenti enti locali (INADEL) per l'annullamento della sentenza che lo ha condannato a corrispondere a Giuseppa Ingemi la maggior somma spettantele a titolo di riliquidazione dell'indennità premio di servizio con gli interessi e la rivalutazione monetaria, la Corte di cassazione, con ordinanza del 27 ottobre 1992 (pervenuta a questa Corte il 12 maggio 1993), ha nuovamente sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art.23, comma 4, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, convertito nella legge 29 ottobre 1987, n. 440, nella parte in cui dispone che le somme dovute al detto titolo non danno luogo a rivalutazione monetaria.
Premesso che la questione conserva rilevanza pur dopo la legge 30 dicembre 1991, n. 412 (in considerazione della quale era stata disposta la rimessione degli atti con ord. n. 218 del 1992), non essendo applicabile nella specie l'art. 16, comma 6, di tale legge, il giudice rimettente osserva che le ragioni per cui la sentenza n. 1060 del 1988 di questa Corte ha dichiarato l'infondatezza della questione in ordine all'esclusione della rivalutazione monetaria (mentre ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma nella parte concernente l'esclusione degli interessi) non sono più sostenibili dopo la sentenza di questa Corte n. 156 del 1991.
Alla stregua di tale sentenza, che ha assimilato i crediti previdenziali ai crediti di lavoro, con conseguente estensione ai primi della regola dell'art. 429, terzo comma, cod.proc.civ., la discriminazione del credito di cui si discute rispetto agli altri crediti previdenziali viola il principio di eguaglianza coordinato con l'art. 38, secondo comma, della Costituzione.
2. Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si è costituita la parte privata chiedendo la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma denunciata con argomentazioni analoghe a quella dell'ordinanza di rimessione, integrate dal richiamo della sentenza di questa Corte n. 822 del 1988, sul riflesso che la norma impugnata è venuta a ledere una legittima aspettativa del dipendente in procinto di essere collocato in quiescenza.
Considerato in diritto
l. La Corte di Cassazione mette in dubbio, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., la legittimità costituzionale dell'art. 23, comma 4, del d.l. 31 agosto 1987, n. 359, convertito nella legge 29 ottobre 1987, n.440, "nella parte in cui dispone che le somme dovute a titolo di riliquidazione dell'indennità premio di servizio non danno luogo a rivalutazione monetaria".
Il titolo alla riliquidazione nasce dall'art. 4, nono comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297, in relazione all'art. 3 della legge 7 luglio 1980, n. 299, che per i dipendenti degli enti locali iscritti all'INADEL ha incluso l'indennità integrativa speciale nella base di computo dell'indennità premio di servizio. Secondo la sentenza n. 236 del 1986 di questa Corte, l'abrogazione dell'art. 1 della legge 31 marzo 1977, n. 91, disposta dalla citata legge n. 297 del 1982, si è riflessa anche sul trattamento dei dipendenti degli enti locali consentendo l'inclusione degli incrementi dell'indennità integrativa speciale maturati dopo il 31 gennaio 1977 nel calcolo dell'indennità premio di servizio.
Di qui l'obbligo dell'INADEL di riliquidare l'indennità corrisposta ai dipendenti collocati in quiescenza tra il 1° giugno 1982 (data di entrata in vigore della legge n. 297 del 1982) e il 26 novembre 1986 (data di pubblicazione della sentenza n. 236 del 1986 cit.).
2. La questione è fondata.
La norma denunziata è già stata dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza n. 1060 del 1988, nella parte in cui escludeva la corresponsione di interessi sulla somma differenziale risultante dalla riliquidazione.
Come osserva giustamente il giudice rimettente - il quale attribuisce all'indennità premio di servizio natura di prestazione previdenziale - gli argomenti con cui fu tenuta ferma la parte escludente la rivalutazione non sono più sostenibili dopo la sentenza n. 156 del 1991, che ha assoggettato la responsabilità per ritardato pagamento delle prestazioni previdenziali a una disciplina analoga a quella prevista dall'art. 429, terzo comma, cod.proc.civ. per i crediti di lavoro.
Secondo l'art. 442 cod.proc.civ., nel testo risultante dalla sentenza n.156 del 1991 (applicabile fino all'entrata in vigore della nuova disciplina prevista dall'art. 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412), dalla data del provvedimento (non satisfattivo) dell'istituto previdenziale sulla domanda di prestazione, oppure dal giorno in cui è spirato il termine previsto dalla legge per provvedere, gli interessi legali spettano all'avente diritto in aggiunta alla rivalutazione della somma dovuta. Perciò la norma impugnata, in quanto esclude la rivalutazione, viola il principio di eguaglianza, coordinato con l'art.38 Cost.
Non ha pregio il rilievo che il comportamento dell'INADEL - il quale fino al 1986 ha continuato a liquidare l'indennità premio di servizio senza calcolare gli incrementi dell'indennità integrativa speciale posteriori al 31 gennaio 1977 - è giustificato dalla situazione di incertezza interpretativa circa la natura del rinvio alla legge n. 91 del 1977 contenuto nell'art. 3, primo comma, della legge n. 299 del 1980, e quindi in ordine all'incidenza sul calcolo dell'indennità premio di servizio dell'abrogazione disposta dall'art. 4, nono comma, della legge n. 297 del 1982: incertezza poi risolta dalla sentenza n. 236 del 1986 in senso opposto all'interpretazione preferita dall'Istituto. La responsabilità per ritardato pagamento di prestazioni previdenziali, analogamente alla responsabilità ex art. 429 cod.proc.civ., è indipendente dall'imputabilità del ritardo a colpa del debitore.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 23, comma 4, del d.l.31 agosto 1987, n. 359 (Provvedimenti urgenti per la finanza locale), convertito nella legge 29 ottobre 1987, n.440, nella parte in cui dispone che "le somme dovute a titolo di riliquidazione dell'indennità premio di servizio non danno luogo a rivalutazione monetaria".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/03/94.
FRANCESCO Paolo CASAVOLA, Presidente
Luigi MENGONI, Redattore
Depositata in cancelleria il 15/03/94.