SENTENZA N.1060
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 23 comma 4 e 30 d.l. 31 agosto 1987 n. 359 (Provvedimenti urgenti per la finanza locale) convertito il l. 29 ottobre 1987 n. 440, promosso con ordinanze emesse il 9 novembre 1897 dal Tribunale di Firenze, il 1° ottobre 1987 (n. 3 ordinanze) dal Tribunale di Genova, l'11 dicembre 1987 dal Pretore di Genova, il 26 novembre 1987 (n. 3 ordinanze) dal Pretore di Parma e il 26 novembre 1987 dal Pretore di Firenze, iscritte rispettivamente ai nn. 13, 37, 38, 112, 135, 136, 137, 212, 213, 214 e 226 del registro ordinanze 1988 e pubblicate nelle GG.UU. nn. 5, 7, 14, 17, 22 e 23, 1° s.s. del 1988.
Visti gli atti di costituzione di Cassi Bruno, Boni Maria, Alferi Maria e Fabbri Bruna, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'11 ottobre 1988 il Giudice relatore Francesco Greco;
uditi gli avv. Luciano Petronio e Luciano Ventura per Cassi Bruno, Boni Maria, Alfieri Maria e Fabbri Bruna e l'Avv. dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Considerato in diritto
1. - Il Tribunale di Genova (R.O. nn. 37, 38, 39 del 1988) dubita della legittimità costituzionale dell'art. 30 d.l. 31 agosto 1987 n. 359, convertito con modificazioni in l. 29 ottobre 1987 n. 440, secondo cui restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base dei dd.ll. 30 dicembre 1986 n. 922, 2 marzo 1987 n. 55, 2 maggio 1987 n. 167 e 30 giugno 1987 n. 256, per violazione dell'art. 77 Cost., in quanto i rapporti giuridici in definitiva restano regolati da un decreto legge anziché da una legge e perché, non ricorrendo i requisiti di necessità ed urgenza, si ha un caso di appropriazione da parte del governo del potere di conversione spettante al Parlamento e, quindi, una alterazione della stessa forma di Governo parlamentare prevista dalla Costituzione.
1.1. - La questione non é fondata.
Essendo avvenuta la conversione in legge del decreto legge, tutta la materia de qua resta regolata dalla legge e non più dal decreto legge.
2. - E', inoltre, sottoposta all'esame di questa Corte la questione di legittimità costituzionale del comma 4 ultima parte dell'art. 23 d.l. 31 agosto 1987 n. 359, convertito, con modificazioni, in l. 29 ottobre 1987 n. 440, il quale dispone che "le somme dovute a titolo di riliquidazione dell'indennità premio di servizio non danno luogo a corresponsione di interessi e rivalutazione", sollevata dal Tribunale di Genova (R.O. nn. 37, 38, 39 del 1988), dal Tribunale di Parma (R.O. nn. 135, 136, 137 del 1988), dal Pretore di Parma (R.O. nn. 212, 213, 214 del 1988), dal Pretore di Firenze (R.O. n. 226 del 1988), con riferimento:
all'art. 3 Cost., in quanto il credito de quo risulterebbe discriminato rispetto a ogni altro credito previdenziale, legalmente produttivo di interessi ed, eventualmente, di maggior danno ex art. 1224 c.c., o di rivalutazione monetaria in base al principio che trova conferma anche nell'ambito previdenziale negli artt. 46 e 47 d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639, risultando, per di più, vanificati i diritti già acquistati da parte dei creditori di prestazioni liquide ed esigibili di un ente previdenziale;
agli artt. 24 e 113 Cost. (Tribunale di Genova: R.O. nn. 37, 38 e 39 del 1988) in quanto, senza giustificato motivo, risulterebbe limitato il diritto di difesa di una categoria di cittadini alla quale é preclusa la possibilità di ottenere qualsiasi tipo di risarcimento danni per inadempimento dell'INADEL;
all'art. 36 Cost. (Pretura di Firenze: R.O. n. 226 del 1988 e Pretura di Parma: R.O. nn. 212, 213, 214 del 1988) in quanto si provvederebbe in modo inadeguato alle esigenze relative alla vecchiaia dei lavoratori mediante erogazione previdenziale tardiva e non rivalutata e perché il legislatore inciderebbe su diritti quesiti con interventi irrazionali ed arbitrari frustrandosi anche l'affidamento dei cittadini nella certezza giuridica;
all'art. 36 Cost. (Pretura di Parma: R.O. nn. 212, 213, 214 del 1988) perché anche la retribuzione differita, ai fini previdenziali, corrisposta alla cessazione del rapporto sotto forma di trattamento di liquidazione e quiescenza, farebbe parte del patrimonio del lavoratore e, quindi, della complessiva situazione giuridica tutelata dal citato precetto costituzionale;
all'art. 97 Cost. (Tribunale di Parma: R.O. nn. 135, 136, 137 del 1988; Pretore di Parma: R.O. nn. 212, 213, 214 del 1988) perché l'esonero dell'INADEL dal risarcimento del danno per svalutazione monetaria e dal pagamento degli interessi farebbe venir meno l'unica sanzione che può costituire remora al ritardo nel pagamento e, quindi, idonea a garantire il buon funzionamento dell'Ente.
3. - E' preliminare l'esame delle eccezioni di inammissibilità sollevate dall'Avvocatura generale dello Stato.
Si é rilevato che in alcune ordinanze (R.O. nn. 37, 38, 39 del 1988) non viene chiarito se la rivalutazione si riferisca anche alle somme dovute successivamente al 31 gennaio 1977; che, inoltre, in primo grado non é stata accolta la domanda di rivalutazione e avverso la sentenza non é stato proposto appello sul punto, onde l'irrilevanza della questione, per effetto della formazione del giudicato contrario; e inoltre, nell'ord. n. 13 del 1988 manca la motivazione sulla rilevanza né risultano il periodo e il titolo per i quali é stata richiesta la liquidazione del maggior danno commisurato alla svalutazione; in altre ordinanze (R.O. nn. 226, 112, 135, 136, 137 del 1988) non si é precisato se si tratti di adempimento o di risarcimento e se sia stata proposta o meno la domanda di risarcimento per comportamento colposo dell'INADEL.
3.1. - Le eccezioni non possono avere accoglimento.
Invero, dei fatti esposti non vi é puntuale riscontro nell'oggetto dei vari giudizi, tutti concernenti la riliquidazione della indennità premio di servizio e l'opposizione alla pretesa dell'INADEL di corrisponderla senza la maggiorazione della rivalutazione e degli interessi, fondata nella norma denunciata per sospetta illegittimità costituzionale.
4. - Nel merito la questione é, sia pure solo in parte, fondata.
Anzitutto, si richiama l'indirizzo giurisprudenziale di questa Corte (sent. n. 408 del 1988) secondo cui, per i crediti previdenziali, a differenza dei crediti di lavoro privato (per i crediti di lavoro dei dipendenti statali vigono i principi affermati nella sent. n. 56 del 1987), non trova applicazione l'art. 429 c.p.c. ma piuttosto l'art. 1224 comma 2 c.c. Secondo detto articolo, occorre la domanda di pagamento del maggior danno e la dimostrazione del pregiudizio patrimoniale risentito, per cui assumono rilevanza le condizioni e le qualità personali dl creditore idonee a fondare presunzioni a suo favore; tra le dette condizioni personali va considerata la qualità di pensionato, non isolatamente, però, ma nel contesto globale della sua situazione (capacità economica, condizioni di vita personali e familiari) e delle sue peculiari necessità in modo che si possa determinare la concreta destinazione delle somme spettantigli.
Si deve, però, considerare che l'art. 23 ora censurato é stato emanato per sanare la situazione finanziaria venutasi a creare in seguito alla sentenza di questa Corte n. 236 del 1986, la quale, risolvendo i dubbi interpretativi cui avevano dato luogo in tutti i gradi di giurisdizione le disposizioni regolatrici della indennità premio di servizio a seguito dell'entrata in vigore della l. n. 297 del 1982 e dell'abolizione del congelamento dei punti di contingenza, sanciva la inclusione dell'indennità integrativa speciale nell'indennità premio di servizio, a partire dall'entrata in vigore della predetta l. n. 297 del 1982.
Per la mancata richiesta ai dipendenti di contributi la loro mancata riscossione da parte dell'INADEL, si era verificata una situazione di "deficit" che rendeva estremamente precario il soddisfacimento delle pur legittime richieste di pagamento dell'indennità maggiorata con l'inclusione suddetta.
Lo Stato, per porre termine ai ritardi e addirittura alla impossibilità dei pagamenti, si é assunto l'onere dei contributi previdenziali per il quadriennio 1982-1986, mentre i dipendenti solo all'atto della liquidazione venivano a subire la decurtazione dalla somma loro spettante della quota di contributi da essi dovuta, in un'unica soluzione ma senza corresponsione di interessi.
Trattasi, quindi, di una norma eccezionale, di durata temporanea (solo un quadriennio) e, soprattutto, di una valutazione legislativa non arbitraria e sufficientemente razionale, il che deve indurre l'Istituto previdenziale ad una rapida definizione delle pendenze. Inoltre, non sono affatto omogenee le situazioni poste a raffronto dai giudizi a quibus, quella in esame, assolutamente eccezionale, straordinaria e transitoria, e quella, ordinaria, di un comune pagamento di un credito previdenziale.
Basta l'indubbia situazione di incertezza, verificatasi i ordine all'interpretazione dell'articolo censurato a giustificare il comportamento dell'Istituto previdenziale, tenuto, peraltro, ad osservare anche il precetto costituzionale del buon andamento dell'Amministrazione (art. 97 Cost.).
Nemmeno risultano violati gli artt. 24 e 113 Cost., essendo quella denunciata una norma di diritto sostanziale e non di natura processuale, per cui il diritto di difesa dei dipendenti non ne soffre limitazioni o impedimenti.
Inoltre, la riduzione del credito, non essendo eccessiva, non incide sulle condizioni poste dagli artt. 36 e 38 Cost.
Per quanto riguarda gli interessi, va osservato, anzitutto, che, sia secondo quanto già ritenuto da questa Corte (sent. n. 408 del 1988), sia secondo l'indirizzo giurisprudenziale della stessa Corte di cassazione, la relativa tematica é autonoma rispetto a quella della rivalutazione. La decorrenza dei termini di pagamento determina automaticamente la mora dell'Istituto. I tempi del meccanismo di liquidazione della prestazione sono prefissati per legge, decorrenti dalla richiesta del dipendente, pur in assenza dell'emissione del mandato di pagamento. Pertanto, la previsione della corresponsione degli interessi non é razionale e crea discriminazioni e disparità di trattamento ingiustificate con gli altri creditori degli Istituti previdenziali. Risulta, così, violato l'art. 3 Cost.
La violazione degli articoli (24, 113, 36, 38, 97 Cost.) rimane assorbita.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i ricorsi:
dichiara le illegittimità costituzionale dell'art. 23 comma 4 d.l. 31 agosto 1987 n. 359 (Provvedimenti urgenti per la finanza locale) convertito in l. 29 ottobre 1987 n. 440, nella parte in cui dispone che "le somme dovute a titolo di riliquidazione dell'indennità premio di servizio non danno luogo a corresponsione di interessi";
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23 comma 4 d.l. 31 agosto 1987 n. 359, conv. in l. 29 ottobre 1987 n. 440, nella parte in cui dispone che "le somme dovute a titolo di riliquidazione dell'indennità premio di servizio non danno luogo … a rivalutazione monetaria", sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 36, 38, 97 e 113 Cost., dai tribunali di Parma, Genova e Firenze nonché dai Pretori di Parma, di Firenze, di Genova con le ordinanze in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30 d.l. 31 agosto 1987 n. 359, convertito in l. 29 ottobre 1987 n. 440, sollevata, in riferimento all'art. 77 Cost., dal tribunale di Genova.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/11/1988.
Francesco SAJA - Francesco GRECO
Depositata in cancelleria il 6/12/1988.