ORDINANZA N. 42
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:
1) n. 2 ordinanze emesse l'11 e il 12 febbraio 1993 dal Tribunale militare di Cagliari nei procedimenti penali a carico di Deiana Maurizio e Rendina Michele Stefano ed altri, iscritte ai nn. 446 e 624 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn.36 e 42, prima serie speciale, dell'anno 1993;
2) ordinanza emessa il 14 maggio 1993 dal Tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di Sisi Giuseppe ed altro, iscritta al n.480 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1993.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 1° dicembre 1993 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.
Ritenuto che con le ordinanze indicate in epigrafe il Tribunale militare di Cagliari (ordinanze nn. 446 e 624 del 1993, di identico tenore) ed il Tribunale di Firenze (ordinanza n. 480 del 1993) dubitano della legittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità del giudice che ha pronunciato nei confronti di un imputato sentenza di applicazione di pena concordata ai sensi dell'art. 444 dello stesso codice a partecipare: - al giudizio dibattimentale nei confronti di altro imputato la cui posizione processuale sia inscindibilmente collegata a quella dell'imputato già giudicato; ovvero: - al giudizio abbreviato nei confronti di altri concorrenti nel medesimo reato;
che secondo entrambi i predetti giudici sarebbero violati i principi di soggezione soltanto alla legge e di imparzialità e terzietà del giudice di cui agli artt. 101 e 25 della Costituzione, e ad avviso del primo anche gli artt. 76 e 77 della Costituzione, in relazione alla direttiva di cui all'art. 2, n. 67, della legge delega n. 81 del 1987;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, ha chiesto che le questioni siano dichiarate non fondate.
Considerato che i giudizi vanno riuniti in quanto vertono su questioni analoghe;
che questa Corte, con la sentenza n. 186 del 1992, ha già escluso che contrasti con gli artt. 76, 77 e 25 della Costituzione la mancata previsione dell'incompatibilità a partecipare al giudizio a carico degli altri concorrenti nel medesimo reato da parte del giudice che nei confronti di uno di essi abbia pronunciato sentenza di applicazione di pena concordata ex art. 444 del codice di procedura penale: e ciò in quanto in tal caso manca il necessario presupposto dell'identità dell'oggetto del giudizio, "perchè alla comunanza dell'imputazione fa necessariamente riscontro una pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, le quali, ai fini del giudizio di responsabilità, devono formare oggetto di autonome valutazioni sotto i profilo tanto materiale che psicologico, e ben possono, quindi, sfociare in un accertamento positivo per l'uno e negativo per l'altro";
che tanto meno tale presupposto si verifica nel caso - prospettato dal Tribunale militare di Cagliari - in cui le posizioni processuali di due imputati sono confliggenti e ad essi siano contestati reati autonomi, pur se commessi nel medesimo contesto ed in danno reciproco;
che in particolare, in tale ipotesi - contrariamente a quanto sostiene il giudice a quo - la sentenza di applicazione della pena concordata nei confronti dell'uno non osta all'eventuale riconoscimento, nei confronti dell'altro, dell'esimente della legittima difesa militare;
che ai fini in esame non ha rilievo che il secondo giudizio sia ordinario o abbreviato (cfr. sentenze nn.401 del 1991 e 261 del 1992);
che la dedotta violazione dell'art. 101 della Costituzione non ha motivazione autonoma ed è da escludere per le medesime ragioni dianzi richiamate;
che, di conseguenza, le suddette questioni vanno dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi, dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del codice di procedura penale sollevate dal Tribunale militare di Cagliari e dal Tribunale di Firenze - in riferimento, rispettivamente, agli artt. 76, 77, 25 e 101 ed agli artt. 25 e 101 della Costituzione - con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/02/94.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Ugo SPAGNOLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 17/02/94.