SENTENZA N. 7
ANNO 1993
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Dott. Giuseppe BORZELLINO
Giudici
Dott. Francesco GRECO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 61, terzo comma, lett. c), del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 ("Istituzione del servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell'art. 1, primo comma, della legge 4 ottobre 1986 n. 657), e 2749, primo comma, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 10 dicembre 1991 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra Servizio Riscossione Tributi - Concessione Torino "a" gestita da CRT e il fallimento s.p.a. SEO, iscritta al n. 67 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto l'atto di costituzione del Servizio Riscossione Tributi - Concessione di Torino "a" gestita da CRT, nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 3 novembre 1992 il Giudice relatore Renato Granata;
udito l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. In un procedimento per ammissione al passivo in via privilegiata di un credito per compensi di riscossione coattiva di tributi diretti, ex art. 61, sesto comma, del d.P.R. 28 gennaio 1988 n. 43, l'adito Tribunale di Torino, - rilevato che, nel sistema del citato decreto del 1988, il compenso in discussione (peraltro "non ... aggiuntivo bensì sostitutivo" di altre voci), non potendo (per diversità della sua causa in quanto credito personale e diretto dal concessionario nei confronti del contribuente) qualificarsi come accessorio del tributo e neppure essendo equiparabile alle spese ordinarie di intervento nell'esecuzione (per la diversità intrinseca dei due istituti), finisce col non godere di privilegio sotto alcuna delle forme previste dall'art. 2749 cod.civ. (diversamente dall'"aggio", di cui al previgente sistema, che, in quanto a carico dell'Ente beneficiario veniva trattenuto sul tributo riscosso, ex art. 3, sesto comma, d.P.R. n.603 del 1973, fruendo di fatto del correlativo privilegio); e considerato che tale situazione è ancor più gravosa in caso di esecuzione fallimentare, poichè (per il principio di cristallizzazione del passivo ex art. 44 legge fallimentare) il suddetto credito non può neppure partecipare al concorso in via chirografaria, quando (come nella specie) esso sia sorto in data successiva alla sentenza di fallimento (per effetto della pubblicazione dei ruoli a fallimento dichiarato), pur essendo il concessionario obbligato ad attivarsi per la riscossione del tributo ("cosicchè da un lato gli è imposto un servizio e dall'altro non gliene è assicurata la remunerazione") - tutto ciò premesso, ha reputato di conseguenza rilevante (al fine del decidere in ordine all'ammissione del chiesto privilegio) e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 36, primo comma, e 97, primo comma, Cost., onde ha sollevato con ordinanza del 10 dicembre 1991, questione incidentale di legittimità costituzionale:
A) "dell'art. 61, terzo comma, lett. c) d.P.R. 28 gennaio 1988 n.43 nella parte in cui non prevede come accessorio del tributo agli effetti dell'art. 2749, primo comma, cod.civ., il compenso di riscossione coattiva ivi disciplinato";
B) "in subordine: dell'art. 2749, primo comma, cod.civ., nella parte in cui non assimila alle spese ordinarie di intervento nelle procedure esecutive, godenti del medesimo privilegio del credito azionato, il credito a compenso di riscossione spettante al Concessionario del Servizio Riscossione Tributi ai sensi dell'art. 61, terzo comma, lett.c), d.P.R. n. 43 del 1988 sopra citato".
Secondo il Tribunale rimettente, la denunciata mancata attribuzione del privilegio al credito del concessionario per compenso di riscossione ex art. 61, terzo comma, d.P.R. n. 43 del 1988 - ove non emendata nei sensi gradatamente indicati - contrasterebbe infatti:
a) con il precetto dell'art. 36, primo comma, Cost. sul diritto del lavoratore (non necessariamente subordinato) ad equa retribuzione: intesa l'invocata garanzia costituzionale non in modo esclusivamente formale, come astratta attribuzione del diritto, sibbene nella prospettiva sostanziale dell'effettività del suo soddisfacimento;
b) con l'art. 97, primo comma, Cost. (organizzazione dei pubblici uffici, intesa questa in senso lato di apparato amministrativo ancorchè strutturato mediante esercizio privato di pubbliche funzioni), non sembrando dubbio che l'assenza di effettiva remunerazione, a fronte di attività svolte e di spese generali sostenute, comporti logoramento ed inefficienza dell'apparato amministrativo deputato all'incombente, contro il principio costituzionale del buon funzionamento.
2. Nel giudizio innanzi alla Corte, si è costituito il Servizio Riscossione Tributi Concessione A di Torino (istante nel processo a quo) per sostenere l'infondatezza della questione sollevata, in quanto basata su erronei presupposti interpretativi.
Contrariamente all'avviso del Tribunale, il credito in parola sarebbe infatti già assistito dal reclamato privilegio ex art.2749 cod.civ. perchè il compenso ex art. 61 d.P.R. n. 43 del 1988 - rispondendo alla stessa funzione e destinazione dell'aggio previsto dal presente sistema di riscossione - costituirebbe, al pari di (quanto pacificamente ritenuto per) quello, un accessorio del tributo, del quale quindi mutuerebbe il privilegio.
3. A conclusioni sostanzialmente analoghe è pervenuta anche nel suo atto di intervento per il Presidente del Consiglio dei ministri l'Avvocatura dello Stato che ha preliminarmente peraltro eccepito la non conferenza dei parametri costituzionali richiamati (< < in quanto nella specie non si verte in materia di lavoro nè viene in rilievo l'organizzazione dei pubblici uffici>>).
Considerato in diritto
Con l'ordinanza di rimessione di cui in narrativa, si chiede alla Corte di accertare se contrastino con gli artt. 36 e 97 Cost.:
a) l'art. 61, terzo comma, lett. c), del d.P.R. 28 gennaio 1988 n.43 (istitutivo del Servizio di riscossione dei tributi ed altre entrate dello Stato ed altri enti pubblici), nella parte in cui detta norma non prevede che il compenso di riscossione, ivi disciplinato, spettante al concessionario del servizio riscossione tributi per il caso di riscossione coattiva, sia considerato accessorio del tributo riscosso, agli effetti dell'art. 2749, primo comma, cod.civ., e come tale assistito dai medesimi privilegi del credito principale;
b) in subordine, l'art. 2749, primo comma, cod. civ., nella parte in cui non assimila alle spese ordinarie di intervento nelle procedure esecutive, godenti del medesimo privilegio del credito azionato, il credito a compenso di riscossione spettante al concessionario del servizio riscossione tributi ai sensi del citato art. 61, d.P.R. n. 43 del 1988.
2. Preliminarmente va osservato che - in quanto il rapporto tra le due questioni così sollevate è di consecutività e non già di alternatività - le stesse sono senz'altro ammissibili (e del resto nessuna eccezione è stata sollevata al riguardo), alla stregua dei numerosi precedenti di questa Corte, nei quali l'esame di questioni plurime, prospettate in ordine successivo non è stato (per evidenti ragioni di economia processuale) mai declinato, conducendo, nelle varie fattispecie, a seconda dell'accoglimento o del rigetto della prima impugnativa, a pronunzia ora di assorbimento (sentt. 107/74; 31/87; 469/88) ora di inammissibilità (sent. 208/92) ovvero alla separata delibazione della questione o delle questioni successive (sentt.189/81; 343/83; 311/88).
3. Sempre in limine, va poi ancora esclusa l'inammissibilità delle odierne questioni sotto l'ulteriore profilo (questo espressamente eccepito dall'Avvocatura) della "non conferenza di entrambi i parametri evocati": invero l'eventuale errore nella denuncia di violazione di dati parametri costituzionali da parte di norma di legge ordinaria attiene direttamente alla fondatezza o meno del giudizio di legittimità e non ha rilievo meramente pregiudiziale.
4. Nel merito, il Tribunale rimettente muove - come in narrativa detto - dalla premessa che (a differenza del cessato regime degli aggi esattoriali, nel quale il compenso dell'esattore era a carico dell'ente beneficiario e veniva trattenuto sul tributo riscosso, ai sensi dell'art. 3, sesto comma, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 603, con la conseguenza che di fatto la remunerazione del servizio esattoriale era assicurata dal privilegio che assisteva il tributo) nell'attuale sistema introdotto con d.P.R., 28 gennaio 1988 n. 43, e con riguardo in particolare all'ipotesi della riscossione coattiva, il correlativo compenso spettante al concessionario del servizio di riscossione ai sensi dell'art.61, terzo comma, lett. c) d.P.R. n. 43 del 1988 cit. non possa - in quanto scorporato dal tributo e posto ad esclusivo carico del contribuente dal sesto comma del medesimo art. 61 -, essere considerato elemento accessorio del tributo riscosso, con la conseguente inestensibilità ex art.2749 cod. civ. al primo dei privilegi previsti per il secondo dal successivo art. 2752.
Sia la difesa del Servizio costituito, sia l'Avvocatura dello Stato hanno prospettato la superabilità di tale interpretazione in considerazione del "nesso strumentale e funzionale" che legherebbe il compenso di riscossione al tributo.
Peraltro la Corte non ravvisa ragioni per discostarsi dalla esegesi proposta dal Tribunale a quo, considerando, da un lato, la inesistenza allo stato di un contrario diritto vivente e, dall'altro, la non irragionevolezza delle argomentazioni che la sorreggono.
Ma anche così interpretata la norma dell'art. 61 cit. non viola i parametri costituzionali richiamati.
Non vi è infatti contrasto con l'art. 36 Cost., perchè la garanzia dell'equa retribuzione quivi sancita - ancorchè in taluni casi riferibile anche a lavoratori autonomi (cfr. sent.75/64) - non può essere comunque invocata dall'imprenditore, quale innegabilmente è invece il concessionario del servizio di riscossione nel sistema del d.P.R. n. 43 del 1988 (v. art. 31 d.P.R. cit.; art. 1, lett. e) legge-delega 4 ottobre 1986 n.657).
E neppure vi è contrasto con l'art. 97 Cost., per l'assorbente ragione che il principio di buona amministrazione (se pur latamente riferibile anche ad ipotesi di gestione non diretta del servizio da parte della Pubblica Amministrazione: cfr. sent.428/89) non può dirsi nella specie in alcun modo compromesso dalla denunciata inesistenza del privilegio, sia perchè l'eventuale mancata percezione del compenso a carico del contribuente costituisce per il concessionario del servizio riscossione un rischio di impresa, preventivato ed accettato come costo della concessione, sia perchè tale rischio risulta comunque valutato, e forfettariamente remunerato, dal legislatore in sede di determinazione dell'ammontare del compenso (stabilito, proprio per quanto riguarda l'ipotesi specifica della riscossione coattiva - art. 61, terzo comma, lett. "c", citato - con riguardo "soprattutto all'ammontare delle esecuzioni fruttuose", così come con riferimento alla "remunerazione" in genere - citato art.61, terzo comma, seconda proposizione - è prescritto doversi tenere conto "dell'indice di morosità e di quello di inesigibilità").
E pertanto la questione sollevata in via primaria è in ogni caso infondata.
5. A sua volta, la questione subordinata - incentrata sulla denuncia dell'art. 2749 cod. civ. e mirante ad analogo risultato attributivo di privilegio al compenso in oggetto, per via di estensione di quello previsto per le spese ordinarie per l'intervento nel processo di esecuzione - è del pari destituita di fondamento.
Infatti - al di là della ritenuta (dal giudice a quo ) concettuale irriducibilità del "compenso" per riscossione del tributo alle "spese" di esecuzione - è decisivo anche in questo caso il rilievo che l'esistenza dell'invocato privilegio non è comunque per alcun verso implicata dai parametri costituzionali richiamati.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.61, terzo comma, lett. c), del d.P.R. 28 gennaio 1988 n. 43 ("Istituzione del servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell'art. 1, primo comma, della legge 4 ottobre 1986 n.657"), nella parte in cui non prevede come accessorio del tributo, agli effetti dell'art. 2749, primo comma, codice civile, il compenso di riscossione coattiva ivi stabilito, sollevata in riferimento agli artt. 36, primo comma, e 97, primo comma, Costituzione, dal Tribunale di Torino con l'ordinanza in epigrafe: dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.2749, primo comma, codice civile, nella parte in cui non assimila alle spese ordinarie di intervento nelle procedure esecutive, godenti del medesimo privilegio del credito azionato, il credito a compenso di riscossione spettante al concessionario del Servizio Riscossione Tributi ai sensi dell'art. 61, d.P.R. n. 43 del 1988, sollevata dalla stessa ordinanza, in riferimento agli artt. 36, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/01/93.
Giuseppe BORZELLINO, Presidente
Renato GRANATA, Redattore
Depositata in cancelleria il 19/01/93.