SENTENZA N. 399
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Aldo CORASANITI, Presidente
- Prof. Giuseppe BORZELLINO
- Dott. Francesco GRECO
- Prof. Gabriele PESCATORE
- Avv. Ugo SPAGNOLI
- Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
- Prof. Antonio BALDASSARRE
- Prof. Vincenzo CAIANIELLO
- Avv. Mauro FERRI
- Prof. Luigi MENGONI
- Prof. Enzo CHELI
- Dott. Renato GRANATA
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 19 febbraio 1992 dal Pretore di Bassano del Grappa - sezione distaccata di Asiago - nel procedimento penale a carico di Pavone Antonino, iscritta al n.169 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1992.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 1 luglio 1992 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.
Ritenuto in fatto
1.- Decidendo sulla richiesta di applicazione di pena concordata per il reato di cui all'art. 648, secondo comma, cod. pen. avanzata prima dell'apertura del dibattimento dall'imputato e condivisa dal pubblico ministero, il Pretore di Bassano del Grappa - sezione distaccata di Asiago - la rigettava, ritenendo che nella specie non fosse configurabile l'ipotesi di particolare tenuità del contestato reato di ricettazione prevista dalla suddetta disposizione.
Indi sollevava, con ordinanza del 19 febbraio 1992, una questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del codice di procedura penale, assumendo che la mancata previsione, per tale ipotesi, dell'incompatibilità a procedere al dibattimento contrasti con le direttive di cui ai nn. 67 e 103 dell'art.2 della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81 - e perciò con gli artt. 76 e 77 Cost. - nonchè con gli artt. 25, 101 e 3 Cost..
Richiamando diffusamente le ragioni sostanziali poste a base delle declaratorie di incostituzionalità contenute nelle sentenze di questa Corte nn. 496 del 1990, 401 e 502 del 1991, il giudice a quo ne sostiene la ricorrenza nel caso di specie.
Sottolinea, al riguardo, che il rigetto della richiesta di applicazione di pena per motivi attinenti alla congruità di questa, ed in particolare per la ritenuta non configurabilità, nel caso concreto, di un'ipotesi di reato attenuata in luogo di quella base, presuppone una valutazione non formale, ma di contenuto degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero ed investe, perciò, il merito della decisione. Di qui la violazione sia delle predette direttive, non apparendo tale duplicità di giudizio di merito conforme al modello accusatorio voluto dal legislatore delegante ed alla rigorosa distinzione tra le funzioni di pubblico ministero e di giudice; sia della posizione di imparzialità di questi garantita dai principi di precostituzione per legge del giudice naturale e di indipendenza del giudice; sia, infine, del principio di uguaglianza, stante l'analogia tra la situazione in esame e quelle considerate nelle predette sentenze costituzionali.
2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata, richiamando l'atto di intervento depositato nel giudizio instaurato con l'ordinanza iscritta al n. 664 reg. ord. 1991, già riassunto nella sentenza n.124 del 1992 (par.4.1).
Considerato in diritto
1.- Il Pretore di Bassano del Grappa - sezione di staccata di Asiago - dubita della legittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa procedere al dibattimento il giudice che, prima della sua apertura, abbia re spinto la richiesta di applicazione di pena concordata per la ritenuta configurabilità dell'ipotesi di reato base anzichè di quella attenuata indicata nella richiesta.
A suo avviso, tale provvedimento comporta una pregnante valutazione di merito delle risultanze degli atti processuali, sì che la mancata previsione dell'incompatibilità sarebbe in contraddizione sia col modello accusatorio voluto dal legislatore delegante (direttive nn.67 e 103), sia coi principi di imparzialità ed indipendenza del giudice sanciti dagli artt. 25 e 101 Cost., sia col principio di uguaglianza, essendo stata l'incompatibilità riconosciuta da questa Corte in situazioni analoghe con sentenze nn. 496 del 1990, 401 e 502 del 1991.
2.- La questione è fondata.
Con la sentenza n. 124 del 1992, questa Corte ha, in riferimento all'art. 76 Cost., dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art.34, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a partecipare all'udienza dibattimentale del giudice per le indaini preliminari presso la pretura che abbia respinto la richiesta di applicazione di pena concordata per la ritenuta non concedibilità di circo stanze attenuanti". La situazione ora considerata, di rigetto della richiesta per la ritenuta non ricorrenza di un'ipotesi di reato attenuata in luogo di quella base più grave, è - ai fini che qui interessano - analoga, dato che anche in tal caso viene compiuta "una valutazione non formale, ma di contenuto circa l'idoneità delle risultanze delle indagini preliminari a fondare un giudizio di responsabilità dell'imputato, per di più accompagnata da una valutazione di applicabilità di una pena superiore a quella richiesta dal pubblico ministero".
Va perciò dichiarata l'illegittimità costituzionale della norma impugnata, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a procedere al dibattimento del pretore che, prima dell'apertura di questo, abbia respinto la richiesta di applicazione di pena concordata per il ritenuto non ricorrere di un'ipotesi attenuata del reato contestato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art.34, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a procedere al dibattimento del pretore che, prima dell'apertura di questo, abbia respinto la richiesta di applicazione di pena concordata per il ritenuto non ricorrere di un'ipotesi attenuata del reato contestato.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/10/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Ugo SPAGNOLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 26/10/92.