Sentenza n. 30 del 1992

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SENTENZA N. 30

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Provincia di Trento notificato il 22 giugno 1991, depositato in cancelleria il 6 luglio successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 1 marzo 1991 (Ripartizione tra i bacini di rilievo nazionale, interregionale e regionale dei fondi disponibili nel periodo 1989-93 da destinare all'attuazione degli schemi previsionali e programmatici per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), ed iscritto al n. 34 del registro conflitti 1991.

Udito nell'udienza pubblica del 19 novembre 1991 il giudice relatore Prof.Antonio BALDASSARRE;

udito l'Avvocato Valerio ONIDA per la Provincia di Trento.

Ritenuto in fatto

 

1. Con ricorso regolarmente notificato e depositato la Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione all'art. 3, secondo e terzo comma, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1 marzo 1991 (Ripartizione tra i bacini di rilievo nazionale, interregionale e regionale dei fondi disponibili nel periodo 1989-93 da destinare all'attuazione degli schemi previsionali e programmatici per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), che, nel prevedere l'emanazione futura di due atti di indirizzo e coordinamento privi di qualsiasi base legislativa, violerebbe le attribuzioni statutariamente spettanti alla Provincia autonoma, ponendosi in contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la quale esige per quegli atti un fondamento sostanziale in disposizioni di legge, diretto a precisare gli interessi unitari da salvaguardare e i criteri per l'esercizio della potestà statale d'indirizzo.

Più precisamente, la ricorrente - dopo aver precisato che l'art. 3, al secondo comma, prevede l'emanazione di atti di indirizzo e coordinamento destinati a determinare i criteri d'integrazione delle attività conoscitive e le modalità per lo svolgimento delle stesse e, al terzo comma, predetermina l'adozione di atti dello stesso tipo diretti a stabilire le procedure, gli obiettivi e i criteri per l'aggiornamento dei capitolati per l'esecuzione delle opere - osserva che nell'ordinamento non sussiste alcuna disposizione di legge che offra fondamento sostanziale ai predetti atti.

Infatti, tale non può essere la disposizione che li prevede, la quale è contenuta in un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, cioè in un atto amministrativo cui l'art. 31, quarto comma, della legge n. 183 del 1989 affida solo il compito di disporre la ripartizione fra i bacini e le regioni (o province autonome) dei fondi disponibili per l'attuazione degli schemi previsionali e programmatici. Nè quel fondamento può esser rintracciato nell'art. 2, terzo comma, lettera d, della legge n.400 del 1988, pur menzionato dalla disposizione impugnata, poichè, come questa Corte ha più volte sottolineato, si tratta di norma che mira semplicemente a determinare, all'interno della complessa istituzione del Governo, l'organo attributario in via diretta e immediata della competenza a deliberare i predetti atti, e non già a stabilire il fondamento legislativo sostanziale della relativa disciplina. Nè, allo stesso fine, può essere invocato l'art. 31, quarto comma, della legge n. 183 del 1989, il quale prevede il potere di adottare decreti del Presidente del Consiglio dei ministri in ordine alla predisposizione degli schemi previsionali e programmatici, potere che è stato già esercitato con il d.P.C.M.23 marzo 1990. Nè, infine, sempre allo stesso scopo, si può fare riferimento all'art. 4, primo comma, della legge n. 183 del 1989 (peraltro non richiamato dalle premesse dell'atto impugnato), che prevede l'emanazione di "ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato" dalla stessa legge, poichè il decreto contestato lungi dal porsi come atto di esercizio della potestà d'indirizzo e coordinamento ivi prevista, pretende, piuttosto, di fondare esso stesso una potestà dello stesso tipo.

In conclusione, afferma la ricorrente, se l'impugnato art. 3, secondo comma, sembra avere una vaga assonanza con la materia disciplinata dall'art. 2, secondo comma, della legge n. 183 del 1989 (modalità di coordinamento e di collaborazione fra i soggetti pubblici del settore in ordine alle attività conoscitive da adottarsi con deliberazione del Presidente del Consiglio dei ministri), al contrario il comma successivo dispone su una materia (procedure, obiettivi e criteri per l'adozione dei capitolati per l'esecuzione delle opere) che non può in alcun modo essere oggetto di atti di indirizzo e coordinamento, trattandosi di profili che lo Stato può disciplinare soltanto nei confronti delle amministrazioni proprie o di enti da esso dipendenti.

Considerato in diritto

 

1. La Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1 marzo 1991 (Ripartizione tra i bacini di rilievo nazionale, interregionale e regionale dei fondi disponibili nel periodo 1989-93 da destinare all'attuazione degli schemi previsionali e programmatici per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), con riguardo all'art.3, secondo e terzo comma, che prevede l'adozione di due atti di indirizzo e coordinamento, aventi ad oggetto, rispettivamente, "i criteri di integrazione e di coordinamento tra le attività conoscitive dello Stato, delle autorità di bacino e delle regioni, nonchè le modalità, anche tecniche, per lo svolgimento di dette attività" e "le procedure, gli obiettivi e i criteri per l'aggiornamento dei capitolati per l'esecuzione delle opere attinenti la difesa del suolo". Secondo la ricorrente, poichè le potestà ivi previste sarebbero totalmente prive di un fondamento sostanziale in disposizioni di legge, volto a precisare gli interessi unitari da salvaguardare e i criteri per lo svolgimento delle relative funzioni, le disposizioni impugnate costituirebbero esercizio illegittimo di un potere statale, ridondante in lesione delle competenze statutariamente assegnate alla Provincia autonoma di Trento in relazione alle proprie attività di organizzazione amministrativa.

2. Il ricorso va accolto.

Con la sentenza n. 150 del 1982, questa Corte, nell'inquadrare la funzione statale di indirizzo e coordinamento nell'ambito delle norme costituzionali relative al rapporto tra la potestà legislativa eamministrativa dello Stato e l'autonomia delle regioni (e delle pr autonome), ha enunciato il principio che l'esercizio in via amministrativa, da parte dello Stato, della funzione d'indirizzo e coordinamento "è giustificato solo se trova un legittimo e apposito supporto nella legislazione statale". Da questo principio derivano due corollari:

a) che ogni esercizio della potestà di indirizzo e coordinamento dev'essere appositamente previsto da norme di legge statale, dirette a istituire la relativa funzione con riguardo a un determinato ambito di attività attribuito alle competenze delle regioni o delle province autonome;

b) che, come è stato precisato dalla stessa sentenza n. 150 del 1982 e come è stato confermato da successive pronunzie di questa Corte (v., da ultimo, sentt. nn. 338 del 1989, 37, 49 e 359 del 1991), gli atti di indirizzo e coordinamento possono validamente incidere sull'autonomia costituzionalmente garantita alle regioni e alle province autonome soltanto sulla base di disposizioni di legge volte a delimitare "il possibile contenuto sostanziale degli atti di questo tipo".

Le due disposizioni del d.P.C.M. 1 marzo 1991, in relazione alle quali è stato sollevato il conflitto di attribuzione in esame, sono lesive delle competenze provinciali.

2.1. L'art. 3, terzo comma, del decreto impugnato, nello stabilire che, con atto di indirizzo e coordinamento, da adottarsi, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 400 del 1988, entro il 31 dicembre 1991, saranno definiti "le procedure, gli obiettivi ed i criteri per l'aggiornamento dei capitolati per l'esecuzione delle opere attinenti alla difesa del suolo", fa riferimento a una potestà statale di indirizzo e coordinamento di cui non v'è traccia nella vigente legislazione statale. In altri termini, quello previsto dalla disposizione ora citata è un potere che non ha il proprio titolo di legittimazione nè nella legge n. 183 del 1989 - il cui art. 31, quarto comma, prevede semplicemente la distribuzione dei fondi per l'attuazione degli schemi previsionali e programmatici per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo -, nè in altra legge dello Stato.

Del resto, la stessa norma legislativa invocata dalla disposizione impugnata - vale a dire, l'art. 2, terzo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400 - non può certo fungere da norma istitutiva di quello specifico potere, poichè, come questa Corte ha già detto a proposito della stessa disposizione di legge (v. sent. n. 242 del 1989) o di altre disposizioni similari (v. sentt. nn. 150 del 1982, 139 e 345 del 1990), ivi compreso l'art. 4, primo comma, lettera f (v. sent. n. 85 del 1990), si tratta di norma legislativa che non è diretta ad attribuire al Governo una specifica competenza ad esercitare funzioni di indirizzo e coordinamento verso le regioni o le province autonome, ma che mira, più semplicemente, a individuare all'interno della complessa istituzione governativa l'organo attributario, in via diretta e immediata, della competenza a deliberare gli atti di indirizzo e coordinamento.

Poichè, pertanto, quella impugnata è una disposizione non legislativa che pretende di istituire un nuovo potere di indirizzo e coordinamento, non si può minimamente dubitare che, in armonia con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l'art. 3, terzo comma, sia frutto di un esercizio illegittimo di un potere statale, lesivo dell'autonomia costituzionalmente garantita alla Provincia di Trento.

2.2. L'art. 3, secondo comma, contiene una disposizione similare che, tuttavia, ha qualche aggancio legislativo. Esso stabilisce che "con atto di indirizzo e coordinamento, da adottarsi ai sensi dell'art. 2 della legge n.400/1988, sono determinati, entro il 30 giugno 1991, i criteri di integrazione e di coordinamento tra le attività conoscitive dello Stato, delle autorità di bacino e delle regioni, nonchè le modalità, anche tecniche, per lo svolgimento di dette attività".

Si tratta, come è evidente, di una disposizione che tocca la materia regolata dagli artt. 2, primo e secondo comma, e 4, primo comma, della legge 18 maggio 1989, n. 183. Tali articoli prevedono, innanzitutto, che l'attività conoscitiva, relativa alle finalità della predetta legge e riferita all'intero territorio nazionale, debba essere sottoposta ai criteri, ai metodi e agli standards di raccolta, elaborazione e consultazione, nonchè alle modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti nel settore, al fine di garantire "la possibilità di un'omogenea elaborazione ed analisi e della costituzione e gestione, ad opera dei servizi tecnici nazionali, di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati i sistemi informativi regionali e quelli delle province autonome". Gli stessi articoli precisano, poi, che i suddetti criteri e metodi debbono essere approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e su proposta del Ministro dei lavori pubblici (art.4, primo comma, lettera a).

Questa Corte ha già precisato nella sentenza n. 85 del 1990 che gli atti governativi previsti dalle disposizioni legislative appena ricordate non possono essere ricondotti all'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento.

Pertanto, in considerazione del fatto che si tratta di un atto amministrativo che pretende di istituire una nuova ipotesi di esercizio della funzione governativa di indirizzo e coordinamento, non si può non ritenere che anche l'art. 3, secondo comma, è lesivo delle competenze statutariamente assicurate alla Provincia autonoma di Trento (art.8, Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta allo Stato prevedere, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, l'adozione degli atti di indirizzo e coordinamento indicati nell'art. 3, secondo e terzo comma, del d.P.C.M. 1 marzo 1991 (Ripartizione tra i bacini di rilievo nazionale, interregionale e regionale dei fondi disponibili nel periodo 1989 - 1993 da destinare all'attuazione degli schemi previsionali e programmatici per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo) e, conseguentemente, annulla il suddetto art. 3, secondo e terzo comma, del d.P.C.M. 1 marzo 1991.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/01/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Antonio BALDASSARRE, Redattore

Depositata in cancelleria il 03 febbraio del 1992.