SENTENZA N. 279
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Dott. Aldo CORASANITI Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO Giudice
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
Prof. Giuliano VASSALLI “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso della Regione Toscana notificato il 15 febbraio 1991, depositato in cancelleria il 21 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della deliberazione del C.I.P.E. del 4 dicembre 1990 (Ripartizione alle regioni di somme del Fondo sanitario nazionale - conto capitale - anno 1990) ed iscritto al n. 12 del registro conflitti 1991;
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 7 maggio 1991 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;
Uditi l'Avvocato Alberto Predieri per la Regione Toscana e l'Avvocato dello Stato Giorgio Zagari per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione Toscana ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione alla delibera C.I.P.E. 4 dicembre 1990 (Ripartizione alle regioni di somme del Fondo sanitario nazionale - conto capitale -anno 1990), per lesione delle competenze in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera ad essa garantite dagli artt. 117 e 118 della Costituzione e della propria autonomia finanziaria (art. 119 della Costituzione), nell'attuazione datane dall'art. 51 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Dopo aver ricordato che con una precedente delibera del 28 giugno 1990 il C.I.P.E. aveva disposto l'accantonamento di 76 miliardi di lire da destinare al finanziamento dei programmi di "tutela materno infantile" e "lotta alle malattie cardiovascolari", la ricorrente afferma che con la delibera oggetto del presente giudizio, nel ripartire tra le regioni (e le province autonome) la somma suddetta e nell'assegnare alla Toscana un contributo pari a lire 2508 milioni, il C.I.P.E. avrebbe illegittimamente imposto uno specifico vincolo di destinazione, stabilendo che gli interventi saranno localizzati secondo quanto proposto dal Ministro della sanità e individuando direttamente gli istituti, gli ospedali e le cliniche, le facoltà e le cattedre beneficiarie degli interventi stessi. A corredo di ciò la stessa delibera precisa che "qualora le regioni interessate ritengano di dover intervenire con priorità in strutture diverse da quelle sopra indicate, inoltreranno richiesta motivata al Ministro della sanità, che entro 30 giorni sottoporrà al C.I.P.E. la richiesta di modifica alla presente deliberazione".
Secondo la Regione Toscana, tali disposizioni si porrebbero in diretto contrasto con l'art. 51 della legge n. 833 del 1978, che prevede un sistema di ripartizione del Fondo sanitario nazionale per il quale le regioni, sebbene debbano impiegare il finanziamento ricevuto sulla base delle indicazioni del piano sanitario nazionale, non possono essere configurate come meri tramiti della erogazione di fondi la cui determinazione, destinazione e limitazione sia dettagliatamente stabilita a livello statale, pur se in modo coincidente con le indicazioni contenute nei piani regionali. E, continua la ricorrente, tantomeno può ritenersi conforme alla garanzia costituzionale dell'autonomia regionale la procedura prevista per introdurre modificazioni alle localizzazioni decise dal Ministro, la quale circoscrive l'intervento delle regioni alla formulazione di una "richiesta motivata". Né in senso contrario, osserva la ricorrente, potrebbe ricordarsi che le leggi finanziarie per gli anni 1983 e 1984 hanno previsto la possibilità di imporre alla spesa sanitaria vincoli di destinazione in conto capitale, poiché le relative disposizioni, oltre ad avere efficacia limitata nel tempo, precisavano di far salvo quanto prescritto nel citato art. 51.
Infine, la ricorrente rileva che il ricorso da essa proposto non potrebbe esser ritenuto inammissibile a causa della omessa impugnazione della delibera 28 agosto 1990, dal momento che quest'ultima si limitava a stabilire un vincolo di destinazione del finanziamento a determinati programmi, di per sé non lesivo delle competenze delle singole regioni in ordine alla ripartizione delle somme ad esse destinate fra i soggetti operanti al loro interno, se pure nel rispetto del vincolo di finanziamento.
2. - Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale, riservandosi di svolgere in un successivo scritto difensivo i propri argomenti, ha chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile o infondato.
3. - In prossimità dell'udienza il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria difensiva nella quale sostiene argomenti a favore dell'infondatezza del ricorso.
Dopo aver rilevato che le somme assoggettate a uno specifico vincolo di destinazione rappresentano una parte assai esigua delle quote del Fondo sanitario nazionale attribuite alle regioni (e alle province autonome), l'Avvocatura dello Stato osserva che la determinazione statale, previo parere della Conferenza Stato-regioni, riguardo alla destinazione di alcune somme sarebbe giustificata dall'esigenza che alcuni interventi vengano valutati in una cornice sovraregionale, al fine di non compromettere irrimediabilmente sia l'interesse nazionale e dei singoli cittadini a un'efficace tutela sanitaria, sia l'interesse delle regioni finitime affinché non si espandano determinate malattie, sia, infine, l'interesse della collettività ad avere uno standard moderno ed efficace nel perseguire, specifiche finalità connesse alla salute pubblica. Sempre secondo l'Avvocatura dello Stato, la delibera impugnata rispetterebbe l'autonomia regionale, considerato che fa salva la possibilità che le regioni propongano una diversa destinazione degli interventi. E di ciò sarebbe convinta la stessa Regione Toscana, se è vero che quest'ultima ha inviato al Ministro della sanità una lettera a firma del vice presidente-Assessore regionale alla sanità, portata a conoscenza degli enti interessati alla esecuzione della delibera impugnata, con la quale si invita questi ultimi ad attendere l'approvazione da parte del consiglio regionale del programma di intervento tecnologico previsto dalla legge toscana n. 61 del 1990, dicendo, fra l'altro, che "si comprendono le motivazioni tecniche che hanno portato il livello centrale ad assicurare il buon uso dei finanziamenti andando ad individuare la localizzazione degli interventi".
Considerato in diritto
1. - La Regione Toscana ha sollevato, con ricorso regolarmente notificato e depositato, conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alla delibera C.I.P.E. 4 dicembre 1990 (Ripartizione alle regioni di somme del Fondo sanitario nazionale - conto capitale - anno 1990), la quale ha assegnato alle regioni le quote del Fondo sanitario nazionale da destinare al finanziamento dei programmi di "tutela materno infantile" e "lotta alle malattie cardiovascolari", individuando direttamente i soggetti operanti all'interno del territorio regionale destinatari degli interventi finanziari previsti.
Più precisamente, la Regione ricorrente considera lesiva delle proprie competenze in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera (artt. 117 e 118 della Costituzione, come attuati dall'art. 51 della legge 23 dicembre 1978, n. 833) e della propria autonomia finanziaria (art. 119 della Costituzione) l'anzidetta delibera C.I.P.E. nella parte in cui assegna direttamente i finanziamenti previsti all'ospedale Meyer di Firenze (per il programma materno infantile) e alle strutture C.N.R. convenzionate con l'Unità sanitaria locale n. 12 di Pisa (per il programma lotta alle malattie cardiovascolari), dal momento che il C.I.P.E., anziché attribuire i finanziamenti alla regione (che avrebbe dovuto provvedere alla successiva ripartizione delle quote attribuitele fra le singole strutture sanitarie interessate, operanti all'interno del proprio territorio), ha esso stesso individuato i singoli soggetti beneficiari, usurpando così, secondo la ricorrente, un potere che spetta alle regioni, se pure nell'ambito dei vincoli di destinazione stabiliti dalle leggi statali.
In via consequenziale, la Regione Toscana ha altresì impugnato la delibera C.I.P.E. laddove dispone che "qualora le regioni interessate ritengano di dover intervenire con priorità in strutture diverse da quelle sopraindicate inoltreranno richiesta motivata al Ministro della sanità che, entro trenta giorni, sottoporrà al C.I.P.E. la richiesta di modifica alla presente deliberazione". Anche tale disposizione presupporrebbe, ad avviso della ricorrente, la competenza del C.I.P.E. a individuare la localizzazione dei finanziamenti nell'ambito regionale e, pertanto, contrasterebbe con i parametri costituzionali già invocati.
2. - Il ricorso va accolto.
Considerato che ambedue le strutture sanitarie cui si riferisce l'impugnazione della ricorrente sono istituti che espletano servizi di assistenza sanitaria sottoposti alle competenze regionali, va ricordato che questa Corte, pur se ha riconosciuto che la previsione di finanziamenti a destinazione vincolata in settori legati a interessi unitari di particolare rilevanza e intensità fa parte dell'impostazione del Servizio sanitario nazionale, quale disciplinato dalla legislazione vigente, ha tuttavia precisato nel medesimo tempo che costituisce requisito di legittimità costituzionale di simili previsioni la garanzia alle singole regioni della libertà di valutazione e d'impiego delle somme attribuite loro, sempreché tale libertà sia esercitata compatibilmente con il vincolo di destinazione stabilito dalla legge statale (v., sent. n. 64 del 1987, nonché, con riferimento a finanziamenti vincolati previsti in settori diversi dalla sanità, sentt. nn. 356 e 357 del 1985, 517 del 1987, 505 del 1989, 266 del 1990).
L'affermazione di tale principio comporta che, a parte le ipotesi particolari per le quali sia diversamente disposto (v. art. 5 del decreto-legge 19 settembre 1987, n. 382, convertito nella legge 29 ottobre 1987, n. 456, relativo agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico) e salvi casi eccezionali legati alla natura e alla transitorietà del finanziamento (v. sent. n. 505 del 1989), una disposizione come quella contenuta nella delibera C.I.P.E. contestata, la quale individua direttamente fra gli istituti interessati sottoposti alle competenze della Regione Toscana quelli che dovranno beneficiare delle quote del Fondo sanitario nazionale attribuite alla predetta Regione per il perseguimento degli obiettivi legati ai programmi "materno infantile" e "lotta alle malattie cardiovascolari", deve essere ritenuta contrastante con gli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione. Una disposizione così formulata, infatti, elimina del tutto la possibilità che la Regione compia un'autonoma valutazione sulla ripartizione delle suddette somme fra le unità sanitarie locali per il finanziamento di spese in conto capitale, ledendo così quell'incomprimibile spazio di autonomia che l'art. 51 quinto comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in attuazione delle norme costituzionali da ultimo citate, garantisce alle regioni anche nelle ipotesi di finanziamenti a destinazione vincolata, se pure nell'ambito delle indicazioni contenute nel piano sanitario nazionale o, in mancanza di questo, nella legge statale (v. sent. n. 64 del 1987).
Sulla base di tali motivi deve, pertanto, annullarsi la deliberazione C.I.P.E. 4 dicembre 1990, nella parte in cui, ai fini della localizzazione degli interventi da realizzare, individua come beneficiari dei finanziamenti l'ospedale Meyer di Firenze (nell'ambito del programma "materno infantile") e le strutture C.N.R. convenzionate con l'unità sanitaria locale n. 12 di Pisa (nell'ambito del programma "lotta alle malattie cardiovascolari").
Consequenzialmente, in riferimento a questa parte della delibera citata, va annullata altresì la disposizione la quale prevede che "qualora le regioni interessate ritengano di dover intervenire con priorità in strutture diverse da quelle sopraindicate inoltreranno richiesta motivata al Ministro della sanità che, entro trenta giorni, sottoporrà al C.I.P.E. la richiesta di modifica alla presente deliberazione".
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara che non spetta allo Stato individuare l'ospedale Meyer di Firenze e Pisa C.N.R. come istituti beneficiari delle quote del Fondo sanitario nazionale 1990 - conto capitale assegnate alla Regione Toscana per il perseguimento degli obiettivi del Programma materno infantile e del Programma lotta alle malattie cardiovascolari;
Annulla, conseguentemente, la deliberazione C.I.P.E. 4 dicembre 1990 (Ripartizione alle regioni interessate di somme del Fondo sanitario nazionale - conto capitale - anno 1990) nella parte sopra indicata, nonché, nei limiti in cui si riferisce a quest'ultima parte, la disposizione "Qualora le regioni interessate ritengano di dover intervenire con priorità in strutture diverse da quelle sopraindicate inoltreranno richiesta motivata al Ministro della sanità che, entro trenta giorni, sottoporrà al C.I.P.E. la richiesta di modifica alla presente deliberazione".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 1991.
Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.
Depositata in cancelleria il 12 giugno 1991.