Sentenza n.64 del 1987

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SENTENZA N. 64

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 8, commi decimo e undicesimo; 17, commi primo, lett. a) e b), secondo, terzo, lett. c), quarto, lett. d); 18, comma terzo, della legge 22 dicembre 1984, n. 887; degli artt. 6, comma diciannovesimo, 10, commi diciassettesimo e diciottesimo; 12, commi quarto, quinto, settimo e ottavo, 15, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, recanti disposizioni disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (leggi finanziarie 1985-1986), promossi rispettivamente con ricorsi delle Province autonome di Bolzano e di Trento e delle Regioni Toscana e Lombardia, notificati il 26, 25, 28 gennaio 1985,

27 e 29 marzo 1986, depositati in cancelleria il 31 gennaio, 4 e 5 febbraio 1985 e 4 e 7 aprile 1986 ed iscritti ai nn. 6, 7, 11 e 12 del registro ricorsi 1985 e ai nn. 9 e 12 del registro ricorsi 1986. Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica dell'11 novembre 1986 il Giudice relatore Corasaniti; uditi gli avvocati Sergio Panunzio per le Province autonome di Bolzano e di Trento, Alberto Predieri per la Regione Toscana, Valerio Onida per la Regione Lombardia e l'avvocato Regione Lombardia e l'avvocato dello Stato Paolo Vittoria per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ritenuto in fatto

  1. (Reg. ricorsi n. 6/1985) - La Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente pro tempore, ha impugnato l'art. 17, ed in particolare i commi primo, lett. a), secondo e terzo, lett. c), della legge 22 dicembre 1984, n. 887, contenente "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1985)", per violazione degli artt. 3, comma terzo, 9, n. 10, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e delle relative norme di attuazione emanate con d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, e con d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197.

1.1. - Premette la ricorrente che, ai sensi degli artt. 3, comma terzo, 9, n. 10, e 16 dello Statuto, la competenza della Provincia in materia di igiene e di sanità é amplissima, risolvendosi nella potestà di emanare, nell'ambito dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato, l'intero complesso di norme che disciplinano l'azione svolta dagli enti sanitari per la tutela della salute dei cittadini.

L'art. 17 della legge 887/1984 viola tali competenze, specie nella parte in cui dispone che:

  1. a) nell'ambito del finanziamento del servizio nazionale per la parte corrente (Lire 123.630 miliardi per il triennio 1985/87) é riservata la complessiva somma di Lire 1.575 miliardi da utilizzarsi dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano per attività a destinazione vincolata ed a specifiche condizioni (comma 1, lett. a): quanto alle specifiche condizioni, l'erogazione e l'utilizzazione di tali somme é subordinata alla presentazione di "programmi formulati sulla base di direttive da emanarsi dal Ministro della sanità sentito il Consiglio sanitario nazionale e verificati congiuntamente dai Ministri della sanità, del tesoro e del bilancio e della programmazione economica"; quanto al vincolo di destinazione, "tali programmi devono tenere conto prioritariamente del fabbisogno finanziario per assicurare i servizi sanitari finalizzati all'assistenza dei tossicodipendenti, ai servizi psichiatrici, nonché... alle esigenze di risanamento sanitario degli allevamenti e alla profilassi delle malattie infettive e diffusive degli animali, con particolare riguardo alle indennità di abbattimento degli animali stessi";
  2. b) nell'ambito del finanziamento del S.S.N. per la parte corrente, é riservata la complessiva somma di Lire 790 miliardi, da utilizzare, con vincolo di destinazione, per piani straordinari triennali finalizzati ad interventi sanitari specificamente individuati (riabilitazione, assistenza protesica e di mantenimento dei disabili e degli anziani, prevenzione ed assistenza ai malati di mente ed ai tossicodipendenti, completamento dell'automazione, attività informative delle UU.SS.LL.); sull'impiego di tali fondi, sulle attività svolte e sui risultati conseguiti le UU.SS.LL., le Regioni e le Province autonome sono tenute ad inviare annualmente una relazione al Ministro della Sanità, il quale deve riferire in proposito al Parlamento (comma 1, lett. a);
  3. c) anche l'erogazione delle quote parti relative al finanziamento in conto capitale del S.S.N. (Lire 4.480 miliardi per il triennio 1985/87) é subordinata alla presentazione di programmi regionali da sottoporsi al vaglio congiunto dei Ministeri della sanità, del tesoro e del bilancio e della programmazione economica (comma 1, lett. b), e comma 2);
  4. d) il fondo sanitario di cui all'art. 51 della legge n. 833 del 1978 é ripartito dal CIPE fra le Regioni e le Province autonome sulla base di sei criteri, uno dei quali (lett. c) consistente nella determinazione di un fondo di sviluppo per l'attivazione di nuovi servizi e presidi nelle località carenti, da assegnare in base a programmi regionali verificati a livello centrale (comma 3).

1.2. - A giudizio della ricorrente, l'art. 7 della legge n. 887 del 1984, ed in particolare i commi 1, lett. a), 2 e 3, lett. c), sono lesivi della competenza provinciale in materia di igiene e sanità, ivi compresa l'assistenza sanitaria ed ospedaliera. Lo Stato, infatti, non ha correttamente esercitato le proprie funzioni di indirizzo e coordinamento, andando oltre i limiti individuati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 340 del 1983.

Nella presente controversia, ci si trova, a giudizio della ricorrente, di fronte ad un diffuso e dettagliato complesso di prescrizioni, che investono la materia dell'igiene e sanità. Si é così delineata una capillare e penetrante interferenza della normazione statale nella sfera di competenza già esercitata dalla Provincia autonoma nella materia de qua. L'articolo censurato, in realtà, non ha posto "principi dell'ordinamento giuridico", né ha prodotto "norme fondamentali delle riforme economico-sociali" né, infine, ha affermato dei "principi".

Dopo aver stanziato delle somme si é, invece, addirittura addentrato in una minuziosissima regolamentazione delle condizioni di ammissione al prelievo, delle modalità di utilizzo vincolato, delle modalità di rendiconto, che non possono certo definirsi dei "principi", bensì un assoluto svuotamento delle competenze, legislative ed amministrative, provinciali in materia.

  1. (Reg. ric. 7/1985) - La Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, ha impugnato, svolgendo argomentazioni conformi a quelle riportate supra sub 1.1 e 1.2, l'art. 17 della legge n. 887 del 1984, ed in particolare i commi 1, lett. a), 2 e 3, lett. c), per violazione degli artt. 3, comma 3, 9, n. 10, e 16 dello Statuto del Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione (d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 e 26 gennaio 1980, n. 197).
  2. - Nei giudizi promossi dalle Province autonome di Bolzano e di Trento, si é costituito, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la Corte costituzionale dichiari non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 della legge n. 887 del 1984.

3.1. - Sottolineato, in primo luogo, che le due Province hanno in materia di igiene e sanità competenza legislativa concorrente, precisa il resistente che la sentenza n. 340 del 1983 appare dettare - lì dove individua il modo di presentarsi dell'interesse nazionale perché esso possa costituire in concreto il supporto dell'esercizio del potere di indirizzo e di coordinamento un criterio che si attaglia al rapporto tra potere di indirizzo e sfera di competenza legislativa primaria, e non già un criterio attraverso il quale troverebbe per se rilievo la particolare condizione di autonomia delle due Province.

3.2. - Quanto al merito delle questioni, osserva il resistente che, nella permanente mancata formulazione del piano sanitario nazionale, i criteri per la ripartizione dei fondi venivano dettati con la legge finanziaria 1984 (legge n. 730 del 1983, art. 27) e modificati con l'art. 17 della legge finanziaria 1985.

Tra questi criteri, dettati dall'art. 17, costituisce oggetto di censura il disposto del comma 3, lett. c), che é censurato nella parte in cui prevede una "verifica" dei programmi regionali a livello centrale. Osserva il resistente che il criterio stabilito dalla legge contiene in sé il canone per la sua ulteriore specificazione da parte del CIPE, essendo evidente che il fondo andrà ripartito tenendo conto del diverso grado in cui servizi e presidi sono già presenti nelle varie località.

I programmi regionali e la loro verifica a livello centrale - verifica che si colloca non nella fase di erogazione, ma in quella di assegnazione cioè di riparto - costituiscono lo strumento conoscitivo per la rilevazione delle situazioni di carenza che, prospettate da ciascuna Regione, sulla base della propria valutazione delle locali necessità di sviluppo, si tratta poi di apprezzare in modo unitario.

La norma dunque non attua un'invasione della competenza regionale, giacché da un lato pone un criterio per la ripartizione del fondo, muovendosi nello stesso ambito di competenza statale individuato dagli artt. 51 e 53 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, dall'altro, per l'attuazione del criterio, valorizza le indicazioni della programmazione regionale, secondo un meccanismo che, ancora una volta, appare già prefigurato dall'art. 51 della legge 833.

Quanto all'impugnativa delle altre disposizioni contenute nei primi due commi dell'art. 17 della legge 22 dicembre 1984, n. 887, osserva il resistente che la disciplina dettata con l'art. 17 concerne non la ripartizione del fondo, ma il modo di utilizzazione di porzioni della quota da parte delle Regioni cui é assegnata.

Per quanto riguarda la "spesa corrente", osserva il resistente che, secondo l'art. 53 della legge n. 833 del 1978, rientra nell'ambito delle previsioni del piano sanitario nazionale, e per ciò stesso in quello delle competenze del legislatore nazionale nel quadro della disciplina del settore attuata con la legge di riforma, imporre alla spesa sanitaria particolari vincoli di destinazione. Non esorbita quindi dalla competenza del legislatore nazionale una disposizione, quale quella contenuta nell'art. 17, dove si individuano direttamente quote di spesa da destinare a determinate attività, ovvero si prevedono criteri per la ripartizione di una più ampia quota tra diverse esigenze considerate prioritarie.

La previsione dei programmi regionali, come modo di attuazione dei criteri preveduti dalla legge, rientra pur essa nel già prefigurato sistema di attuazione del programma sanitario nazionale, attraverso i piani sanitari regionali (art. 55, legge n. 833 del 1978).

Il precetto per cui i programmi regionali vadano "verificati" a livello centrale, trova, infine, a giudizio dell'Avvocatura, il suo supporto nel primo comma dell'art. 119 Cost.. La verifica dei programmi regionali, in quanto intesa a valutarne la conformità a criteri ed indirizzi di finalizzazione della spesa sanitaria ed attuata in unica sede, risponde all'esigenza di assicurare l'effettività del coordinamento tra spese delle Regioni ed impegno delle risorse attraverso il finanziamento del servizio sanitario nazionale.

Per quanto riguarda, infine, la "spesa in conto capitale" (art. 17, comma primo, lett. b), e comma secondo) i programmi regionali, alla verifica dei quali da parte dei Ministri della sanità, del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, é soggetta l'erogazione dei fondi, appaiono richiesti come strumenti di attuazione del piano in rapporto alla quota assegnata: la verifica non ha fondamento diverso da quello prima indicato, anche se la sua funzione concreta é quella di far corrispondere l'erogazione della quota ai tempi delle più concrete previsioni di spesa contenute nei programmi.

  1. (Reg. ric. 11/1985) - La regione Toscana, in persona del presidente pro tempore, ha impugnato gli artt. 8, commi decimo e undicesimo, e 17, comma primo, lett. b), della legge 22 dicembre 1984, n. 887, per violazione degli artt. 117, 118 e 97 Cost..

4.1. - L'art. 8, comma decimo, della legge finanziaria n. 887 del 1984, statuisce che: "Nell'ambito delle assegnazioni del piano integrativo di cui alla legge 12 febbraio 1981, n. 17, un fondo di Lire 50 miliardi per anno, nel triennio 1985-87, é finalizzato al finanziamento di accordi stipulati fra l'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato e gli enti locali, aventi ad oggetto interventi finalizzati alla realizzazione di progetti di trasporto integrato nelle aree metropolitane".

Nel successivo undicesimo comma viene detto che "la convenzione approvata dal Ministro dei trasporti equivale all'intesa di cui all'art. 81, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, ed ha diretta efficacia di variazione degli strumenti urbanistici. A tale fine si adottano le misure di pubblicità nazionali o locali, in relazione al suo contenuto".

Entrambe le norme violano gli artt. 117, 118 Cost., in quanto invadono la sfera riservata alla competenza regionale in tema di trasporti di superficie, tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale e di urbanistica, sottraendo alle Regioni competenze basilari nella pianificazione dei trasporti e in quella urbanistica, competenze ampiamente riconosciute dalle leggi statali (artt. 2 e 3 legge 10 aprile 1981, n. 151).

L'art. 8, comma decimo, della legge n. 887 del 1984 sovverte il sistema, prevedendo convenzioni dirette fra le FF.SS. e gli enti locali, al di fuori di qualsiasi pianificazione, programmazione e partecipazione regionale; rovescia il metodo, i procedimenti e le garanzie dell'art. 81, comma terzo, d.P.R. n. 616 del 1977, che erano stati confermati dagli artt. 10 e 12 della legge n. 17 del 1984, nel cui "ambito" dichiara di muoversi la previsione dell'art. 8, comma decimo, della legge finanziaria; sovverte infine i principi della legge urbanistica statale (legge n. 1150 del 1942) nonché ogni principio in tema di modificazione di atti amministrativi (infatti i piani regolatori, atti complessi a complessità ineguale ad imputazione regionale, vengono modificati da organi privi di qualsiasi competenza - Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato e Ministro dei trasporti - all'insaputa del soggetto - la Regione che ha emanato l'atto-piano).

4.2. - A giudizio della Regione ricorrente, la violazione delle norme sulla competenza regionale é, altresì, connessa con la irragionevolezza delle norme e la incongruità (e quindi illegittimità anche sotto il profilo della violazione dell'art. 97 Cost.) dello strumento legislativo adottato.

Sotto il primo profilo, può essere sufficiente ricordare che nulla é così illogico come pretendere di risolvere problemi di traffico e di trasporti (e tanto più integrati) al livello della circoscrizione comunale. Cosicché una frammentazione di accordi fra le FF.SS. e i comuni volta allo scopo di realizzare progetti di trasporto al di fuori dei piani previsti dalla legge-quadro statale é irragionevole, oltre che illegittima.

Sotto il secondo profilo, alla legge finanziaria non é affidato il compito di sovvertire le norme di settore e di materia.

Nel nostro ordinamento, che incardina i rapporti fra legislazione statale e regionale sulla nozione di competenze, non é consentito ad una legge a competenza specializzata, qual é la legge finanziaria, di invadere l'area di leggi ordinarie o di leggi regionali al di fuori di quanto attiene alle modificazioni ed integrazioni "a disposizioni legislative aventi riflessi sul bilancio dello Stato, su quelli delle aziende autonome e su quelli degli enti che si ricollegano alla finanza statale, al fine di adeguare le entrate e le uscite del bilancio dello Stato, delle aziende autonome e degli enti pubblici che si ricollegano alla finanza statale, agli obiettivi di politica economica cui si ispirano il bilancio pluriennale e il bilancio annuale" (art. 11, legge n. 468 del 1978).

Nella fattispecie, invece, l'art. 8, commi decimo e undicesimo, introduce vere e proprie innovazioni che, violando la natura stessa della legge finanziaria, si sostanziano in sovvertimenti dei rapporti costituzionali fra Stato e Regioni, al di fuori dei fini e dei contenuti propri della legge finanziaria, contribuendo a farne un testo illegittimo, che assume la veste di "carrozza omnibus".

4.3. - L'art. 17 della legge n. 887 del 1984 prevede che una parte del finanziamento del servizio sanitario nazionale venga vincolata e utilizzata in base a programmi formulati su direttive del Ministro, sentito il Consiglio nazionale della sanità, e verificati dai Ministri della sanità, del tesoro e del bilancio e della programmazione. In tale modo l'autonomia regionale viene compressa e sott’ordinata a direttive estemporanee, rispetto al sistema della legge istitutiva del servizio sanitario (legge n. 833 del 1978), che prevede un metodo pianificatorio, e rispetto al metodo previsto dalla legge n. 382 del 1975, nonché sottoposta a una verifica, di imprecisa collocazione giuridica, e del pari al di fuori del sistema e della normativa costituzionale, anche in relazione all'art. 125 Cost..

La legge finanziaria sostituisce il metodo per l'imposizione dell'indirizzo statale con strumenti di pianificazione di settore previsti dalla legge-quadro, non già riportandosi al metodo generale previsto dalla legge n. 382 del 1975, ma introducendo una direttiva che é contraria ai principi che regolano la materia e che viola anche il canone del rispetto del principio di legalità affermato dalla Corte costituzionale con la sent. n. 150 del 1982.

Con questa "direttiva" si introduce un anomalo strumento di indirizzo strutturato in contrasto con il principio della collegialità di governo o di comitato e al di fuori della partecipazione del Presidente del Consiglio secondo i principi posti dalla legge n. 382 del 1975, che per il suo carattere di norma interposta non può essere derogata o modificata, e tanto meno può esserlo da una legge a competenza specifica e funzionalizzata.

  1. (Reg. ric. n. 12/1985) - La Regione Lombardia in persona del Presidente pro tempore ha impugnato gli artt. 8, commi decimo e undicesimo; 17, commi primo, lett. a), terzo e quarto; 18, comma terzo, della legge 22 dicembre 1984, n. 887, per violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost..

5.1. - Deduce, in primo luogo, la Regione ricorrente che la disciplina prevista dall'art. 8, commi decimo e undicesimo, della legge finanziaria relativamente alle "intese" fra azienda ferroviaria ed enti locali e ai loro effetti viola le competenze regionali in materia di urbanistica e di opere pubbliche.

Sottolinea la ricorrente che oggetto di tale nuova disciplina non sono decisioni di spesa (si tratta infatti di spese già disposte dalla legge n. 17 del 1981 e rifinanziate dalla legge finanziaria 1983).

Oggetto della nuova disciplina é, invece, l'aspetto istituzionale, al fine di dar vita ad una nuova e singolare procedura di decisione sulle opere e sulla loro localizzazione, consistente in una intesa stipulata tra Azienda ferroviaria ed ente locale (cioè Comune), approvata dal Ministro dei trasporti, che da un lato sostituirebbe l'intesa fra Stato e Regione, prevista dall'art. 81, comma terzo, d.P.R. n. 616 del 1977, per la localizzazione e per le scelte di tracciato, se difforme dalle prescrizioni e dai vincoli delle norme o dei piani urbanistici, dall'altro lato avrebbe "diretta efficacia" di variazione degli strumenti urbanistici, sostituendo dunque l'ordinaria procedura che culmina con l'approvazione regionale degli strumenti medesimi.

Tale procedura realizza un completo scavalcamento delle Regioni. Essa, anzitutto, vanifica la necessità dell'intesa della Regione interessata sull'accertamento della conformità dell'opera alle norme e ai piani urbanistici, prevista dall'art. 81, comma secondo, del d.P.R. n. 616 del 1977, e ribadita, proprio con riguardo alle opere di competenza dell'azienda ferroviaria da eseguire nell'ambito del programma cui si riferisce la disposizione impugnata, dall'art. 10, comma primo, della legge n. 17 del 1981.

Ma la disposizione impugnata abolisce inoltre espressamente la necessità dell'intesa con la Regione (sentito l'ente locale interessato) per la progettazione di massima ed esecutiva delle opere, per quanto concerne la loro localizzazione e le scelte del tracciato se difforme dalle norme e dai piani urbanistici, necessità sancita invece dall'art. 81, comma terzo, del d.P.R. n. 616 del 1977, e ribadita ancora una volta, con riguardo alla "progettazione di massima delle opere" e proprio delle opere di cui si tratta, dall'art. 10 della legge n. 17 del 1981.

Secondo la ricorrente, le procedure di intesa fra Stato e Regioni stabilite dall'art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977 hanno la funzione di salvaguardare la competenza in materia urbanistica della Regione conciliandola con la competenza statale per certe opere pubbliche.

Si tratta, dunque, non già di procedure sempre "disponibili" da parte del legislatore ordinario, ma necessarie ai fini del rispetto delle competenze costituzionalmente spettanti alle Regioni e del mantenimento dell'equilibrio costituzionalmente sancito fra competenze statali e competenze regionali.

D'altra parte, proprio all'armonizzazione tra competenze regionali e competenze statali provvede la previsione dell'intesa necessaria, nonché, per il caso estremo in cui l'intesa non si realizzi, dell'eventuale statuizione definitiva del Governo, circondata peraltro da una serie di garanzie procedurali, quale il parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali (art. 81, comma quarto, d.P.R. n. 616 del 1977).

Osserva ancora la ricorrente che, trattandosi di "trasporto integrato nelle aree metropolitane", i programmi relativi possono coinvolgere indirettamente, accanto a linee ferroviarie, linee metropolitane o di trasporto urbano.

Ora, se le opere pubbliche ferroviarie sono di competenza dello Stato (pur richiedendo, per la loro localizzazione e progettazione, l'intesa con la Regione), le opere relative a linee metropolitane o di trasporto urbano rientrano come tali direttamente nella competenza della Regione, ai sensi già dell'art. 2, legge 29 dicembre 1969, n. 1042, dell'art. 3, lett. b), d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5 e dell'art. 2, lett. i), d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8; e, adesso, ai sensi degli artt. 84, 87 e 88, n. 5, del d.P.R. n. 616 del 1977, nonché ai sensi della legge 10 aprile 1981, n. 151, che ribadisce ed estende la competenza regionale in materia di trasporti pubblici locali, compresi gli investimenti per la costruzione e l'ammodernamento di infrastrutture e impianti fissi (artt. 11 e 12).

Nemmeno varrebbe prospettare l'approvazione dell'accordo Azienda ferroviaria - ente locale da parte del Ministro dei trasporti come atto idoneo a sostituire l'intesa della Regione. Al contrario, l'art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977 e l'art. 10 della legge n. 17 del 1981 richiedono l'intesa della Regione con l'amministrazione statale competente o con l'azienda delle ferrovie; e l'art. 81, quarto comma, del d.P.R. n. 616/1977 - per altro non ripreso dall'art. 10 della legge n. 17 del 1981 - prevede, solo per il caso di mancato raggiungimento dell'intesa entro un dato termine, un intervento dirimente del Consiglio dei ministri, col parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali e con la successiva emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica.

Invece, l'approvazione del Ministro dei trasporti, prevista dall'art. 8, comma undicesimo, della legge impugnata, non interviene in caso di mancanza d'intesa, bensì riguarda un atto per il quale si é esclusa la stessa preventiva ricerca dell'intesa, e proviene dall'amministrazione di settore che tale intesa dovrebbe invece ricercare.

Parimenti lesiva della competenza regionale in materia urbanistica é, a giudizio della Regione, la disposizione contenuta nell'undicesimo comma dell'art. 8, secondo cui l'intesa fra azienda ferroviaria ed ente locale, approvata dal Ministero dei trasporti, "ha diretta efficacia di variazione degli strumenti urbanistici".

La competenza in tema di formazione e approvazione degli strumenti urbanistici appartiene alle Regioni in forza dell'art. 1, d.P.R. n. 8 del 1972, e dell'art. 81, d.P.R. n. 616 del 1977. In forza di tale competenza, e della disciplina recata dalle leggi regionali, la Regione interviene nel procedimento di formazione degli strumenti urbanistici, approvandoli e condizionando così l'efficacia degli stessi strumenti e delle loro variazioni deliberate dagli enti locali (cfr. per la Lombardia, l'art. 27, comma secondo, l.r. 15 aprile 1975, n. 51).

Stabilire, dunque, che un atto a cui la Regione rimane totalmente estranea abbia diretta efficacia di variazione degli strumenti urbanistici, lede la competenza della Regione in materia.

5.2. - Deduce ancora la Regione che i poteri del Ministro della sanità e dei Ministri del tesoro e del bilancio in ordine all'impiego del fondo sanitario nazionale (art. 17, primo comma, lett. a), terzo comma, quarto comma, lett. d)) violano le competenze regionali e l'autonomia di spesa delle Regioni in materia di sanità.

Osserva la ricorrente che l'art. 17 della legge n. 887 del 1984, nel disciplinare, a modifica degli artt. 25 e 27 della legge n. 730 del 1983, il finanziamento del servizio sanitario nazionale e il riparto del fondo sanitario nazionale, introduce alcune novità, ancora una volta non sul piano finanziario ma su quello istituzionale, lesive dall'autonomia delle Regioni.

La legge di riforma sanitaria n. 833 del 1978 prevede che il piano sanitario nazionale (approvato dal Parlamento, sia pure parzialmente con legge e parzialmente con atto non legislativo, secondo la recente previsione dell'art. 20 del D.l. n. 463 del 1983), determina il fondo per il finanziamento del servizio (art. 53, comma quinto, lett. b); che il riparto del fondo fra le Regioni venga fatto dal CIPE "tenuto conto delle indicazioni contenute nei piani sanitari nazionali e regionali e sulla base di indici e di standards distintamente definiti per la spesa corrente e per la spesa in conto capitale", intesi a garantire livelli uniformi di prestazioni sanitarie in tutto il territorio nazionale (art. 51, commi primo e secondo); che sia dunque il piano sanitario nazionale a fissare "gli indici e gli standards nazionali da assumere per la ripartizione del fondo sanitario nazionale tra le Regioni, al fine di realizzare in tutto il territorio nazionale un'equilibrata organizzazione dei servizi anche attraverso una destinazione delle risorse per settori fondamentali di intervento con limiti differenziati per gruppi di spese correnti e per gli investimenti" (art. 53, comma quinto, lett. c).

Spetta invece alle Regioni destinare i fondi alle singole UU.SS.LL. e disciplinare l'impiego, anche al fine di "assicurare la corrispondenza tra costi dei servizi e relativi benefici" (art. 11, comma secondo, lett. c); e art. 51, comma quinto).

Ora, la disposizione impugnata, stabilendo che i "programmi" secondo i quali le Regioni dovranno utilizzare le somme a destinazione vincolata dovranno essere formulati "sulla base di direttive da emanarsi dal Ministro della sanità sentito il Consiglio sanitario nazionale" e "verificati congiuntamente dai Ministeri della sanità, del tesoro e del bilancio", attribuisce al Ministero della sanità un potere di direttiva, in materia appartenente alla competenza propria delle Regioni, che non é compatibile con il riparto di funzioni costituzionalmente stabilito e risultante anche dalla legge quadro, e ai Ministri della sanità, del tesoro e del bilancio un potere di "verifica" di detti programmi, in sostanza di approvazione di essi, condizionante le assegnazioni finanziarie, parimenti lesivo della competenza regionale.

L'autonomia programmatoria e di spesa della Regione viene totalmente vanificata, riducendosi le Regioni a mere esecutrici di direttive ministeriali e di programmi approvati dalle amministrazioni centrali.

I poteri così attribuiti agli organi statali non possono d'altronde in alcun modo ricondursi né alla funzione di "indirizzo e coordinamento" di cui all'art. 5 della legge n. 833 del 1978, né alle direttive che, ai sensi del citato art. 5, comma terzo, il Ministro della sanità può emanare in relazione alle attività delegate alle Regioni.

5.3. - Identiche considerazioni, a giudizio della ricorrente, valgono con riguardo al secondo comma dell'art. 17 della legge impugnata, secondo cui l'erogazione alle Regioni delle quote in conto capitale del fondo sanitario nazionale "é effettuata sulla base di programmi regionali, da verificare congiuntamente dai Ministeri della sanità, del tesoro, e del bilancio".

L'art. 17, comma terzo, lett. d), ribadisce, infine, le illegittime previsioni dei commi precedenti, allorché dispone che il riparto del fondo sanitario nazionale fra le Regioni avvenga mediante, fra l'altro, "enucleazione di un fondo per attività di rilievo a destinazione vincolata da assegnare con le modalità indicate nel presente articolo", cioè, s'intende, per l'utilizzo sulla base di programmi o piani formati secondo le direttive del Ministero della sanità e "verificati" dai Ministeri.

5.4. - La Regione impugna, infine, l'art. 18, comma terzo, della legge finanziaria 1985, che reca una autorizzazione di ulteriori spese per gli interventi previsti dalla legge 4 giugno 1984, n. 194, concernente "interventi a sostegno dell'agricoltura".

Varie disposizioni (artt. 7, 9, 13 e 17) sono già state impugnate dalla ricorrente, in quanto lesive di diverse competenze regionali: la Regione ritiene che i vizi fatti valere contro la precedente legge si estendono anche all'art. 18, comma terzo, della legge impugnata nella parte in cui rifinanzia le disposizioni impugnate.

  1. - Nei giudizi promossi dalle Regioni Toscana e Lombardia si é costituito, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la Corte costituzionale dichiari non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni ricorrenti.

6.1. - Per quanto attiene all'impugnativa dell'art. 8 della legge n. 887 del 1984, osserva il resistente che la disciplina del trasporto ferroviario non rientra nella competenza della Regione (art. 8, lett. c), d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8; art. 1, d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5). Dunque, la circostanza che l'Azienda delle ferrovie dello Stato prescelga soluzioni concordate con gli enti locali, non viola una competenza regionale.

La lesione della competenza regionale non può neppure essere affermata in base alla considerazione che il decimo comma dell'art. 8, senza stanziare alcuna nuova somma, si limiti a modificare l'art. 10 della legge 12 febbraio 1981, n. 17, che, per la localizzazione delle opere prevedute dal programma integrativo, aveva richiamato il procedimento dell'intesa strutturato dall'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

L'intesa tra lo Stato e la Regione e, per le opere ferroviarie, tra l'Azienda e la Regione, per l'accertamento della conformità alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi, non costituisce in sé un modo "necessario" per attuare il coordinamento tra la competenza dello Stato per le opere pubbliche da eseguirsi dalle sue amministrazioni e quella delle Regioni in materia urbanistica.

Né appare viziato l'undicesimo comma dell'art. 8, a norma del quale "la convenzione approvata dal Ministro dei trasporti equivale all'intesa di cui all'art. 81, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 ed ha diretta efficacia di variazione degli strumenti urbanistici". É innegabile che tale disposizione attui una disciplina della variazione dello strumento urbanistico, che é derogatoria rispetto a quella generale, giacché ne risulta escluso l'intervento della Regione, che, nel sistema preveduto dall'art. 81, esercitava in diversa forma la propria competenza. Va tuttavia considerato che la deroga é solo parziale, in quanto si basa sul presupposto dell'accordo con l'ente locale, la cui mancanza determina il riespandersi della disciplina impostata sull'intesa con la Regione.

6.2. - Relativamente all'impugnativa dell'art. 17 della legge finanziaria, il resistente osserva che, in particolare, costituisce oggetto di censura il disposto della lett. d), a termini del quale uno dei criteri di ripartizione risulta così definito: "enucleazione di un fondo per attività di rilievo a destinazione vincolata da assegnare con le modalità indicate nel presente articolo", vale a dire formulazione dei programmi in base alle direttive del Ministro della sanità, e loro verifica da parte di quest'ultimo insieme ai Ministri del tesoro e del bilancio e della programmazione economica.

Ad avviso dell'Avvocatura, secondo l'art. 53 della legge 833 del 1978, ben rientra nell'ambito delle previsioni del piano sanitario nazionale, e, per ciò stesso, in quello delle competenze del legislatore nazionale, imporre alla spesa sanitaria particolari vincoli di destinazione.

Fissato questo presupposto, i programmi regionali e la loro verifica a livello centrale verifica che, come nel caso della disposizione contenuta nella precedente lett. c), si colloca non nella fase di erogazione, ma in quella di assegnazione, cioè di riparto - vengono a porsi come strumento conoscitivo per la rilevazione delle prospettive di impiego dei fondi da parte delle diverse Regioni, da comporre in modo unitario in sede di riparto. La norma, dunque, non attua un'invasione della competenza regionale.

6.3. - Quanto all'impugnativa delle disposizioni contenute nel primo e secondo comma dell'art. 17, l'Avvocatura svolge argomentazioni coincidenti con quelle riportate sopra sub 3.2..

6.4. - Per quanto riguarda, infine, l'impugnativa proposta dalla sola Regione Lombardia contro l'art. 18 della legge finanziaria 1985, in quanto autorizza nuove spese per i finanziamenti della legge n. 194 del 1984, già precedentemente impugnata dalla stessa Regione, l'Avvocatura si riporta alle difese opposte nell'atto di costituzione 11 luglio 1984 depositato in quel giudizio.

  1. (R. ric. n. 9/1986) - La Regione Toscana, in persona del presidente pro tempore, ha impugnato gli artt. 6, comma 19; 10, commi 17 e 18; 12, comma 4; 15 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, contenente "disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1986)", per violazione degli artt. 117, 118, 119, 81 e 97 Cost..

7.1. - L'art. 10, comma 17, della legge n. 41 del 1986, estende alla realizzazione di trasporti rapidi di massa, parcheggi e nodi di interscambio modali la normativa dell'art. 8, comma 10, della legge 22 dicembre 1984, n. 887.

A sostegno della incostituzionalità delle disposizioni impugnate, la Regione svolge argomentazioni coincidenti con quelle riportate sopra sub 4.1..

7.2. - L'art. 12, comma 4, della legge n. 41 del 1986 autorizza una spesa di 27 miliardi di lire "per la concessione di aiuti contributivi di riconversione a favore delle cooperative agricole e loro consorzi di valorizzazione di prodotti agricoli, che per effetto di provvedimenti comunitari restrittivi abbiano dovuto sospendere o ridurre l'attività di trasformazione".

Tutte le attività previste appartengono alle funzioni trasferite alle Regioni, a norma dell'art. 117 Cost., e dell'art. 66, d.P.R. n. 616 del 1977, segnatamente comma 2, lett. c) ed e), che attribuiscono alle Regioni "ogni intervento sulle strutture agricole anche in attuazione di direttive e regolamenti comunitari, ivi compresa l'erogazione di incentivi e contributi", "gli interventi di incentivazione e sostegno della cooperazione delle strutture associative per la coltivazione, la lavorazione ed il commercio dei prodotti agricoli".

Nonostante l'appartenenza alle Regioni della materia, non é previsto alcun trasferimento di spesa, incorrendosi così in violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost., e in violazione degli artt. 81 e 97 Cost..

7.3. - L'art. 15 della legge n. 41 del 1986 autorizza una spesa di 600 miliardi, in due esercizi 1986 e 1987, da destinarsi alla realizzazione di iniziative volte alla realizzazione di beni culturali, al loro recupero, attraverso l'utilizzazione delle tecnologie più avanzate, ed alla creazione di occupazione aggiuntiva di giovani disoccupati di lungo periodo.

In questa previsione di impiego di mezzi finanziari non si parla mai delle Regioni, anche se esse hanno competenze amministrative proprie, a norma degli artt. 117 e 118 Cost., nella materia dei beni culturali (musei e biblioteche di enti locali: art. 47 d.P.R. n. 616 del 1977), nella materia urbanistica, e in quella della formazione professionale (artt. 35 e 41 d.P.R. n. 616 del 1977), tutte implicate dall'art. 15 della legge n. 41 del 1986.

La normazione posta dalla su indicata disposizione non tiene nessun conto delle competenze regionali, in quanto non diversifica gli interventi che riguardano funzioni e aree riservate allo Stato e quelle di competenza regionale.

Le funzioni attribuite ad organi statali non riguardano funzioni di indirizzo e coordinamento ma, al contrario, attività e atti provvedimentali, che estromettono le Regioni tanto dai provvedimenti di approvazione dei progetti, quanto dalla partecipazione alla fase istruttoria, quanto dal controllo dell'esecuzione.

La violazione delle competenze amministrative regionali costituzionalmente garantite, inoltre, é effettuata con l'uso perverso di uno strumento legislativo a competenza tipica o specializzata, quale la legge finanziaria.

7.4. - La Regione deduce, infine, che nel quadro dell'uso improprio e non legittimo della legge finanziaria va inserito anche l'art. 6, comma diciannovesimo, della legge n. 41 del 1986, il quale impone che il "piano annuale delle assunzioni in deroga al divieto di cui al comma decimo é disposto con provvedimento della giunta regionale". Individuando in tal modo un organo piuttosto che un altro della organizzazione regionale, si interferisce nella ripartizione di funzioni e competenze interne dell'ente regione, violando gli artt. 117 e 118 Cost..

  1. - Nel giudizio promosso dalla Regione Toscana si é costituito, a mezzo dell'Avvocatura di Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che le questioni di costituzionalità siano dichiarate infondate.

8.1. - Per quanto riguarda la censura mossa all'art. 6, comma diciannovesimo, della legge n. 41 del 1986, sostiene il resistente che la disposizione é conforme al dettato dell'art. 121, comma terzo, Cost., secondo il quale la giunta regionale é l'organo esecutivo delle Regioni, e dal quale si desume che la giunta é l'organo dotato di competenza amministrativa generale.

8.2. - Per contrastare l'impugnativa dell'art. 10, commi diciassettesimo e diciottesimo, della legge n. 46 del 1981, 1'Avvocatura osserva in primo luogo che il comma diciottesimo in nulla interferisce sulle competenze regionali, giacché esso individua il contenuto di una direttiva da darsi dal Ministro dei trasporti all'Ente Ferrovie dello Stato, direttiva che esaurisce la sua rilevanza nel rapporto di indirizzo configurato dall'art. 3, n. 1, della legge 17 maggio 1985, n. 210.

Quanto al comma diciassettesimo va considerato che non é certo che esso valga a richiamare le disposizioni contenute nei commi decimo ed undicesimo dell'art. 8 della legge n. 887 del 1984, relative alle procedure di localizzazione. Invero, l'ulteriore attuazione del piano integrativo é ora compito dell'Ente Ferrovie dello Stato, ma, per i progetti di costruzione ed ampliamento di impianti ferroviari predisposti dall'ente, e delle opere connesse, vale in linea generale il diverso tipo di procedimento delineato dall'art. 25, commi secondo e quarto, della legge 17 maggio 1985, n. 210. Sicché é possibile ritenere che tale diversa normativa debba essere seguita dall'Ente Ferrovie dello Stato anche per i progetti delle opere prevedute dal comma diciottesimo dell'art. 10 della legge 28 febbraio 1986, n. 41.

Il terzo comma dell'art. 25 configura un accordo di programma, che può intervenire tra l'Ente Ferrovie dello Stato, la Regione interessata e gli enti locali nel cui territorio sono previsti gli interventi, accordo che, approvato con decreto del Presidente della Repubblica, equivale all'intesa di cui all'art. 81, terzo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e serve ad attuare una localizzazione delle opere in difformità delle preesistenti prescrizioni e vincoli di norme e piani urbanistici ed edilizi, in quanto ha diretta efficacia di variazione di detti strumenti. Non realizzandosi l'accordo di programma, torna ad esser applicabile un procedimento di coordinamento esemplato sullo schema dell'art. 81, comma quarto, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

Le analogie di struttura esistenti tra l'art. 25 della legge 17 maggio 1985, n. 210 e l'art. 8 della legge 22 dicembre 1984, n. 887 lasciano pensare che l'espressione "enti locali", usata nell'art. 8, possa esser interpretata come riferentesi anche alla Regione, con il che l'accordo preveduto dai commi decimo ed undicesimo dell'art. 8 viene a costituire, come l'accordo di programma preveduto dall'art. 25, un modulo che presuppone l'intesa con le Regioni, preveduta dal terzo comma dell'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. La lesione delle competenze della regione in materia urbanistica non risulterebbe allora neppure prospettabile, così come non lo sarebbe quella della competenza in materia di trasporti.

8.3. - Relativamente all'impugnativa dell'art. 12, comma quarto (aiuti contributivi di riconversione a favore delle cooperative agricole), al cui proposito la Toscana si lamenta del fatto che non sia previsto trasferimento di spesa alle Regioni nonostante l'indubbia competenza regionale in materia, l'Avvocatura osserva che la disposizione prevede lo stanziamento della spesa e ne indica le finalità, ma non configura i procedimenti di concessione degli aiuti, onde sembra che si tratti di somma da ripartire tra le Regioni per la successiva loro erogazione.

8.4. - Infine, relativamente all'impugnativa dell'art. 15 della legge n. 41 del 1986, ritiene l'Avvocatura che le censure mosse dalla regione Toscana non abbiano fondamento.

La norma impugnata configura infatti un programma di interventi nel settore dei beni culturali ed ambientali, che é rimesso alla competenza statale, anche se sussistono nel suo ambito limitate competenze regionali, come nel campo dei beni culturali di interesse locale.

In ciò é il fondamento così dello stanziamento della spesa che della disciplina dei modi della sua erogazione.

La circostanza che questi modi comportino l'assunzione di giovani con contratti di lavoro, che debbono prevedere "attività formative", non vale d'altra parte ad attrarre i progetti in questione all'area della formazione professionale, giacché scopo dei progetti non é, o non é in modo esclusivo, la formazione professionale, sebbene la valorizzazione del patrimonio culturale del Paese.

  1. - La Regione Lombardia in persona del presidente pro tempore ha impugnato gli artt. 10, commi diciassettesimo e diciottesimo, e 12, commi quarto, quinto, settimo ed ottavo della legge 28 febbraio 1986, n. 41, per violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost., anche in riferimento agli artt. 1, 3 e 8, del d.P.R. n. 5 del 1972, agli artt. 1, 2 e 7, d.P.R. n. 8 del 1972, agli artt. 66, 67, 71, 80, 81, 84 e 87, d.P.R. n. 616 del 1977.

9.1. - L'art. 10, comma diciassettesimo, della legge n. 41 del 1986 stabilisce che gli interventi previsti dall'art. 8, comma decimo, della legge n. 887 del 1984 "comprendono anche azioni finalizzate alla realizzazione di trasporti rapidi di massa, parcheggi e nodi di interscambio modali". Valgono quindi, a giudizio della ricorrente, le stesse ragioni di illegittimità costituzionale prospettate sopra sub 5.1..

Per di più il comma diciottesimo dell'art. 10 impugnato, prevedendo che il Ministro dei trasporti impartisca con proprio decreto all'Ente Ferrovie dello Stato le disposizioni attuative, viola ulteriormente le competenze e l'autonomia regionali, attribuendo ad un organo amministrativo statale poteri discrezionali in ordine a procedure e interventi di competenza regionale, in violazione anche del principio di riserva di legge che investe tutta la materia dei rapporti fra Stato e Regioni (artt. 117, 118 e 119 Cost.). 9.2. - Relativamente all'art. 12, comma quarto, la ricorrente svolge argomentazioni sostanzialmente simili a quelle riportate sopra sub 7.2., aggiungendo peraltro che tale intervento statale non potrebbe in alcun modo giustificarsi sulla base della residua competenza statale in tema di "associazioni e (...) unioni nazionali dei produttori in materia di agricoltura e foreste" (art. 71, lett. h), d.P.R. n. 616 del 1977).

9.3. - Analogamente violano, a giudizio della ricorrente, la competenza e l'autonomia della Regione le disposizioni contenute nei commi quinto ed ottavo del medesimo art. 12, legge n. 41 del 1986. Il quinto comma, prorogando per gli anni 1986, 1987 e 1988 la disposizione dell'art. 16, comma settimo, legge n. 887 del 1984, concernente un concorso statale nel pagamento degli interessi sui mutui di miglioramento fondiario, a condizioni e modalità determinate con decreto dei Ministri del tesoro e dell'agricoltura, viola in particolare la competenza regionale in tema di miglioramento fondiario di cui all'art. 66, comma secondo, lett. b), d.P.R. n. 616 del 1977.

L'altro comma dello stesso art. 12, legge n. 41 del 1986 a sua volta proroga per l'anno 1986 l'applicabilità delle disposizioni di cui al penultimo comma dell'art. 18, legge n. 887 del 1984, concernenti l'erogazione di spese previste dai regolamenti comunitari e destinate a prevenire o contenere la formazione di eccedenze agricole, e le estende agli interventi previsti dall'art. 1, comma primo, della legge n. 430 del 1985 (pagamento dell'importo perequativo straordinario introdotto con finalità di sostegno al processo di ristrutturazione in corso, relativamente allo zucchero prodotto nella campagna bieticolosaccarifera 1984-1985). Anche questa disposizione viola le competenze regionali in materia di agricoltura e in particolare di produzione agricola e di trasformazione e commercio di prodotti agricoli (artt. 66 e 67, d.P.R. n. 616 del 1977).

  1. - Nel giudizio promosso dalla Regione Lombardia, si é costituito, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale vengano dichiarate infondate.

Per quanto attiene all'impugnativa dell'art. 10, commi diciassettesimo e diciottesimo, della legge n. 41 del 1986, l'Avvocatura si rifà alle argomentazioni svolte nella difesa contro il ricorso n. 9/1986.

Altrettanto vale per quanto riguarda l'impugnazione dei commi quarto e settimo dell'art. 12.

Quanto al comma quinto dell'art. 12, deduce l'Avvocatura che la disposizione impugnata non contiene una norma in materia di miglioramento fondiario, ma di credito agrario di miglioramento e, più propriamente, configura un'agevolazione creditizia statale sulle operazioni di mutuo deliberate dagli istituti esercenti il credito agrario di miglioramento. Orbene, la competenza della Regione ad agevolare l'accesso al credito nella materia di sua competenza (art. 109, commi primo e quarto, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), non esclude che lo Stato, nell'esercizio della propria competenza nella materia del credito ed in funzione di incentivazione dell'economia, possa dal canto suo dettare disposizioni che prevedano agevolazioni creditizie, regolandone la concessione.

Passando all'esame dell'ottavo comma dell'art. 12, osserva l'Avvocatura che la censura rivolta dalla Regione non é fondata, giacché la disposizione impugnata trova il suo fondamento nella competenza dello Stato in materia di interventi di interesse nazionale per la regolazione del mercato agricolo (art. 71, comma primo, lett. b), del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616).

  1. - Le ricorrenti hanno depositato memorie illustrative ribadendo le proprie posizioni.

Considerato in diritto

  1. - I quattro giudizi di impugnazione in via diretta di alcune norme della legge 22 dicembre 1984, n. 887, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato: legge finanziaria 1985), promossi rispettivamente dalla Provincia autonoma di Bolzano, dalla Provincia autonoma di Trento, dalla Regione Toscana e dalla Regione Lombardia, e i due giudizi di impugnazione in via diretta di alcune norme della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato: legge finanziaria 1986), promossi rispettivamente dalla Regione Toscana e dalla Regione Lombardia, possono essere riuniti e definiti con unica decisione in ragione della connessione dei rispettivi oggetti.
  2. - La Regione Toscana e la Regione Lombardia hanno impugnato, in riferimento agli articoli 117, 118 e 119 Cost., nonché agli articoli 80, 81, 84, 87, 88, n. 5, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, alla legge 12 febbraio 1981, n. 17 ed alla legge 10 aprile 1981, n. 151, le norme contenute nell'art. 8, commi decimo e undicesimo, della legge n. 887 del 1984 su indicata, le quali prevedono rispettivamente:
  3. a) che nell'ambito delle assegnazioni del piano integrativo di cui alla legge 12 febbraio 1981, n. 17 (Finanziamento per l'esecuzione di un programma di sviluppo delle Ferrovie dello Stato) un dato fondo sia finalizzato al finanziamento di accordi, stipulati fra l'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato e gli "enti locali", aventi quale oggetto interventi per la realizzazione di progetti di trasporto integrato nelle aree metropolitane;
  4. b) che la convenzione (idest l'accordo), una volta approvata dal Ministro dei trasporti, equivalga all'intesa di cui all'art. 81, comma terzo, del d.P.R. n. 616 del 1977, ed abbia efficacia di variazione degli strumenti urbanistici, e che, a tal fine, si adottino le misure di pubblicità, nazionali o locali (adeguate), in relazione al suo contenuto.

Quindi le stesse Regioni hanno impugnato, siccome collegate alle norme su indicate, quelle contenute nell'art. 10, commi diciassettesimo e diciottesimo, della sopravvenuta legge 28 febbraio 1986, n. 41, le quali stabiliscono:

  1. a) che gli interventi previsti nel su indicato art. 8, comma decimo, della legge n. 887 del 1984 comprendano anche azioni finalizzate alla realizzazione di trasporti rapidi di massa, parcheggi e nodi di interscambio;
  2. b) che il Ministro dei trasporti impartisca con proprio decreto all'Ente Ferrovie dello Stato le disposizioni attuative.

Circa le norme dell'art. 8 della legge n. 887 del 1984, la Regione Toscana deduce che esse, in quanto estraniano la Regione dagli accordi ivi indicati, violano la sfera riservata alle competenze regionali in tema di trasporti di superficie, tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale, e di urbanistica: competenze ampiamente riconosciute - per quel che concerne in generale la pianificazione dei trasporti - dalla legge 10 aprile 1981, n. 151 (legge quadro per l'ordinamento, la ristrutturazione e il potenziamento dei servizi pubblici locali) e - per quel che concerne in particolare le opere da eseguire dall'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato e la loro incidenza in tema di urbanistica (governo del territorio) - dagli articoli 10 e 12 della stessa legge n. 17 del 1981, nel cui ambito pur dichiara di muoversi la norma impugnata (l'art. 10 della legge n. 17 del 1981 prevede specificamente l'intesa fra l'Azienda e le Regioni, che preventivamente devono sentire gli enti locali nel cui territorio sono previsti gli interventi, per l'accertamento della conformità delle opere da eseguire a cura e per conto dell'Azienda alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici e dei programmi edilizi, nonché per la progettazione di massima delle opere).

La Regione Lombardia a sua volta deduce: che le norme impugnate violano le competenze regionali in materia sia di urbanistica che di opere pubbliche; che, in particolare, attraverso l'adozione del procedimento indicato nell'art. 8 e l'attribuzione alla sua definizione degli effetti ivi indicati, per un verso viene esclusa la competenza regionale in tema di piani regolatori e loro modificazione, già trasferita alle regioni con il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, e per altro verso viene soppresso ogni coordinamento fra le competenze regionali anzidette e quella statale in materia di trasporti, (coordinamento perseguito con il più corretto procedimento previsto dall'art. 81, comma terzo, del d.P.R. n. 616 del 1977, cui si adegua, in parte qua, l'art. 10 della legge n. 17 del 1981); che, comunque, viene ignorata la competenza regionale specifica in materia di opere relative a linee metropolitane e di trasporto urbano (art. 2, legge 29 dicembre 1969, n. 1042; art. 3, lett. b), d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5; art. 2, lett. i), d.P.R. n. 8 del 1972; e, ora, articoli 84, 87 e 89 - recte: 88 - del d.P.R. n. 616 del 1977).

Contro i commi diciassettesimo e diciottesimo dell'art. 10 della legge n. 41 del 1986 le dette Regioni muovono analoghi rilievi, nel presupposto che la nuova normativa importi il richiamo a quella precedente anche per ciò che concerne il procedimento particolarmente censurato.

Aggiunge la Regione Toscana, sia in relazione all'art. 8 della legge n. 887 del 1984 che in relazione all'art. 10 della legge n. 41 del 1986, che la invasione della competenza regionale é connessa con l'irragionevolezza e l'incongruità della normativa anche per quel che concerne l'uso dello strumento della legge finanziaria: da un lato sarebbe illogica la pretesa del legislatore di risolvere problemi di traffico e di trasporti (tanto più integrati) al livello della circoscrizione comunale (violazione art. 97 Cost.); dall'altro esulerebbe dalla competenza tipica della legge finanziaria modificare leggi di settore e tanto più alterare il riparto delle competenze fra Stato e Regione, giacché normative del genere non hanno alcun riflesso sul bilancio dello Stato né su quelli degli enti che si ricollegano alla finanza statale (art. 81, comma terzo, Cost., e art. 11, legge 5 agosto 1978, n. 468).

  1. - Le questioni di legittimità concernenti la violazione dell'art. 97 Cost. e quelle concernenti la violazione dell'art. 81, comma terzo, Cost. (e in relazione a quest'ultimo dell'art. 11 della ora indicata legge n. 468), questioni aventi carattere preliminare, non possono trovare accoglimento.

Le prime attengono al merito della normativa impugnata o ripropongono questioni attinenti al riparto delle competenze fra Stato e Regione.

Quanto alle altre, non si vede anzitutto come l'uso, asseritamente "improprio", della legge finanziaria, abbia specificamente influito sulla lamentata invasione della competenza regionale, tenuto conto che la regolamentazione delle materie che si assumono riservate a tale competenza ex art. 117 Cost., sarebbe avvenuta, o potuta avvenire, anche se si fosse provveduto con legge statale diversa da quella finanziaria.

In ogni modo, pur non essendovi piena concordia di opinioni sul ruolo e sui contenuti della legge finanziaria, é riconosciuto che essa può concorrere a determinare e comunque sicuramente riflette finalità di politica economica generale, tanto che ha il compito di adeguare le entrate e le uscite del bilancio dello Stato, delle aziende autonome e degli enti pubblici che si ricollegano alla finanza statale "agli obbiettivi di politica economica" cui si inspirano il bilancio pluriennale e il bilancio annuale (art. 11, comma primo, della legge n. 468 del 1978).Ed anzi ciò é confermato dal collegamento con l'istituzione del bilancio pluriennale, nel quale sono esposte anche previsioni sull'andamento delle entrate e delle spese "in coerenza con i vincoli del quadro economico generale e con gli indirizzi della politica economica generale" (art. 4, comma quinto, legge citata) e con l'indicazione del livello massimo del ricorso al mercato finanziario (art. 11, comma secondo, legge citata).

Non si vede dunque come sia improprio l'uso della legge finanziaria per l'emanazione di una normativa che dispone finanziamenti, per di più in materia di particolare rilevanza economica e sociale (con sicuri riflessi sul bilancio dello Stato), anche se essa individui competenze e delinei procedimenti volti all'attuazione della manovra finanziaria, e, sotto questo profilo, possa esporsi a censure dirette a tutela dell'autonomia regionale.

  1. - I rilievi delle due Regioni quanto alla violazione delle competenze regionali sotto il profilo ora accennato, da parte delle due normative impugnate, sono pertinenti, ma possono essere superati attraverso una corretta interpretazione delle normative stesse.

I commi decimo e undicesimo dell'art. 8 della legge n. 887 del 1984 vanno letti in relazione al sistema quale risulta dalla previgenza dell'art. 10 della legge n. 17 del 1981, legge cui la normativa impugnata si richiama, e dalla successiva entrata in vigore dell'art. 25 della legge 17 maggio 1985, n. 210 (Istituzione dell'ente "Ferrovie dello Stato"). La prima di queste due norme prevede, per l'accertamento della conformità delle opere - da eseguire a cura e per conto dell'Azienda delle Ferrovie dello Stato - alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici e dei programmi edilizi, nonché per la progettazione di massima delle opere stesse, l'intesa dell'Azienda con le Regioni interessate, le quali devono previamente sentire gli enti locali nel cui territorio sono previsti gli interventi. La seconda prevede, per l'adozione dei progetti di costruzione ed ampliamento di impianti ferroviari predisposti dall'ente, e delle opere connesse, la comunicazione dei relativi progetti alle Regioni interessate e agli enti locali nei cui territori sono previsti gli interventi per una verifica di conformità alle prescrizioni ed ai vincoli delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi, e, in caso di non ravvisata conformità, la promozione, ad opera del Ministro dei trasporti, di un accordo di programma fra tutte le parti interessate; accordo (da approvare con decreto del Presidente della Repubblica) equivalente all'intesa di cui all'art. 81, comma terzo, del d.P.R. n. 616 del 1977 ed avente diretta efficacia di variazione degli strumenti urbanistici.

In quanto si colloca nella descritta serie, la normativa impugnata (commi decimo e undicesimo dell'art. 8, legge n. 887 del 1984), là dove si riferisce agli accordi o alla convenzione fra l'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato e "gli enti locali", deve ritenersi comprensiva, fra i medesimi, delle Regioni.

Quanto ai commi diciassettesimo e diciottesimo dell'art. 10 della legge n. 41 del 1986, nessuna delle due norme - né la prima, che estende il campo del finanziamento disposto con l'art. 8, comma decimo, della legge n. 887 del 1984, né la seconda, che riserva al Ministro dei trasporti di impartire all'ente "Ferrovie dello Stato" le disposizioni attuative - deve ritenersi riferita al procedimento, pur ricostruito secondo la interpretazione dianzi accolta. Laddove per le opere del nuovo ente é applicabile il procedimento previsto dall'art. 25 della legge istitutiva n. 210 del 1985.

Ciò importa la non fondatezza delle questioni sollevate dalle Regioni Toscana e Lombardia in ordine alla violazione delle competenze regionali da parte delle due normative impugnate, non fondatezza da dichiarare in quanto le normative sono da interpretare nel senso, conforme a Costituzione, ora indicato.

  1. - Delle altre norme impugnate sono prese di mira da tutte le ricorrenti nei primi quattro giudizi (Province autonome di Bolzano e di Trento, Regioni Toscana e Lombardia) tutte, o quasi tutte, quelle contenute nell'art. 17 della legge n. 887 del 1984.

La detta disposizione, al comma primo, dopo aver determinato gli importi del finanziamento del servizio sanitario nazionale a carico del bilancio dello Stato per il triennio 85-87, per la parte corrente (lett. a), e per la parte in conto capitale (lett. b), stabilisce: che sugli importi relativi alla parte corrente (lett. a), sono riservate, per le attività a destinazione vincolata, date somme da utilizzare dalle Regioni e dalle Province autonome secondo programmi formulati, tenendosi conto prioritariamente del fabbisogno finanziario per assicurare alcuni servizi sanitari (assistenza dei tossicodipendenti, servizi psichiatrici, nonché, anche in applicazione della normativa comunitaria in materia, risanamento sanitario degli allevamenti e profilassi delle malattie infettive e diffusive degli animali con particolare riguardo alle indennità di abbattimento degli animali stessi), sulla base di direttive da emanarsi dal Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, e verificati congiuntamente dai Ministri della sanità, del tesoro, e del bilancio e della programmazione economica; che sugli stessi importi sono riservate altre somme da utilizzare, secondo le stesse modalità, con vincolo di destinazione, per piani straordinari triennali finalizzati a dati interventi sanitari (riabilitazione, assistenza protesica e di mantenimento di disabili ed anziani, potenziamento di servizi territoriali per la prevenzione e l'assistenza ai malati di mente e ai tossicodipendenti, completamento dell'automazione, servizi informativi delle unità sanitarie locali); che sussiste l'obbligo, per le U.S.L., le Regioni e le Province, di riferire annualmente sull'impiego dei fondi, sulle attività e sui risultati al Ministro della sanità, il quale, a sua volta, ne riferisce al Parlamento; che, quanto agli importi relativi alla parte in conto capitale (lett. b), essi sono ripartiti dal CIPE nel triennio su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, sulla base delle indicazioni contenute nei piani sanitari regionali e di precisate esigenze.

Lo stesso art. 17, al comma secondo, stabilisce che la erogazione delle quote di cui alla lettera b) del comma primo é effettuata sulla base di programmi regionali, da verificare congiuntamente dai Ministri della sanità, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.

Sempre l'art. 17, al comma terzo, stabilisce che, a modifica dell'art. 27, comma primo, legge 27 dicembre 1983, n. 730 (legge finanziaria del 1984), il fondo sanitario nazionale di cui all'art. 51 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario) é ripartito, per l'esercizio 1985, dal CIPE fra Regioni e Province autonome, sulla base di dati criteri, fra i quali: la determinazione di un fondo di sviluppo per l'attivazione di nuovi servizi e presidi nelle località carenti, da assegnare in base a programmi regionali verificati a livello centrale (lett. c); la enucleazione di un fondo per attività di rilievo a destinazione vincolata da assegnare con le modalità indicate nello stesso articolo 17 (lett. d).

  1. - Le Province autonome di Trento e di Bolzano censurano i commi primo, lett. a), secondo e terzo, lett. c), dell'art. 17 perché lesivi delle loro competenze in materia di igiene e sanità, ivi compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera, quale sancita dall'art. 3, dall'art. 9, n. 10, e dall'art. 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige).

Ciò in quanto lo Stato avrebbe esercitato non correttamente, con le norme impugnate, la funzione di indirizzo e di coordinamento, realizzando una normativa dettagliata e così una capillare e penetrante interferenza (sent. Corte n. 340/83) nella stessa sfera di competenza speciale, fino al punto da imporre alle Unità sanitarie locali di riferire annualmente al Ministro della sanità (anziché ad esse Province) sull'impiego dei fondi, sulle attività svolte e sui risultati conseguiti.

La Regione Toscana censura a sua volta l'art. 17, comma primo, lett. b) - recte: lett. a), perché in violazione degli articoli 117, 118 e 97 Cost.

Secondo la ricorrente, la norma impugnata, col prevedere che una parte del finanziamento del servizio sanitario nazionale venga vincolata e utilizzata in base a programmi formulati su direttive del Ministro della sanità, e sottoposti a verifiche, sia pure da parte di più ministri congiuntamente, comprimerebbe l'autonomia regionale, discostandosi sia dal metodo pianificatorio adottato dalla legge istitutiva del servizio sanitario, sia dallo stesso metodo generale adottato dalla legge 22 luglio 1975, n. 382, e ciò con violazione diretta della normativa costituzionale (anche in relazione all'art. 125 Cost.), della normativa interposta dettata con la legge delega n. 382 del 1975 e del principio di legalità (sent. Corte n. 150/82). E tali violazioni sarebbero tanto più evidenti e più gravi perché consumate mediante l'uso di uno strumento improprio, quale la legge finanziaria.

La Regione Lombardia censura l'art. 17, nei commi primo, lett. a), terzo - recte: secondo - e quarto - recte: terzo, lett. d) - come lesivi delle competenze e dell'autonomia di spesa regionali (artt. 117, 118 e 119 Cost.).

In particolare il previsto finanziamento di una serie di servizi con quote a destinazione vincolata sarebbe in contrasto con l'impostazione della legge istitutiva della riforma sanitaria, secondo la quale, specie per la parte corrente, vincoli specifici di destinazione dei fondi avrebbero dovuto essere eccezionali; l'introduzione di istituti aventi per effetto l'attribuzione alle amministrazioni centrali dello Stato, anziché al piano sanitario nazionale, di compiti di determinazione degli obbiettivi specifici, di riparto dei finanziamenti fra questi e fra le Regioni, di determinazione delle specifiche modalità di impiego delle risorse e di organizzazione dei servizi sanitari, rovescerebbe l'impostazione accentuatamente programmatoria della riforma sanitaria e sottrarrebbe poteri pianificatori sia al Parlamento che alle Regioni, ed a queste ultime, ridotte a mere esecutrici di direttive ministeriali e di programmi approvati dalle amministrazioni centrali, ogni autonomia di spesa (come sarebbe dimostrato anche dal "filo diretto" istituito fra Unità sanitarie locali e Governo).

Né potrebbe parlarsi di corretto esercizio della funzione di indirizzo e di coordinamento di cui all'art. 5 della legge n. 833 del 1978, sia per diversità degli organi, sia per mancata individuazione delle esigenze unitarie, sia per mancata determinazione dei criteri cui dovrebbero uniformarsi gli organi centrali; investiti, invece, di un potere arbitrario di verifica e di un potere di direttiva non consentito dall'art. 5 su indicato su attività proprie delle Regioni, ed anzi addirittura di un controllo diretto sulle unità sanitarie locali, tenute, insieme a Regioni e Province, a riferire ad essi sulle attività svolte.

Ed analoghe considerazioni varrebbero per l'erogazione delle quote in conto capitale, per il riparto del fondo sanitario nazionale fra le Regioni, e per la enucleazione di un fondo per attività di rilievo a destinazione vincolata.

  1. - Delle questioni così poste va senz'altro disattesa, per i motivi suesposti (retro, n. 3), quella sollevata in via preliminare dalla Regione Toscana concernente l'uso improprio che sarebbe stato fatto della legge finanziaria per disciplinare la materia.

Quanto, poi, alla imposizione di vincoli di destinazione alla spesa sanitaria in sede di erogazione del finanziamento, é evidente che essa fa parte dell'impostazione del servizio sanitario nazionale secondo la legge istitutiva n. 833 del 1978. L'art. 53, comma decimo, lett. c), della detta legge, nel disporre che il piano sanitario nazionale deve fissare gli indici e gli standards nazionali da assumere per la ripartizione del fondo nazionale (cfr. il precedente art. 51, comma secondo), prevede che il fine, proprio della ripartizione, di realizzare una equilibrata organizzazione dei servizi, possa essere perseguito anche attraverso una destinazione delle risorse per settori fondamentali di intervento. Rientra dunque in tale prospettiva stabilire destinazioni vincolate e relative priorità.

Di particolare qui non vi é se non che talune destinazioni per l'impiego di una parte del finanziamento e per la realizzazione di interventi mediante piani triennali sono individuate e considerate prioritarie dalla stessa legge impugnata, e, quindi, con legge, anziché con il piano sanitario nazionale. Ma in attesa del detto piano sanitario nazionale non vi é dubbio che spetti alla legge, e alla legge statale, operare con norme sostitutive o anticipatrici di esso le scelte su indicate, scelte che, peraltro, per la loro rilevanza sociale nell'intero territorio, non potrebbero essere adottate che a livello nazionale.

Regioni e Province autonome non hanno, poi, motivo di dolersi della normativa in quanto stabilisce che le somme erogate in vista delle destinazioni vincolate siano utilizzate secondo programmi d'impiego da esse formulati, programmi che devono appunto tener conto delle destinazioni prioritariamente stabilite dalle leggi.

Non persuadono, infine, a ravvisare una violazione dell'autonomia i dubbi che le Province ricorrenti sollevano circa la pertinenza delle finalità riguardanti il risanamento degli allevamenti di bestiame e la profilassi di alcune malattie del medesimo agli scopi del servizio sanitario. Né persuadono gli argomenti che le Province stesse pretendono trarre dalla sentenza di questa Corte n. 177 del 1986, nel senso che il completamento dell'automazione e le attività dei servizi informativi delle unità sanitarie locali, compresi tra le finalità essenziali dei piani triennali il cui perseguimento condiziona l'utilizzazione di alcune somme comprese nel finanziamento di parte corrente (art. 17, comma primo, lett. a) e così la trasformazione della destinazione d'uso di presidi sanitari o di parte di essi, considerata come esigenza di cui occorre tener conto nei riparto della somme in conto capitale (stesso articolo, stesso comma, lett. b), concernerebbero l'organizzazione del lavoro delle unità sanitarie locali e quindi interessi frazionabili in quanto legati alle situazioni locali.

Infatti, tanto le finalità quanto le esigenze sopra descritte sono correlate strettamente allo scopo essenziale del servizio sanitario, cioè a quello che consiste nella tutela della salute umana (cui conferisce il controllo sanitario sui mezzi di alimentazione) e nel rendimento, anche mediante il riequilibrio di situazioni strutturali locali, di servizi sanitari uniformi a tutti i cittadini secondo i predetti standards nazionali.

Il discorso é alquanto diverso per le "direttive", da emanare preventivamente ad opera del Ministro della sanità, sulla base delle quali é prescritto che siano formati i programmi della Regione e della Provincia autonoma relativi all'utilizzazione delle somme riservate alle destinazioni vincolate prioritarie ed ai piani straordinari triennali d'intervento, nonché per le "verifiche", da effettuare successivamente sui programmi stessi (art. 17, comma primo, lett. a).

Ora, se le direttive e le verifiche ora indicate fossero assolutamente libere nell'oggetto e nel contenuto, la previsione di esse potrebbe ritenersi lesiva delle autonomie (nonostante che per la emanazione delle direttive stesse sia obbligatorio il parere del Consiglio sanitario nazionale, del quale forma parte, a norma dell'art. 8, comma quarto, della legge n. 833 del 1978, un rappresentante per ogni Regione e per ogni Provincia autonoma).

Ed altrettanto potrebbe ritenersi delle verifiche, evidentemente collegate alle direttive.

Ma così non é. La coordinata lettura delle disposizioni in esame mostra come la previsione tanto delle direttive che delle verifiche sia strettamente funzionale alle scelte concernenti le destinazioni vincolate prioritarie e gli interventi settoriali triennali, scelte - come già osservato - direttamente operate dalla legge.

Le direttive dovranno, cioè, consistere nelle indicazioni e prescrizioni di massima che siano ragionevolmente necessarie a rendere i programmi regionali coerenti con le scelte anzidette. E le verifiche successive dovranno essere volte ad accertare tale coerenza ed altresì la compatibilità dei programmi stessi con le esigenze del coordinamento della spesa sanitaria. A fine analogo a quello delle verifiche, riguardanti i singoli programmi di impiego considerati nella loro predisposizione, tendono le relazioni cui sono tenute (art. 17, comma primo, lett. a), ultima parte), - al pari del resto delle Regioni e delle Province autonome e non in sostituzione di esse - le Unità sanitarie locali: relazioni concernenti la realizzazione dei programmi, le quali consentono al Ministro della sanità, e per suo mezzo al Parlamento, il controllo sull'attuazione delle scelte adottate e così sull'effettiva operatività della legge.

Finalità di coordinamento hanno, poi, anche le verifiche dei programmi regionali di impiego delle somme riservate in conto capitale, da ripartire ad opera del CIPE nel triennio (su proposta del Ministro per la sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale) sulla base delle indicazioni contenute nei piani sanitari regionali e nel rispetto di esigenze predeterminate dalla stessa legge: anche qui si tratta di riscontrare, oltre alla rispondenza dei programmi di impiego alle indicazioni dei piani sanitari, la compatibilità dei programmi stessi con le esigenze costituenti criteri del riparto e con quelle del coordinamento della spesa sanitaria.

Né diversamente può ritenersi per le verifiche dei programmi di impiego, sulla base dei quali devono avvenire la determinazione del fondo di sviluppo e l'enucleazione del fondo per attività di rilievo a destinazione vincolata, determinazione ed enucleazione costituenti criteri per il riparto del fondo sanitario nazionale come modificato per l'esercizio 1985, rispetto a quanto prescritto dall'art. 27, comma primo, della legge n. 730 del 1983. La previsione diretta, poi, da parte della legge, dei criteri e delle esigenze, alle quali direttive, programmi e verifiche dovranno adeguarsi, esclude l'omessa osservanza del principio di legalità nelle descritte operazioni di coordinamento.

Le questioni sollevate dalla Regione Toscana e dalla Regione Lombardia in riferimento alle violazioni delle norme costituzionali sulle competenze regionali (artt. 117, 118 e 119 Cost.) e sulle relative norme interposte, devono dunque essere disattese in quanto la normativa va interpretata nel senso, conforme a Costituzione, ora indicato.

  1. - L'art. 18, comma terzo, della legge n. 887 del 1984, che reca autorizzazione di ulteriori spese per gli interventi a sostegno dell'agricoltura, previsti dalla legge n. 194 del 1984, é censurato dalla Regione Lombardia, la quale, avendo impugnato a suo tempo, con ricorso n. 23 del 1984, alcune norme della legge n. 194, sostiene che i vizi allora denunziati si estendono alla norma di rifinanziamento ora all'esame.

L'impugnativa ripropone le censure prospettate nel precedente giudizio relativamente al rifinanziamento degli interventi previsti dagli artt. 7, 9, 13 e 17 della legge n. 194 del 1984.

Ma il detto precedente giudizio é stato medio-tempore definito con la sentenza di questa Corte n. 356 del 1985, la quale ha dichiarato inammissibili le censure dirette contro l'art. 17 e non fondate nei sensi di cui in motivazione quelle dirette contro gli artt. 7, 9 e 13, queste ultime sotto il profilo che le somme destinate ai finanziamenti previsti (dalla legge n. 194 del 1984), anche se stanziate nel bilancio dello Stato, vanno comunque ripartite fra le Regioni e quindi trasferite a loro favore.

Dalle statuizioni allora adottate non vi é motivo di discostarsi, non avendo la Regione prospettato profili nuovi o inerenti specificamente al "rifinanziamento".

Va pertanto resa pronuncia di non fondatezza delle questioni come sopra sollevate.

  1. - La Regione Toscana impugna la norma contenuta nell'art. 6, comma diciannovesimo, della legge n. 41 del 1986, la quale impone che il piano annuale delle assunzioni di nuovo personale, in deroga al divieto di cui al comma decimo, é disposto con provvedimento della Giunta regionale.

Adduce la Regione ricorrente che, anche qui attraverso un uso improprio della legge finanziaria (artt. 97 e 81, comma terzo, Cost., e art. 11, legge n. 468 del 1978), la legge statale interferisce, con violazione degli artt. 117 e 118 Cost., nella ripartizione di competenze e di funzioni interne all'ente regione, in quanto individua come competente a provvedere su un dato oggetto un organo piuttosto che un altro nell'ambito della organizzazione regionale.

Ribadito quanto osservato in precedenza a proposito dell'uso, asseritamente improprio, dello strumento della legge finanziaria per regolare una materia come quella del contenimento della spesa pubblica nel settore del pubblico impiego attraverso la regolamentazione delle assunzioni (materia peraltro fatta oggetto di precedenti leggi finanziarie, e di precedenti pronunce di questa Corte: cfr. l. 26 aprile 1983, n. 130 e sent. n. 307 del 1983), e ritenuta pertanto non fondata la relativa questione, quella concernente la violazione degli artt. 117 e 118 Cost., deve ritenersi non fondata in base a una interpretazione della norma impugnata conforme a Costituzione. Tale norma, infatti, si limita a indicare l'organo competente alla generalità dei provvedimenti amministrativi secondo la maggior parte degli Statuti, senza escludere, dunque, la competenza (anche sull'oggetto) di altri organi regionali, che fosse prevista in via generale da singoli Statuti.

  1. - La Regione Toscana impugna la norma contenuta nel comma quarto dell'art. 12 della legge n. 41 del 1986 e la Regione Lombardia la stessa norma ed altresì quelle contenute nei commi quinto, settimo e ottavo dello stesso articolo.

Il comma quarto prevede la concessione di aiuti contributivi di riconversione a favore delle cooperative agricole e loro consorzi che, per effetto di provvedimenti comunitari restrittivi, abbiano dovuto sospendere o ridurre l'attività di trasformazione.

Il comma quinto prevede la proroga, per gli anni 86-88, della disposizione dell'art. 18, comma settimo, della legge n. 887 del 1984, che prevedeva a sua volta un concorso (statale) nel pagamento degli interessi sui mutui di miglioramento fondiario erogati dagli istituti esercenti il credito agrario di miglioramento (con modificazione dei tassi).

Il comma settimo prevede l'iscrizione dei relativi stanziamenti, per l'anno 1986, nello stato di previsione del Ministero per l'agricoltura e foreste.

Il comma ottavo prevede l'applicabilità anche per il 1986 delle disposizioni di cui al penultimo comma dell'art. 18 della legge n. 887 del 1984 (messa a carico delle assegnazioni all'AIMA - Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo - delle occorrenze finanziarie relative alla parte nazionale delle spese previste da regolamenti comunitari per prevenire e contenere la formazione delle eccedenze, ed estensione della stessa disciplina agli interventi di sostegno alla produzione bieticolo-saccarifera previsti dall'art. 1, comma primo, della legge 8 agosto 1985, n. 430).

In ordine alla norma contenuta nel comma quarto, la Regione Toscana lamenta la violazione degli artt. 117, 118, 119, nonché 81 e 97 Cost., essendo previsti finanziamenti in materia devoluta alla competenza regionale con l'art. 66, particolarmente comma secondo, lett. c) ed e), d.P.R. n. 616 del 1977 (interventi sulle strutture agricole, anche in attuazione di direttive e regolamenti comunitari, ivi compresa l'erogazione di incentivi e di contributi; interventi di incentivazione e sostegno della cooperazione, delle strutture associative per la coltivazione, la lavorazione ed il commercio dei prodotti agricoli) e non essendo previsto trasferimento di spese alle Regioni.

La Regione Lombardia, quanto al comma quarto, svolge censure analoghe a quelle prospettate dalla Regione Toscana, indicando, peraltro, quali norme interposte, anche il comma primo del citato art. 66 (soggetti singoli o associati che operano nell'agricoltura; raccolta, conservazione e commercio dei prodotti agricoli, silvo-pastorali e zootecnici da parte di imprenditori agricoli singoli o associati; interventi a favore dell'impresa o della proprietà agraria singola e associata) e il comma secondo, lett. a) e b), nonché l'art. 67, commi primo, secondo e terzo del d.P.R. n. 616 del 1977.

Quanto al comma settimo, essa collega alle invasioni di cui al comma quarto lo stanziamento della relativa spesa nel bilancio statale.

Quanto al comma quinto, la detta Regione lamenta l'invasione operata con il prorogare una disposizione concernente un concorso statale nel pagamento degli interessi su mutui di miglioramento fondiario a condizioni e modalità determinate con decreto del Ministro del tesoro, in violazione dell'art. 66, comma secondo, lett. b), d.P.R. n. 616 del 1977.

Quanto al comma ottavo, la Regione stessa lamenta l'invasione operata con la proroga della disciplina concernente la messa a carico dell'AIMA delle spese su indicate e l'estensione della disciplina stessa agli interventi di sostegno previsti dall'art. 1, comma primo, della legge n. 430 del 1985, in violazione degli artt. 66 e 67 d.P.R. n. 616 del 1977.

Le censure della Regione Toscana concernenti la norma contenuta nel quarto comma in riferimento agli artt. 97 e 81, comma terzo, Cost. - argomentate in ordine alle questioni di legittimità sollevate contro gli artt. 8 e 17 della legge n. 887 del 1984, nonché 6 e 10 della legge n. 41 del 1986 - vanno disattese per i motivi sopra espressi a proposito delle questioni medesime (retro, n. 3).

Le censure prospettate dalla Regione Toscana e dalla Regione Lombardia, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost. e norme interposte, rispettivamente contro le norme contenute nel quarto comma e nel settimo comma, non possono essere interpretate come volte a contestare la stessa previsione del finanziamento o addirittura il metodo - istituzione di fondi speciali o di stanziamenti a destinazione propria - di cui l'intervento costituisce applicazione. In tal caso le censure non potrebbero trovare accoglimento, perché dirette a negare allo Stato, siccome invasive delle competenze legislative o amministrative delle Regioni (o piuttosto della loro autonomia finanziaria), le scelte (e inevitabilmente la visuale complessiva) di politica economica generale sottese nella legge finanziaria, secondo quanto sopra é stato osservato, alla manovra di spesa. Né può ignorarsi (cfr. la richiamata sentenza n. 356 del 1985) che, specie nella materia dell'agricoltura, si é andato instaurando, a fini di politica economica promozionale e con modi talora programmatori, un nuovo metodo di finanziamento articolato per fondi o per stanziamenti come quelli su indicati, che si affianca al sistema generale della finanza regionale previsto per la gestione ordinaria, ma non si adegua alle sue regole (né a quelle di contabilità ad esso aderenti), senza che ciò involga soppressione o lesione apprezzabile dell'autonomia finanziaria regionale: cfr. ad esempio il rifinanziamento previsto dall'art. 5, comma primo, della legge 4 giugno 1984, n. 194, che non si adegua al modello dell'incremento del fondo per i programmi regionali di sviluppo come l'originario finanziamento previsto dall'art. 1 della legge primo luglio 1977, n. 403; senza dire che, fuori e prima delle descritte vicende normative di settore, al sistema generale tracciato con l'art. 8 - sul fondo comune - e, se si vuole, 9 - sul fondo per i programmi di sviluppo - della legge 16 maggio 1970, n. 281, e rispecchiato dall'art. 21 della legge 19 maggio 1976, n. 335 e dall'art. 126 del d.P.R. n. 616 del 1977, già non sembrano adeguarsi l'art. 2, specie lett. c), della legge 10 maggio 1976, n. 356 e gli articoli 128 e 129 del detto d.P.R. n. 616.

É da ritenere, invece, come si desume anche dal riferimento all'avvenuta iscrizione degli stanziamenti nel bilancio statale ed alla mancata previsione del trasferimento delle somme stanziate alle Regioni, che queste lamentino la violazione della loro autonomia di spesa (il cui perimetro é pur dato dalla loro competenza legislativa ed amministrativa), nel senso di essere estraniate completamente dalla gestione dei disposti finanziamenti o limitate in tale gestione al punto da essere degradate a materiali esecutrici della manovra statale.

Ma così individuate le censure vanno disattese in base a una interpretazione della normativa impugnata conforme a Costituzione.

La normativa, intanto, non esclude affatto (ed al contrario implica) che le somme stanziate siano trasferite alle Regioni (l'iscrizione nel bilancio statale é soltanto adempimento contabile presupposto per il loro riparto fra Regioni e Province autonome: cfr. l'art. 5, commi primo e terzo della legge n. 194 in tema di sostegno alla cooperazione agricola).

Ma soprattutto la normativa non vieta ed anzi, nel nuovo metodo in cui si inquadra, implica che la Regione, là dove ricorra, come nel caso, la sua competenza, impieghi le somme con quella libertà di criteri e di valutazioni che risulti, sotto ogni profilo, pienamente compatibile con la destinazione propria del finanziamento.

Analoghe ragioni valgono a far disattendere le censure dirette contro il comma quinto (cfr., per quel che concerne il riparto delle somme stanziate a fini di concorso nel pagamento degli interessi sui mutui di miglioramento fondiario, l'art. 4, in relazione all'art. 2 della suddetta legge n. 403 del 1977). La particolare disposizione della legge n. 887 del 1984, di cui la ricorrente, ritenendola prorogata dall'impugnato comma quinto dell'art. 12, legge n. 41 del 1986, sostanzialmente si duole - e cioè che sia il Ministero del tesoro, di concerto con quello dell'agricoltura, a determinare condizioni e modalità per l'attuazione dell'intervento - vale a dire il comma ottavo dell'art. 18 della suddetta legge n. 887, non é compresa nella proroga anzidetta, proroga che riguarda soltanto il comma settimo dello stesso art. 18, e che d'altra parte, lungi dal richiamare interamente la preesistente disciplina dell'intero istituto, reca modifiche anche per quanto concerne il prorogato comma settimo.

Quanto alla censura della Regione Lombardia concernente il comma ottavo, essa va disattesa perché gli interventi cui si riferisce il finanziamento rientrano, come esattamente ha osservato l'intervenuta Presidenza del Consiglio, fra gli interventi di interesse nazionale per la regolazione del mercato agricolo, riservata allo Stato dall'art. 71, comma primo, lett. b), del d.P.R. n. 616 del 1977. Proprio per interventi del genere é stata istituita (legge 13 maggio 1966, n. 303, art. 2 e segg.) e riordinata (legge 14 marzo 1982, n. 616, art. 3 e segg. in relazione all'art. 1 della legge) l'AIMA, alla cui azione é ricondotto, con la norma impugnata, il settore bieticolo-saccarifero, già considerato, peraltro, dalla legislazione precedente nella visuale degli interventi statali di regolazione del mercato agricolo (cfr. decreto-legge 12 agosto 1983, n. 371, convertito in legge 11 ottobre 1983, n. 546; legge 19 dicembre 1983, n. 700; legge 4 giugno 1984, n. 194; legge 8 agosto 1985, n. 430).

  1. - La Regione Toscana impugna, infine le norme contenute nell'art. 15 della legge n. 41 del 1986. Tali norme autorizzano una data spesa, da destinare alla realizzazione di iniziative volte alla valorizzazione di beni culturali, anche collegate al loro recupero attraverso l'utilizzazione delle tecnologie più avanzate, ed alla creazione di occupazione aggiuntiva di giovani disoccupati, e stabiliscono il procedimento relativo, considerato nelle sue varie fasi.

Con particolare riguardo al procedimento descritto per la erogazione della spesa (definizione, ad opera del Ministro per i beni culturali e ambientali, di intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di un programma concernente aree di intervento considerate prioritarie, quali il patrimonio archeologico, architettonico e urbanistico, librario, letterario e linguistico, storico e archivistico, arti figurative e arti minori; presentazione di progetti finalizzati all'attuazione del programma; istruzione dei medesimi da parte del Ministro dei beni culturali, sentito il parere del Consiglio nazionale dei beni culturali e d'intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, e trasmissione al CIPE del relativo elenco coordinato per la approvazione; deliberazione del CIPE con l'indicazione dei soggetti concessionari; esecuzione dei progetti sotto il diretto controllo di Istituti Centrali), la Regione Toscana deduce che la normativa non include nel procedimento stesso la Regione.

Ciò, secondo la ricorrente, implicherebbe - oltre alla violazione degli artt. 97 Cost. e 81 Cost., con riguardo all'art. 11, legge n. 468 del 1978, per l'uso improprio della legge finanziaria - la lesione di competenze assicurate alla Regione dalla normativa di trasferimento, in attuazione degli artt. 117 e 118 Cost.: in materia di beni culturali dall'art. 47, d.P.R. n. 616 del 1977 (ma già dall'art. 7, d.P.R. n. 3 del 1972) cui si aggiungono competenze delegate ex art. 9, stesso ultimo decreto; in materia urbanistica (alla quale appartiene quella del recupero ex lege n. 457 del 1978) dall'art. 80 stesso decreto d.P.R. n. 616 del 1977; in materia di formazione professionale dagli artt. 35 e 41, d.P.R. n. 616 del 1977 (cfr. il comma sesto dell'impugnato art. 15, là dove prescrive che sia il Ministro per i beni culturali e ambientali a determinare, con gli atti di concessione per l'attuazione dei progetti, i contenuti e le modalità delle attività "formative" destinate agli addetti all'uopo assunti).

Le questioni non sono fondate.

Quanto a quelle poste in relazione all'uso asseritamente improprio della legge finanziaria, valgano le considerazioni formulate in precedenza.

Quanto alle altre, va osservato che il finanziamento di cui si tratta (riservato nella misura del cinquanta per cento al Mezzogiorno) assiste, come si desume dal comma primo della norma impugnata, la realizzazione di iniziative volte: a) alla valorizzazione dei beni culturali; b) all'occupazione aggiuntiva dei giovani disoccupati: finalità, queste, collegate fra loro nell'organizzazione, disciplinata nei commi successivi quanto alle competenze e ai procedimenti, delle iniziative.

Ora l'art. 47 del d.P.R. n. 616 del 1977, nel definire le funzioni relative alla materia "musei e biblioteche di enti locali" trasferita alla Regione dall'art. 17 precedente, precisa che esse concernono i compiti attinenti alla gestione di musei, di raccolte d'interesse artistico, storico e bibliografico, di biblioteche, centri di lettura appartenenti alla Regione, ad enti non territoriali sottoposti alla sua vigilanza, o comunque d'interesse locale. E soggiunge che sono compresi tra le funzioni trasferite gli analoghi compiti attinenti alla gestione di biblioteche popolari e simili, nonché quelli già esercitati dal servizio nazionale di lettura: i cui beni e il cui personale sono trasferiti ai comuni. L'ambito della competenza regionale é così segnato dalla qualificazione di "interesse locale" dei beni culturali in essa compresi, e pertanto non coincide affatto con l'area propria della normativa concernente il finanziamento e la relativa disciplina procedimentale di attuazione oggi impugnata: area che evidentemente comprende i beni culturali di interesse non locale.

Per quel che concerne l'altro obbiettivo delle iniziative finanziate, e cioè la promozione dell'occupazione giovanile, non si ravvisa - e d'altronde non é indicato dalla stessa Regione ricorrente - alcun supporto normativo idoneo a fondare la competenza regionale.

Tali essendo e, come si é visto, rientranti nella competenza statale, le finalità essenziali del finanziamento, non é idonea a convincere di invasività la normativa impugnata la previsione marginale (comma primo) di uno strumentale ricorso ad "attività di recupero" solo eventualmente e peraltro indirettamente interessanti, fra i beni culturali, quelli compresi nel patrimonio edilizio ed urbanistico in condizioni di degrado (legge n. 457 del 1978) e quindi l'urbanistica, o quella, altrettanto marginale, di una predisposizione o di un controllo di attività formative destinate agli addetti assunti (per gli interventi) che abbiano un rilievo o un riflesso, peraltro solo indiretto, rispetto alla materia della formazione professionale.

In ogni caso, qualora l'avverarsi di quelle previsioni dia luogo a interferenze dovute a un collegamento obbiettivo indissolubile fra i rispettivi ambiti di competenza, all'inconveniente potrà e dovrà ovviarsi ricorrendo a soluzioni inspirate al principio di leale cooperazione.

Tanto meno deve ritenersi idonea a convincere di invasività la normativa impugnata la circostanza, allegata dalla ricorrente in memoria, che molti dei procedimenti avviati in dichiarata applicazione di essa riguardino beni culturali di interesse locale.

La circostanza sarebbe significante solo nella misura in cui nel singolo caso si realizzasse una ipotesi di interferenza dovuta a indissolubile collegamento fra un bene di interesse non locale e un bene di interesse locale. Ma una ipotesi del genere postulerebbe anche essa il ricorso a soluzioni inspirate al principio di leale cooperazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi di cui in epigrafe:

1) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 8, commi decimo e undicesimo, e 17, comma primo, lett. b) - recte lett. a) - della legge 22 dicembre 1984, n. 887 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato: legge finanziaria del 1985), nonché degli artt. 6, comma diciannovesimo, 10, commi diciassettesimo e diciottesimo, 12, comma quarto e 15 della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato: legge finanziaria del 1986), promosse dalla Regione Toscana - in riferimento agli artt. 97 e 81, comma terzo, Cost., in relazione all'art. 11, legge 5 agosto 1978, n. 468 - con ricorsi notificati il 25 gennaio 1985 (Reg. Ric. n. 11/1985) ed il 27 marzo 1986 (Reg. Ric. n. 9/1986);

2) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 8, commi decimo e undicesimo, della legge n. 887 del 1984, e 10, commi diciassettesimo e diciottesimo, della legge n. 41 del 1986, sollevate dalla Regione Toscana e dalla Regione Lombardia - in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost. - con ricorsi notificati il 25 gennaio 1985 (Reg. Ric. n. 11/1985), il 27 marzo 1986 (Reg. Ric. n. 9/1986), il 28 gennaio 1985 (Reg. Ric. n. 12/1985) ed il 29 marzo 1986 (Reg. Ric. n. 12/1986);

3) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale: dell'art. 17, commi primo, lett. a), secondo e terzo, lett. c), della legge n. 887 del 1984, promosse dalle Province autonome di Trento e di Bolzano - in riferimento agli artt. 3, comma terzo, 9, n. 10, e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige) - con ricorsi notificati il 26 gennaio 1985 (Reg.Ric. nn. 6 e 7/1985); dello stesso art. 17, comma primo, lett. b) - recte: lett. a) - promosse dalla Regione Toscana - in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost. - con ricorso notificato il 25 gennaio 1985 (Reg. Ric. n. 11/1985); nonché dello stesso art. 17, commi primo, lett. a), terzo - recte: secondo - quarto, lett. d) - recte: terzo, lett. d) promosse dalla Regione Lombardia - in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost. - con ricorso notificato il 28 gennaio 1985 (Reg. Ric. n. 12/1985);

4) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 18, comma terzo, della legge n. 887 del 1984, nelle parti in cui prevede ulteriori finanziamenti per gli interventi previsti dagli artt. 7, 9, 13 e 17 della legge 4 giugno 1984, n. 194, promosse dalla Regione Lombardia - in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost. - con ricorso notificato il 28 gennaio 1985 (Reg. Ric. n. 12/1985);

5) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma diciannovesimo, della legge n. 41 del 1986, promossa dalla Regione Toscana - in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost. - con ricorso notificato il 27 marzo 1986 (Reg. Ric. n. 9/1986);

6) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale: dell'art. 12, comma quarto, della legge n. 41 del 1986, promossa dalla Regione Toscana - in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost. - con ricorso notificato il 27 marzo 1986 (Reg. Ric. n. 9/1986); dello stesso art. 12, commi quarto, quinto e settimo, promosse dalla Regione Lombardia - in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost. - con ricorso notificato il 29 marzo 1986 (Reg. Ric. n. 12/1986);

7) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma ottavo, della legge n. 41 del 1986, promossa dalla Regione Lombardia - in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost. - con ricorso notificato il 29 marzo 1986 (Reg. Ric. n. 12/1986);

8) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, della legge n. 41 del 1986, promossa dalla Regione Toscana - in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost. - con ricorso notificato il 27 marzo 1986 (Reg. Ric. n. 9/1986).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 25 febbraio 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: CORASANITI

Depositata in Cancelleria il 2 marzo 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE