SENTENZA N. 148
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Ettore GALLO Presidente
Dott. Aldo CORASANITI Giudice
Prof. Giuseppe BORZELLINO “
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
Prof. Giuliano VASSALLI “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso della regione Toscana notificato il 22 ottobre 1990, depositato in cancelleria il 29 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministro dell'ambiente 26 luglio 1990 (Direttive e criteri generali per la redazione del piano del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano) ed iscritto al n. 35 del registro conflitti 1990;
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 12 febbraio 1991 il giudice relatore Antonio Baldassarre;
Uditi l'avvocato Alberto Predieri per la regione Toscana e l'avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei Ministri;
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la regione Toscana ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro dell'ambiente 26 luglio 1990, intitolato "Direttive e criteri generali per la redazione del piano del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano".
Secondo la ricorrente, il decreto impugnato, nell'adottare le direttive e i criteri generali per la redazione del piano del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano e nel bandire la gara per la concessione della predetta redazione, invaderebbe la sfera di competenza regionale, decidendo illegittimamente in una materia in cui il Ministro sarebbe privo di poteri. Ciò sarebbe dimostrato, tra l'altro, dal riferimento della scarna o, meglio, inesistente motivazione (che, di per sé, costituirebbe violazione degli artt. 97 e 113 della Costituzione) all'art. 5 della legge 8 luglio 1986, n. 349, il quale, come ha già affermato questa Corte (v. sentenza n. 346 del 1990), attribuisce soltanto il potere di proposta in relazione all'individuazione delle aree da destinare a parchi naturali di interesse nazionale.
In secondo luogo, sempre secondo la ricorrente, il decreto impugnato non avrebbe un idoneo fondamento legislativo nell'art. 18, lett. c), della legge 11 marzo 1988, n. 67, il quale, pur se è citato nella premessa dell'atto impugnato, non potrebbe riferirsi al Parco dell'Arcipelago toscano, dal momento che prevede l'istituzione dei parchi nominativamente indicati attraverso le procedure di cui al predetto art. 5 della legge n. 349 del 1986 ovvero l'istituzione di "altri parchi nazionali" d'intesa con le regioni interessate, intesa che nel caso non è stata raggiunta.
Del resto, continua la ricorrente, il decreto impugnato s'inserisce nella procedura prevista nel programma contenuto nella sezione III della delibera CIPE 5 agosto 1988. Ma, secondo la regione Toscana, tale procedura è stata impropriamente richiamata, poiché, per un verso, la sezione III si riferisce soltanto ai parchi ivi menzionati (tra i quali non rientra quello relativo all'Arcipelago toscano) e, per altro verso, la delibera CIPE o qualsiasi altro atto non legislativo non potrebbero attribuire poteri extra-legem a pena della loro illegittimità. Nel caso, comunque, la delibera CIPE non avrebbe attribuito poteri sostitutivi dell'intesa, ma tali poteri sarebbero stati assunti dal Ministro dell'ambiente senza alcuna base normativa, in contrasto con l'art. 5 della legge n. 349 del 1986 (che gli riconosce soltanto poteri di proposta) e con l'art. 83 del d.P.R. n. 616 del 1977 (che affida al Consiglio dei Ministri poteri di individuazione dell'area da proteggere e di direttiva nell'ambito della funzione di indirizzo e coordinamento).
In definitiva, i poteri esercitati con il decreto impugnato sarebbero tutti illegittimi, in quanto sottrarrebbero arbitrariamente alla competenza regionale la formazione del piano del parco. Sicché l'intero decreto, a giudizio della ricorrente, dovrebbe essere annullato e, in particolare, dovrebbe esser posto nel nulla l'art. 2, per il fatto che, tanto per la brevità del termine previsto, quanto per i suoi contenuti in ordine alla formazione del piano del parco (che eccederebbero dalle finalità di un parco, come definite dalla sentenza n. 1029 del 1988), sarebbe gravemente lesivo delle competenze regionali.
Pertanto, conclude la ricorrente, in considerazione del pregiudizio irrimediabile (anche in termini di sperpero del denaro pubblico) che deriverebbe dal bandire le offerte economiche per la formazione del piano del parco e dal dare in concessione la redazione del piano stesso, la regione Toscana chiede che l'efficacia del decreto impugnato sia sospesa previamente alla risoluzione del conflitto di attribuzione.
2. - Si è costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri per chiedere che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, infondato. Sotto il primo profilo, il resistente rileva che l'atto impugnato consegue al decreto 21 luglio 1989, recante la perimetrazione provvisoria e le misure di salvaguardia del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano, che non è stato impugnato dalla ricorrente. Per quanto riguarda il merito, il resistente osserva che il decreto impugnato non comporta l'istituzione del parco, ma si iscrive nella funzione statale di promozione della costituzione dei parchi nazionali, ai sensi dell'art. 5 della legge n. 349 del 1986 e dell'art. 18, lett. c), della legge n. 67 del 1988.
3. - In prossimità della discussione dell'istanza di sospensiva proposta dalla regione Toscana, avvenuta nella Camera di Consiglio del 12 dicembre 1990, la difesa del Presidente del Consiglio dei Ministri ha presentato una memoria, con la quale, oltre ad addurre argomenti contro la richiesta di sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato, replica alle considerazioni avanzate dalla ricorrente in ordine al merito del conflitto.
Secondo l'Avvocatura dello Stato, il decreto impugnato si basa sull'art. 18, lett. c) della legge n. 67 del 1988, il quale, in attesa della legge-quadro indicata dall'art. 83, secondo comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, stabilisce che il Ministro dell'ambiente provvede, sulla base delle procedure di cui all'art. 5 della legge n. 349 del 1986, all'istituzione di alcuni parchi nominativamente indicati, nonché, "d'intesa con le regioni interessate, di altri parchi nazionali o interregionali". Più precisamente, l'atto impugnato s'inserirebbe nell'ambito del potere ministeriale di proposta e di promozione, regolato dal predetto art. 5, e costituirebbe la diretta attuazione della delibera CIPE 5 agosto 1988 che, alla sezione III, prevede un programma di interventi urgenti per la salvaguardia ambientale.
Dal punto di vista organizzativo, l'esecuzione di tale programma comporta la formazione di apposite Commissioni paritetiche di rappresentanti statali e della regione interessata, investite di poteri referenti e di proposta nei confronti del Ministro dell'ambiente concernenti "fasi propedeutiche a quella dell'istituzione vera e propria", quali la definizione provvisoria dell'area da proteggere e degli obiettivi da perseguire, l'individuazione delle misure provvisorie di salvaguardia e la determinazione dei criteri per la redazione del piano di sviluppo socio-economico dell'area protetta. Questa fase preparatoria, ricorda l'Avvocatura dello Stato, si è svolta con la piena collaborazione della regione, collaborazione che non può, certo, surrogare l'intesa richiesta per l'istituzione del parco, ma che si è già tradotta in un precedente decreto (non impugnato) di perimetrazione provvisoria e che si esprime ora in un atto non avente effetti dispositivi e costitutivi e, perciò, inidoneo a ledere le competenze regionali.
4. - Nella Camera di Consiglio del 12 dicembre 1990 è stata discussa l'istanza di sospensione dell'efficacia del decreto impugnato, che è stata respinta con ordinanza n. 12 del 1991.
5. - In prossimità dell'udienza pubblica la regione Toscana ha depositato una memoria, con la quale, oltre a ribadire le proprie posizioni e a prender atto che lo stesso resistente ritiene necessaria l'intesa con la regione in ordine all'istituzione del parco, contesta l'assunto che il decreto impugnato si riferisca soltanto a studi preparatori e a suggerimenti, dal momento che, a suo giudizio, tale atto determina l'intero contenuto del piano (previsioni, prescrizioni, norme, cartografie) attraverso direttive vincolanti e dettagliate e, pertanto, esercita una competenza che non spetta allo Stato e, per esso, al Ministro dell'ambiente. Si tratta, precisa la regione, del tipico contenuto di un piano urbanistico-territoriale e di un piano per un parco naturale immediatamente operativo, così come viene determinato là dove i parchi sono regolati da piani (ad esempio, Parco del Ticino o Parco della Maremma).
Né, continua la ricorrente, si può invocare a fondamento del decreto impugnato la delibera CIPE 5 agosto 1988, poiché quest'ultima si riferisce, nella sezione III, solo ai parchi indicati nella legge n. 67 del 1988 (art. 18, lett. c), tra i quali non è compreso quello in contestazione. Tanto che, mentre per questi ultimi non è prevista l'intesa (salvo che per il caso del Parco di Orosei), ma solo una commissione paritetica, per gli altri parchi, invece, è prescritta l'intesa, previa l'eventuale proposta del Ministro dell'ambiente (come ha confermato la successiva legge n. 305 del 1989): quest'ultimo, anzi, ha solo tale potere, e non già quello di redigere il piano o di dare direttive per la redazione dello stesso, che rientra nelle competenze regionali in materia di parchi. Con il decreto impugnato, insomma, il Ministro dell'ambiente, a giudizio della ricorrente, ha esercitato un potere di direttiva che non ha, per la formazione di un piano che non potrebbe mai redigere, un piano che presuppone che venga raggiunta l'intesa (che non è stata raggiunta) e che anche dopo l'intesa non dev'essere redatto dal Ministro stesso, per il fatto che lo Stato ha solo poteri a tutela dell'unitarietà di struttura e di disciplina dei parchi, oltreché quelli di programmazione generale della difesa ambientale. Pertanto, conclude la ricorrente, al Ministro dell'ambiente non spetta la funzione di redazione e di approvazione del piano, né quella di emanare direttive per la redazione stessa e di dare in concessione la predisposizione del testo del piano medesimo.
Se, dunque, non v'è contestazione sul fatto che il Parco dell'Arcipelago debba essere istituito previa intesa con la regione, tuttavia l'aver invertito l'iter procedurale - nel senso di emanare le direttive e di redigere il piano in un primo tempo e di richiedere poi, "a cose fatte", l'intesa sull'istituzione del parco - oltre a essere irrazionale, costituisce, secondo la ricorrente, invasione di competenze regionali, sia sotto il profilo dell'esercizio di un'attività che dev'essere iniziata solo dopo l'intesa, sia sotto il profilo dell'occupazione dell'area di funzioni amministrative in materia di parchi che l'art. 83 del d.P.R. n. 616 del 1977 assegna alle regioni.
L'intesa, infatti, è un accordo preliminare finalizzato alla predeterminazione del contenuto dell'atto da emanare, sicché, secondo la difesa della Regione, è contrario all'esigenza legislativa dell'intesa il predisporre l'integrale contenuto dell'atto e richiedere, poi, sullo stesso l'intesa con la regione interessata. E pur se la lesione delle competenze regionali deriva essenzialmente dall'aver impartito direttive per la redazione di un piano che dev'essere effettuata dalla regione, e non già da privati concessionari dello Stato, nondimeno, ove in via puramente ipotetica si dovesse supporre che si tratti di una competenza statale, quest'ultima, secondo la ricorrente, dovrebbe esser esercitata, d'intesa con la regione, successivamente all'istituzione del parco, in considerazione del coinvolgimento di numerose materie (urbanistica, agricoltura, artigianato, etc.) affidate alle attribuzioni regionali.
6. - Nel corso della discussione tenuta nella pubblica udienza, entrambe le parti hanno addotto elementi ulteriori, rilevanti per la decisione.
La regione Toscana, pur ribadendo che la delegificazione operata con la delibera CIPE 5 agosto 1988 vale soltanto per i parchi indicati nella sezione III della stessa delibera, ricorda che la commissione paritetica ivi prevista è stata convocata dal Ministro soltanto fino a che si è proceduto alla proposta di perimetrazione e di adozione delle misure di salvaguardia, mentre non è stata più convocata per gli adempimenti successivi (fissazione degli obiettivi del parco, definizione delle direttive e dei criteri generali per la redazione del piano) nonostante le sollecitazioni e le pressioni da parte della regione, la quale è stata totalmente ignorata in questa fase procedurale.
Secondo la difesa del Presidente del Consiglio dei Ministri, ferma restando l'esigenza dell'intesa riguardo all'istituzione del parco, l'atto impugnato si inserisce in una fase interna al potere ministeriale di proposta, di cui all'art. 5 della legge n. 349 del 1986, nel senso che concerne l'apertura di una gara per la redazione di un progetto di piano del parco rivolta a studi professionali. Pertanto, conclude l'Avvocatura dello Stato, in considerazione del fatto che si tratta di direttive inidonee a vincolare sia soggetti pubblici (come le regioni), sia soggetti privati (come i cittadini delle zone interessate), ma rivolte a vincolare soltanto i redattori del progetto del piano, non è richiesta un'apposita base legislativa - necessaria quando si sia in presenza di un'attività che interferisca nei rapporti fra Stato e regioni -, essendo sufficiente l'attribuzione del potere di proposta al Ministro dell'ambiente operata dall'art. 5 della legge n. 349 del 1986.
Considerato in diritto
1. - La regione Toscana ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Ministro dell'ambiente 26 luglio 1990 (Direttive e criteri generali per la redazione del piano del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano), per invasione delle competenze ad essa affidate in materia di parchi naturali dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, come attuati dall'art. 83 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Ad avviso della ricorrente, il decreto impugnato tenderebbe, innanzitutto, a sottrarre alle regioni le competenze in ordine alla formazione del piano del parco, anche in considerazione del rilievo che adotta direttive così dettagliate e puntuali da prefigurare in pratica l'intero contenuto del piano stesso. In secondo luogo, lo stesso decreto costituirebbe esercizio di un potere privo di qualsiasi base legislativa e non incardinabile neppure nella delibera CIPE 5 agosto 1988, sezione III, la quale si riferirebbe soltanto ai parchi nominativamente indicati dalla stessa, fra cui non rientra quello relativo all'Arcipelago toscano.
2. - Il decreto del Ministro dell'ambiente in relazione al quale è stato sollevato l'attuale conflitto di attribuzione contiene due distinti articoli. Il primo dispone che "sono adottate, come in allegato al presente decreto, le direttive e i criteri generali per la redazione del piano del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano previsti dal punto 4, sezione III, della delibera CIPE del 5 agosto 1988". Il secondo articolo stabilisce, poi, che dalla pubblicazione del decreto medesimo decorre il termine di trenta giorni per la presentazione al Ministero dell'ambiente "delle offerte tecnico-economiche di cui alla lettera A 2 della sezione III dell'appendice A della delibera CIPE del 5 agosto 1988", vale a dire "delle offerte tecnico-economiche relative alla attività per la redazione del piano del parco" da parte dei professionisti esterni all'amministrazione indicati nella lettera A della sezione III della citata delibera.
In altri termini, come correttamente osserva l'Avvocatura dello Stato, le direttive e i criteri generali di cui all'art. 1 del decreto impugnato non sono rivolti alle regioni, né hanno alcuna efficacia nei confronti dei cittadini residenti nelle zone interessate, ma sono esclusivamente indirizzati ai professionisti esterni all'amministrazione, abilitati, ai sensi della citata delibera CIPE (lettera A, sezione III), a presentare al Ministero dell'ambiente le offerte tecnico-economiche al fine di ottenere, a seguito di una gara pubblica, l'affidamento della redazione, in conformità alle anzidette direttive, dello schema del piano del parco. Il decreto impugnato è, dunque, un atto che inerisce a una fase strettamente propedeutica e strumentale rispetto a un potere di proposta del Ministro dell'ambiente, che è preordinato all'adozione, d'intesa con la regione interessata, del piano del parco.
Quest'ultimo potere si incardina in un complesso procedimento puntualmente determinato dalla ricordata delibera CIPE (sezione III), delibera che è stata adottata in attuazione dell'art. 18 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (legge finanziaria per l'anno 1988). Tale articolo, infatti, dopo aver previsto la "istituzione, con le procedure di cui all'art. 5 della legge 8 luglio 1986, n. 349, dei parchi nazionali del Pollino, delle Dolomiti Bellunesi, dei Monti Sibillini e, d'intesa con la regione Sardegna, del Parco marino del Golfo di Orosei, nonché, d'intesa con le regioni interessate, di altri parchi nazionali o interregionali", dispone, al terzo comma, che "il CIPE definisce, in sede di approvazione del programma (annuale), i criteri di priorità territoriale e settoriale per la definizione e la selezione dei progetti". Nell'ambito di questo programma, il CIPE, con la delibera prima ricordata (sezione III), ha stabilito una particolare procedura per l'istituzione dei parchi nazionali nominativamente indicati nel citato art. 18, prevedendo fra l'altro che il Ministro dell'ambiente - sulla base di una proposta unitaria della commissione paritetica ivi indicata o, in mancanza di detta proposta, a seguito di una propria autonoma iniziativa - "attua direttamente le procedure per l'intesa con le regioni interessate", aventi ad oggetto, inter alia, "le indagini, gli studi e le attività per la redazione del piano di promozione e sviluppo socio-economico dell'area protetta e delle zone finitime".
Definito così il quadro legislativo e amministrativo nel quale si colloca il potere di cui costituisce esercizio l'atto che ha dato origine all'attuale giudizio, al fine della risoluzione del conflitto di attribuzione in discussione occorre verificare: a) se le procedure per l'istituzione dei parchi nazionali previste dalla delibera CIPE (sezione III), nelle quali si incardina il potere ministeriale contestato, possano trovare applicazione all'ipotesi del Parco dell'Arcipelago toscano; b) se, ove il precedente quesito debba essere risolto in senso positivo, il potere di proposta del Ministro dell'ambiente in ordine all'adozione, d'intesa con la regione interessata, del piano del Parco dell'Arcipelago toscano sia conforme alla ripartizione delle competenze fra Stato e regioni in materia di parchi nazionali, come definita dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, nell'attuazione ad essi data dall'art. 83 del d.P.R. n. 616 del 1977.
3. - Sul primo dei punti ora indicati la regione Toscana asserisce che la procedura stabilita nel programma contenuto nella sezione III della delibera CIPE del 5 agosto 1988 non potrebbe aver applicazione al Parco dell'Arcipelago toscano, poiché tanto la delibera stessa all'inizio della sezione III, quanto l'art. 18, lett. c), della legge n. 67 del 1988, che di quella delibera costituisce il fondamento legislativo, ne circoscrivono il campo di applicazione ai soli Parchi nazionali del Pollino, delle Dolomiti Bellunesi, dei Monti Sibillini e, d'intesa con la regione Sardegna, del Parco marino del Golfo di Orosei.
L'interpretazione proposta dalla ricorrente non può essere condivisa. Sebbene, nella sua proposizione di apertura, la sezione III della delibera CIPE riferisca espressamente l'applicazione delle "procedure di cui alla presente sezione" soltanto ai parchi nazionali appena menzionati, sussistono, tuttavia, sicuri elementi che inducono a estendere le prescrizioni della predetta delibera a tutti quei parchi nazionali la cui istituzione, da effettuare secondo le procedure indicate nell'art. 5 della legge n. 349 del 1986, sia ritenuta di assoluta urgenza ai fini della tutela dei relativi valori naturalistici e sia, comunque, considerata tale da non poter essere rimandata all'avvenuta approvazione della legge-quadro sui parchi nazionali.
A tale interpretazione estensiva conduce, innanzitutto, la previsione normativa contenuta nell'art. 18, primo comma, lett. c), della legge n. 67 del 1988, per la quale il programma di istituzione dei parchi nazionali, emanato eccezionalmente in attesa dell'approvazione della legge-quadro, deve essere applicato, oltreché ai parchi nazionali nominati nello stesso art. 18, ad "altri parchi nazionali o interregionali". Inoltre, la stessa delibera CIPE, al punto 5.2 del "Programma annuale 1988" (n. 2), autorizza il Ministero dell'ambiente sia a istituire i parchi nominativamente indicati nel citato art. 18, sia - ed è quel che qui interessa - a "promuovere" l'istituzione, previa intesa con le regioni interessate, di "nuovi parchi nazionali o interregionali" ai sensi dell'art. 18, primo comma, lett. c), della legge n. 67 del 1988 e dell'art. 5 della legge n. 349 del 1986. Ciò significa che, quantomeno per le attività di promozione dell'istituzione, la sezione III della delibera CIPE - la quale costituisce la diretta attuazione del citato art. 18, lett. c), e, quindi, del richiamato art. 5 della legge n. 349 del 1986 - può essere applicata anche a parchi nazionali ulteriori rispetto a quelli espressamente nominati.
Del resto, a conferma di tale interpretazione va ricordato che l'art. 10 della legge 28 agosto 1989, n. 305, include tra i parchi per i quali si attuano le procedure di cui al citato art. 5 della legge n. 349 del 1986 (e per i quali dispone un finanziamento in via provvisoria e d'urgenza per il loro primo funzionamento) tanto quelli nominativamente indicati dall'anzidetto art. 18, lett. c), quanto altri parchi di nuova istituzione specificamente elencati, fra cui è espressamente ricompreso anche i Parco nazionale dell'Arcipelago toscano. Né va trascurato, da ultimo, che siffatta equiparazione tra i parchi nominati e quello oggetto del presente conflitto ai fini dell'applicazione della più volte citata delibera CIPE è stata pacificamente accettata sia dal Ministro dell'ambiente sia dalla regione Toscana per tutte le fasi relative alla attività propedeutiche all'istituzione del Parco dell'Arcipelago toscano anteriori a quella ora in contestazione, tanto che ambedue le parti hanno concordemente dato vita alla Commissione paritetica prevista dalla sezione III della delibera CIPE in ordine alla formulazione delle proposte sulla perimetrazione dell'area da proteggere, sulla determinazione delle misure provvisorie di salvaguardia e sull'indicazione, in via preliminare, degli obiettivi e dei valori naturalistici e ambientali da perseguire e da sviluppare.
4. - Nel decreto ministeriale che ha dato origine all'attuale conflitto di attribuzione v'è un'inequivoca affermazione di competenza statale in ordine al potere di proposta - o, quantomeno, alle attività preparatorie per l'esercizio di tale potere di proposta - avente ad oggetto la determinazione, d'intesa con la regione interessata, del piano del Parco dell'Arcipelago toscano. Per la definizione di tale conflitto occorre verificare, pertanto, se siffatta affermazione di competenza, indubbiamente basata sulla delibera CIPE (sezione III) sopra menzionata, sia conforme alla ripartizione delle funzioni fra Stato e regioni operata in materia di parchi nazionali dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, nell'attuale datane dall'art. 83 del d.P.R. n. 616 del 1977.
Come questa Corte ha affermato in numerose decisioni (v., da ultimo, sentenze n. 1029 e n. 1031 del 1988), pur se il ricordato art. 83 del d.P.R. n. 616 del 1977 rinvia a una futura legge-quadro sui parchi e sulle riserve naturali d'interesse nazionale per la generale ripartizione delle funzioni relative alla predetta materia, il grave, persistente e più volte deprecato ritardo nell'adozione di tale legge non può impedire - e, in passato, non ha impedito - a questa Corte di individuare, essenzialmente sulla base del citato art. 83, i punti-chiave della distribuzione fra Stato e regioni delle competenze in materia di "protezione della natura" e di definire, in particolare, tanto il nucleo minimo dei poteri spettanti allo Stato, quanto lo spazio incomprimibile che deve essere lasciato alle attribuzioni regionali.
Secondo il ricordato art. 83, mentre sono trasferite alle regioni le funzioni amministrative concernenti gli interventi per la protezione della natura, le riserve e i parchi naturali, anche d'importanza nazionale, resta riservata allo Stato una serie di poteri finalizzata all'assicurazione dell'unitarietà di struttura e di funzionamento dei parchi nazionali. "Con tale disciplina - come si è affermato nella sentenza n. 1029 del 1988 - si mostra chiaramente di voler attribuire allo Stato un ampio potere programmatorio, comprensivo tanto della posizione di direttive in ordine alla struttura e al funzionamento dei parchi, quanto della localizzazione e del dimensionamento dei parchi stessi nel territorio nazionale". Più in particolare, vanno riconosciuto allo Stato, nell'ambito della funzione governativa di indirizzo e coordinamento da esercitare su proposta del Ministro dell'ambiente (art. 5 della legge n. 349 del 1986), oltre al potere di individuare i nuovi territori da destinare a parchi o a riserve di rilevanza nazionale o interregionale (potere espressamente previsto dall'art. 83, quarto comma), l'istituzione degli stessi parchi o riserve (v. sentenze n. 223 del 1984, n. 1029 e n. 1031 del 1988), nonché la determinazione dei relativi confini (v. sentenze n. 344 del 1987, n. 1029 e n. 1031 del 1988) e degli elementi costitutivi del parco medesimo (v. sentenze n. 1029 e n. 1031 del 1988), fra i quali rientra anche la definizione dei valori naturalistici da tutelare e degli obiettivi da perseguire, la fissazione delle misure di salvaduardia e la perimetrazione provvisoria dell'area protetta (v. ancora sentenze n. 1029 e n. 1031 del 1988). Si tratta, in definitiva, di una serie di poteri che attengono alla struttura fondamentale del parco e ai principi basilari e ai criteri generali relativi al funzionamento del parco medesimo, nel cui ambito si inseriscono le funzioni attribuite alle regioni e agli organi di amministrazione dell'ente parco (formati da rappresentanti dello Stato e delle regioni), le quali concernono essenzialmente la gestione delle istituzioni preordinate alla tutela naturalistica e delle aree finitime.
In considerazione del fatto che il piano del parco costituisce un atto afferente al livello della gestione del parco stesso, va, dunque, escluso che la sua determinazione possa rientrare fra le competenze statali (v. sentenze n. 1029 e n. 1031 del 1988). Rispetto ad esso, lo Stato possiede soltanto poteri di direttiva, da esercitare nell'ambito della funzione governativa d'indirizzo e coordinamento, e non già poteri di codeterminazione nella forma di proposta ministeriale da sottoporre all'intesa delle regioni interessate.
5. - Tuttavia, come si è già accennato nella descrizione della disciplina posta dal programma contenuto nella delibera CIPE, è quest'ultima che conferisce al Ministro dell'ambiente un potere di proposta in ordine alla redazione del piano del parco (da sottoporre all'intesa con le regioni interessate) accompagnandolo con la posizione delle direttive e con i criteri generali di cui al decreto impugnato (v. sezione III, punti 4, 5 e 6). In considerazione di ciò, la richiesta della regione Toscana che questa Corte dichiari che non spetta allo Stato, e per essa al Ministro dell'ambiente, il potere di dettare direttive e criteri generali in ordine alla redazione del piano del Parco dell'Arcipelago toscano è inammissibile. L'attribuzione della relativa competenza è, infatti, contenuta nella delibera CIPE non impugnata dalla ricorrente, sicché l'eventuale accoglimento del ricorso non produrrebbe alcun effetto sull'illegittima assegnazione al Ministro dell'ambiente delle attività preordinate alla redazione del piano del Parco dell'Arcipelago toscano, esercitate con il decreto impugnato (v. sentenze n. 63 del 1965, n. 140 del 1970, n. 28 del 1979 e n. 337 del 1989).
Né le conclusioni potrebbero mutare ove si considerasse la contestazione, peraltro assorbita, avanzata in via subordinata dalla ricorrente, secondo la quale il decreto impugnato configurerebbe un esercizio contrario alla legge di un potere statale diretto a menomare competenze costituzionalmente assegnate alle regioni. Anche sotto tale profilo, sulla base delle considerazioni già svolte nel precedente punto 2, per le quali le direttive e i criteri generali contenuti nell'atto impugnato sono diretti non alla regione, ma unicamente ai professionisti interessati a partecipare alla presentazione delle offerte tecnico-economiche per la redazione del progetto del piano, non sarebbe possibile ravvisare alcuna violazione delle competenze regionali.
Il ricorso proposto dalla regione Toscana nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro dell'ambiente 26 luglio 1990 deve essere, dunque, dichiarato inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione proposto, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla regione Toscana nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro dell'ambiente 26 luglio 1990, intitolato "Direttive e criteri generali per la redazione del piano del Parco nazionale dell'Arcipelago toscano".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 1991.
Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA.
Depositata in cancelleria il 12 aprile 1991.