Ordinanza n. 29 del 1991

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ORDINANZA N.29

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giovanni CONSO                                  Presidente

Prof. Ettore GALLO                                       Giudice

Dott. Aldo CORASANITI                                 “

Prof. Giuseppe BORZELLINO                          “

Dott. Francesco GRECO                                    “

Prof. Gabriele PESCATORE                              “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                       “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                  “

Prof. Antonio BALDASSARRE                        “

Prof. Luigi MENGONI                                       “

Prof. Enzo CHELI                                              “

Dott. Renato GRANATA                                   “

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

 nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), promosso con ordinanza emessa il 26 aprile 1990 dalla Commissione tributaria di primo grado di Verbania sul ricorso proposto da Bombardieri Giambattista contro Ufficio II.DD. di Arona, iscritta al n. 599 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1990;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 12 dicembre 1990 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino;

Ritenuto che con ordinanza emessa il 26 aprile 1990 la Commissione tributaria di primo grado di Verbania ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), "nella parte in cui esclude l'applicabilità al procedimento davanti alla Commissioni tributarie degli artt. da 90 a 97 cod. proc. civ.", in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, Cost.;

che, pur non ignorando la giurisprudenza della Corte costituzionale che ha già dichiarato l'infondatezza di tale questione, il giudice a quo deduce due nuovi argomenti:

a) contrasto con l'art. 3, primo comma, Cost. sotto il profilo dell'iniquità e irrazionalità della normativa che esclude la condanna dell'Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese processuali, giacché viceversa "il contribuente-ricorrente, a meno che non abbia totalmente ragione, viene assoggettato, peraltro in modo ipocrita, al pagamento delle spese processuali sotto la mistificante denominazione di maggiori pene pecuniarie";

b) contrasto con l'art. 24, primo e secondo comma, Cost., poiché, in relazione alla mancata previsione della condanna alle spese dell'Amministrazione soccombente, il diritto del cittadino di agire in giudizio verrebbe garantito "in guisa monca", dovendosi ritenere la liquidazione delle spese come normale completamento dell'accoglimento della domanda, secondo quanto indicato dalla Corte costituzionale (sent. n. 303 del 1986);

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta inammissibilità o infondatezza della questione;

Considerato, quanto al profilo sub a), che la pena pecuniaria costituisce un'obbligazione civile, accessoria al debito di imposta, ispirata alla duplice finalità di reprimere gli illeciti tributari e prevenirne la commissione di altri, essendo così evidente - come rilevato dall'Avvocatura - che "impropriamente" dal giudice a quo ad essa viene attribuita la funzione e natura di rimborso delle spese processuali dell'Amministrazione;

che poi, quanto al rilievo sub b), non pertinente si rivela il richiamo alla sentenza n. 303 del 1986, giacché quanto ivi affermato esula dalla specificità del processo tributario;

che pertanto la questione va dichiarata manifestamente infondata anche sotto i dedotti profili, confermandosi l'orientamento già espresso (ordinanze n. 79 del 1990; n. 244 del 1989; n. 335 del 1987; n. 41 del 1984; sentenza n. 196 del 1982);

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale;

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Verbania con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 gennaio 1991.

 

Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA -  Antonio BALDASSARRE - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA.

 

Depositata in cancelleria il 24 gennaio 1991.