Sentenza n. 15 del 1991

 

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SENTENZA N.15

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

Prof. Giovanni CONSO                                              Presidente

Prof. Ettore GALLO                                                   Giudice

Dott. Aldo CORASANITI                                               “

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                        “

Dott. Francesco GRECO                                                  “

Prof. Gabriele PESCATORE                                            “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                     “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                                “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                      “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                        “

Avv. Mauro FERRI                                                          “

Prof. Luigi MENGONI                                                     “

Prof. Enzo CHELI                                                            “

Dott. Renato GRANATA                                                 “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), promosso con ordinanza emessa l'8 marzo 1990 dal Giudice conciliatore di Roma nel procedimento civile vertente tra Ministero delle poste e telecomunicazioni e Pignoloni Giovanni, iscritta al n. 443 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di costituzione di Pignoloni Giovanni, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 28 novembre 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Nel corso di un giudizi o di opposizione promosso dal Ministero delle poste e telecomunicazioni avverso un decreto ingiuntivo emesso in favore di un utente a titolo di indennizzo per "l'abnorme" ritardo nei tempi di recapito di, una lettera-espresso imbucata a Portici (Napoli) e recapitata a Roma dopo sette giorni, il Giudice conciliatore di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, approvato con d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, "nella parte in cui preclude l'azione giudiziaria contro l'amministrazione per i servizi postali, di bancoposta e delle telecomunicazioni se prima non sia stato presentato reclamo in via amministrativa e l'amministrazione non abbia provveduto nel termine di sei mesi".

Secondo il giudice remittente la condizione di proponibilità dell'azione giudiziaria prevista dalla norma denunciata é un privilegio ingiustificato dell'amministrazione postale contrastante col principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), coi diritto di difesa (art. 24) e con la garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della pubblica amministrazione (art. 113).

2.- Nel giudizio davanti alla Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

A giudizio dell'interveniente la condizione del previo reclamo in via amministrativa é giustificata dall'esigenza, comune all'utente ed all'amministrazione, di non ritardare gli indispensabili accertamenti di fatto e di consentire all'utente di conseguire una rifusione dell'eventuale danno in tempi brevi, attraverso un procedimento semplice e non dispendioso.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Giudice conciliatore di Roma impugna, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, l'art. 20 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (c.d. codice postale), nella parte in cui preclude l'azione giudiziaria contro l'amministrazione dei servizi postali di bancoposta e delle telecomunicazioni se prima non sia stato presentato reclamo in via amministrativa e l'amministrazione non abbia provveduto nel termine di sei mesi.

2. - La questione è fondata.

L'art. 20, secondo comma, del d.P.R. n. 156 del 1973 subordina l'azione di risarcimento dei danni contro l'amministrazione delle poste alla condizione del previo reclamo in via amministrativa a norma del comma precedente.

Poiché il reclamo deve essere presentato, a pena di decadenza, entro il termine perentorio stabilito per i singoli servizi (sei mesi dalla data di impostazione per le corrispondenze raccomandate e assicurate e per i pacchi: art. 91), si tratta di una condizione di proponibilità, la quale, se non adempiuta entro il detto termine, comporta la decadenza dell'azione giudiziaria.

Una cosi grave compressione del diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost. e, piu specificamente, della tutela giurisdizionale dei diritti contro gli atti della pubblica amministrazione, incondizionatamente garantita dall'art. 113, e sproporzionata rispetto all'esigenza di consentire all'amministrazione la possibilità di esaminare preventivamente le doglianze degli utenti al fine di accertarne l'eventuale fondatezza, evitando lunghe e dispendiose procedure giudiziarie, e assume il carattere di privilegio ingiustificato. Ne risulta violato anche l'art. 3 Cost. sotto il profilo del principio di eguaglianza delle parti del contratto, al quale deve conformarsi la disciplina del rapporto degli utenti con l'amministrazione postale in quanto rapporto di natura contrattuale fondamentalmente soggetto al regime del diritto privato (cfr. sentenze nn. 303 e 1104 del 1988).

3. L'adeguamento della norma impugnata ai principi costituzionali non può seguire il modello della sentenza n. 93 del 1979, alla stregua del quale la condizione di proponibilità dell'azione giudiziaria verrebbe trasformata in condizione di mera procedibilità. Tale soluzione (a parte le difficoltà di ordine tecnico perché, non essendo qui proponibile l'applicazione in via analogica dell'art. 443 cod. proc. civ., prospettata dalla sentenza n. 136 del 1985, Si dovrebbe riformulare la norma prevedendo anche il potere del giudice di rimettere in termini l'attore che non abbia presentato preventivo reclamo all'amministrazione, con contestuale sospensione del giudizio) sarebbe comunque insufficiente perché lascerebbe intatta la norma nella parte in cui obbliga l'utente ad attendere il decorso di sei mesi dalla proposizione del reclamo prima di potere adire l'autorità giudiziaria: termine eccessivamente lungo, tale da configurare per sé solo un contrasto con i parametri costituzionali richiamati dal giudice remittente.

Ma, anche se il termine fosse ridotto in una misura più ragionevole, L'introduzione nell'art. 20 del codice postale di una disciplina analoga a quella prevista dall'art. 443 cod. proc. civ. non troverebbe giustificazione nella ratio di favore per il cittadino, sulla quale tale disciplina si fonda in materia di controversie previdenziali. La definizione di queste controversie implica un complesso di accertamenti tecnici per i quali gli enti previdenziali dispongono di un'apposita organizzazione e di personale specializzato, onde appare opportuno, nell'interesse dello stesso assicurato, che la fase giudiziaria sia preceduta da un esame della controversia in sede amministrativa. Nelle controversie con l'amministrazione postale, invece, si tratta di accertare fatti di inadempimento (cioè disservizi) e la conseguente responsabilità per danni. Per questo tipo di accertamenti il giudice dispone di strumenti e conoscenze adeguati, mentre l'esperienza attesta la scarsa funzionalità, come mezzo di prevenzione delle liti, della condizione di accesso alla giurisdizione prescritta dalla norma impugnata.

Si impone pertanto l'accoglimento della questione secondo il diverso modello già adottato dalla sentenza n. 530 del 1989, rimettendo all'interessato la scelta tra l'esperimento preventivo del reclamo in via amministrativa (entro il termine indicato nel primo comma dell'art. 20), salvo il successivo ricorso all'autorità giudiziaria, oppure il ricorso immediato a quest'ultima.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 20 del d.P.R. 29 marzo 973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nella parte in cui non prevede l'esperibilità dell'azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo reclamo in via amministrativa.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 gennaio 1991.

 

Prof. Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE -  Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA

 

Depositata in cancelleria il 18 gennaio 1991.