Sentenza n. 339 del 1990

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SENTENZA N.339

 

ANNO 1990

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Francesco SAJA, Presidente

 

Prof. Giovanni CONSO

 

Prof. Ettore GALLO

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Renato DELL'ANDRO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Lazio riapprovata il 31 gennaio 1990 dal Consiglio regionale avente per oggetto: < Iniziative in favore del personale che opera in condizioni di disagio presso gli uffici regionali ubicati in località lontane dal centro abitato>, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 2 marzo 1990, depositato in cancelleria il 10 successivo ed iscritto al n. 17 del registro ricorsi 1990.

 

Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio;

 

udito nell'udienza pubblica del 22 maggio 1990 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

 

udito l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il ricorrente.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Con ricorso notificato il 2 marzo 1990 il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato la delibera legislativa della Regione Lazio, approvata il 16 luglio 1987 e riapprovata nell'identico testo, a seguito del rinvio governativo, a maggioranza assoluta il 31 gennaio 1990, concernente "iniziative in favore del personale che opera in condizioni di disagio presso uffici regionali ubicati in località lontane dal centro urbano".

 

In particolare la predetta delibera legislativa prevede la corresponsione di un rimborso forfettario per le spese di "trasferta" sostenute dal personale della Regione in servizio presso uffici (da individuarsi da parte della Giunta e dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale, ciascuno per la propria competenza) che siano ubicati in località distanti almeno dieci chilometri dal centro urbano e nelle quali non vi sia disponibilità di alloggi di tipo economico e popolare.

 

Come si evince dalla relazione illustrativa della proposta di legge, questa si indirizza in modo specifico ai dipendenti in servizio presso gli uffici della sede centrale di Via della Pisana, i quali, a differenza del rimanente personale regionale che presta servizio presso sedi ubicate "all'interno della città", sono costretti a sopportare una maggiore spesa di trasporto per raggiungere il luogo di lavoro.

 

Il ricorrente denuncia il contrasto della normativa impugnata - oltreché con gli arti. 5 e 81 della Costituzione (quest'ultimo per la previsione della copertura della spesa riferita all'esercizio finanziario 1987) - con i principi indicati negli arti. 1, 4 e 11, secondo comma, della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93 e quindi con l'art. 117 della Costituzione, ed inoltre con gli artt. 2 e 3 n. 1 della predetta legge quadro, implicitamente richiamati nell'ultima parte dell'atto di rinvio governativo.

 

Ad avviso dei ricorrente la supposta finalità perequativa, che la normativa impugnata intenderebbe perseguire, sarebbe incompatibile con i richiamati principi vincolanti in materia - che non consentono elargizioni aggiuntive al personale dipendente - e non può trovare giustificazione alcuna nella omologa previsione di favore per il personale dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, contenuta nell'art. 35 della legge 22 dicembre 1981, n. 797, che é precedente all'entrata in vigore della legge quadro sopra richiamata.

 

2.- Si é costituita tardivamente in giudizio la Regione Lazio per resistere al ricorso, di cui ha chiesto la reiezione.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato la legge della Regione Lazio, riapprovata, a seguito di rinvio governativo, in data 31 gennaio 1990, con la quale è stato disposto che al personale, in servizio continuativo presso gli uffici regionali ubicati in località lontane almeno dieci chilometri dal centro urbano e dove non vi sia disponibilità di alloggi di tipo economico e popolare, competa un rimborso forfettario giornaliero delle spese sostenute nella misura prevista dall'art. 8 della legge 26 luglio 1978, n. 417.

 

Si sostiene nel ricorso che la normativa impugnata, oltre che con gli artt. 5 e 81 della Costituzione, contrasti anche con i principi indicati dagli artt. I, 4 e 11, secondo comma, della legge quadro sul pubblico impiego 20 marzo 1983, n. 93 e quindi con l'art. 117 della Costituzione, nonchè con l'art. 2 e con l'art. 3, n. 1 della stessa legge quadro.

 

2. -La questione sollevata in riferimento agli artt. 4 e 11, secondo comma, della legge quadro sul pubblico impiego, norme interposte rispetto all'art. 117 della Costituzione, anch'esso invocato dal ricorrente, è fondata.

 

Come questa Corte ha costantemente affermato (v. da ultimo sent. n. 240 del 1990) le indicate norme della legge quadro sul pubblico impiego stabiliscono il principio - che le regioni sono tenute ad osservare in sede di legislazione concorrente-della omogeneizzazione e della esaustività dei trattamenti economici del personale dipendente regionale in relazione agli accordi sindacali collettivi, dal che deriva l'illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 117 della Costituzione, di ogni tipo di trattamento economico aggiuntivo disposto per gli impiegati pubblici che non trovi in detti accordi collettivi un preciso punto di riferimento.

 

Questa Corte non ha mancato invero di precisare (v. sentenze nn. 38 del 1989, 217 del 1987, 72 del 1985, 290 e 219 del 1984) che gli accordi conclusi secondo la legge-quadro determinano a carico delle regioni un < vincolo direttivo di massima> consistente nell'obbligatorio rispetto della disciplina pattizia, salvi, ove occorra, i necessari adeguamenti alle peculiarità dell'ordinamento degli uffici regionali. Non ogni ipotesi di difformità di contenuto tra le relative discipline si traduce, quindi, di per sè nella violazione del principio fondamentale della legislazione e quindi dell'art. 117 della Costituzione, ma, come è stato chiarito nella sentenza n. 38 del 1989, tale contrasto deve ravvisarsi quando < si tratti di modifiche ed integrazioni che esulano dall'ambito del necessario adeguamento del contenuto dell'accordo ad esigenze peculiari della regione interessata>.

 

Nella specie non può revocarsi in dubbio che da nessuna clausola degli accordi è possibile desumere il principio della autonoma retribuibilità del < disagio> conseguente alla ubicazione degli uffici ove si presta servizio.

 

La legge regionale impugnata, nel disporre un tale tipo di compenso, ha introdotto perciò una voce nuova rispetto al regime pattizio delle retribuzioni, che non trova in esso alcun punto di riferimento, e quindi il contenuto della legge impugnata è completamente al di fuori di quelle ipotesi di < adeguamento> ad esigenze peculiari della regione, dovendosi considerare che tale punto di riferimento dovrebbe sussistere negli accordi non solo tipologicamente ma anche per rendere possibile l'individuazione dei criteri in base ai quali le regioni, nello statuire un determinato tipo di compenso, possano fissarne in modo non arbitrario la ricorrenza dei presupposti.

 

In proposito la relazione che accompagna il disegno di legge regionale fa riferimento ad un analogo compenso, previsto dall'art. 35 della legge dello Stato 22 dicembre 1981, n. 797, per il personale delle poste e delle telecomunicazioni che presta servizio in < uffici ubicati in località lontane dal centro urbano>. Il richiamo è del tutto inconferente perchè si tratta di un compenso stabilito in una legge anteriore alla legge-quadro e quindi agli accordi collettivi vigenti, i quali - nonostante la preesistenza di tale previsione derogatoria di un < particolare> (come è espressamente definito nel citato art. 35 della legge n. 797 del 1981) trattamento, concesso ad una determinata categoria di personale statale, in relazione alla ubicazione degli uffici - non contengono alcun elemento dal quale possa desumersi che quella deroga assurga a generale criterio retributivo dei dipendenti pubblici. Ciò conferma il carattere innovativo della legge regionale impugnata e quindi il suo contrasto con l'art. 117 della Costituzione, per violazione delle invocate norme interposte della legge-quadro sul pubblico impiego.

 

3. -L'accoglimento del ricorso sotto tale assorbente profilo esonera dall'esame delle censure riferite ad altri parametri costituzionali.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Lazio approvata il 16 luglio 1987 e riapprovata il 31 gennaio 1990, recante < Iniziative in favore del personale che opera in condizioni di disagio presso uffici regionali ubicati in località lontane dal centro abitato>.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/07/90.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

 

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE

 

Depositata in cancelleria il 20/07/90.