SENTENZA N.240
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Puglia riapprovata l'8 novembre 1989, avente per oggetto: < Norme di interpretazione autentica dell'art. 37 della legge regionale 9 maggio 1984, n. 26 recante Norme per la disciplina del trattamento giuridico ed economico del personale regionale per il triennio 1982-84 (accordo nazionale del 29 aprile 1983)>, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 28 novembre 1989, depositato in cancelleria il 6 dicembre 1989 ed iscritto al n. 102 del registro ricorsi 1989.
Udito nell'udienza pubblica del 6 marzo 1990 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;
udito l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta, per il ricorrente.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso notificato il 28 novembre 1989 e depositato il 6 dicembre 1989, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 117 della Costituzione ed agli artt. 4 e 11, secondo comma, della legge 29 marzo 1983, n. 93, della legge della Regione Puglia riapprovata 118 novembre 1989, recante Norme di interpretazione autentica dell'art. 37 della legge regionale 9 maggio 1984 n. 26 (Norme per la disciplina del trattamento giuridico ed economico dei personale regionale per il triennio 1982-84: accordo nazionale del 29 aprile 1983).
Deduce il ricorrente che la Regione Puglia, dopo aver provveduto, con la suindicata legge regionale n. 26 del 1994, a dettare la disciplina del trattamento giuridico ed economico del personale dipendente in conformità dell'accordo nazionale dei 29 aprile 1983, recependo, tra l'altro, i criteri per il riequilibrio tra anzianità economica ed anzianità giuridica, ha approvato una nonna di interpretazione autentica dell'art. 37 della citata legge regionale n. 26 del 1984.
L'unico articolo della legge interpretativa dispone, al primo comma, che il valore "in mesi" delle classi e degli scatti - da assumere nel computo degli anni di effettivo servizio maturati, per gli effetti del riequilibrio d'anzianità - sia rappresentato dal rapporto ottenuto suddividendo per i dodici mesi dell'anno gli importi risultanti dal reticolo della progressione economica realizzata, al 31 dicembre 1982, in base all'accordo 1979-81.
A sua volta il secondo comma prevede che "i mesi di effettivo servizio nel livello di appartenenza al 31 dicembre 1982 sono valutati fino a centonovantadue in termini di classi e per i rimanenti in termini di scatti; sono pure cosi valutati i mesi di effettivo servizio resi in ciascuno dei rimanenti sette livelli della legge regionale 2 marzo 1981 n. 22".
Il Governo, con provvedimento di rinvio dei 28 giugno 1989, sulla premessa che l'art. 17 del decreto-legge 2 marzo 1989 n. 65, convertito nella legge 26 aprile 1989, n. 155, già avesse stabilito doversi determinare il valore mensile delle classi e scatti di stipendio maturati dividendo il valore della classe o scatto per il coefficiente 24 (pari al numero dei mesi necessari alla loro attribuzione), aveva segnalato il contrasto del primo comma dell'articolo della legge approvata con gli artt. 4 e 11, secondo comma, della legge-quadro sul pubblico impiego n. 93 del 1983, relativi al principio di omogeneizzazione, da osservarsi nella disciplina legislativa e negoziale del rapporto, ed al divieto di concessione di trattamenti integrativi comunque comportanti oneri aggiuntivi per le pubbliche finanze. Analogo contrasto il Governo aveva denunciato con riguardo alla seconda delle disposizioni approvate, dovendo il riequilibrio d'anzianità operarsi in relazione alla progressione economica complessivamente, e non separatamente, maturata attraverso i vari livelli.
Il Consiglio regionale, nella seduta dell'8 novembre 1989, aveva riapprovato nell'identico testo la legge in parola, di ciò dando comunicazione al Commissario del Governo in data 13 novembre 1989.
Osserva il ricorrente che. nell'ambito delle misure di contenimento del disavanzo, il decreto-legge n. 65 del 1989, recante disposizioni in materia di finanza pubblica, ha dettato, all'art. 17, un criterio cogente agli effetti dell'applicazione della disciplina in tema di riequilibrio dell'anzianità giuridica ed economica, delineata dagli accordi del 1983 riguardanti il personale degli enti locali e delle regioni a statuto ordinario. Ad evidenti fini di uniformità d'indirizzo é stato così disposto che, nel procedere alla ricostruzione del maturato economico dei dipendenti pubblici considerati nei Precitati accordi, la riduzione in mesi dell'anzianità di servizio espressa in termini di classi o scatti (secondo quanto previsto negli accordi stessi) avvenga tenendo conto del tempo occorrente alla maturazione del diritto al trattamento corrispondente alle classi o scatti successivi e, quindi, dividendo per 24 (pari al numero dei mesi necessari per maturarli) il valore di ogni classe o scatto.
Rileva ancora il ricorrente che un'applicazione degli accordi (specificamente richiamati, sul punto, della citata norma) secondo criterio diverso e più favorevole ai dipendenti rispetto a quello come sopra definito si risolverebbe, oltre che in sperequazione tra i dipendenti delle diverse Regioni, in evidente accrescimento dell'onere finanziario, così ponendosi in contrasto col principio di cui al secondo comma dell'art. 11 della legge-quadro n. 93 del 1983, che fa divieto agli enti pubblici di concedere trattamenti non previsti e comunque comportanti oneri aggiuntivi. Ed a tale risultato perviene, appunto, la denunciata norma regionale, per effetto della quale la quota di salario "compiutamente e definitivamente" spettante ad ogni dipendente in ragione dell'anzianità maturata al 31 dicembre 1982 (giusta il punto 11 dell'accordo del 29 aprile 1983) risulterebbe fissata, a parità di ogni altra condizione, in ammontare superiore a quello determinabile secondo le clausole concordate, il cui contenuto precettivo é stato esplicitato col decreto-legge n. 65 del 1989 alla stregua dell'unico criterio razionalmente ipotizzabile (quando si abbia riguardo al principio generale della progressione economica per scatti biennali d'anzianità e, in particolare, a quanto previsto dall'omologa nonna dell'accordo per i dipendenti degli enti locali, recepita all'art. 41, lett. B, del d.P.R. 25 giugno 1983, n. 357, ove é esplicita la riduzione a "ventiquattresimi" dell'anzianità maturata).
Ad identiche censure di illegittimità, in relazione agli artt. 117 della Costituzione, 4 e 11, secondo comma, della legge n. 93 dei 1983, si espone poi - ad avviso del ricorrente - l'altra disposizione della legge impugnata che, dopo aver stabilito il criterio per la ricostruzione - in termini di "classi" e, residualmente, di "scatti" - dei mesi d'effettivo servizio prestati nel livello di appartenenza dei dipendenti al 31 dicembre 1982 (in particolare prevedendo la riferibilità a classi di stipendio per non più di centonovantadue mesi del servizio prestato), dispone che allo stesso modo debbano essere valutati i mesi di servizio prestato in ciascuno dei rimanenti sette livelli di cui alla legge regionale 2 marzo 1981, n. 22.
Come segnalato nel provvedimento di rinvio, il criterio alla cui stregua la Regione si propone di dare applicazione al riequilibrio di anzianità previsto dal più volte ripetuto accordo del 29 aprile 1983 si risolve a motivo della distinta valutazione delle anzianità maturate in ciascuno dei livelli via via occupati - in più vantaggiosa ricostruzione delle anzianità pregresse, da effettuarsi invece, ai sensi dei primo comma del punto Il dell'accordo, con riferimento alla progressione economica raggiunta alla data del 31 dicembre 1982 e, perciò, risultante dall'anzianità complessivamente maturata da ciascun dipendente nella qualifica in atto rivestita e nei livelli inferiori.
2.- Non si é costituita la Regione Puglia.
Considerato in diritto
1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale-in riferimento all'art. 117 della Costituzione e agli artt. 4 e 11, secondo comma, della legge-quadro 29 marzo 1983, n. 93-dell'articolo unico della legge della Regione Puglia, nuovamente approvata, malgrado rinvio, 1,8 novembre 1989, recante Norme di interpretazione autentica dell'art. 37 della legge regionale 9 maggio 1984, n. 26 (Disciplina del trattamento giuridico ed economico del personale regionale per il triennio 1982-84 in attuazione dell'accordo nazionale del 29 aprile 1983).
Il ricorrente muove dalle seguenti premesse: la legge regionale n. 26 del 1981 adeguandosi all'accordo nazionale del 29 aprile 1983, aveva, da un lato (art. 35), previsto, in ordine alla progressione economica del personale, < qualifiche funzionali> in luogo dei preesistenti < livelli funzionali> (indicando in apposita tabella le corrispondenze tra gli uni e le altre, e fissando le retribuzioni annue per ogni qualifica), e dall'altro (art. 37) aveva disposto il riequilibrio fra anzianità giuridica e anzianità economica del personale inquadrato nelle nuove qualifiche < sul reticolo derivante dalla progressione economica orizzontale realizzata con la legge regionale n. 22 del 2 marzo 1981 e con riferimento alla data del 31 dicembre 1982> (si arrecano alla retribuzione iniziale prevista per la qualifica corrispondente al vecchio livello aumenti pari al valore delle classi o scatti maturati nel vecchio livello al 31 dicembre 1982); ai fini del riequilibrio suindicato, la stessa legge regionale n. 26 del 1984 ha dettato due criteri: a) valutazione per intero (analogamente a quanto disposto dal d.P.R. 25 giugno 1983, n. 347, anche esso di attuazione, per i dipendenti degli enti locali, dell'accordo nazionale 29 aprile 1983), in termini di classi e/o scatti, in mesi, degli anni di effettivo servizio maturati nella qualifica nella quale il dipendente trovasi inquadrato al momento dell'operazione di riequilibrio, computando anche il servizio svolto presso altri enti; b) valutazione, in mesi, degli anni di effettivo servizio, maturati nei livelli inferiori, pure valutati per intero sul valore delle classi e/o degli scatti attribuiti ai livelli inferiori di riferimento, computando sempre anche il servizio svolto presso altri enti; il decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65, convertito in legge 26 aprile 1989, n. 155 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), nell'ambito delle misure di contenimento del disavanzo e anche a fini di uniformità di indirizzo, all'art. 17, ha esplicitato il contenuto precettivo in parte qua dell'accordo nazionale 29 aprile 1983, come riprodotto dall'art. 37 della legge regionale n. 26 del 1984 (e dall'art. 41, d.P.R. n. 347 del 1983), disponendo che, ai fini del calcolo per il riequilibrio, il valore delle classi e/o degli scatti, ridotto in mesi, si ottenga dividendo il valore stesso per il coefficiente 24, che rappresenta il numero di mesi necessario per la maturazione del diritto alla loro attribuzione (cfr., per le classi e gli scatti biennali da attribuire ai dipendenti della Regione Puglia, la legge regionale n. 22 del 1981).
Ciò posto, il ricorrente sostiene:
a) che il primo comma dell'articolo unico impugnato-in quanto dispone che < il valore in mesi delle classi e degli scatti di ciascuno degli otto livelli della legge regionale> n. 22 del 1981, < previsto dal secondo comma dell'art. 37 della legge regionale n. 26 del 1984>, si ottiene dividendo il valore delle classi e/o degli scatti per 12 - determina, con interpretazione irragionevole, un aumento del valore delle classi e/o degli scatti nel riequilibrio economico e così si pone in contrasto con i principi di omogeneizzazione e di esaustività dei compensi per i dipendenti regionali, principi enunciati dalla legge quadro n. 93 del 1983 e fatti propri dal decreto-legge n. 65 del 1989 come sopra convertito;
b) che il secondo comma dell'articolo unico impugnato si espone a identiche censure in quanto stabilisce che la valutazione in mesi degli anni di servizio maturati nei livelli inferiori (a quello di appartenenza al momento del riequilibrio), anni da valutare pure per intero, debba essere operata distintamente, (con conseguente ricostruzione delle anzianità pregresse e più vantaggiosa anzichè, come prescritto dalla prima parte dell'art. 37 della legge regionale n. 26 del 1984, che fa riferimento (in conformità della prima parte dell'art. 11 dell'accordo nazionale del 1983), alla data del 31 dicembre 1982, mediante l'individuazione della < risultante dalla anzianità complessivamente maturata da ciascun dipendente nella qualifica in atto rivestita e nei livelli inferiori>.
2. - Le censure rivolte contro il primo comma dell'articolo unico della deliberazione impugnata sono fondate.
Dalla legge-quadro n. 93 del 1983, in quanto prescrive l'omogeneizzazione e la esaustività dei trattamenti economici del personale dipendente regionale in relazione agli accordi sindacali collettivi (artt. 4 e 11) - tenuto conto della legge della Regione Puglia n. 26 del 1984, che ha recepito l'accordo nazionale 29 aprile 1983 relativamente alla previsione del riequilibrio fra anzianità economica e anzianità giuridica, e del decreto-legge n. 65 del 1989 come sopra convertito, che, anche in funzione di contenimento della spesa pubblica, ha esplicitato ed applicato ragionevolmente quanto previsto al riguardo dalla legge regionale n. 26 del 1984 ora richiamata-si trae una norma interposta rispetto all'art. 117 della Costituzione, norma idonea a precisare il contenuto delle competenze regionali in tema di trattamento economico del personale.
Alla detta norma interposta, e quindi all'art. 117 della Costituzione, non si attiene la deliberazione impugnata là dove dispone che il riequilibrio economico sia operato con il determinarsi il valore tradotto in mesi delle classi, e/o degli scatti - per la cui maturazione è necessario il decorso del biennio -nel dodicesimo anzichè nel ventiquattresimo del valore delle classi e/o degli scatti. In tal modo, infatti, la norma impugnata, lungi dall'interpretare autenticamente in modo ragionevole, ha innovato la vigente disciplina regionale, con l'effetto di alterare - senza alcuna giustificazione riferibile a esigenze peculiari della Regione o altrimenti plausibile sul piano costituzionale - la valutazione dell'anzianità pregressa.
In accoglimento delle censure che si riconoscono fondate, va dunque dichiarata l'illegittimità costituzionale del primo comma dell'articolo unico della deliberazione regionale impugnata.
3.-Non sono fondate, invece, nei sensi della motivazione che segue, le censure rivolte contro il secondo comma del detto articolo unico.
Tale secondo comma, dopo avere formulato la precisazione che i mesi di effettivo servizio nel livello di appartenenza sono valutati fino a centonovantadue in termini di classi e per i rimanenti in termini di scatti (precisazione ovvia se si considera: che le classi, nel sistema della legge regionale n. 22 del 1981, sono otto; che per la maturazione di ciascuna di esse occorre il decorso di due anni; che gli scatti sono attribuiti quando siano esaurite le classi), la disposizione aggiunge che < sono pure così valutati i mesi di effettivo servizio prestati in ciascuno dei rimanenti sette livelli della legge regionale n. 22 del 1981>.
Orbene tale disposizione aggiuntiva non opera (come pretende il ricorrente che ad essa per questo limita l'impugnazione) nel senso di escludere una rivalutazione unitaria e complessiva dell'anzianità pregressa, ma si limita a estendere alla valutazione dell'anzianità maturata nei livelli precedenti - la quale deve tener conto di tutti i mesi di effettivo servizio e dei valori di riferimento della retribuzione relativa ai singoli livelli - il criterio di computo dei mesi di servizio adottato per la valutazione dell'anzianità nel livello di appartenenza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale del comma primo dell'articolo unico della legge della Regione Puglia nuovamente approvata 1,8 novembre 1989, recante < Norme di interpretazione autentica dell'art. 37 della legge regionale 9 maggio 1984, n. 26>; dichiara non fondata nei sensi di cui in motivazione la questione di illegittimità, in riferimento all'art. 117 della Costituzione, del comma secondo dello stesso articolo unico, sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/05/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Giovanni CONSO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 15/05/90.