Sentenza n. 295 del 1990

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SENTENZA N.295

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata riapprovata il 13 febbraio 1990 dal Consiglio regionale, avente per oggetto:

udito l'Avvocato dello Stato Mario Cevaro per il ricorrente.

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso notificato il 3 marzo 1990, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata riapprovata il 13 febbraio 1990 (recante "Norma transitoria per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale"), in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Premette l'Avvocatura dello Stato che la Regione Basilicata aveva approvato, in data 21 novembre 1989, una legge con la quale si disponeva (art. 1) che "al fine di consentire il completamente della I fase relativa alla ristrutturazione degli uffici regionali, di cui alla L.R. n. 9/86, per la copertura dei posti della II qualifica dirigenziale, vacanti o che si renderanno vacanti entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, é consentita l'ammissione ai concorsi pubblici ed ai corsi-concorso pubblici, fermo restando il possesso dei requisiti di studio e di professionalità, ai dipendenti regionali della I qualifica dirigenziale con un'anzianità di servizio di almeno 5 anni neÙ81 qualifica funzionale.

La legge veniva rinviata dal Governo a nuovo esame del Consiglio regionale con telegramma del 22 dicembre 1989, in cui si osservava che la disposizione dinanzi citata, là dove richiedeva per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale un'anzianità di servizio di cinque anni nell'ottava qualifica funzionale anzichè nella prima qualifica dirigenziale come disposto dall'accordo nazionale di categoria, violava da un lato il principio di buona amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione, e dall'altro il principio di eguaglianza di cui all'art. 3, in quanto introduceva una disciplina di maggior favore rispetto a quella dei dipendenti delle altre regioni.

Il Consiglio regionale, tuttavia, riapprovava il 13 febbraio 1990 la legge rinviata con la sola modifica dell'elevazione da cinque a sette anni dell'anzianità richiesta nell'ottava qualifica funzionale.

Tutto ciò premesso, il ricorrente rileva che la modifica apportata non elimina le ragioni di illegittimità della normativa in esame, in quanto si continua ad avere riguardo all'anzianità maturata nell'ottava qualifica funzionale anzichè nella prima qualifica dirigenziale. Tale criterio contrasta con il principio di non arbitrarietà della disciplina rispetto al fine che si intende perseguire (art. 97 della Costituzione: sent. n. 10 del 1980), in quanto non appare congruo utilizzare, per l'attribuzione di funzioni dirigenziali di secondo grado, un'esperienza maturata nell'esercizio di funzioni ontologicamente diverse e sotto ordinate. Del resto, tutte le norme statali e regionali che hanno disciplinato la nomina dei dirigenti superiori hanno sempre fatto riferimento all'anzianità maturata nella qualifica di primo dirigente: cfr., per lo Stato, art. 24, nn. 1 e 2, del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, e, per le regioni, l'accordo del 29 aprile 1983 (art. 17). Anche la stessa legge della Regione Basilicata n. 9 del 1986 si attiene al medesimo criterio (art. 27, sesto comma).

Nè vale ad eliminare l'illegittimità della norma impugnata il fatto che essa abbia natura transitoria, dato che l'inidoneità della funzione inferiore a qualificare l'impiegato per il conferimento di funzioni superiori e diverse attiene alla sostanza delle cose, non alla dimensione temporale della disciplina.

Infine, conclude il ricorrente, l'irragionevolezza della norma in esame rileva anche sotto il profilo del principio di eguaglianza, non trovando alcuna giustificazione un diverso trattamento dei primi dirigenti della Regione Basilicata rispetto a quelli di tutte le altre regioni, che si sono adeguate al citato accordo sindacale del 29 aprile 1983.

Considerato in diritto

 

1. -Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna la legge della Regione Basilicata riapprovata il 13 febbraio 1990 e intitolata .

Ad avviso del ricorrente, detta norma viola gli artt. 97 e 3 della Costituzione, in quanto il criterio di selezione da essa adottato, consistente nel far riferimento all'esperienza maturata nell'esercizio di funzioni ontologicamente diverse rispetto a quelle-di dirigente superiore-cui si aspira, sarebbe irragionevole e determinerebbe anche una diversità di trattamento dei primi dirigenti della Regione Basilicata rispetto a quelli delle altre regioni, le quali si sono uniformate al principio - costantemente utilizzato anche nella legislazione statale in tema di nomina dei dirigenti superiori-di richiedere un'anzianità maturata nella qualifica di primo dirigente.

2. - Sotto il primo dei profili di censura prospettati la questione è fondata.

Non vi è dubbio, infatti, che nel caso in esame sussista il carattere della arbitrarietà o manifesta irragionevolezza della legge impugnata, che questa Corte ha costantemente ritenuto necessario per poter giungere ad una dichiarazione di incostituzionalità di una norma per violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione; cfr., da ultimo, sentenze nn. 21 e 56 del 1989, 187 del 1990).

Il criterio di richiedere, quale condizione per l'ammissione dei dipendenti appartenenti alla prima qualifica dirigenziale ai concorsi e ai corsi-concorso pubblici per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale, il possesso di un certo numero di anni di anzianità di servizio nell'ottava qualifica funzionale appare chiaramente arbitrario e incongruo rispetto al fine che la legge impugnata intende perseguire. Fare riferimento-allo scopo di attribuire funzioni di dirigenza non iniziali ma di secondo grado- all'esperienza maturata nello svolgimento di un'attività non omologa a quella cui si aspira è, infatti, del tutto inconferente ed inutile a garantire la necessaria qualificazione professionale per il proficuo svolgimento delle funzioni anzidette, e, inoltre, finisce con l'introdurre (in relazione anche al numero degli anni di anzianità richiesto) un irrazionale elemento discriminatore tra i soggetti interessati.

Del resto, come esattamente osserva l'Avvocatura dello Stato, il criterio costantemente utilizzato, sia nella legislazione statale sia in quella regionale, in tema di accesso alla seconda qualifica dirigenziale (cfr., per la stessa Regione Basilicata, la legge regionale 6 giugno 1986, n. 9-art. 27 -, adeguatasi sul punto all'accordo stipulato il 29 aprile 1983 per il personale delle regioni) è quello di far riferimento ad una data anzianità maturata nella qualifica dirigenziale immediatamente precedente.

Nè, infine, può avere rilievo in senso contrario a quanto sin qui ritenuto la espressa natura transitoria della norma impugnata, la quale è diretta, come si legge nella relazione illustrativa, ad ovviare alle difficoltà esistenti in ordine all'espletamento dei concorsi a regime per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale, in relazione, particolarmente, al requisito dell'anzianità di servizio (tre anni nella prima qualifica dirigenziale: art. 27 della legge regionale n. 9 del 1986). Va, in proposito, osservato che-a parte la circostanza che la stessa legge regionale citata già contiene una disposizione transitoria per l'espletamento di tutte le procedure concorsuali (art. 28)-il carattere transitorio della legge de qua non vale ad eliminarne la intrinseca irragionevolezza, in quanto ciò potrebbe giustificare, semmai, una riduzione più o meno ampia del periodo di anzianità nella prima qualifica dirigenziale ordinariamente richiesto, oppure l'adozione di diversi criteri selettivi effettivamente qualificanti, ma non certo l'introduzione di un requisito, quale quello in esame, da ritenersi, per quanto sopra esposto, assolutamente illogico.

Accertata la violazione dell'art. 97 della Costituzione, resta assorbito il secondo profilo di censura prospettato dal ricorrente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata riapprovata il 13 febbraio 1990, recante .

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/06/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Mauro FERRI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 19/06/90.