SENTENZA N.101
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, primo comma, della legge 29 dicembre 1988, n. 544 (Elevazione dei livelli dei trattamenti sociali e miglioramenti delle pensioni), in relazione all'art. 6, secondo comma, della legge 15 aprile 1985, n. 140 (Miglioramento e perequazione di trattamenti pensionistici e aumento della pensione sociale), promosso con ordinanza emessa il 14 luglio 1989 dal Pretore di Torino nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Bianchi Vincenzo ed altro e l'INPS., iscritta al n. 458 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1989.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 18 gennaio 1990 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.
Ritenuto in fatto
1.- Nei procedimenti civili riuniti vertenti tra v. Bianchi e L. Savio e I.N.P.S., il Pretore di Torino, con ordinanza del 14 luglio 1989, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma primo, della legge 29 dicembre 1988, n. 544, per contrasto all'art. 3 Cost., in relazione all'art. 6, comma secondo, della legge 15 aprile 1985, n. 140.
Precedentemente, nel corso di due separati procedimenti civili vertenti tra le medesime parti e l'I.N.P.S., lo stesso Pretore aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma secondo, della precedente legge n. 140 del 1985, nella parte in cui non attribuiva il diritto alla maggiorazione pensionistica prevista per gli ex-combattenti già dipendenti privati, ai titolari di pensione, come nei casi di specie i ricorrenti, con decorrenza anteriore al 7 marzo 1968.
Sopravvenuta la legge 29 dicembre 1988, n. 544, che all'art. 6 espressamente estende il beneficio anche ai tali ultimi soggetti, questa Corte con ordinanza n. 286 del 1989 restituiva gli atti al giudice a quo perchè riesaminasse la rilevanza della questione.
Lo stesso Pretore di Torino, riuniti i procedimenti, solleva ora, su istanza delle parti, una questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto lo ius superveniens nella parte in cui, nel riconoscere la maggiorazione anche a favore dei pensionati da data anteriore al 7 marzo 1968, fa tuttavia decorrere il riconoscimento dal Ì gennaio 1989 anzichè dalla data della domanda, così ingiustificatamente discriminando tali pensionati rispetto ai titolari di pensione con decorrenza posteriore al 7 marzo 1968.
2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in giudizio a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, ribadisce innanzitutto la legittimità della originaria riserva dei beneficio ai titolari di pensioni successive al 7 marzo 1968 (di cui alla legge n. 140 del 1985) perchè corrispondente a quanto disposto per gli ex-combattenti già dipendenti pubblici. Di conseguenza, contesta l'assunto che, a suo parere, é posto a base della nuova ordinanza di rimessione, essere cioé la legge del 1988 intervenuta per correggere la illegittimità costituzionale della precedente. L'estensione della maggiorazione ai titolari di pensioni anteriori a quella data sarebbe invece una nuova ed autonoma attribuzione di benefici per la quale, proprio per la sua autonomia, il legislatore non avrebbe ritenuto di prevedere alcuna retroattività.
Considerato in diritto
1. - Il giudice a quo dubita che l'art. 6, primo comma, legge 29 dicembre 1988, n. 544, nell'estendere il diritto alla maggiorazione pensionistica di cui all'art. 6 della legge n. 140 del 1985 a favore degli ex combattenti (ed assimilati) titolari di pensione con decorrenza anteriore al 7 marzo 1968, ingiustificatamente discrimini costoro rispetto ai titolari di pensione con decorrenza posteriore a quella data, poichè dispone che gli effetti del beneficio si producano dal 1° gennaio 1989 anzichè dal momento della domanda.
La questione non è fondata.
Il riconoscimento agli ex combattenti (ed assimilati) di particolari benefici economici e di carriera è stato disposto dalla legge n. 336 del 1970 a vantaggio dei soli dipendenti pubblici, anche in connessione con l'avvio della riforma della pubblica amministrazione (cfr. sentenze nn. 194 del 1976, 92 del 1981).
In un secondo tempo è intervenuta la legge 15 aprile 1985, n. 140, che ha introdotto un trattamento premiale, nella diversa e peculiare forma della maggiorazione pensionistica, anche a vantaggio degli ex combattenti esclusi dalla precedente legge e cioè, in sostanza, dei pensionati del settore privato. Disponendo che tale beneficio dovesse essere corrisposto anche ai titolari di pensioni già in corso, purchè con decorrenza posteriore al 7 marzo 1968, non irragionevolmente il legislatore faceva decorrere, retroattivamente, gli effetti del trattamento dalla stessa data di decorrenza dei corrispondenti benefici attribuiti agli ex combattenti già dipendenti pubblici.
Successivamente la disposizione impugnata ha attribuito la suddetta maggiorazione pensionistica anche ai titolari di pensione anteriore alla ripetuta data del 7 marzo 1968. Si tratta di un intervento autonomo rispetto a quello della legge n. 140 del 1985, con il quale il legislatore ha deciso di ampliare ulteriormente la categoria dei destinatari della suddetta maggiorazione, nell'ambito di un processo che, con la inevitabile gradualità e con le particolari modalità di volta in volta richieste dalle diverse situazioni, è inteso a raggiungere una tendenziale perequazione, nel godimento di forme di benefici <premiali>, delle posizioni di tutti gli ex combattenti e di tutte le categorie a questi equiparate in ragione del loro coinvolgimento nelle vicende belliche.
Proprio perchè la disposizione impugnata costituisce una fase di tale processo, non può apparire irragionevole nè arbitraria-secondo quanto questa Corte ha avuto più volte occasione di osservare in casi analoghi (v. per es. sentenza n. 173 del 1986 e ordinanza n. 120 del 1989) - la scelta del legislatore di fissare la decorrenza del beneficio a favore della nuova categoria di pensionati a partire dal 1° gennaio 1989, senza estenderla retroattivamente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, primo comma, della legge 29 dicembre 1988, n. 544 (Elevazione dei livelli dei trattamenti sociali e miglioramenti delle pensioni), in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/02/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Ugo SPAGNOLI, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 02/03/90.