SENTENZA N.558
ANNO 1989
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 395, prima parte e numero 4, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 20 aprile 1989 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Deodati Giselda e Corradini Piero, iscritta al n. 333 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1989.
Udito nella camera di consiglio del 16 novembre 1989 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.
Considerato in diritto
1. - E' prospettata l'illegittimità costituzionale dell'art. 395, prima parte e numero 4, del codice di procedura civile, la dove la norma limita l'esperibilità della revocazione per errore di fatto alle sentenze con esclusione dell'ordinanza di convalida.
In particolare si assumono vulnerati i parametri costituiti dagli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, per l'irrazionalità insita nel diversificare le situazioni di chi debba far valere tale errore e l'ingiustificata compressione del diritto ad agire e difendersi allorché quest'ultima esigenza riguardi il provvedimento di convalida di sfratto o licenza per finita locazione.
2. - La questione é fondata.
Questa Corte ha in più occasioni affermato la compatibilità dello speciale modulo procedimentale di cui agli artt. 657 e seguenti del codice di procedura civile con l'art. 24 della Costituzione (cfr. sentenze n. 185 del 1980, n. 171 del 1974, n. 94 del 1973, n. 89 del 1972). Alla luce del principio per cui dev'essere considerato legittimo l'adattamento della tutela giurisdizionale alla particolarità del rapporto da regolare, la richiamata giurisprudenza costituzionale ha giudicato degno di una peculiare protezione giuridica l'interesse alla sollecita riconsegna del bene locato.
Ma se é razionale che il procedimento per convalida si atteggi come tutela differenziata in quanto appaga l'esigenza di evitare che il conduttore possa protrarre il godimento del bene locato attraverso l'abuso del diritto di difesa, non altrettanto giustificabile appare il regime di stabilita di cui gode il provvedimento.
Quest'ultimo, infatti, concludendo il giudizio, <ha il contenuto di decisione definitiva> (cfr. sentenza n. 185 del 1980) ed é altresì immediatamente esecutivo.
Dopo aver ampliato l'ambito di esperibilità dell'opposizione tardiva (cfr. sentenza n. 89 del 1972), la Corte ha esteso il rimedio dell'opposizione ordinaria e revocatoria di terzo al provvedimento di convalida di sfratto per finita locazione (cfr. sentenza n. 167 del 1984) e per morosità (cfr. sentenza n. 237 del 1985) emessi per la mancata comparizione dell'intimato ovvero in mancanza di opposizione dell'intimato comparso.
La ratio delle decisioni da ultimo citate e sostanzialmente estensiva dell'ambito di impugnabilità della convalida, in sintonia con il mutato quadro di riferimento rappresentato non soltanto dal precetto costituzionale di cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione, ma anche dall'assetto sostanziale delle locazioni, ben diverso da quello esistente allorché nel nostro ordinamento venne introdotta la convalida con la legge 24 dicembre 1896, n. 547.
Ed é lo stesso dato storico a contenere indicazioni circa la descritta prospettiva espansiva, posto che il rimedio dell'appello, originariamente previsto, venne poi eliminato dal regio decreto 7 agosto 1936, n. 1531 che disciplino la convalida in modo sostanzialmente conforme a quello del vigente codice attraverso un'accentuazione dei caratteri sommari del rito, prevedendo l'ipotesi della morosità ed in concreto restringendo la misura della tutela avverso il provvedimento.
Preso atto dell'idoneità di quest'ultimo a definire il giudizio con efficacia di giudicato, nella richiamata sentenza n. 167 del 1984, la Corte ha osservato come <la sostanziale ingiustizia del provvedimento decisorio e da temere nell'ordinanza di convalida di sfratto in assai maggior misura di quel che non possa lamentarsi in sentenza passata in giudicato>.
2. -Ragionamento del tutto analogo dev'essere svolto con riguardo all'ipotesi di revocazione per errore di fatto, inerente cioè ad una circostanza pacifica, che inoppugnabilmente emerga o meno dagli atti processuali.
Risulta all'evidenza irrazionale la differenziazione che consente solo alle parti di un processo ordinario la possibilità di emendare uno sbaglio che non coinvolge l'attività valutativa del giudice, ma concerne esclusivamente un’erronea percezione dei documenti versati in causa.
La denunziata limitazione non é coerente con l'efficacia di cosa giudicata sostanziale della convalida nè é funzionale ad alcuna esigenza di celerità, anche ove si consideri <l'estrema rarità delle vicende, in cui si é imputata ai giudizi di merito la commissione del motivo di revocazione di cui all'art. 395 n. 4> (cfr. sentenza n. 17 del 1986).
L'errore di fatto nel senso delineato non si pone su di un piano ontologicamente diverso dall'errore materiale, per la cui correzione e previsto lo speciale procedimento: la considerazione che esso incide sul contenuto del provvedimento e non e rilevabile dal tenore testuale di questo, non giustifica il sacrificio imposto ai rispettivi diritti delle parti anche argomentando in riferimento all'art. 24 della Costituzione.
3.-Dev'essere quindi dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 395, prima parte e numero 4, del codice di procedura civile, 1a dove non prevede la revocazione per errore di fatto avverso i provvedimenti di convalida di licenza o di sfratto per finita locazione emessi nelle equivalenti ipotesi d'inerzia dell'intimato costituite dalla mancata comparizione di questi, ovvero dalla sua mancata opposizione.
4 .-La declaratoria va estesa, in applicazione dell'art . 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 al caso, del tutto assimilabile ai precedenti, di convalida di sfratto per morosità e non può non concludersi con l'auspicio che la materia dell'impugnabilità dei provvedimenti di convalida, cosi come risultante dalle decisioni della Corte e dall'esegesi della Cassazione, sia oggetto di un organico intervento legislativo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 395, prima parte e numero 4, del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede la revocazione per errore di fatto avverso i provvedimenti di convalida di sfratto o licenza per finita locazione emessi in assenza o per mancata opposizione dell'intimato;
2) dichiara ex art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 l'illegittimità costituzionale dell'art. 395, prima parte e numero 4, del codice di procedura civile, 1a dove non prevede la revocazione per errore di fatto per i provvedimenti di convalida di sfratto per morosità resi sui medesimi presupposti.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/89.
Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.
Depositata in cancelleria il 20/12/89.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco Paolo CASAVOLA, REDATTORE