Sentenza n. 82 del 1989

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SENTENZA N.82

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 9, penultimo e ultimo comma, 12, quarto comma e 47, primo e terzo comma del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) promossi con ordinanze (n. tre ordinanze) emesse il 6 luglio 1987 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Udine e con ordinanza emessa il 4 giugno 1987 dalla Commissione tributaria di primo grado di Torino, rispettivamente iscritte ai nn. 161, 162, 197 e 253 del registro ordinanze 1988 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 19, 22 e 24 prima serie speciale dell'anno 1988;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 29 novembre 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

udito l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri

Ritenuto in fatto

1. - La Commissione tributaria di primo grado di Udine con tre decisioni in data 1° marzo 1985 emesse nei confronti di altrettanti contribuenti, sostituti di imposta domiciliati in località ricadenti nel Distretto di Cervignano, aveva dichiarata non dovuta, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 55 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, la pena pecuniaria prevista dall'art. 47, primo comma, dello stesso decreto, in concreto irrogata dall'ufficio finanziario per l'omessa presentazione della dichiarazione (mod. 770) all'Ufficio competente (Ufficio imposte dirette di Cervignano), essendo stata questa presentata nei termini di legge (entro il 30 aprile) ad ufficio incompetente (quello di Udine) e da questo inoltrata all'ufficio di Cervignano soltanto qualche tempo dopo, con un ritardo superiore al mese dal termine utile per la presentazione.

Nel corso dei giudizi di appello avverso le indicate decisioni, la Commissione tributaria di secondo grado di Udine, con ordinanze di identico contenuto emesse il 6 luglio 1987, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale del d.P.R. n. 600 del 1973, senza indicare specificamente nel dispositivo le norme sospette di incostituzionalità, in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost.

Premesso che, nella specie, non poteva ritenersi applicabile (come invece aveva fatto il giudice di 1° grado) l'art. 55, ultimo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, non risultando quelle "obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni" tali da consentire l'applicazione dell'esimente, il giudice rimettente ha rilevato che dal sistema normativo, relativo alla presentazione agli uffici finanziari della dichiarazione da parte dei sostituti di imposta obbligati, si ricava che detto adempimento, quando sia rivolto per errore ad ufficio incompetente, può risultare tempestivo, tardivo o addirittura omesso in relazione al maggiore o minore grado di diligenza osservata dall'ufficio stesso nella trasmissione della dichiarazione all'ufficio competente (ovverosia quello del comune in cui il contribuente abbia il domicilio fiscale - art. 12, primo comma); di tal ché la normativa finisce per disciplinare in maniera difforme, con ciò violando gli artt. 3 e 76 Cost., situazioni sostanzialmente identiche, quali quella in cui la dichiarazione - pur presentata ad un ufficio incompetente - sia da questo tempestivamente inoltrata all'ufficio competente e nei termini di cui all'art. 9, quarto comma, e quella in cui la mancata diligenza dell'ufficio di ricevimento nella successiva trasmissione della dichiarazione comporta l'applicazione delle sanzioni espressamente previste dalla normativa per le ipotesi di tardiva (entro un mese dalla data di scadenza) od omessa presentazione (oltre il suddetto termine).

È intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, eccependo in primo luogo la inammissibilità delle questioni per avere il giudice a quo omesso di indicare le norme da sottoporre al giudizio della Corte.

L'Avvocatura ha quindi rilevato che, qualora si ritenga possibile individuare dal contenuto delle ordinanze di rimessione l'oggetto dell'incidente di costituzionalità nelle norme del d.P.R. denunciato relative ai termini e alle modalità di presentazione delle dichiarazioni dei sostituti d'imposta e alle relative sanzioni (artt. 9, 12, quarto comma, e 47), le questioni sarebbero comunque inammissibili in quanto dirette ad una revisione della suddetta disciplina che, stante la possibilità di scelta tra più soluzioni diverse, comporterebbe un intervento "manipolativo" della Corte.

Nel merito ha concluso per l'infondatezza della questione.

2. - Nel corso di altro giudizio, promosso avverso la irrogazione di pena pecuniaria per l'omissione della dichiarazione di sostituto d'imposta, la Commissione tributaria di primo grado di Torino ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 9, ultimo comma, 12, quarto comma, e 47, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui assoggetta alla medesima sanzione sia il contribuente che abbia omesso la dichiarazione, sia il contribuente che, versate in termini le ritenute, abbia presentato tempestivamente la dichiarazione seppure ad ufficio diverso da quello competente.

Ad avviso del giudice a quo le disposizioni impugnate, disciplinando nello stesso modo situazioni diverse, violerebbero l'art. 3 Cost., tenuto conto che nel caso di presentazione tempestiva della dichiarazione (anche se ad ufficio incompetente), previo versamento delle ritenute d'acconto nei termini di legge, non si concreta né danno né pericolo per lo Stato alla cui gravità è rapportata la pena pecuniaria ai sensi dell'art. 54, primo comma, del d.P.R. n. 600.

Il giudice rimettente, con la medesima ordinanza di rinvio, ha inoltre sollevato la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 9, penultimo e ultimo comma, in riferimento agli artt. 12, quarto comma, e 47, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 nella parte in cui la validità o la ritenuta omissione della dichiarazione, con le conseguenti sanzioni di diversa portata, sono fatte dipendere non già dai diversi comportamenti dei contribuenti, ma dal diverso grado di diligenza e di funzionalità con cui l'ufficio incompetente, ricevuta la dichiarazione, la trasmette a quello competente.

Ciò comporterebbe, secondo il giudice a quo, violazione degli artt. 3 e 23 della Costituzione tenuto conto che l'applicazione della sanzione può avvenire in dipendenza del comportamento della stessa pubblica amministrazione titolare del potere sanzionatorio.

È intervenuto, tramite l'Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei Ministri chiedendo che le questioni vengano dichiarate manifestamente infondate.

Considerato in diritto

1. - Con tre distinte ordinanze di identico contenuto (R.O. nn. 161, 162 e 197 del 1988) la Commissione tributaria di secondo grado di Udine ha sollevato questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, in quanto esso prevede l'applicazione della medesima sanzione - stabilita per il sostituto di imposta che abbia omesso la dichiarazione-anche a carico del sostituto che abbia versato regolarmente le ritenute di acconto e presentato tempestivamente la dichiarazione (mod. 770) ad ufficio incompetente se quest'ultimo l'abbia trasmessa a quello competente oltre il mese dalla scadenza prescritta.

Tale previsione, ad avviso del giudice a quo, sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 76 della Costituzione, perché viene a far dipendere dalla diligenza dell'Ufficio cui la dichiarazione sia stata erroneamente prodotta la tempestività, di detta dichiarazione, quando venga trasmessa all'ufficio competente entro il termine in cui essa doveva essere presentata, oppure la sua tardività, quando venga trasmessa entro un mese da tale scadenza, o, infine, la sua equiparazione alla omissione quando pervenga successivamente ad un mese dalla scadenza stessa (c.d. ), onde situazioni sostanzialmente identiche (in quanto in tutte e tre le ipotesi descritte identico e il comportamento del contribuente) sono in tal modo disciplinate in maniera difforme.

2. - Analoghe questioni sono sollevate con ordinanza (R.O. n. 253 del 1988) della Commissione tributaria di primo grado di Torino, la quale denuncia il contrasto con l'art. 3 della Costituzione degli artt. 9, ultimo comma, 12, quarto comma, e 47, primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui assoggettano alla medesima sanzione sia il sostituto di imposta che abbia omesso la dichiarazione (e anche il versamento delle ritenute) sia quello che, pur avendo versato in termini la somma dovuta, abbia presentato la dichiarazione tempestivamente ma ad ufficio diverso da quello competente, risultando cosi disciplinate in modo eguale situazioni radicalmente diverse, nella seconda delle quali, peraltro, non é ravvisabile alcun danno o pericolo per l'erario, alla cui gravita é rapportata la sanzione secondo la previsione dell'art. 54, primo comma, dello stesso d.P.R. n. 600 del 1973.

Nella stessa ordinanza viene altresì denunciato il contrasto con gli artt. 3 e 23 della Costituzione, degli artt. 9, penultimo e ultimo comma, 12, quarto comma, 47, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, nella parte in cui fanno dipendere la validità o l'omissione della dichiarazione - con le conseguenti sanzioni di diversa portata-non dai diversi comportamenti dei soggetti obbligati, bensì dal diverso grado di diligenza e/o funzionalità osservato dall'Ufficio, diverso da quello competente, nel trasmettere a quest'ultimo la dichiarazione, cosi collegando la misura delle sanzioni per il ritardo o per l'omissione ad un elemento non dipendente dal comportamento del soggetto tenuto all'adempimento e rimettendo in tal modo l'applicazione della sanzione all'arbitrio del potere esecutivo.

3. - La circostanza, posta in evidenza nella memoria difensiva dell'Avvocatura generale dello Stato, secondo cui nel dispositivo delle tre ordinanze di rimessione della Commissione tributaria di secondo grado di Udine non sono specificate le norme del d.P.R. n. 600 del 1973 che si intendono denunciare, non impedisce di individuarle, sulla base dell'intero contesto delle ordinanze stesse, nelle norme enunciate nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione della Commissione tributaria di primo grado di Torino.

Ciò premesso e nonostante i parametri costituzionali invocati siano diversi, gli artt. 3 e 76 della Costituzione nelle prime tre ordinanze e gli artt. 3 e 23 della Costituzione nell'ultima, e, nonostante le questioni siano diversamente prospettate dalla Commissione di Udine rispetto a quella di Torino, tuttavia i giudizi possono essere riuniti. Difatti le questioni, che da entrambi i giudici rimettenti vengono sottoposte all'esame della Corte, concernono sostanzialmente l'assoggettamento del sostituto di imposta alla medesima sanzione prevista per l'omessa dichiarazione e per il mancato versamento, anche nelle ipotesi di versamento nei termini delle ritenute e di presentazione della dichiarazione, da parte del sostituto stesso (mod. 770), ad ufficio incompetente entro il termine prescritto, ma fatta pervenire da questo ufficio a quello competente dopo la scadenza di tale termine. Ci si duole, cioè, che l'assoggettamento o meno a sanzione o a sanzione meno grave (nel caso che la trasmissione all'ufficio competente avvenga entro il mese dalla scadenza del termine prescritto) venga fatto dipendere esclusivamente dal comportamento dell'ufficio cui tale dichiarazione sia stata erroneamente presentata e non da quello del sostituto che ne sopporta le conseguenze.

4. - Con le questioni cosi illustrate vengono dunque denunciati: a) l'art. 12, quarto comma, del d . P. R . n. 600 del 1973, il quale prevede che <; c) l'art. 9 cit., ultimo comma, in base al quale ; e) l'art. 47 cit., terzo comma, il quale prevede che .

Le ordinanze di rimessione muovono dunque dal presupposto che, dall'insieme delle anzidette previsioni normative, discende che, se la dichiarazione sia presentata ad ufficio incompetente e questi la trasmetta a quello competente, facendola pervenire con ritardo superiore al mese, debbano applicarsi le stesse sanzioni comminate dall'art. 47, primo comma, per il caso di omessa presentazione della dichiarazione.

5. - La questione prospettata nelle tre ordinanze dalla Commissione di Udine, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, é inammissibile per genericità, in quanto, pur essendo tale parametro invocato nella motivazione di tutte e tre le ordinanze di rinvio, non viene indicato in concreto sotto quale profilo si manifesterebbe il contrasto con esso delle norme denunciate.

6. - Parimenti inammissibile, non essendo conferente il parametro costituzionale invocato, é la questione sollevata dalla Commissione di Torino in riferimento all'art. 23 della Costituzione. E' difatti pacifico che le prestazioni - consistenti nel pagamento delle sanzioni pecuniarie previste per il caso, assimilato all'omissione, dell'invio della dichiarazione dall'ufficio incompetente a quello competente oltre il mese dalla scadenza del termine-sono nella specie stabilite per legge.

La circostanza, evidenziata dal giudice a quo, secondo cui l'assoggettamento a sanzione sarebbe invece rimesso all'arbitrio del potere esecutivo (cioè al comportamento dell'ufficio cui la dichiarazione sia stata erroneamente trasmessa), può essere rilevante relativamente alla questione-che sarà esaminata in prosieguo-sollevata in riferimento all’'art. 3 della Costituzione, ma non lo e se riferita all’'art. 23 della Costituzione, in quanto e proprio l'art. 12, quarto comma, del d.P.R. n. 600 (cioè una delle norme denunciate) a stabilire espressamente che <

7. - La questione di legittimità costituzionale dell'art. 47, terzo comma, del d.P.R. citato, sollevata dalla Commissione di Torino in riferimento agli artt. 3 e 23 della Costituzione, é inammissibile perché irrilevante.

L'art. 47, terzo comma, cit., in quanto disciplina l'ipotesi della dichiarazione (c.d. ) che pervenga all'ufficio competente entro il mese successivo dalla scadenza prevista, e difatti estraneo rispetto al giudizio a quo che riguarda la fattispecie, diversamente sanzionata, della dichiarazione (c.d. ) pervenuta all'ufficio competente oltre il mese da detta scadenza.

8.-Per quel che riguarda l'aspetto concernente il problema in generale dell'assoggettamento alla medesima sanzione prevista per l'omissione della dichiarazione accompagnata dal mancato versamento della ritenuta, anche nel caso in cui il sostituto abbia omesso la dichiarazione pur avendo effettuato regolarmente il versamento della ritenuta, va ricordato che questa Corte se ne é già occupata dichiarando (sentenza n. 128 del 1986) non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 47, primo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, allora sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione, sotto un profilo parzialmente diverso da quello prospettato nelle presenti ordinanze di rimessione.

La questione che concerne tale problema in generale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, é stata poi dichiarata manifestamente infondata da questa Corte in più occasioni (ordinanze nn. 490, 452, 364 e 330 del 1987), nel mentre l'aspetto che riguarda specificamente la questione come ora sottoposta a questa Corte in riferimento all'art. 3 della Costituzione e relativo al particolare problema della tempestiva presentazione della dichiarazione ad ufficio incompetente e della sua ritardata trasmissione da questo a quello competente, pur formando oggetto delle ordinanze di questa Corte nn. 330 e 547 del 1987, non é stata affrontata ex professo nei termini formulati dalle ordinanze di rimessione che hanno dato luogo al presente giudizio, e ciò a causa della diversa prospettazione allora fattane (ordinanza n. 330 cit.) o della sua attinenza a normativa diversa (ordinanza n. 547 cit.).

Con la questione ora sollevata, si deduce, come si é avuto modo di precisare in precedenza, il contrasto della normativa denunciata con l'art. 3 della Costituzione e, più precisamente, dalla Commissione di Udine, sotto il profilo dell'assoggettamento a conseguenze diverse di situazioni sostanzialmente identiche (essendo nell'una o nelle altre ipotesi sempre uguale il comportamento del sostituto di imposta che presenti nei termini la dichiarazione ad ufficio incompetente) oppure, dalla Commissione di Torino, sotto il profilo dell'assoggettamento alla stessa sanzione di situazioni radicalmente diverse, quali l'omissione della dichiarazione e la sua tempestiva presentazione ad ufficio incompetente.

Nel prospettare sotto l'uno o l'altro profilo la questione, tutte le ordinanze di rinvio tendono sostanzialmente a porre in evidenza l'irrazionalità della normativa denunciata, senza farsi carico di chiarire, quale sia il tertium comparationis cui ancorare l'ipotesi della presentazione ad ufficio incompetente, certamente diversa da quella della presentazione della dichiarazione all'ufficio competente. Stante difatti l'obbiettiva diversità fra le due situazioni, non potrebbe questa Corte pervenire alla dichiarazione di illegittimità costituzionale in toto dell'art. 12, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 -che considera la presentazione della dichiarazione ad ufficio incompetente come effettuata nel giorno in cui pervenga a quello competente - e conseguentemente delle altre norme ad esso collegate da cui in caso di tardività deriva l'applicazione della sanzione. Difatti dalla caducazione di tale complesso normativo discenderebbe l'automatica equiparazione tra due situazioni obbiettivamente diverse (quali la presentazione ad ufficio competente e la presentazione ad ufficio incompetente) che il legislatore -sia pure con la previsione di conseguenze considerate sproporzionate dalle ordinanze di rimessione-ha mostrato, per considerazioni che non appaiono in se irragionevoli per le esigenze organizzative degli uffici, essendo le due situazioni fra loro effettivamente diverse, di voler mantenere distinte.

La questione può dunque essere presa in considerazione come rivolta ad ottenere una pronuncia correttiva di questa Corte, ma in tal senso essa e inammissibile, perché coinvolge una gamma di scelte che solo il legislatore può compiere attraverso una più attenta riconsiderazione del problema.

Difatti, la soluzione suppone una precisazione in sede legislativa che separi nettamente la disciplina del termine di presentazione della dichiarazione da quella dell'individuazione dell'ufficio competente a riceverla, onde la graduazione delle sanzioni, in relazione alla gravità delle violazioni, non può essere rimessa che alla discrezionale valutazione del legislatore.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi:

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, penultimo ed ultimo comma, 12, quarto comma, 47, primo e terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 23 e 76 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di secondo grado di Udine e dalla Commissione tributaria di primo grado di Torino, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/02/89.

Francesco SAJA, Presidente - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

Depositata in cancelleria il 03/03/89.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE