ORDINANZA N. 330
ANNO 1987
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Dott. Francesco SAJA , Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco P. CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 9, ultimo comma, seconda parte, e 47 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), promossi con ordinanze emesse il 13 febbraio 1985 dalla Commissione tributaria di primo grado di Vigevano, il 14 gennaio 1985 dalla Commissione tributaria di primo grado di Torino, il 21 marzo 1986 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Udine, il 21 febbraio 1986 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Bergamo, il 20 novembre 1986 dalla Commissione tributaria di primo grado di Trento e il 20 maggio 1986 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Udine, iscritte rispettivamente al n. 459 del registro ordinanze 1985, ai nn. 155, 423 e 516 del registro ordinanze 1986 e ai nn. 30 e 195 del registro ordinanze 1987 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 293- bis dell'anno 1985, nn. 26, 34 e 43, prima serie speciale, dell'anno 1986 e nn. 12 e 22, prima serie speciale, dell'anno 1987;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 30 settembre 1987 il Giudice relatore Francesco Saja;
Ritenuto che nel corso di un procedimento iniziato da Civiletti Vincenzo ed avente per oggetto l'irrogazione di una pena pecuniaria per omessa presentazione della dichiarazione di sostituto d'imposta, ai sensi dell'art. 47 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (contenente disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), la Commissione tributaria di primo grado di Vigevano con ordinanza del 18 febbraio 1985 (reg. ord. n. 459 del 1985) sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 47 cit., in riferimento all'art. 3 Cost.;
che secondo la Commissione la norma impugnata, comminando la stessa severa pena pecuniaria senza distinguere tra omessa dichiarazione pura e semplice ed omessa dichiarazione accompagnata da mancato versamento all'Erario delle ritenute d'acconto, parificava situazioni diverse, ossia equiparava una violazione puramente formale ad una sostanziale, così ledendo il principio di eguaglianza;
che, sempre secondo il Collegio rimettente, la violazione dell'art. 3 Cost. era resa evidente anche dall'art. 46 stesso d.P.R. il quale, comminando sanzioni per violazioni commesse, sempre in sede di dichiarazione, dai soggetti passivi d'imposta, distingueva tra illeciti formali e illeciti sostanziali;
che analoga questione veniva sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Torino, la quale, con ordinanza del 14 gennaio 1985 (reg. ord. n. 155 del 1986) emessa nel procedimento iniziato dalla S.p.a. Rosso e C., impugnava il primo comma dello stesso art. 47, precisando trattarsi nella specie di dichiarazione presentata ad ufficio incompetente e da questo tardivamente trasmessa all'ufficio competente (tale fattispecie viene equiparata, dall'art. 12, quarto comma, stesso d.P.R., alla dichiarazione tardiva);
che la Commissione torinese riteneva che la suddetta equiparazione violasse anche gli artt. 76 e 77 Cost., in quanto contrastava con l'art. 10 n. 11 della l. delega 9 ottobre 1971 n. 825, ossia con il dovere, imposto al legislatore delegato, di commisurare le sanzioni sull'effettiva entità, soggettiva ed oggettiva, delle violazioni;
che il più volte citato art. 47 veniva impugnato anche, con riferimento agli artt. 3, 76 e 77 Cost., dalle Commissioni tributarie di secondo grado di Udine (ordinanze del 21 marzo 1986, n. 423 del 1986, emessa nel procedimento iniziato da Manin Geremia e del 20 maggio 1986, n. 195 del 1987, in proc. Impresa Burbo) e di Bergamo (ordinanza del 21 febbraio 1986, n. 516 del 1986, S.p.a. Impresa Cesare Valtellina), nonché dalla Commissione tributaria di primo grado di Trento (ordinanza del 20 novembre 1986, n. 30 del 1987, Perenthaler Gino);
che, in particolare, la Commissione bergamasca dirigeva la sua censura contro il secondo comma dell'art. 47, concernente la dichiarazione infedele, lamentando sempre l'ingiusta equiparazione di un inadempimento formale (mancata dichiarazione di ritenute effettivamente operate e versate) all'inadempimento sostanziale consistente nella mancata effettuazione e versamento delle ritenute;
che la Presidenza del Consiglio dei ministri, intervenuta, chiedeva dichiararsi la non fondatezza delle questioni;
Considerato che i giudizi, per l'identità dell'articolo di legge impugnato, debbono essere riuniti;
che le questioni sono state essenzialmente tutte esaminate e dichiarate non fondate con la sentenza n. 128 del 1986, con cui questa Corte ha osservato che la dichiarazione de qua non mira soltanto ad assicurare all'Erario la quota che il sostituto trattiene al sostituito ma ha altresì una funzione di controllo, in quanto consente agli uffici di apprendere che il sostituito possiede fonti di reddito, mettendoli conseguentemente in grado di verificare l'esistenza e l'entità delle dichiarazioni che egli a sua volta é obbligato a rendere, ed eventualmente a procedere agli accertamenti del caso;
che pertanto sotto questo riguardo non si tratta di mere violazioni formali, ché anzi esse rivestono un notevole rilievo sostanziale, posto che qualsiasi omissione della prescritta dichiarazione, o qualsiasi infedeltà (é questo il caso, in particolare, di cui all'ord. n. 516 del 1986), rende impossibile, o almeno intralcia gravemente, la suddetta attività di controllo, così ledendo o mettendo in pericolo interessi materiali dell'Erario;
che peraltro, il giudice tributario ben può tenere conto, nella determinazione delle pene in concreto, anche dei principi dettati dall'art. 54 dello stesso decreto, che fa riferimento alla gravità del danno o del pericolo o alla personalità dell'autore;
che, non trattandosi dunque di violazioni meramente formali, cade ogni doglianza di ingiusta equiparazione e di contrasto con la direttiva impartita dal legislatore delegante;
che, per di più, ai sensi dell'art. 2, ultimo comma, d.l. 429 del 1982 conv. in l. n. 516 del 1982, l'omesso versamento all'Erario delle ritenute effettivamente operate é punito con più gravi sanzioni penali;
che, in conclusione, le questioni, in quanto già decise, debbono essere dichiarate manifestamente infondate;
che l'art. 77 Cost. é estraneo alle questioni esaminate, concernendo i c.d. decreti legge;
Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 47, primo e secondo comma, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost. dalle Commissioni tributarie di secondo grado di Udine e di Bergamo e dalle Commissioni tributarie di primo grado di Vigevano, di Torino e di Trento con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 ottobre 1987.
Il Presidente: SAJA
Il Redattore: SAJA
Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI