Sentenza n.1146 del 1988

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SENTENZA N.1146

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 28 e 49 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige), promosso con ordinanza emessa il 9 novembre 1987 dalla Corte d'assise di Bolzano nel procedimento penale a carico di Pahl Franz, iscritta al n. 853 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2/1a Serie Speciale dell'anno 1988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 giugno 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

udito l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio penale a carico del consigliere provinciale Franz Pahl, imputato del reato previsto dall'art. 292 c.p. per aver pubblicamente vilipeso la bandiera italiana durante la seduta del Consiglio provinciale di Bolzano del 18 giugno 1986, la Corte di assise di Bolzano ha sollevato, con un'ordinanza del 9 novembre 1987, questione di legittimità costituzionale degli artt. 28 e 49 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige) per violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Premesso che la garanzia dell'insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai parlamentari nell'esercizio delle loro funzioni (art. 68 Cost.) é esteso dall'art. 28 St. T.A.A. ai consiglieri regionali e che l'art. 49 dello stesso Statuto ne prevede l'applicabilità anche ai membri dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano, il giudice a quo rileva che le norme statutarie ricordate possono essere interpretate in un duplice modo, uno estensivo e l'altro restrittivo, che sono, a suo avviso, egualmente contrastanti con l'art. 3 della Costituzione.

In base a un'interpretazione restrittiva, le predette norme garantiscono ai consiglieri provinciali un'immunità limitata allo svolgimento delle sole funzioni connesse all'esercizio delle competenze legislative previste dagli artt. 8, 9 e 10 Stat. T.A.A. Poiché i membri del Parlamento godono della predetta garanzia per qualsiasi attività svolta nell'esercizio delle varie funzioni parlamentari, per il giudice a quo sussisterebbe una disparità di trattamento tra due categorie omogenee, che induce a sospettare gli artt. 28 e 49 St. T.A.A. di violazione del principio di eguaglianza. Sempre ad avviso del giudice a quo, quest'ultimo principio sarebbe, tuttavia, violato dalle stesse disposizioni anche ove si desse alle norme impugnate un'interpretazione estensiva, sostanzialmente coincidente con quella data all'art. 68 Cost. in relazione ai membri del Parlamento, poiché in tal caso la disparità di trattamento sussisterebbe fra i membri del Consiglio Provinciale, che godono di simile immunità, e i cittadini comuni, privi della medesima prerogativa.

Il giudice a quo conclude ricordando che, secondo la più autorevole dottrina costituzionalistica, é pienamente ammissibile un giudizio di legittimità avente ad oggetto disposizioni costituzionali, come quelle statutarie, pur in relazione a eventuali vizi sostanziali.

2. - Intervenuto in giudizio tramite l'Avvocatura Generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha eccepito l'inammissibilità della questione sotto un duplice e distinto profilo: innanzitutto, perché sarebbe stato impugnato un atto avente valore di legge costituzionale, che come tale non può esser giudicato dalla Corte costituzionale per pretesi vizi sostanziali; in secondo luogo, perché la questione, per un verso, é stata prospettata sulla base di due interpretazioni, tra loro alternative, della disposizione impugnata e, per un altro, é stata posta in relazione a un diverso tertium comparationis, una volta di favore e un'altra volta di sfavore, che dovrebbe portare a pronunzie di segno diverso, una volta di tipo demolitorio e un'altra di tipo additivo.

Da ultimo, l'Avvocatura dello Stato fa rilevare che il giudice a quo dà per scontata la rilevanza della questione, senza precisare gli esatti termini della vicenda che ha dato luogo all'imputazione ex art. 292 c.p. e malgrado il non risolto problema interpretativo, che, per un profilo del prospettato dilemma, implicherebbe l'estensione della responsabilità penale dell'imputato.

3. - In prossimità dell'udienza, l'Avvocatura dello Stato ha presentato una memoria, con la quale, oltre a sviluppare l'eccezione di inammissibilità attraverso un minuzioso esame della giurisprudenza costituzionale, teso a dimostrare l'insussistenza di precedenti nel senso voluto dal giudice a quo, e attraverso il non riconoscimento nel caso di specie di un principio supremo della Costituzione, ha altresì chiesto che la questione sia dichiarata non fondata, poiché, in ambedue le interpretazioni possibili, si mettono a confronto categorie non omogenee: ora quella dei parlamentari e quella dei consiglieri provinciali, ora quella di questi ultimi e quella della generalità dei cittadini.

Considerato in diritto

1. - La Corte di assise di Bolzano, essendo investita di un giudizio contro un membro del Consiglio Provinciale imputato del reato di vilipendio alla bandiera (art. 292 c.p.) ed essendo chiamata ad applicare alla fattispecie dedotta in giudizio l'art. 49 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale del Trentino-Alto Adige), che, richiamando l'art. 28 dello stesso decreto, estende ai membri dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano la prerogativa della irresponsabilità per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 28 e 49 dello Statuto per violazione del principio supremo dell'ordinamento costituzionale sancito dall'art. 3 della Costituzione (principio di eguaglianza).

In particolare il giudice a quo ritiene che quest'ultimo principio risulti violato tanto ove si dia un'interpretazione restrittiva delle disposizioni impugnate, nel senso che l'anzidetta prerogativa sia applicabile soltanto in relazione alle funzioni svolte dai consiglieri provinciali nell'esercizio delle competenze legislative affidate alle Province autonome, quanto ove se ne dia un'interpretazione estensiva, sostanzialmente diretta ad applicare la ricordata prerogativa a qualsiasi funzione svolta in qualità di consiglieri provinciali, analogamente a quanto avviene per i membri del Parlamento nazionale. Nel primo caso, infatti, il giudice a quo ravvisa una disparità di trattamento tra i membri del Parlamento e quelli dei Consigli delle Province autonome, nel secondo, invece, la diseguaglianza sussisterebbe tra i predetti consiglieri provinciali e la generalità dei cittadini privi della medesima prerogativa.

2. - In relazione alla questione proposta, l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, ha presentato tre distinte eccezioni di inammissibilità: una attinente all'idoneita dell'atto impugnato ad essere oggetto del giudizio di legittimità costituzionale previsto dall'art. 134 Cost. e due relative alla sussistenza dei requisiti processuali necessari per la corretta instaurazione del predetto giudizio.

Poiché la verifica di questi ultimi-che, nel caso consistono nella valutazione della rilevanza compiuta da parte del giudice a quo e nella possibilità di porre questioni basate su interpretazioni alternative della disposizione impugnata- è logicamente successiva alla verifica dell'idoneità dell'atto in cui è contenuta la norma contestata a fungere da oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, occorre innanzitutto esaminare se le disposizioni previste dagli artt. 28 e 49 St. T.A.A. rivestano il valore di legge necessario perché possano validamente costituire oggetto del sindacato della Corte costituzionale in sede di legittimità.

2.1. - L'Avvocatura generale dello Stato eccepisce, innanzitutto, l'insindacabilità da parte di questa Corte di disposizioni aventi valore di legge costituzionale, quantomeno quando queste siano impugnate per vizi sostanziali.

L'eccezione non può essere accolta.

La Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali. Tali sono tanto i principi che la stessa Costituzione esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale, quale la forma repubblicana (art. 139 Cost.), quanto i principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all'essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana.

Questa Corte, del resto, ha già riconosciuto in numerose decisioni come i principi supremi dell'ordinamento costituzionale abbiano una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango costituzionale, sia quando ha ritenuto che anche le disposizioni del Concordato, le quali godono della particolare <copertura costituzionale> fornita dall'art. 7, comma secondo, Cost., non si sottraggono all'accertamento della loro conformitè ai <principi supremi dell'ordinamento costituzionale> (v. sentt. nn. 30 del 1971, 12 del 1972, 175 del 1973, 1 del 1977, 18 del 1982), sia quando ha affermato che la legge di esecuzione del Trattato della CEE può essere assoggettata al sindacato di questa Corte <in riferimento ai principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e ai diritti inalienabili della persona umana> (v. sentt. nn. 183 del 1973, 170 del 1984).

Non si può, pertanto, negare che questa Corte sia competente a giudicare sulla conformità delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali anche nei con fronti dei principi supremi dell'ordinamento costituzionale. Se così non fosse, del resto, si perverrebbe all'assurdo di considerare il sistema di garanzie giurisdizionali della Costituzione come difettoso o non effettivo proprio in relazione alle sue norme di più elevato valore.

2.2. - L'Avvocatura generale dello Stato ha sollevato una seconda eccezione di inammissibilità in relazione al fatto che, avendo il giudice a quo prospettata la questione di costituzionalità in termini alternativi, chiede in sostanza a questa Corte di pronunziarsi su un petitum contraddittorio, che dovrebbe sfociare in sentenze di segno diverso, se non opposto.

L'eccezione va accolta.

Non si può non concordare con l'Avvocatura generale dello Stato nel ritenere che le questioni di costituzionalità sollevate dal giudice a quo abbiano un carattere del tutto pretestuoso. ciò si rivela sia nella sostanziale arbitrarietà delle comparazioni che il giudice a quo propone, sia nel modo stesso in cui le questioni sono sottoposte a questa Corte.

In particolare, il giudice a quo ipotizza due interpretazioni della disposizione impugnata aventi significato assai diverso fra loro o addirittura opposto e le prospetta entrambe al giudice di costituzionalità senza precisare quale delle due propone. Ma è giurisprudenza ormai costante di questa Corte (v. sentt. nn. 169 del 1982, 225 del 1983, 30 del 1984, nonché ord. n. 204 del 1983), ritenere inammissibili le questioni di legittimità costituzionale relative a disposizioni che, essendo proposte dal giudice a quo secondo interpretazioni tra loro contrastanti e dando vita, pertanto, a richieste meramente ipotetiche, impediscono di identificare precisamente il thema decidendum e fanno venir meno le possibilità di verificare la rilevanza delle questioni stesse, in quanto proposte <in astratto>. Per tali motivi le questioni sollevate dal giudice a quo vanno senz'altro dichiarate inammissibili.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 28 e 49 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte di assise di Bolzano con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/12/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Antonio BALDASSARRE, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 29 Dicembre 1988.