Sentenza n. 225 del 1983

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SENTENZA N. 225

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 25 della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento) e degli artt. 14 e 15 della legge della Regione Lombardia 19 agosto 1974, n. 48 (Norme per la disciplina degli scarichi delle acque di rifiuto) promossi con le ordinanze emesse dal pretore di Pavia il 2 marzo 1979, dal pretore di Voghera il 10 maggio 1979, dal tribunale di Vigevano il 5 aprile (due ordinanze) e il 27 aprile 1979, dal tribunale di Como il 10 maggio e il 3 ottobre 1979, dal tribunale di Vigevano il 5 aprile 1979 (due ordinanze), dal tribunale di Como l'11 febbraio, il 3 marzo (due ordinanze), il 7 febbraio, il 10 marzo, il 26 marzo (due ordinanze), il 27 marzo (due ordinanze), il 6 giugno, il 22 maggio, il 2 aprile (due ordinanze), il 28 marzo, il 4 aprile (tre ordinanze) e il 31 marzo 1980, dal pretore di Bellano il 23 ottobre 1980 e dal tribunale di Como il 3 ottobre, il 30 giugno, il 25 giugno e il 24 novembre 1980 (tre ordinanze) e il 23 ottobre 1981 (due ordinanze), rispettivamente iscritte ai nn. 398, 528, 651, 652, 653, 667, 878, 884 e 885 del registro ordinanze 1979, ai nn. 344, 345, 399, 433, da 510 a 514, da 664 a 671 e 803 del registro ordinanze 1980, ai nn. 41, 161, 299, 314, 400, 401 e 402 del registro ordinanze 1981 ed ai nn. 10 e 11 del registro ordinanze 1982 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 196, 251, 325 e 332 del 1979, nn. 36, 180, 194, 208, 222, 270 e 311 del 1980, nn. 20, 91, 137, 262 e 283 del 1981 e n. 102 del 1982.

Visti gli atti di intervento della Regione Lombardia e del Presidente del Consiglio dei ministri;

dito, nella pubblica udienza del 10 maggio 1983, il Giudice relatore Oronzo Reale;

uditi l'avv. Umberto Pototschnig, per la Regione Lombardia e l'avvocato dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con cinque ordinanze (nn. 528, 651, 652, 653, 884 e 885 del reg. ord. 1979), del tutto coincidenti quanto alla motivazione ed alle conclusioni, il pretore di Voghera ed il tribunale di Vigevano sollevano questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 14, primo comma, della legge regionale della Lombardia 19 agosto 1974, n. 48, per preteso contrasto con l'art. 117 della Costituzione; e, in via subordinata ed eventuale, qualora cioé la Corte dovesse ritenere infondata la questione di costituzionalità relativa al citato art. 14, questione di legittimità costituzionale dell'art. 25 della legge 10 maggio 1976, n. 319, per asserito contrasto con gli artt. 27, primo comma, o, in via alternativa, con l'art. 25, secondo comma, della Costituzione.

Premessa un'ampia e motivata esposizione della rilevanza della questione nei relativi giudizi a quo, i giudici osservano come l'art. 25 della citata legge n. 319 del 1976 dispone che coloro che effettuano scarichi già esistenti sono obbligati, fino al momento in cui devono osservare i limiti di accettabilità stabiliti dalla legge stessa, ad attenersi alle prescrizioni stabilite dalla Regione e dagli Enti Locali in quanto compatibili con le disposizioni qualitative e temporali della legge e in particolare con quanto contenuto nella tabella C ad essa allegata.

L'art. 21 della stessa legge commina la pena dell'arresto o dell'ammenda a chi, effettuando gli scarichi di cui sopra, non ottempera alle disposizioni dell'art. 25. L'art. 10 della medesima legge dispone che gli insediamenti produttivi esistenti dovranno essere adeguati ai limiti di cui alla tabella C, allegata alla legge stessa, entro tre anni dall'entrata in vigore della medesima.

L'art. 14, comma primo, della legge Regione Lombardia 19 agosto 1974, n. 48, dispone inoltre che gli scarichi in corsi d'acqua superficiali di insediamenti produttivi già esistenti al momento dell'entrata in vigore della legge stessa dovevano entro due anni (cioé entro il 5 settembre 1976) conformarsi ai limiti di accettabilità previsti dalla tabella C allegata a detta legge regionale.

Sulla base normativa suesposta, i giudici rimettenti rilevano "essere dubbio" che, nell'emanare la ricordata norma, la Regione Lombardia abbia legittimamente usufruito di una potestà normativa costituzionalmente ad essa spettante; e ciò in quanto la disciplina degli scarichi industriali non rientrerebbe in alcuna delle materie di cui all'art. 117 Cost. Si aggiunge che nel trasferire alle regioni le funzioni amministrative, nelle materie ad esse attribuite in forza dello stesso art. 117, lo Stato con i decreti delegati del 1972, avrebbe conservato la competenza relativamente all'igiene del suolo e dell'ambiente, all'inquinamento atmosferico e delle acque ed agli aspetti igienico-sanitari delle industrie insalubri (art. 6, n. 7, del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4).

Qualora tale proposizione di incostituzionalità fosse ritenuta infondata, gli stessi giudici prospettano il dubbio che l'art. 25 della legge n. 319 del 1976, sia, in forza del richiamo alla legge regionale, illegittimo costituzionalmente. In ragione del rinvio alla legge regionale della Lombardia sopra citata, conseguirebbe che la legge statale n. 319 avrebbe mutato in reato, con scadenza al 5 settembre 1976, un comportamento omissivo che nel periodo intercorrente tra il 5 settembre 1974 (data di entrata in vigore della legge regionale) e la stessa scadenza del 5 settembre 1976, era considerato illecito amministrativo.

Tanto premesso, due sarebbero le possibili implicazioni ai fini penali; o si ritiene che ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 25 della legge n. 319 del 1976 debba essere presa in considerazione la sola condotta omissiva successiva al 13 giugno 1976, data di entrata in vigore della citata legge statale (rimanendo quindi indenne solo il periodo dal 13 giugno al 5 settembre 1976); ovvero si ritiene che il termine di adeguamento ai limiti di cui alla tabella C della legge regionale, la cui inosservanza integrerebbe il reato de quo, decorra dal settembre 1974.

Ove si accogliesse la prima, l'incongruità del termine di due mesi e mezzo circa apparirebbe evidente, attesi la complessità ed il costo degli adempimenti attinenti alla predisposizione di impianti di depurazione. Si farebbe perciò carico al soggetto di una responsabilità penale assolutamente non addebitabile alla volontà dello stesso e ciò costituirebbe violazione del principio di cui al primo comma dell'art. 27 Cost., della personalità della responsabilità penale. La giurisprudenza della Corte - si osserva - ha affermato tale principio con riferimento a casi di esercizio di un diritto, ma lo stesso principio dovrebbe valere anche nel caso dell'adempimento di un obbligo penalmente sanzionato.

Qualora invece il termine dovesse decorrere dal settembre 1974, la durata sarebbe certo congrua, ma, ad avviso degli stessi giudici, la norma assumerebbe efficacia retroattiva, atteso che si darebbe rilievo penale all'omissione decorsa in periodo antecedente all'entrata in vigore della norma che rende punibile penalmente il comportamento in parola; da qui la violazione del secondo comma dell'art. 25 della Costituzione.

Identiche argomentazioni svolge il tribunale di Vigevano nell'ordinanza n. 653/1979, estendendo la censura di incostituzionalità all'art. 15, terzo comma, della legge regionale della Lombardia n. 48/1974, riferentesi all'ipotesi di immissione di scarichi nella fognatura, caso questo che ricorre nel giudizio a quo. Anche con riguardo a tale norma si dubita che la Regione abbia legiferato in materia di sua spettanza, ex art. 117 Cost. per le stesse ragioni già esposte a proposito dell'art. 14 della stessa legge.

Relativamente all'ordinanza iscritta al n. 653/1979 ha spiegato intervento il Presidente della Giunta regionale della Lombardia, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale delle norme di cui agli artt. 14, primo comma, e 15, terzo comma, della legge regionale 19 agosto 1974, n. 48, venga dichiarata infondata.

Si rileva innanzi tutto che in forza del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, sono state trasferite alle regioni le funzioni già esercitate dallo Stato "in ordine all'igiene del suolo e dell'inquinamento atmosferico, idrico, termico ed acustico, compresi gli aspetti igienico - sanitari delle industrie insalubri" (art. 101); la stessa norma precisa altresì che rientrano tra le funzioni trasferite "la disciplina degli scarichi e la programmazione degli interventi di conservazione e depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti liquidi ed idrosolubili". La questione sollevata dal tribunale di Vigevano appartiene dunque ormai solamente al passato.

Quanto alle perplessità di natura costituzionale manifestate dai giudici a quibus, si evidenzia che la legge n. 48 del 1974 é stata adottata in carenza di qualunque disciplina statale e per regolamentare gli scarichi delle acque di rifiuto esclusivamente nell'ambito delle funzioni che, a norma degli artt. 1 e 2 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 e 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, erano state trasferite alle regioni nelle materie urbanistica, di lavori pubblici di interesse regionale e di agricoltura e foreste, caccia e pesca nelle zone interne (v. art. 1 della legge regionale citata), sicché é alla luce di tale intento che le norme impugnate devono essere lette.

Solo con la legge Merli del 1976 la disciplina degli scarichi ha acquistato autonomia ed organicità nell'ordinamento statale, ed imputazione allo Stato. É di grande rilievo che anche tale legge affida alle regioni una serie di importanti attribuzioni in materia (art. 4) e dichiara espressamente di voler tenere in vita "nel periodo bianco" le disposizioni in precedenza dettate dalle regioni stesse (art. 25), dimostrando che in tale campo le regioni ben potevano intervenire anche precedentemente.

Né avrebbe pregio il rilievo secondo cui la riserva disposta con i decreti delegati del 1972 a favore dello Stato delle funzioni relative all'igiene del suolo e dell'ambiente, all'inquinamento atmosferico e delle acque e agli aspetti igienico-sanitari delle industrie insalubri comporterebbe l'illegittimità costituzionale denunciata. E ciò in quanto la detta riserva riguardava esclusivamente le competenze "attuali" degli organi dello Stato, competenze che, all'epoca non erano, come si é detto, previste da alcuna norma; ed anche perché in altri decreti di trasferimento, coevi al d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4 (che all'art. 6, n. 7, conteneva la detta riserva) v'erano disposizioni che introducevano chiaramente eccezioni alla riserva stessa, ritagliando in essa nuove specifiche competenze a favore delle regioni. Ciò accade nell'art. 2, lett. c, punto 3, del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, che comprende tra le funzioni di spettanza regionale "le opere igieniche di interesse locale (fognature, impianti di depurazione delle acque, mattatoi, ecc.)" e accade nell'art. 4, lett. h, del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, che riserva allo Stato gli interventi per la protezione della natura, "salvi gli interventi regionali non contrastanti con quelli dello Stato".

Si insiste poi nel rilevare che la detta competenza regionale é stata ribadita formalmente dall'art. 101 del d.P.R. n. 616 del 1977, cosa questa non irrilevante anche per il periodo precedente, atteso che la legge delega (art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) espressamente invitava il Governo a completare il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative inerenti alle materie indicate nell'art. 117 Cost.

Se ne deve concludere che anche le funzioni relative alla tutela dell'ambiente dagli inquinamenti rientrano nelle materie di cui all'art. 117 Cost., ché, in caso contrario incostituzionale, per eccesso della delega, sarebbe il citato art. 101.

Dunque, se solo con il d.P.R. n. 616 del 1977 é caduta la riserva statale sulle funzioni indicate nell'art. 6, n. 7, del d.P.R. n. 4 del 1972, già prima di esso decreto le regioni potevano legiferare in materia a condizione soltanto "di non urtare contro esplicite e tassative competenze che a quel tempo erano state ancora riservate allo Stato".

Infine, e con riferimento alla sola censura proposta contro il terzo comma dell'art. 15, si evidenzia che le fognature sono richiamate, come si é già visto, tra le opere igieniche di interesse locale, opere ricomprese nel d.P.R. n. 8 del 1972 tra i lavori pubblici di interesse regionale e come tali trasferite alle regioni.

Anche il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, chiede che venga dichiarata la infondatezza delle proposte questioni. Pur non rientrando nel suo interesse di argomentare sulla questione relativa alla legge regionale l'Avvocatura ritiene che la stessa sia infondata; adduce infatti che ove al legislatore regionale sia da riconoscere la competenza a legiferare nella materia in cui ha legiferato, é da considerare, peraltro, che la legislazione regionale deve attenersi, ai sensi dell'art. 9, primo comma, della legge 10 febbraio 1953, n. 62, ai principi fondamentali delle leggi della Repubblica.

Il richiamo contenuto nel primo comma dell'art. 25 della legge 10 maggio 1976, n. 319, all'obbligo di osservanza delle prescrizioni stabilite dalle regioni in quanto compatibili con le disposizioni qualitative e temporali di detta legge, va inteso nel senso che: 1) tali disposizioni qualitative e temporali sono espressione di principi fondamentali di legge della Repubblica; 2) le norme della legge regionale contenenti disposizioni qualitative e temporali sono da intendere sostituite dalle corrispondenti norme della legge statale.

In base a questa impostazione, le questioni sollevate partirebbero da presupposti inesatti, scaturenti dall'attribuzione di efficacia ad una normativa regionale non più sussistente, perché superata dai non coincidenti principi fondamentali contenuti in legge della Repubblica.

Con memoria presentata nell'imminenza dell'udienza di discussione, la Regione Lombardia ribadisce le ragioni già esposte a sostegno dell'infondatezza della questione, sottolineando in particolare che l'art. 25 della c.d. legge Merli sarebbe venuto "a riconoscere la piena legittimità delle norme regionali già emanate... in tema di scarichi industriali, dando loro un fondamento esplicito e sicuro, qualunque fosse la competenza regionale sul punto".

Con argomentazioni quasi coincidenti e comunque in larga parte approssimabili a quelle esposte in precedenza il pretore di Pavia (n. 398 del reg. ord. 1979) ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale del solo art. 14, primo comma, della legge Regione Lombardia 19 agosto 1974, n. 48, per preteso contrasto con l'art. 117 Cost.; ciò dopo un'ampia motivazione sulla rilevanza della questione stessa.

Nella ordinanza si ripetono, a sostegno della non manifesta infondatezza della questione, motivi del tutto analoghi a quelli già ricordati.

Ha spiegato intervento (peraltro fuori termine) il Presidente della Giunta regionale lombarda, chiedendo che la proposta questione venga dichiarata infondata.

Nel corso di un procedimento penale a carico di Angelo Bussoni, il pretore di Bellano (n. 41 del reg. ord. 1981), dopo aver dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 15, 21, 22, 25 e 26 della legge 10 maggio 1976, n. 319, con riferimento agli artt. 2, 3, 4, 9 e 32 della Costituzione, proposta dalla difesa, sollevava d'ufficio questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 14 della legge regionale lombarda 19 agosto 1974, n. 48, per preteso contrasto con l'art. 117 Cost., dopo aver motivato sulla rilevanza della questione.

Le argomentazioni succintamente addotte a sostegno della non manifesta infondatezza della questione sono riportabili a quelle riassunte in precedenza.

Non si aveva costituzione di parti né intervento del Presidente della Giunta lombarda.

Egualmente la questione di legittimità costituzionale del solo art. 14 per contrasto con l'art. 117 veniva sollevata dal tribunale di Como con due ordinanze (nn. 10 e 11 del reg. ord. 1982) con succinta motivazione sulla rilevanza.

Con ventisei ordinanze, praticamente identiche (nn. 667, 878/1979; 344, 345, 399, 433, 510-514, 664-671, 803/1980; 161, 299, 314, 400-402/1981), il tribunale di Como ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 25 della legge 10 maggio 1976, n. 319, nella parte in cui richiama l'art. 14 della legge regionale della Lombardia n.48 del 1974; all'uopo il collegio rileva che "la legge Merli ha mutato in illecito penale con scadenza al 5 settembre 1976, una omissione che dal 5 settembre 1974 (data di entrata in vigore della richiamata legge regionale) era contemplata dalla legge regionale, con la stessa scadenza del 5 settembre 1976, quale semplice illecito amministrativo e che, ai fini penali, la condotta omissiva successiva al 13 giugno 1976 (data di entrata in vigore della legge Merli) appare soffrire di un termine assai breve (poco più di due mesi) per un adempimento, di norma, complesso, quale quello di predisporre impianti adeguati di depurazione, così da doversi ipotizzare una responsabilità penale indipendentemente da una concreta possibilità di obbedienza al precetto".

Nelle suddette ordinanze manca qualunque riferimento ai fatti di causa; la rilevanza é enunciata, senza motivazione alcuna; ci si limita a dire che la norma impugnata "concorre a formare, con l'art. 21 della citata legge n. 319 del 1976, la fattispecie del reato in contestazione, in relazione all'art. 27 Cost.".

Nelle ordinanze nn. 344, 345/1979 e 433/1980 ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la proposta questione venga dichiarata infondata; le argomentazioni svolte a sostegno di tali tesi sono praticamente le stesse già riassunte in precedenza.

Considerato in diritto

1. - Le trentasei ordinanze di cui in epigrafe sollevano questioni di legittimità costituzionale identiche o comunque concernenti la stessa materia. I relativi giudizi possono quindi essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - L'art. 14 della legge 19 agosto 1974, n. 48, della regione Lombardia stabilisce una serie di norme transitorie, relative alle sistemazioni degli scarichi in corsi d'acqua superficiali, prescrivendo nel primo comma che essi entro due anni dall'entrata in vigore della legge debbono essere conformati "ai limiti di accettabilità previsti nella allegata tabella C".

Eguale prescrizione viene stabilita dall'art. 15, terzo comma, della legge per "gli scarichi di insediamenti produttivi in pubbliche fognature".

L'art. 19 della detta legge regionale stabilisce sanzioni amministrative per l'inosservanza alle prescrizioni della legge medesima.

L'art. 25, primo comma, della legge statale 10 maggio 1976, n. 319, stabilisce che "coloro che effettuano scarichi già esistenti provenienti da insediamenti sia produttivi che civili... sono comunque tenuti ad osservare le prescrizioni stabilite dalle regioni e dagli enti locali in quanto compatibili con le disposizioni qualitative e temporali della presente legge e in particolare con quanto contenuto nella tabella C allegata alla presente legge".

Infine l'art. 21 della stessa legge n. 319, stabilisce sanzioni penali, tra l'altro, per chi "non ottempera alle disposizioni di cui all'art. 25".

3. - Le trentasei ordinanze riassunte in narrativa propongono alla Corte le seguenti questioni di legittimità costituzionale:

A) L'ordinanza del pretore di Voghera (n. 528 del reg. ord. 1979), quattro ordinanze del tribunale di Vigevano (nn. 651, 652, 884, 885 del reg. ord. 1979), l'ordinanza del pretore di Pavia (n. 398 del reg. ord. 1979), quella del pretore di Bellano (n. 41 del reg. ord. 1981), due ordinanze del tribunale di Como (nn. 10 e 11 del reg. ord. 1982) sollevano questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14 (o dell'art. 14, primo comma) della legge della regione Lombardia 19 agosto 1974, n. 48, in riferimento all'art. 117 della Costituzione.

L'ordinanza n. 653 del reg. ord. 1979 del tribunale di Vigevano solleva la stessa questione anche nei confronti dell'art. 15, terzo comma, della stessa legge della regione Lombardia n. 48.

B) L'ordinanza del pretore di Voghera e le cinque ordinanze del tribunale di Vigevano sopra menzionate sollevano in via subordinata questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, primo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, con riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 27, primo comma, della Costituzione.

C) Ventisei ordinanze del tribunale di Como, cioé tutte quelle indicate in narrativa ad eccezione delle due ultime (nn. 10 e 11 del reg. ord. 1982), sollevano questione di legittimità costituzionale dell'art. 25 della legge 10 maggio 1976, n. 319, nella parte in cui richiama l'art. 14 della legge della regione Lombardia n. 48 del 1974", in relazione all'art. 27 della Costituzione.

4. - La questione indicata sub A non é fondata.

Essa é stata sollevata sul rilievo che "la disciplina degli scarichi industriali non sembra rientrare in alcuna delle materie indicate nell'art. 117 Cost.", mentre poi "lo Stato, nel trasferire alle Regioni con i decreti delegati del 1972 le funzioni amministrative nella materia attribuite alle Regioni stesse dal menzionato art. 117 Cost., ha mantenuto a se stesso la competenza in ordine all'igiene del suolo e dell'ambiente, all'inquinamento atmosferico e delle acque ed agli aspetti igienico - sanitari delle industrie insalubri, come espressamente stabilito dall'art. 6, n. 7, del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4".

La Corte ritiene che la delicata questione della competenza regionale nella materia di cui trattasi non possa essere affrontata se non partendo dalla considerazione che fino alla legge cosiddetta Merli n. 319 del 1976 non esisteva nella legislazione dello Stato alcuna organica disciplina relativa agli inquinamenti. Il problema, divenuto assai grave con lo sviluppo industriale e con quello urbanistico, era solo frammentariamente toccato da molteplici disposizioni sia delle leggi sanitarie, sia di quelle sulla pesca e sulle acque pubbliche, sia del codice penale, con ampi margini di incompletezza, di discrezionalità e di incertezza sulla loro concreta applicabilità, tanto da rendere assai difficili e controversi i primi interventi dell'autorità giudiziaria di fronte all'incontrollato espandersi del fenomeno dell'inquinamento, ulteriormente favorito proprio dalla deficienza e scarsa decifrabilità della regolamentazione.

Che in questa specie di vuoto legislativo le regioni, nella specie la regione Lombardia con la legge n. 48 del 1974, siano state pressoché costrette ad inserirsi con una interpretazione estensiva e globale ma non arbitraria della competenza loro accordata dall'art. 117 della Costituzione in materia di urbanistica, di caccia e pesca nelle acque interne (cioé in materia direttamente o indirettamente collegata con quella della protezione dagli inquinamenti), é fatto che non può considerarsi travalicante i limiti della competenza regionale.

D'altra parte, come é rilevato in dottrina, da una considerazione unitaria del contenuto dell'art. 117 della Costituzione si desume l'attribuzione alle regioni, come uno dei campi preferenziali, della competenza relativa all'assetto del territorio, del quale le acque costituiscono elemento essenziale, sicché la strumentazione della loro difesa dagli inquinamenti non può ritenersi sottratta, quanto meno nella totalità, alla competenza regionale. Con la conseguenza che ove questa sia stata - come nella specie - esercitata non in contrasto con la disciplina statale della materia, ma in via per così dire suppletiva, finché una disciplina statale non é intervenuta, non si é verificata violazione dell'art. 117 Cost.

Vero é poi, come osservano i giudici a quibus, che il decreto n. 4 del 1972 mantiene "ferme le attuali competenze degli organi statali" in ordine fra l'altro (art. 6, n. 7) "all'igiene del suolo e dell'ambiente, all'inquinamento atmosferico e delle acque ed agli aspetti igienico – sanitari delle industrie insalubri". Ma, come osserva la difesa della regione Lombardia, la riserva ("restano ferme le attuali competenze" dice il citato art. 1 del decreto n. 4) non poteva riferirsi se non alle competenze in quel tempo esercitate dallo Stato. E come si é già osservato, previsioni e prescrizioni specifiche in ordine alla regolamentazione degli scarichi, ai tassi di inquinamento tollerabili, ai modi e tempi per accordare le situazioni irregolari pregresse con le nuove esigenze ecc. non erano state emanate dallo Stato e non lo furono fino alla legge n. 319 del 1976 concernente la "tutela delle acque dall'inquinamento", nella quale (titolo IV) é contenuta la "regolamentazione degli scarichi", precisandosi (art. 9) che "in tutto il territorio nazionale viene stabilita (dunque prima non esisteva) un'unica disciplina degli scarichi, basata sulla prescrizione per gli stessi dei limiti di accettabilità previsti nelle tabelle A, B e C allegate alla presente legge".

D'altra parte l'art. 25 della legge n. 319 stabilisce l'obbligo di "osservare le prescrizioni stabilite dalle regioni o dagli enti locali in quanto compatibili con le disposizioni qualitative e temporanee della presente legge". E dunque, quanto meno contro l'esistenza di una riserva assoluta di competenza allo Stato che si vorrebbe operata dall'art. 6, n. 7, del decreto n. 4 del 1972, l'argomento desunto dal citato art. 25 della legge n. 319 può considerarsi decisivo.

La verità é che si era fatalmente verificato un intreccio di competenze statali, praticamente non esercitate, e di competenze regionali riconosciuto dalla stessa legge n. 319 come transitoriamente non illegittimo; e che la situazione non é stata definitivamente chiarita se non con il capo VIII del titolo V del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che all'art. 101 determina le funzioni spettanti in materia alle regioni, fra le quali "la disciplina degli scarichi e la programmazione degli interventi di conservazione e depurazione delle acque e di smaltimento dei rifiuti liquidi e idrosolubili".

Da tale normativa non può trarsi argomento circa la preesistenza del conferimento della competenza alle regioni in tale materia; é però indubbio che l'espresso riconoscimento, ivi contenuto, delle attribuzioni suddette, da parte del legislatore statale, dimostra nella ratio legis l'inesistenza di contrasto fra l'art. 117 della Costituzione e la già esercitata potestà legislativa regionale.

Si deve dunque concludere per l'infondatezza della questione, la cui incidenza é ormai confinata entro strettissimi limiti temporali.

E ad eguale conclusione deve a maggior ragione pervenirsi anche per la questione di legittimità costituzionale estesa nell'ordinanza n. 653 del reg. ord. 1979 del tribunale di Vigevano nei confronti dell'art. 15, terzo comma, della legge n. 48 della regione Lombardia, che tratta degli scarichi di insediamenti produttivi in pubbliche fognature. A dimostrarne la infondatezza stanno in proposito non solo le ragioni sopra esposte trattando dell'art. 14, comma primo, ma la considerazione aggiuntiva che può trarsi dall'art. 2, lett. c, n. 3, del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 il quale stabilisce il trasferimento alle regioni dei lavori pubblici concernenti le opere igieniche di interesse locale fra cui le fognature.

5. - La questione sub B é inammissibile.

L'ordinanza del tribunale di Voghera e le cinque ordinanze del tribunale di Vigevano, subordinatamente all'ipotesi di rigetto della questione di legittimità costituzionale sopra esaminata, propongono questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, primo comma, della legge n. 319 del 1976 con riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 27, primo comma, della Costituzione.

La motivazione dell'ordinanza può così essere riassunta.

Il detto art. 25, primo comma, della legge n. 319, richiamando la norma (art. 14, primo comma) della legge regionale lombarda n. 48, avrebbe (in forza dell'art. 21 della legge n. 319 che dispone sanzioni penali fra l'altro a chi non ottempera alle disposizioni dell'art. 25) trasformato un illecito amministrativo (quale era nella legge regionale) in illecito penale. E qui le ordinanze ipotizzano due interpretazioni della norma. O si ritiene che ai fini della configurabilità del reato vada presa in considerazione la sola condotta omissiva successiva al 13 giugno 1976, data di entrata in vigore della legge n. 319 del 1976, oppure si ritiene che il termine di adeguamento degli scarichi al livello stabilito dalla legge regionale decorra dal settembre 1974, cioé dall'entrata in vigore della legge stessa. Nel primo caso l'incongruità del termine di due mesi e mezzo residui per la regolarizzazione degli scarichi sarebbe evidente e ne risulterebbe una responsabilità penale non addebitabile all'imputato, con conseguente violazione del principio della personalità della responsabilità penale (art. 27, primo comma, della Costituzione). Nel secondo caso si darebbe rilievo penale ad un comportamento omissivo avvenuto in periodo precedente alla vigenza della norma che stabilisce la rilevanza penale della omissione, con una retroattività del precetto penale in violazione dell'art. 25, primo comma, della Costituzione.

Si tratta, come é evidente, di due diverse interpretazioni della norma, che pongono due diverse questioni di legittimità costituzionale.

Ora non é consentito ai giudici di ipotizzare, collocandole sul medesimo piano, interpretazioni alternative delle norme (in ipotesi anche più di due) e di ciascuna di esse denunciare il contrasto con la Costituzione.

Fra l'altro, diversamente operando, verrebbe meno la possibilità di verificare la rilevanza della questione, la quale é constatabile soltanto attraverso la precisa indicazione della norma impugnata nella accezione che si ritiene applicabile nel giudizio a quo (cfr. sentenza n. 109 del 1982).

La questione é pertanto inammissibile.

6. - Del pari inammissibile é la questione sub C, sollevata dal tribunale di Como con ventisei ordinanze di identico contenuto.

In esse, infatti, mancano la indicazione dei fatti di causa e la dimostrazione della rilevanza della questione sollevata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14 della legge regione Lombardia 19 agosto 1974, n. 48, sollevata con le ordinanze n. 528 del reg. ord. 1979 dal pretore di Voghera, nn. 651, 652, 653, 884 e 885 del reg. ord. 1979 dal tribunale di Vigevano, n. 398 del reg. ord. 1979 dal pretore di Pavia, n. 41 del reg. ord. 1981 dal pretore di Bellano e nn. 10 e 11 del reg. ord. 1982 dal tribunale di Como, in riferimento all'art. 117 della Costituzione;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15 della legge della regione Lombardia 19 agosto 1974, n. 48 sollevata dal tribunale di Vigevano con l'ordinanza n. 653 del reg. ord. 1979, in riferimento all'art. 117 della Costituzione;

3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, primo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, sollevata dal pretore di Voghera con l'ordinanza n. 528 del reg. ord. 1979 e dal tribunale di Vigevano con le ordinanze nn. 651, 652, 653, 884 e 885 del reg. ord. 1979, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 27, primo comma della Costituzione;

4) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25 della legge 10 maggio 1976, n. 319, nella parte in cui richiama l'art. 14 della legge della regione Lombardia 19 agosto 1974, n. 48, sollevata dal tribunale di Como, con le ordinanze nn. 667 e 878 del reg. ord. 1979; 344, 345, 399, 433, da 510 a 514, da 664 a 671 e 803 del reg. ord. 1980; 161, 299, 314, da 400 a 402 del reg. ord. 1981, in riferimento all'art. 27 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI – Giuseppe FERRARI - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 15 luglio 1983.