SENTENZA N. 169
ANNO 1982
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Prof. Giovanni CONSO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 29, n. 1 e 39 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 (Approvazione del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato); dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) e degli artt. 7, 19 e 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali) promossi con otto ordinanze emesse il 29 gennaio 1979 (sei ordinanze) e il 22 marzo 1979 (due ordinanze) dalla Corte di Cassazione - Sezioni unite civili, iscritte ai nn. da 841 a 845 del registro ordinanze 1979 ed ai nn. da 104 a 106 del registro ordinanze 1980 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 22, 29 e 118 del 1980.
Visto l'atto di costituzione della FIDEP - CGIL;
udito nell'udienza pubblica del 28 aprile 1982 il Giudice relatore Leopoldo Elia;
udito l'avv. Roberto Muggia per la FIDEP - CGIL.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di otto giudizi per regolamento preventivo di giurisdizione, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e delle disposizioni relative alle attribuzioni dei Tribunali Amministrativi regionali, del Consiglio di Stato e dei procedimenti dinanzi a questi organi in materia di giurisdizione esclusiva (artt. 29 1, 39 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054; 7, 19 e 21 l. 6 dicembre 1971, n. 1034) nelle parti riguardanti la tutela della libertà e dell'attività delle associazioni sindacali dei dipendenti di enti pubblici non economici.
Interpretando le disposizioni denunziate nel senso che agli anzidetti sindacati non é consentito il rimedio di cui all'art. 28 dello Statuto dei lavoratori per reprimere un eventuale comportamento anti - sindacale posto in essere da enti pubblici non economici, ma solo l'intervento ad adiuvandum nel ricorso in sede di giurisdizione esclusiva del singolo lavoratore leso, le Sezioni Unite ritengono non manifestamente infondato il contrasto tra simile complesso normativo e gli artt. 3 e 24 della Costituzione. Al sindacato infatti, titolare di libertà e di diritti sostanziali propri, sarebbe negato il diritto di reagire giurisdizionalmente alle lesioni arrecate all'esercizio di tali situazioni giuridiche soggettive, con evidente disparità di trattamento rispetto ad altre associazioni sindacali. Inoltre le forme del procedimento presso il giudice amministrativo mancherebbero di quell'effettività e immediatezza di tutela caratteristiche invece dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori.
Ma le Sezioni Unite sollevano anche il dubbio della legittimità costituzionale dell'interpretazione opposta a quella adottata e cioè del ritenere che al dipendente é dato il ricorso in sede di giurisdizione esclusiva e al sindacato il rimedio previsto dall'art. 28. In questa prospettiva infatti potrebbero verificarsi contrasti di giudicati irresolubili con gli ordinari mezzi della litis pendenza, della connessione, della continenza, della sospensione necessaria o facoltativa o con l'istituto previsto dall'art. 362, secondo comma, del codice di procedura civile.
Una siffatta situazione, in cui la pubblica amministrazione potrebbe trovarsi esposta all'obbligo di ottemperare a diverse ed eventualmente opposte statuizioni giudiziarie non sarebbe conforme né al principio di ragionevolezza né al principio del giudice naturale.
Quest'ultimo infatti risulterebbe violato considerando come la normativa impugnata avrebbe precostituito due giudici naturali per una controversia identica quanto a petitum e causa petendi, senza dare indicazioni circa la "specificità ultimativa nella designazione del giudice" richiesta, secondo le Sezioni Unite, dall'art. 2; della Costituzione.
2. - Le ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. La discussione della questione inizialmente fissata per la Camera di Consiglio del 20 novembre 1980, in relazione alla sentenza n. 68 del 1980 di questa Corte, viene oggi portata in pubblica udienza.
Dinanzi alla Corte si é costituita la FIDEP - CGIL, provinciale di Roma, rappresentata e difesa dall'avv. Roberto Muggia. La parte, nel far proprie le argomentazioni delle Sezioni Unite, sottolinea come la posizione dei dipendenti dello Stato e delle relative associazioni sindacali sia diversa da quella dei dipendenti di enti pubblici non economici e dei relativi sindacati. Sarebbe pertanto improprio operare una meccanica trasposizione delle conclusioni cui é pervenuta la sentenza n.68 al caso di specie.
Considerato in diritto:
1. - Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione con numerose ordinanze di identica stesura nel considerato in di ritto, emesse a partire dal 1977 (e di cui in narrativa), hanno sollevato due complesse questioni di legittimità costituzionale concernenti l'applicazione delle garanzie previste dall'art. 28 l. 20 maggio 1970, n. 300, (Statuto dei lavoratori) ai sindacati dei dipendenti di più enti pubblici non economici.
Com'è noto la giurisprudenza della Cassazione ha riconosciuto la pienezza di tali garanzie a favore di questi sindacati quando la richiesta di applicazione da parte delle associazioni abbia per oggetto le posizioni soggettive proprie ed esclusive di esse, senza coinvolgimento di singoli rapporti di pubblico impiego. Al contrario la Corte di Cassazione ha ritenuto l'improponibilità assoluta della denuncia ogni volta che essa deduca un comportamento degli enti pubblici incidente su posizioni individuali relative al rapporto di impiego.
Peraltro le Sezioni Unite si sono indotte a sottoporre ad una nuova riflessione questo aspetto della loro giurisprudenza, tenuto anche conto della prospettiva dischiusa dalla sentenza n. 118/1976 di questa Corte.
In effetti, ricorrerebbe secondo la Suprema Corte l'ipotesi formulata in quella pronuncia per il rapporto di pubblico impiego, circa la possibilità di eccepire la illegittimità costituzionale allorché, "in sede di concreta applicazione di singoli istituti, situazioni identiche o simili, nei due ambiti considerati, possano apparire regolate in modo ingiustificatamente difforme, rispettivamente dalla normativa statutaria e da quella speciale".
Dopo avere con varie ordinanze, e in termini globali, eccepito la mancata estensione delle garanzie ex art. 28 ai sindacati dei dipendenti statali (sent. n. 68/80), le Sezioni Unite hanno ora proposto questione di legittimità costituzionale in ordine alla inapplicabilità delle predette garanzie ai sindacati del personale degli enti pubblici non economici, anche quando la domanda dell'associazione sindacale coinvolgesse, oltre le posizioni dell'associazione, singoli rapporti di lavoro.
2. - Senonché le ordinanze, il cui esame deve compiersi in unico giudizio per l'identità testuale di cui si é detto, sollevano in ordine ad uno stesso complesso normativo (l'art. 28 cit. e diversi precetti sulla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi in ordine ai rapporti di pubblico impiego) due autonome questioni di costituzionalità con distinti parametri ma la duplicità delle questioni deriva dalla duplice interpretazione che in ciascuna ordinanza si offre dell'art. 28 dello Statuto e della sua collocazione nell'ordinamento in rapporto alle norme sulla ripartizione della giurisdizione.
Una prima scelta interpretativa ne presuppone la non applicabilità (in mancanza di previa sentenza di questa Corte) ai sindacati dei dipendenti degli enti pubblici non economici: onde la contestazione di legittimità costituzionale dell'art. 28 e degli altri precetti "in quanto non prevedono" la stessa tutela per quei sindacati.
La seconda interpretazione, proposta in via certamente non ipotetica (tanto da dar luogo a una seconda questione), presuppone al contrario l'applicabilità dell'art. 28 alle associazioni sindacali predette: applicabilità, che, ove provocasse contrasti di giudicati, produrrebbe situazioni lesive del disposto dell'art. 25, primo comma. Cost., in ordine alla garanzia del giudice naturale. Un'ulteriore singolarità consiste nella circostanza che una pronuncia di accoglimento della prima questione equivarrebbe, nel risultato, all'accettazione della seconda proposta interpretativa, con l'effetto di rendere egualmente necessario il giudizio sulla questione riferito al parametro dell'art. 25, primo comma, Cost.
3. - Ma é da chiedersi in via preliminare se una stessa ordinanza che solleva il giudizio di costituzionalità possa fondarsi su due interpretazioni contrapposte della stessa norma applicabile dal giudice a quo, o se invece il giudice che solleva la questione non debba operare esso stesso una precisa scelta interpretativa. A, ovvio che porre il problema significa anche risolverlo in effetti senza tale scelta non si potrebbe identificare il "chiesto" alla Corte costituzionale (o meglio il thema decidendum sottoposto al giudice della costituzionalità delle leggi) né sarebbe dimostrata la rilevanza della eccepita illegittimità perché proposta "in astratto" (cfr. al riguardo la sent. n. 81/82).
Nella specie l'antinomia delle letture interpretative é così radicale da rendere veramente ancipiti le ordinanze delle Sezioni Unite, senza che questa Corte possa risolvere l'essenziale duplicità dell'oggetto presentato al suo giudizio.
D'altra parte, anche considerate singolarmente, le due questioni corrispondenti alle due letture o ipotesi esegetiche danno luogo a serie perplessità.
Per ciò che riguarda la prima quaestio risulta di difficile intelligibilità la simultanea contestazione dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori e delle norme sulla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi in tema di rapporto di pubblico impiego. In realtà non é agevole scorgere come il giudice a quo possa aver considerato applicabili da parte sua (e nella stessa controversia) norme così chiaramente alternative in ordine alla tutela giurisdizionale delle associazioni sindacali dei dipendenti degli enti pubblici non economici.
Per ciò che concerne poi la seconda questione (relativa alla violazione dell'art. 25, primo comma, Cost.), rimane incert ose a questa Corte sia richiesta una sentenza additiva nel senso di concentrare nel giudice civile i poteri di tutela giurisdizionale dei sindacati e delle situazioni attinenti al rapporto di impiego dei singoli dipendenti o, al contrario, nel senso di operare la concentrazione a favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
D'altronde, la natura del "petitum" implicito nella Seconda questione, indica che, comunque si risolva la sua attuale ambivalenza, l'intero problema della estensione delle garanzie ex art. 28 dello Statuto dei lavoratori comporta una scelta tra le soluzioni possibili che, nello stato attuale dell'ordinamento, eccede i poteri di questa Corte.
Conclusivamente, per i motivi suesposti, la Corte non é in grado di passare all'esame del merito, sicché si impone una declaratoria di inammissibilità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e degli artt. 29, n. 1, e 39 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, 7, 19 e 21 della legge 6 dicembre 1977, n. 1034, sollevata dalla Corte di Cassazione - Sezioni Unite civili -, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25, primo comma, della Costituzione, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 ottobre 1982.
Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giuseppe CONSO.
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 26 ottobre 1982.