Ordinanza n. 780 del 1988

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ORDINANZA N.780

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art.6, diciassettesimo, diciottesimo e diciannovesimo comma, del d.l. 29 dicembre 1977, n. 946 (<Provvedimenti urgenti per la finanza locale>), convertito con modificazioni in legge 27 febbraio 1978, n. 43, promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1982 dal T.A.R. per l'Abruzzo - sede di l'Aquila - sul ricorso proposto dal Comune di L'Aquila contro la Sezione del Comitato Regionale di Controllo ed altra, iscritta al n. 885 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 135 dell'anno 1983;

Visto l'atto. di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

Ritenuto che nel corso di un giudizio amministrativo avente ad oggetto l'impugnazione di un provvedimento con cui il Comitato Regionale di Controllo aveva annullato una delibera del Consiglio comunale di l'Aquila istitutiva di una nuova qualifica impiegatizia, il T.A.R. per l'Abruzzo, con ordinanza in data 23 giugno 1982, ha sollevato, in riferimento agli artt. 5, 39, 97 e 128 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, commi 17, 18 e 19 del decreto legge 29 dicembre 1977, n. 946 (<Provvedimenti urgenti per la finanza locale>) convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1978, n. 43, nella parte in cui stabilisce che il trattamento giuridico ed economico del personale degli enti locali viene determinato in conformità ai principi, criteri e livelli risultanti da accordi nazionali a scadenza triennale, stipulati tra le rappresentanze del Governo, delle associazioni nazionali degli enti locali e di sindacati di categoria maggiormente rappresentativi su scala nazionale, e approvati con decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla sottoscrizione dell'accordo stesso;

che, ad avviso del giudice a quo la disposizione impugnata contrasterebbe in primo luogo, con l'art. 39 della Costituzione, in quanto essendo rimasta inattuata tale norma, l'accordo tra associazioni non registrate, non potrebbe assurgere a fonte di produzione giuridica con efficacia erga omnes, ne potrebbe conseguentemente impedire che gli enti territoriali apportino deroghe più favorevoli alla disciplina in esso contenuta;

che, inoltre, secondo il T.A.R. Abruzzo, la norma impugnata contrasterebbe con lo stesso art. 39 Cost., in quanto anche se si ipotizzasse come regolamento governativo di organizzazione l'atto formale di approvazione della disciplina, difetterebbero i presupposti richiesti per tale fonte dall'art. 1 della legge 3 gennaio 1926, n. 100, ed, il Governo, comunque, non potrebbe apportare modifiche al contenuto dell'accordo;

che il giudice a quo dubita, altresì della legittimità costituzionale della norma impugnata, in riferimento agli artt. 5, 39 e 128 Costituzione, in quanto la disciplina convenzionale che si assume adottata in rappresentanza degli enti territoriali, verrebbe concordata con associazioni nazionali degli enti locali prive di legittimazione per la tutela di interessi alieni;

che, infine, ad avviso del T.A.R. Abruzzo, la norma impugnata si pone in contrasto con gli artt. 5, 97 e 128 Cost., in quanto la negoziazione collettiva, oltre a determinare i trattamenti economici in funzione della omogeneizzazione delle retribuzioni del personale degli enti locali, incide - in particolare per quanto disposto dagli artt. 3 e 30 dell'accordo recepito con D.P.R. 1° giugno 1979, n. 191, in materia di norme di accesso e ristrutturazione dei servizi - sulla riserva legislativa di attribuzione agli enti locali dei poteri amministrativi in materia di impiego pubblico locale, che rientrano nel concetto di autonomia;

che nel giudizio davanti a questa Corte e intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, tramite l'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità per difetto d i rilevanza della questione, ovvero per la sua infondatezza.

Considerato che la dedotta eccezione di inammissibilità deve essere disattesa in quanto, ancorchè nel giudizio amministrativo non sia stato impugnato il D.P.R. n. 191 del 1979 (che, in attuazione della disposizione censurata, recepisce l'accordo collettivo dei dipendenti degli enti locali) allo stesso occorre comunque far riferimento per valutare la legittimità dell'impugnato provvedimento amministrativo, onde l'eventuale declaratoria di incostituzionalità dell'art. 6 del D.L. n. 946 del 1977, comportando l'illegittimità derivata del citato decreto presidenziale, sarebbe influente per la definizione del giudizio a quo;

che la disposizione impugnata pone in essere - come già precisato dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo all'analoga norma di cui all'art. 28 della legge n. 70 del 1975 (sentenza n. 21 del 1980) <una devoluzione istituzionale di potere normativo> con procedure particolari che, per i suoi tratti peculiari, non é possibile inquadrare in schemi precedenti;

che - come già affermato da questa Corte nelle pronunce nn. 219 del 1984 (punto 16 della motivazione) e n. 656 del 1988, la disciplina del pubblico impiego <in base ad accordi> non si identifica con la contrattazione collettiva con efficacia erga omnes prevista dall'art. 39 Cost.;

che, pertanto, non e in contrasto con l'art. 39 Cost. - quanto alla rappresentatività dei soggetti stipulanti, alla procedura d'intesa ed all'efficacia erga omnes - la norma impugnata, la quale invece prevede che l'<ipotesi di accordo> sindacale, costituendo solo un momento od una fase di un più ampio iter procedimentale, rimane priva di efficacia fino a che non venga, a conclusione del procedimento amministrativo emanato il prescritto decreto presidenziale;

che, peraltro, l'ipotizzato inquadramento dell'atto formale di approvazione dell'accordo sindacale tra i regolamenti governativi di organizzazione, di cui all'art. l della legge 31 gennaio 1926, n. 100, è del tutto inconferente, in quanto il ricorso a tale fonte di produzione normativa e esplicitamente esclusa per gli enti locali dal n. 3 dello stesso art. 1;

che, anche le censure concernenti il difetto di legittimazione delle parti (associazioni di enti locali e di lavoratori) a rappresentare interessi alieni, e la mancanza di criteri per la identificazione delle organizzazioni sindacali più rappresentative, si fondano sull'erroneo presupposto che la disciplina del rapporto d'impiego dei dipendenti degli enti locali <in base ad accordi> sia inquadrabile nell'ambito della contrattazione collettiva erga omnes prevista dall'art. 39 Cost.;

che per quanto attiene all'asserita violazione degli artt. 5, 97 e 128 Cost., non può che ribadirsi quanto già affermato da questa Corte nell' ordinanza n. 656 del 1988 circa la piena conformità della disciplina emanata in base ad accordi ai principi di rispetto delle autonomie locali di buon andamento ed imparzialità;

che, pertanto, la questione sollevata sotto tutti gli anzidetti profili, va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, commi 17, 18 e 19 del decreto legge 29 dicembre 1977, n. 946 (<Provvedimenti urgenti per le finanze locali>), convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1978, n. 43, sollevata, in riferimento agli artt. 5, 39, 97 e 128 Cost., dal Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo - sede di L'Aquila - con l'ordinanza in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, nella Sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/06/88.

 

Francesco SAJA - Vincenzo CAIANIELLO

 

Depositata in cancelleria il 07/07/88.