ORDINANZA N. 148
ANNO 1987
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
A CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco P. CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 206, primo e terzo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 25 febbraio 1985 dal Giudice istruttore del Tribunale di Perugia nel procedimento penale a carico di Trinchera Luciano, iscritta al n. 262 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 214- bis dell'anno 1985;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 25 febbraio 1987 il Giudice relatore Giovanni Conso;
Ritenuto che il Giudice istruttore del Tribunale di Perugia, con ordinanza del 25 febbraio 1985, ha denunciato, in riferimento all'art.13, quinto comma, della Costituzione, l'illegittimità dell'art. 206, primo e terzo comma, del codice penale, "ove non prevede (I comma) un termine massimo all'applicazione, in corso di procedimento penale, di una misura di sicurezza detentiva; ed ove non prevede (III comma) che il tempo della esecuzione provvisoria della misura di sicurezza sia computato, oltre che nella durata minima di essa, anche nei termini di custodia cautelare";
e che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo, in via principale, che, non trovandosi il giudice a quo "nella condizione di dover applicare" le norme denunciate, le questioni siano dichiarate inammissibili per difetto di rilevanza, e, in via subordinata, che le questioni stesse vengano dichiarate non fondate;
Considerato che l'eccezione di inammissibilità proposta dall'Avvocatura Generale dello Stato deve essere disattesa, avendo il giudice a quo adeguatamente motivato in ordine all'applicabilità nel giudizio principale delle norme denunciate (v. sentenza n. 67 del 1985);
che, quanto alla prima censura, la Corte, con sentenza n. 74 del 1973, ha dichiarato non fondata, in riferimento all'art. 13, quinto comma, della Costituzione, la questione di legittimità del combinato disposto degli artt. 301, secondo comma, e 206, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui, fra l'altro, non indica i limiti massimi di durata della misura di sicurezza applicata provvisoriamente, affermando, sulla base della costante giurisprudenza della Corte (v. sentenze n. 64 del 1970 e n. 96 del 1970), che "le misure di sicurezza detentive sono volte ad esigenze diverse da quella tipicamente processuale della custodia preventiva";
e che la stessa ratio decidendi vale a disattendere la questione di legittimità costituzionale del primo comma dello stesso art. 206 del codice penale, nella parte in cui nemmeno tale comma prevede un termine massimo all'applicazione, in corso di procedimento penale, di una misura di sicurezza detentiva;
che, quanto alla seconda censura, la Corte, con sentenza n. 96 del 1970, ha dichiarato non fondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità dell'art. 206, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui, ai fini del computo della durata minima della misura di sicurezza, non tiene conto del periodo trascorso in custodia cautelare, affermando che "non é assimilabile la carcerazione alla misura di sicurezza (detentiva) per la diversità della natura e delle finalità delle due forme restrittive della libertà personale";
e che la stessa ratio decidendi vale a disattendere la questione di legittimità dell'art. 206, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede che il tempo di esecuzione provvisoria della misura di sicurezza sia computato nei termini di custodia cautelare, in riferimento all'art. 13, quinto comma, della Costituzione;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 206, primo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 13, quinto comma, della Costituzione, dal Giudice istruttore del Tribunale di Perugia con l'ordinanza in epigrafe;
2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 206, terzo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 13, quinto comma, della Costituzione, dal Giudice istruttore del Tribunale di Perugia con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 aprile 1987.
Il Presidente: LA PERGOLA
Il Redattore: ANDRIOLI
Depositata in cancelleria il 23 aprile 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI