Sentenza n.67 del 1985

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SENTENZA N. 67

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale, in via incidentale, dell'art. 16 d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette) promossi con due ordinanze emesse il 18 ottobre 1976 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Roma sui ricorsi proposti dall'Ufficio delle Imposte Dirette di Roma e dagli eredi di Orsini Omero, iscritte ai nn. 53 e 54 del registro ordinanze 1977 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 94 del 1977.

Visti gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 settembre 1984 il Giudice relatore Aldo Corasaniti.

 

Ritenuto in fatto

 

Carlo Orsini, coerede (insieme con i fratelli e con la madre), del padre Omero Orsini, deceduto il 9 febbraio 1969, propose ricorso alla Commissione Distrettuale delle Imposte di Roma avverso il ruolo del febbraio 1973, concernente l'imposta complementare dovuta dal de cuius per l'anno 1968 negando, in relazione all'effettiva consistenza del reddito, l'esistenza dell’obbligazione tributaria.

Con decisione 22 novembre 1973 la Commissione Distrettuale accolse il ricorso, avendo considerato che con altra decisione di pari data era stata ritenuta l'illegittimità dell'imposizione per la mancata notifica dell'accertamento nei confronti della soc. O.M.A., di cui Omero Orsini era socio.

Avverso le due decisioni propose appello il primo Ufficio Distrettuale delle Imposte Dirette, osservando che l'avviso di accertamento era stato regolarmente notificato ad ogni singolo erede del defunto Omero Orsini e che, non avendo gli eredi proposto alcuna opposizione, l'accertamento era divenuto definitivo.

La Commissione Tributaria di secondo grado di Roma, Sez. VIII - dopo aver rilevato che con altra decisione di pari data era stato accolto l'appello proposto dall'Amministrazione finanziaria e che, di conseguenza, "automaticamente i coeredi di Omero Orsini sarebbero tenuti, quali successori d’imposta, al pagamento di quanto iscritto nel ruolo di febbraio 1973 nei confronti del de cuius" per l'intero anziché pro quota - ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 Cost. dell'art. 16 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Approvazione del testo unico sulle imposte dirette) nella parte in cui prevede, con riferimento all'imposta in questione, la solidarietà passiva dei coeredi.

Ha rilevato al riguardo il giudice a quo che tale disciplina contrasta con l'art. 3 della Costituzione sotto un duplice profilo: in quanto pone a favore dell'Amministrazione finanziaria un privilegio ingiustificato rispetto agli altri creditori del de cuius, al solo fine di garanzia del fisco, "con la conseguenza di rendere estremamente pericolosa l'accettazione delle quote ereditarie soprattutto nei casi di successione per rappresentazione"; e, in secondo luogo, perché la descritta disciplina della solidarietà passiva dell'obbligazione tributaria é prevista solo con riferimento alle imposte dirette (Cass. 13 ottobre 1975, n. 3277), con la conseguenza di una non giustificata disparità di trattamento tra gli eredi dei soggetti passivi delle due categorie d’imposte, quelle dirette e quelle indirette.

L'impugnato art. 16 contrasta, altresì - ad avviso della Commissione - con l'art. 24 della Costituzione, in quanto la solidarietà tributaria viola il diritto di difesa dei contribuenti, ben potendo l'Amministrazione finanziaria notificare l'accertamento solo "al più inerte e meno combattivo" dei coeredi, per poi farlo valere nei confronti degli altri condebitori.

Il denunciato contrasto con l'art. 76 della Costituzione, infine, é stato ravvisato in ciò, che l'estensione della solidarietà tra coeredi a tutte le obbligazioni tributarie, indipendentemente dalla loro iscrizione a ruolo - della solidarietà fra coeredi prevista in via eccezionale dall'art. 24 r.d. 17 ottobre 1922, n. 1401, per le imposte iscritte a ruolo - viola la legge 5 gennaio 1956, n. 1 che, all'art. 63, nel delegare il Governo all’emanazione di testi unici concernenti le imposte dirette, individua i criteri vincolanti per il legislatore delegato nello "adattamento delle disposizioni all'esigenza di semplificazione nell'applicazione dei tributi e a quella di una razionale organizzazione dei servizi", nonché nel "perfezionamento delle norme concernenti l'attività dell'Amministrazione finanziaria ai fini dell'accertamento dei redditi".

Questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 16 del d.P.R. n. 645 del 1958 é stata sollevata d'ufficio, in riferimento agli stessi parametri e sulla base delle stesse argomentazioni, dalla stessa Commissione tributaria, con ordinanza di pari data emessa in altro procedimento.

Con tale ordinanza é stato precisato:

che con atto 16 dicembre 1972 Clara Spasiano, coerede (insieme con i figli) del marito Omero Orsini, deceduto il 9 febbraio 1969, aveva proposto ricorso alla Commissione Distrettuale delle Imposte di Roma avverso l'accertamento dei redditi notificatole il 22 novembre 1972, concernente l'imposta complementare relativa all'anno 1969, dovuta dalla Società O.M.A., di cui il defunto marito era socio;

che la ricorrente aveva addotto non avere l'Omero Orsini conseguito, nel 1969, utili superiori a quelli denunciati nella dichiarazione dei redditi;

che la Soc. O.M.A., aveva a sua volta proposto ricorso avverso il relativo accertamento;

che con decisione 22 novembre 1973 la Commissione Distrettuale aveva disposto la riduzione dell'imposta complementare, dato che, con altra decisione di pari data emessa sull'altro ricorso della Soc. O.M.A., aveva accertato un reddito inferiore;

che avevano proposto appello l'Ufficio Distrettuale delle Imposte Dirette e la Spasiano, la quale aveva chiesto che il reddito fosse accertato nella misura dichiarata.

Infine, in punto a rilevanza della questione, é stato osservato anche con quest’ ordinanza che - essendo stato soltanto ridotto, con coeva decisione di parziale accoglimento dell'appello proposto dalla Spasiano, il reddito imponibile della Soc. O.M.A. per l'anno 1969 - "di conseguenza automaticamente i coeredi di Omero Orsini sarebbero tenuti, quali successori d’imposta, al pagamento di quanto dovuto dal de cuius"; con l'ulteriore conseguenza che "un'eventuale declaratoria d’illegittimità costituzionale della norma impugnata avrebbe notevole rilevanza per la Sig.ra Clara Spasiano vedova Orsini, la quale sarebbe responsabile del debito d’imposta di cui si discute non solidalmente e globalmente ma soltanto pro quota".

In entrambi i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ha chiesto pregiudizialmente che la questione sia dichiarata inammissibile per manifesta irrilevanza, in quanto le ordinanze di rimessione - pur affermando genericamente che dall'accoglimento della questione deriverebbe una responsabilità parziaria anziché solidale dell'erede - non esaminano se la rilevanza si presenti in modo specifico rispetto al rapporto dedotto in giudizio e alla materia oggetto del giudizio. Ciò sembra doversi escludere - secondo l'Avvocatura dello Stato - perché nella fattispecie all'esame del giudice a quo non si discuteva affatto dell'adempimento dell'obbligazione (solidale o pro quota), bensì dell'accertamento in ordine alla sussistenza e all'entità della stessa, sicché il giudice non avrebbe potuto pronunciare d'ufficio sulla questione della solidarietà.

Ad ogni modo il Presidente del Consiglio ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata.

Dopo aver rilevato che si ha successione nell'obbligazione tributaria anche anteriormente all'iscrizione a ruolo, l'interventore ha dedotto, in linea generale e con specifico riferimento al denunciato contrasto con l'art. 76 Cost., che l'art. 16 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 - disposizione la quale riunisce in unico testo la norma dell'art. 24 della legge esattoriale del 1922 e quella dell'art. 67 della legge di ricchezza mobile del 1877 - ha soltanto dato forma più precisa a un principio, quello della solidarietà tra coeredi, proprio, per secolare tradizione legislativa, delle imposte dirette. Tale principio, secondo l'interventore, non si pone in contrasto con la disciplina della solidarietà nel diritto civile, nella quale é consentita una deroga pattizia o legislativa, in considerazione della natura dell'obbligazione, alla regola della parziarietà dell'obbligazione dei coeredi.

Per quanto riguarda il denunciato contrasto con l'art. 3 Cost., l'interventore, sotto il profilo dell'asserito "privilegium fisci", ha rilevato come la peculiarità dell'obbligazione tributaria sarebbe comunque giustificata da quelle esigenze politico-economiche che legittimano ben più consistenti privilegi dell'Amministrazione finanziaria; quanto al secondo profilo, concernente la diversa regolamentazione esistente tra imposte dirette e indirette, ha posto in evidenza come la solidarietà tra coeredi si ponga in diretta correlazione con la modalità propria di riscossione delle imposte dirette, in quanto i coeredi, più che essere obbligati al pagamento, sono tenuti a consentire il prelievo fiscale sul reddito ereditario, considerato come se fosse ancora unico.

Infine, con riferimento specifico al denunciato contrasto con l'art. 24 della Costituzione, l'interventore ha contestato il presupposto argomentativo da cui muove il giudice a quo, ponendo in evidenza come incontestatamente l'accertamento tributario vada notificato a tutti gli eredi, i quali, pertanto, sono posti nelle condizioni di tutelare i propri diritti.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le due ordinanze in epigrafe pongono identiche questioni di legittimità costituzionale, giacché entrambe, con identica motivazione, sospettano che l'art. 16 d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico sulle imposte dirette), nella parte in cui prevede la solidarietà fra i coeredi delle obbligazioni tributarie del soggetto, in materia appunto d’imposte dirette, sia in contrasto con gli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione.

I relativi provvedimenti possono pertanto essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Va anzitutto esaminata l'eccezione con la quale la Avvocatura dello Stato, relativamente a entrambe le ordinanze, deduce la genericità della motivazione sulla rilevanza, e comunque l'irrilevanza, della questione, assumendo che il giudice a quo - in entrambi i casi la Commissione tributaria di secondo grado di Roma - non ha dimostrato, e che in ogni caso non ricorre, la pregiudizialità della questione medesima ai fini della decisione della controversia come sottoposta al detto giudice delle parti.

Va premesso che il giudice a quo, in uno dei due casi, era investito d'appello dell'ufficio tributario contro decisione di primo grado di accoglimento del ricorso - proposto da Carlo Orsini, erede (con altri) del padre Omero Orsini, contro il ruolo concernente l'imposta complementare dovuta da quest'ultimo nel 1968 per dedotta eccedenza dell'ammontare dell'imposta in relazione all'effettività del reddito - sulla base di coeva decisione, (dichiarativa dell'illegittimità dell'imposizione per mancata notifica dell'accertamento nei confronti della Soc. O.M.A., di cui il de cuius era socio); nell'altro caso era investito di appelli rispettivamente dello stesso Ufficio tributario e di Clara Spasiano contro decisione di primo grado di accoglimento parziale del ricorso proposto dalla Spasiano, erede con altri (i figli) del marito Omero Orsini contro accertamento dei redditi notificatole nel 1972 per imposta complementare dovuta dal detto Omero Orsini per l'anno 1969. In entrambi i casi, secondo l'Avvocatura dello Stato, si discuteva soltanto della validità dell'accertamento o al più dell'entità dell'obbligazione tributaria: non anche della natura (solidale o pro quota) dell'obbligazione stessa. Sicché - osserva l'Avvocatura - il giudice a quo non avrebbe dovuto né potuto porsi d'ufficio alcun problema, né emettere alcuna pronuncia relativamente a quest'ultimo punto.

L'eccezione non é fondata.

Essa é ancorata al presupposto che il giudice a quo sia incorso in ultra-petizione nel ritenere che avrebbe potuto e dovuto pronunciare non soltanto sull'entità in toto e in astratto dell'obbligazione tributaria, ma anche sul quantum in concreto del debito tributario dell'erede in quanto coerede, e quindi sulla natura solidale o no dell'obbligazione del coerede.

Ma il vizio inficiante in ipotesi l'individuazione da parte del giudice del thema decidendum é sottratto al controllo di questa Corte. Controllo che, ai fini del giudizio sull'ammissibilità della questione ai sensi dell'art. 23, comma secondo, l. 11 marzo 1953, n. 87, é limitato all'adeguatezza della motivazione sulla rilevanza della questione in riferimento al thema decidendum come individuato dal giudice a quo (fatto salvo ovviamente il caso - che deve pur sempre desumersi dalla manifesta illogicità o erroneità della detta motivazione e che comunque qui non ricorre - che per assoluta reciproca estraneità fra oggetto della questione e oggetto della controversia, la questione appaia, al di là di ogni ragionevole dubbio, sollevata in elusione dell'art. 1 della l. cost. 9 febbraio 1948, n. 1).

3. - La questione di legittimità in riferimento all'art. 24 Cost. della norma impugnata - concernente la solidarietà fra coeredi nel debito d’imposte dirette del de cuius - va dichiarata inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza (art. 23, comma terzo, della legge 11 marzo 1953, n. 87).

Secondo le ordinanze di rimessione la norma impugnata ferisce il cennato precetto costituzionale, perché consentirebbe al fisco di notificare l'accertamento a uno solo dei condebitori - quello in ipotesi "più inerte e meno combattivo" - e di far valere poi sia il procedimento amministrativo che quello giurisdizionale nei confronti degli altri.

Le ordinanze non spiegano se e come, in tal caso, gli altri condebitori sarebbero sguarniti di difesa rispetto a iniziative del fisco (nei loro confronti) dopo la sentenza di questa Corte n. 48 del 1968 (che ha dichiarato illegittima l'interpretazione della normativa nel senso di considerare la notifica a uno solo dei condebitori idonea a far decorrere il termine per l'impugnazione da parte degli altri).

Ma, a parte ciò, ed a parte l'osservazione dell'Avvocatura dello Stato - secondo la quale la notifica dell'accertamento é ora ritenuta necessaria (e quindi da eseguire nei confronti di tutti i condebitori) - sta di fatto che le ordinanze stesse non recano alcuna motivazione sulla ricorrenza del presupposto della questione, cioé sulla mancata notificazione dell'accertamento, nei rispettivi casi concreti, a tutti i coeredi condebitori (nell'ordinanza relativa al giudizio di appello fra il Primo Ufficio Distrettuale e Carlo Orsini si parla solo di mancata notifica dell'accertamento alla Soc. O.M.A., di cui il de cuius era socio: non già di mancata notifica dell'accertamento nei confronti di alcuni dei coeredi e condebitori solidali).

4. - Va quindi esaminata nel merito la questione di legittimità della norma impugnata in riferimento all'art. 76 Cost..

Con le ordinanze di rimessione si esprime il sospetto che la norma impugnata, dettata in base a delega conferita dall'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, abbia violato i limiti fissati con la delega stessa, che autorizzava il governo ad apportare alle norme vigenti, nella compilazione di testi unici concernenti le diverse imposte dirette, oltre alle modifiche utili per un migliore coordinamento, le (sole) modifiche necessarie per l'attuazione dei seguenti criteri: 1) adattamento delle disposizioni alla esigenza di semplificazione nell'applicazione dei tributi e a quella di una razionale organizzazione dei servizi; 2) perfezionamento delle norme concernenti l'attività dell'amministrazione finanziaria ai fini dell'accertamento dei redditi. Secondo il giudice a quo, la norma impugnata avrebbe innovato oltre i limiti così stabiliti rispetto all'art. 24, u.c., r.d. 17 ottobre 1922, n. 1401 (Testo unico delle leggi per la riscossione delle imposte dirette), in quanto tale norma disponeva la solidarietà passiva tributaria fra i coeredi solo nel caso di iscrizione a ruolo, mentre la norma impugnata la ha sancita anche indipendentemente dall'iscrizione a ruolo.

La questione non é fondata.

Il riferimento operato dall'art. 24, ultimo comma, del T. U. n. 1401 del 1922 alle "imposte iscritte a ruolo" non ha il significato limitativo voluto dall'ordinanza, ma importa soltanto che la disposizione ha esplicito riguardo alla fase della realizzazione o riscossione del credito tributario, la quale avveniva appunto, per le imposte in discorso, con tale modalità.

D'altra parte i criteri direttivi enunciati con la disposizione delegante sono di particolare latitudine nel comprendere e nel regolare, oltre alla fase della realizzazione o riscossione, anche quella, anteriore, dell'accertamento del tributo e dei suoi presupposti (cfr. il secondo dei due criteri sopra riprodotti).

Cosicché deve ritenersi che la norma denunciata non innova, se non nei limiti consentiti dalla delega, rispetto al diritto previgente.

5. - Secondo le ordinanze di rimessione, la solidarietà fra coeredi nel debito ereditario relativo alle imposte dirette appare in contrasto con l'art. 3 (comma primo) Cost. sotto un duplice profilo:

a) in quanto la cennata solidarietà costituisce un ingiustificato privilegio del fisco rispetto agli altri creditori del de cuius, giacché costoro non fruiscono di essa sulla base della normativa comune dettata dal codice civile, (artt. 752 e 754 c.c.), dominata dal principio secondo il quale nomina et debita ipso iure dividuntur.

b) in quanto la cennata solidarietà, non essendo prevista in materia di imposte indirette (sentenza Corte di cassazione n. 3277 del 1975), determina una ingiustificata disparità di trattamento fra (co)eredi dei debitori d’imposte dirette e (co)eredi dei debitori di imposte indirette.

Entrambi i profili d’illegittimità così prospettata sono peraltro infondati.

6. - Quanto al profilo di cui sub a) é da osservare anzitutto che la disparità di trattamento tra il fisco e gli altri creditori del de cuius sotto l'aspetto considerato é notevolmente attenuata.

Invero, indipendentemente dall'opinione di una parte della dottrina nel senso di una relativa limitatezza della parziarietà dell'obbligazione del coerede per il debito del de cuius secondo la normativa comune dettata dal codice civile (tale obbligazione, in un primo tempo solidale, sarebbe parziaria solo dal momento della divisione e da tale momento concorrerebbe con un’obbligazione accessoria dei coeredi come collettività), é certo che, secondo la stessa normativa, la solidarietà passiva fra coeredi può essere disposta illimitatamente dal debitore, poi deceduto, con l'atto costitutivo del debito.

É certo altresì che, sempre secondo la detta normativa comune, il coerede può egli stesso sottrarsi agli effetti della solidarietà accettando col beneficio d’inventario (artt. 484, 490 c.c.).

Va d'altra parte considerata la posizione della solidarietà fra coeredi nel quadro della solidarietà passiva come istituto di carattere generale del nostro diritto delle obbligazioni.

Secondo il codice civile oggi in vigore la solidarietà passiva é privilegiata, poiché, ex art. 1294, é presunta, cioé ricorre se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente, mentre non lo era secondo il codice civile abrogato, che, all'art. 1188, escludeva tale presunzione e richiedeva che la solidarietà fra i debitori fosse "stipulata espressamente".

Ciò importa che la solidarietà passiva tributaria, oggi, a differenza di quanto avveniva sotto l'impero del codice previgente, non si pone in contrasto, ma é coerente con la regola generale in tema di pluralità di debitori. La detta solidarietà si discosta dunque soltanto dalla regola in tema di (co)eredi del debitore ma, in tal modo, essa si presenta come un'eccezione (conforme alla regola generale) rispetto all’eccezione (che dalla regola generale diverge).

Il ridimensionamento della denunziata differenza di trattamento fatta al fisco nei confronti degli altri creditori ereditari - trattamento di favore in relazione alla solidarietà passiva fra coeredi concesso al primo - e la posizione di conformità alla regola generale in tema di pluralità di debitori che riveste la disciplina della solidarietà passiva tributaria, danno maggior vigore, se pur ciò fosse necessario, alle ragioni che giustificano in positivo la disciplina considerata.

Ragioni, che consistono, da un lato, cioé sul versante della finalità politica, nelle esigenze di pronta, agevole e intera realizzazione che qualificano il credito tributario in quanto l'entrata corrispondente é direttamente destinata alla copertura delle spese pubbliche (art. 53, comma primo, Cost.), e dall'altro, cioé sul versante della struttura tecnico-giuridica, nell'essere il debito dei coeredi collegato alla successione mortis causa di un debitore unico.

7. - Quanto al profilo sub b), é da osservare che dalla richiamata giurisprudenza della Corte di cassazione non si trae l'affermazione che la solidarietà passiva sia istituto proprio in via esclusiva delle imposte dirette, ma soltanto la negazione che sia desumibile dall'art. 16 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, o aliunde, un principio generale volto a sancire addirittura l'indivisibilità o almeno la solidarietà passiva per ogni tipo di obbligazione tributaria. Difetterebbe pertanto lo stesso presupposto della questione, giacché l'indubbia circostanza che la solidarietà passiva é prevista per alcune imposte indirette esclude una sostanziale disparità di trattamento fra i debitori rispettivamente delle imposte dirette e di quelle indirette.

D'altra parte, anche se la disparità di trattamento volesse rinvenirsi nella ravvisata esclusione, per le imposte dirette, di una previsione generale della solidarietà passiva, che ricorre invece per le imposte dirette, la differenziata disciplina sarebbe giustificata - come osserva l'Avvocatura dello Stato - dall'essere la natura delle imposte dirette differenziata rispetto a quella delle imposte indirette, in quanto solo le prime, e non anche le ultime, sono strutturate come prelievo diretto sul reddito.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i procedimenti relativi alle due ordinanze della Commissione tributaria di secondo grado di Roma, Sez. VIII, in epigrafe;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), sollevata, in riferimento all'art. 24 Cost., dalle dette ordinanze;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 16, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost., dalle dette ordinanze.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 marzo 1985.

Leopoldo ELIA - Aldo CORASANITI

Depositata in cancelleria il 20 marzo 1985.