Sentenza n. 80 del 1984

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SENTENZA N. 80

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente

Giudici: Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI - Prof. GIUSEPPE FERRARI - Dott. FRANCESCO SAJA - Prof. GIOVANNI CONSO - Prof. ETTORE GALLO - Dott. ALDO CORASANITI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 263 bis, comma secondo, del codice di procedura penale sostituito dall'art. 7 della legge 12 agosto 1982, n. 532, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 19 novembre 1982 dal tribunale di Roma nel procedimento di riesame del provvedimento restrittivo della libertà riguardante Scaletti Alessandro iscritta al n. 64 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 177 dell'anno 1983;

2) ordinanza emessa il 29 novembre 1982 dal tribunale di Roma sui procedimenti per il riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale di Mobili Daniela ed altri iscritta al n. 70 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 177 dell'anno 1983;

3) ordinanza emessa il 2 giugno 1983 dal tribunale di Cosenza sull'istanza proposta da Tripicchio Francesco iscritta al n. 643 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 355 dell'anno 1983;

udito nell'udienza pubblica del 14 febbraio 1984 il Giudice relatore Oronzo Reale;

udito l'Avvocato generale dello Stato Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri.


Ritenuto in fatto:

1. - Con due ordinanze di contenuto pressoché identico (iscritte ai nn. 64 e 70 del reg. ord. 1983) il tribunale di Roma, nel corso di due distinti procedimenti, ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 263 bis, comma secondo, c.p.p., nel testo sostituito in forza dell'art. 7 della legge 12 agosto 1982, n. 532 (istitutivo del c.d. Tribunale della Libertà), nella parte in cui detta norma prevede che il termine di cinque giorni per la proposizione della richiesta di riesame da parte del difensore decorra dall'esecuzione del mandato o dell'ordine di cattura, indipendentemente dalla conoscibilità di tale provvedimento da parte del difensore medesimo. Si assumono violati gli artt. 24, comma secondo, e 3 della Costituzione.

2. - A sostegno della non manifesta infondatezza della questione sollevata il tribunale osserva che la norma impugnata, pur prevedendo che il potere di richiedere il riesame del provvedimento restrittivo spetta tanto all'imputato quanto al suo difensore, di fatto in taluni casi precluderebbe a quest'ultimo di esercitare tale facoltà, atteso che si può facilmente verificare l'ipotesi in cui il difensore venga a conoscenza del provvedimento restrittivo o dopo lo spirare del termine di cinque giorni dall'esecuzione del provvedimento stesso o, comunque, in tempo non utile per inoltrare una richiesta di riesame.

Tale constatazione, secondo le ordinanze di rimessione, dovrebbe comportare, in armonia con i principi fatti propri dalla Corte costituzionale sia in relazione ai casi in cui l'esercizio di un'attività processuale sia possibile soltanto ad uno dei due soggetti (imputato e difensore), sia in riferimento alla denegata validità del principio dell'autodifesa, la violazione del secondo comma dell'art. 24 della Costituzione, a maggior ragione ove si ponga mente al fatto che una difesa tecnica, quale può essere assicurata solo dai difensori, può risultare particolarmente efficace nel caso in esame. Risulterebbe infatti violato il pieno soddisfacimento del diritto di difesa atteso che in casi come quelli oggetto del giudizio del tribunale di Roma l effettiva conoscenza dello stato di detenzione dei soggetti assistiti è avvenuta solo al momento dell'interrogatorio, ben dopo dunque l'esecuzione del provvedimento.

3. - Ma la norma de carta contrasterebbe altresì con l'art. 3 della Costituzione, in quanto produrrebbe ingiustificata disparità di trattamento tra imputati il cui interrogatorio sia avvenuto prima della scadenza del termine (e nell'interesse dei quali pertanto il difensore può presentare richiesta di riesame) e imputati per i quali l'interrogatorio sia avvenuto dopo la scadenza del detto termine, i cui difensori pertanto sarebbero impossibilitati a proporre il riesame.

4. - Con una terza ordinanza (n. 643 del reg. ord. 1983) il tribunale di Cosenza ha sollevato, motivandola con considerazioni sostanzialmente coincidenti a quelle esposte nelle due ordinanze del tribunale di Roma, un'eguale questione di costituzionalità, riferendola, peraltro, all'art. 7 della legge 12 agosto 1982, n. 532, che ha sostituito il precedente testo dell'art. 263 bis c.p.p. con quello attualmente in vigore.

Preliminarmente, il collegio rimettente esclude che in via interpretativa si possa giungere a diversificare la decorrenza del termine rispettivamente per il difensore e l'imputato, facendolo decorrere per il difensore dalla data della sua nomina anziché da quella dell'esecuzione del provvedimento detentivo.

In tutte e tre le ordinanze la rilevanza della questione è esaminata e motivata, oltre che emergente dall'esposizione dei fatti di causa.

5. - In tutti i giudizi ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato che ha concluso per la infondatezza della prospettata questione di costituzionalità.

Pur riconoscendo che si possono effettivamente verificare casi in cui il difensore può essere in grado di proporre il riesame ed altri in cui ciò non sia possibile, si rileva che tali inconvenienti non comporterebbero la prospettata illegittimità costituzionale, in quanto la difesa tecnica risulta garantita nella misura possibile ed adeguata al momento processuale ed al particolare procedimento incidentale in cui si innesta.

Si è voluto un procedimento particolarmente sollecito che prevede termini perentori non solo per proporre la richiesta di riesame, ma anche per la trasmissione di essa al tribunale e per la decisione da parte dello stesso. Nel contesto di un siffatto procedimento, procrastinare il termine per il difensore comporterebbe una dilatazione di tempi incompatibili con le caratteristiche della procedura incidentale.

Si rileva comunque che l'art. 304 quater, ultimo comma, c.p.p.,. prevede il diritto del difensore di avere copia del mandato di cattura notificato od eseguito; perciò l'inconveniente lamentato si può verificare solo nel caso limite che il difensore ignori che il suo assistito sia stato sottoposto a provvedimento restrittivo.

Del resto, sotto tale profilo, l'attuale disciplina non si differenzierebbe dalla precedente, atteso che il ricorso per Cassazione previsto dall'art. 263 bis c.p.p. poteva essere proposto anche dal difensore e il termine decorreva dalla data di consegna del provvedimento all'imputato. L'Avvocatura sottolinea che nel ricorso per Cassazione la difesa tecnica svolgeva un ruolo preminente in quanto "il provvedimento di cattura" era censurabile solo per ragioni di diritto e l'esito era condizionato dai motivi.

Diverso è il sistema introdotto dalla legge n. 532 del 1982; il tribunale in sede di riesame deve procedere ad una totale revisione e del provvedimento e del processo, prescindendo dai motivi, che possono anche non essere presentati, "sicché ben può ritenersi l'intervento della difesa tecnica soltanto eventuale".

Considerato in diritto:

1. - Le due ordinanze del tribunale di Roma e quella del tribunale di Cosenza riassunte in narrativa propongono alla Corte la stessa questione di legittimità costituzionale. I relativi giudizi vanno quindi riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - La legge 12 agosto 1982, n. 532 (Disposizioni in materia di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale e dei provvedimenti di sequestro - Misure alternative alla carcerazione preventiva) ha, tra l'altro, con l'art. 7 modificato l'art. 263 bis c.p.p. e con l'art. 8 inserito l'art. 263 ter c.p.p..

Queste due norme, le quali insieme con l'art. 263 quater introducono e regolano l'istituto del riesame dei mandati di cattura e degli ordini di arresto, dispongono che contro i detti provvedimenti (nonché quelli sostitutivi della custodia in carcere o di revoca degli stessi) "l'imputato o il suo difensore possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito"; che la richiesta, quando si tratti di imputato detenuto, deve essere proposta entro cinque giorni dall'esecuzione del provvedimento; che l'autorità che ha emesso il provvedimento, appena le perviene richiesta di riesame e non oltre ventiquattro ore, la trasmette con gli atti del procedimento o copia di essi al tribunale del capoluogo di provincia (correntemente definito "Tribunale della libertà") in cui ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento stesso; che il tribunale entro tre giorni dal ricevimento dell'atto (prorogabili di altri tre giorni con decreto motivato) conferma o revoca il provvedimento, e se non decide entro i termini indicati, il mandato o l'ordine di cattura o di arresto cessa di avere efficacia.

Nel rilevare la novità di questo istituto dottrina e giurisprudenza, discordi circa il suo inquadramento, sono concordi nell'escludere che si tratti di appello, in ragione dell'effetto totalmente e incondizionatamente devolutivo, anche in mancanza di motivi, della richiesta di riesame; mentre è pacifico, perché, come si è ricordato, espressamente indicato dalla norma, che la richiesta di riesame può essere proposta dall'imputato o dal suo difensore.

3. - Ora i giudici rimettenti - più precisamente il tribunale di Roma impugnando il nuovo testo dell'art. 263 bis c.p.p., il tribunale di Cosenza impugnando l'art. 7 della legge 12 agosto 1982, n. 532 che lo ha sostituito al precedente testo dubitano che sia conforme al diritto costituzionale di difesa nonché al principio di eguaglianza, che il termine di cinque giorni per proporre la richiesta di riesame del provvedimento restrittivo decorra anche per il difensore, oltre che per l'imputato, dall'esecuzione del provvedimento stesso, del quale il difensore può non essere ancora a conoscenza.

4. - La questione è fondata.

La Corte ha stabilito in molte decisioni (da ultimo nelle sentenze nn. 162 del 1975, 125 del 1979, 188 del 1980) l'essenzialità della difesa tecnica ai fini del rispetto dell'art. 24 della Costituzione, anche se ha ritenuto che il diritto di difesa, quanto alle modalità del suo esercizio, possa essere dal legislatore " diversamente regolato ed adattato alle speciali esigenze dei singoli procedimenti, purché non ne siano pregiudicati lo scopo e le funzioni" (sentenza n. 159 del 1972).

Ora, come sostanzialmente osservano le ordinanze di rimessione, l'art. 263 bis c.p.p. da una parte ammette il difensore a proporre la richiesta di riesame, dall'altra non gli assicura l'esercizio di questo diritto tutte le volte che egli non abbia cognizione del provvedimento prima della scadenza del termine per la richiesta o che la abbia in immediata prossimità di essa.

Né valgono - a negare la fondatezza della questione - le argomentazioni della difesa del Presidente del Consiglio relative da una parte alla limitata funzione che, nello speciale procedimento di riesame, ha la difesa tecnica in quanto non è necessario corredare di motivi la richiesta e inoltre l'opera del difensore è limitata dalla non conoscenza degli atti coperti da segreto istruttorio; dall'altra al carattere di urgenza del procedimento; e infine alla affermata rarità dei casi nei quali il difensore non ha tempestiva conoscenza del provvedimento stesso.

A parte ogni altra considerazione, infatti, sta quella di per sé decisiva che è lo stesso legislatore a riconoscere, nel procedimento di cui trattasi, il diritto alla difesa tecnica. Non poteva quindi negarne l'esercizio in tutte le situazioni nelle quali il difensore non abbia potuto avere conoscenza del provvedimento restrittivo prima della scadenza del termine fissato o l'abbia avuta in prossimità della scadenza stessa. Da ciò una sostanziale violazione del diritto di difesa e quindi dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione.

La riconosciuta fondatezza della questione in riferimento all'art. 24 della Costituzione esime la Corte dall'esame di essa con riferimento all'art. 3 della Costituzione, altro parametro indicarci nelle ordinanze di rimessione.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 263 bis c.p.p., comma secondo, come sostituito dall'art. 7 della legge 12 agosto 1989, n. 532, nella parte in cui dispone che il termine di cinque giorni per la richiesta di riesame da parte del difensore dell'imputato detenuto decorra dall'esecuzione del provvedimento, anziché dalla sua notifica al difensore o comunque da quando egli abbia conoscenza del provvedimento stesso.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 1984.

F.to: LEOPOLDO ELIA - ANTONINO DE STEFANO - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI - GIUSEPPE FERRARI - FRANCESCO SAJA - GIOVANNI CONSO - ETTORE GALLO - ALDO CORASANITI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere.