Sentenza n. 148 del 1979
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 148

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Avv. Leonetto AMADEI , Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge regionale della Lombardia 2 dicembre 1973, n. 56, dell'art. 1 della legge regionale del Veneto 8 settembre 1974, n. 48, dell'art. 16, commi 13, 14 e 15 della legge regionale dell'Emilia-Romagna 13 luglio 1977, n. 34, Sostitutivo dell'art. 14 della legge regionale dell'Emilia-Romagna 19 luglio 1976, n. 31, e dell'art. 2, commi 2, 3, 4 e 5, della legge regionale del Piemonte 13 agosto 1973, n. 21, promossi con le seguenti ordinanze:

1. - ordinanza emessa il 25 luglio 1975 dal pretore di Alessandria nel procedimento penale a carico di Ferrari Vico, iscritta al n. 599 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 294 del 3 novembre 1976;

2. - ordinanza emessa il 21 aprile 1977 dal pretore di Vigevano sui ricorsi proposti da Voltan Antonio ed altri contro il Sindaco di Tromello, iscritta al n. 300 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 205 del 27 luglio 1977;

3. - ordinanza emessa il 28 aprile 1977 dal pretore di Vicenza nel procedimento penale a carico di De Grandi Luigi, iscritta al n. 457 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 320 del 23 novembre 1977;

4. - ordinanza emessa il 3 novembre 1977 dal pretore di Parma sui ricorsi proposti da Baffi Giuseppe ed altri contro l'Amministrazione provinciale di Parma, iscritta al n. 588 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 60 del 1 marzo 1978;

5. - ordinanza emessa il 30 giugno 1977 dal pretore di Morbegno sui ricorsi proposti da Gaddi Alessandro ed altri contro il Sindaco di Rogolo, iscritta al n. 123 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 149 del 31 maggio 1978;

6. - ordinanza emessa il 26 gennaio 1978 dal pretore di Lonigo sul ricorso proposto da Cisotto Rodolfo contro la Giunta regionale del Veneto, iscritta al n. 155 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 164 del 14 giugno 1978;

7. - ordinanza emessa il 28 gennaio 1978 dal pretore di Vicenza sul ricorso proposto da Maruzzo Domenico contro la Giunta regionale del Veneto, iscritta al n. 192 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 164 del 14 giugno 1978.

Visti gli atti di intervento delle Regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto e gli atti di costituzione di De Grandi Luigi e Gaddi Alessandro;

udito nell'udienza pubblica del 18 aprile 1979 il Giudice relatore Antonio La Pergola;

uditi gli avvocati Arturo Jemolo per la Regione Piemonte, Umberto Pototschig per la Regione Lombardia, Francesco Galgano per la Regione Emilia- Romagna, Guido Viola e Giangiacomo Pancino per la Regione Veneto, Emilio Sivieri per De Grandi Luigi e Gaddi Alessandro.

Ritenuto in fatto

1. - Prima dell'emanazione della legge statale 27 dicembre 1977, n. 968, che detta un'organica disciplina della caccia e della protezione della fauna, e ne stabilisce i principi generali, alcune Regioni hanno disciplinato con proprie leggi l'esercizio venatorio, al fine di salvaguardare agricoltura e patrimonio faunistico nel rispettivo ambito territoriale. Le leggi regionali prevedono un regime di caccia controllata e connesse limitazioni di luogo, tempo, specie e numero della selvaggina stanziale da abbattere, comminando sanzioni amministrative a carico degli eventuali trasgressori. Dove vige detto regime, l'esercizio venatorio é subordinato al rilascio di un apposito tesserino, che serve anche alle annotazioni e ai controlli prescritti dalla legge, dietro versamento di una somma, diversa da Regione a Regione, ai comitati provinciali o alle amministrazioni regionali, secondo i casi. La legittimità costituzionale di tali disposizioni é stata contestata nel corso di procedimenti giurisdizionali, e gli organi decidenti hanno ritenuto di dover sollevare la questione davanti a questa Corte, come é qui di seguito precisato.

2. - Il pretore di Alessandria imputava tale Ferrari Vico del reato previsto dall'ultimo comma dell'art. 12 bis del t.u. 5 giugno 1939, n. 1016 - "Norme per la protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia" - in quanto sprovvisto del tesserino che, ai sensi dell'art. 2 della legge regionale del Piemonte 13 agosto 1973, n. 21, autorizza l'esercizio venatorio in quella Regione. L'imputato sollevava questione di legittimità della citata disposizione della legge regionale per presunto contrasto con gli artt. 117 e 119 Cost. Il pretore, ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata, la rimetteva all'esame della Corte, con ordinanza 25 luglio 1975.

Il giudice a quo assume che gli artt. 8 e 12 bis del citato t.u. n. 1016 del 1939 configurano la libertà di caccia come un diritto pubblico soggettivo di natura non patrimoniale, il cui esercizio sarebbe soggetto esclusivamente alle limitazioni poste dalle leggi statali; le disposizioni censurate avrebbero violato questo principio col sottoporre l'intero territorio regionale al regime di caccia controllata, e col subordinare l'esercizio venatorio al rilascio di apposito tesserino. Essendo, poi, disposto che il tesserino viene rilasciato dietro versamento di una somma, la legge regionale avrebbe istituito un tributo fuori dalle forme e dai limiti stabiliti dalle leggi della Repubblica, con la conseguente infrazione degli artt. 23 e 119 Cost.

La Regione Piemonte, costituitasi in giudizio, ha nella memoria introduttiva ed in successive deduzioni contestato gli assunti dell'ordinanza di rinvio. Non vi sarebbe violazione dell'art. 117 Cost.: nessun principio della legislazione statale sancirebbe una libertà di caccia, della quale la Regione non possa limitare l'esercizio; né, d'altra parte, sarebbe leso l'articolo 119 Cost. Il versamento occorrente per il rilascio del tesserino, si assume, non é riconducibile alla categoria dei tributi in senso proprio, ma a quella più ampia, prevista nell'art. 23 Cost., delle prestazioni patrimoniali; la prestazione patrimoniale sarebbe legittimamente imposta dalla Regione, in quanto, ai sensi del citato precetto costituzionale, il requisito della riserva di legge é soddisfatto.

3. - Analoga questione é sollevata, con ordinanza 21 aprile 1977, dal pretore di Vigevano, nel corso di un giudizio promosso da tale Voltan Antonio, che si era opposto all'ingiunzione del Sindaco di Tromello (Pavia) di pagare cinquantamila lire, come sanzione amministrativa per aver esercitato la caccia senza il prescritto tesserino in violazione dell'art. 12 bis del t.u. del 1939, modificato ed integrato dalla legge regionale della Lombardia 2 dicembre 1973, n. 56. Le disposizioni censurate - gli artt. 2 e 4 della citata legge regionale - violerebbero gli artt. 117 e 119 del testo costituzionale. L'intero territorio regionale, si osserva dal giudice a quo, viene in forza di tali disposizioni sottoposto al regime di caccia controllata, laddove siffatto vincolo non sarebbe consentito dai principi della legislazione statale. Inoltre, il versamento per il rilascio del tesserino, previsto nell'art. 4 della legge regionale, costituirebbe un'imposizione tributaria eccedente l'autonomia finanziaria della Regione, che é riconosciuta soltanto nelle forme e nei limiti stabiliti dalle leggi statali: si deduce al riguardo che la legge 16 maggio del 1970, n. 281 "Provvedimenti finanziari per le Regioni a Statuto ordinario", nella quale sono tassativamente elencate le ipotesi in cui gli organi regionali hanno potestà impositiva, non include la materia della caccia, della quale si tratta nella specie.

La Regione Lombardia si é costituita in giudizio per chiedere che la questione sia dichiarata infondata. Essa eccepisce che le disposizioni censurate, lungi dal contraddire, si conformano ai principi della legislazione nazionale. Il regime della caccia controllata, dettato dalla legge regionale, e le limitazioni che ne discendono per l'esercizio venatorio, sarebbero espressamente contemplate dal citato t.u. del 1939, e dalle successive integrazioni e modifiche. Il legislatore statale avrebbe peraltro già delineato tale regime, rimettendone lo svolgimento ai comitati provinciali della caccia, sulla scorta di un regolamento-tipo, da emanarsi dal Ministero dell'Agricoltura. Gli artt. 4 e 5 del decreto ministeriale del 18 giugno 1969, col quale é stato posto in essere detto regolamento, avrebbero, dal canto loro, definito le modalità dell'esercizio venatorio nelle zone di caccia controllata, anche mediante la previsione di un tesserino di autorizzazione, contenente le indicazioni che dovranno essere seguite dagli interessati. Il citato decreto ministeriale, si aggiunge dalla Regione, dispone altresì che l'esercizio venatorio nelle zone di caccia controllata possa essere subordinato al versamento di una quota "a titolo di partecipazione alle spese di gestione" della quale sono fissati l'importo e la destinazione, vincolata agli oneri del ripopolamento e della vigilanza delle zone suddette. Ne seguirebbe che, ai sensi del t.u. del 1939, e della normazione regolamentare da esso autorizzata, il tesserino costituisce non una tassa, bensì il corrispettivo di un servizio reso all'utente. Identica conclusione é avanzata con riguardo al tesserino, quale é ora previsto dalla legge regionale; le disposizioni censurate non eccederebbero, quindi, i limiti della autonomia regionale, sotto alcuno dei profili dedotti nell'ordinanza di rinvio.

In una memoria aggiuntiva, la difesa della Regione ha poi sostenuto che nessun argomento a favore della fondatezza della presente questione può trarsi dalla legge statale sopravvenuta nel 1977 - legge 27 dicembre 1977, n. 968 -, alla quale la Regione Lombardia si é del resto adeguata con la legge n. 48 del 1978, conforme ai nuovi principi in materia, e che non rileva per il caso in esame, operando le disposizioni in essa contenute con efficacia differita, ai sensi del titolo Xl della legge medesima.

4. - Nel corso di un procedimento penale nei confronti di tale De Grandi Luigi davanti al pretore di Vicenza, la difesa dell'imputato sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 legge regionale del Veneto n. 48 del 1974, in riferimento agli artt. 23, 117 e 119 Cost. Il pretore, ritenuta la non manifesta infondatezza e la rilevanza della questione, la sollevava innanzi alla Corte, con ordinanza 28 aprile 1977. In questo caso, la disposizione censurata vincola il territorio regionale al regime della caccia controllata, ed autorizza altresì i comitati provinciali della caccia ad istituire ulteriori zone soggette a particolare disciplina; l'esercizio venatorio nella Regione é subordinato al rilascio di un tesserino e al connesso pagamento di L. 7.000, ed in ciascuna delle altre zone suddette, di una quota aggiuntiva, non superiore alle L. 15.000.

Nell'ordinanza di rinvio, la illegittimità costituzionale della citata previsione normativa é denunziata sotto il duplice riflesso, che essa sottoporrebbe l'esercizio della caccia a vincoli incompatibili con i principi della legislazione statale, e prevederebbe un tributo, la cui imposizione é però di competenza dello Stato, e non della Regione.

Nel giudizio si é costituita la parte privata. La difesa del De Grandi adduce che le disposizioni censurate violano il disposto dell'art. 117 Cost., divergendo dai principi della legislazione statale sotto vario riguardo: il regime della caccia controllata é esteso dall'ambito della Provincia alla intera Regione; col prevedere il tesserino, si viene a configurare un provvedimento autorizzativo dell'autorità regionale, distinto dalla licenza di porto d'armi, mentre quest'ultima, idonea anche ad autorizzare l'esercizio della caccia, sarebbe la sola prescritta dalla legge, in quanto connessa con la materia della pubblica sicurezza, necessariamente riservata agli organi centrali. Il pagamento dovuto per il rilascio del tesserino costituirebbe poi una tassa sulle concessioni governative, introdotta in violazione dell'art. 119 Cost., che configura la potestà tributaria della Regione come derivata dalla legislazione centrale e applicativa di tipi di tributi predeterminati dallo Stato. Ai sensi dell'art. 3 della legge n. 281 del 1970, sostiene la difesa del De Grandi, le tasse sulle concessioni regionali si applicano agli atti e provvedimenti adottati dalle Regioni, e corrispondenti a quelli già di competenza dello Stato. Tale requisito difetterebbe tuttavia nella specie: il provvedimento che si ottiene con il rilascio del tesserino non corrisponderebbe alla licenza concessa dallo Stato anche per uso di caccia, costituendo esso manifestazione di un preteso potere autorizzativo della Regione, diverso da quello che legittima il rilascio della licenza suddetta.

5. - Altra ordinanza di rinvio é stata emessa il 3 novembre 1977, - nei procedimenti civili riuniti vertenti fra Baffi Giuseppe, ed altri, e l'Amministrazione provinciale di Parma - dal pretore di Parma, avanti al quale erano stati promossi ricorsi contro trentanove ordinanze del Presidente della Provincia. Dette ordinanze avevano comminato sanzioni pecuniarie nei confronti dei ricorrenti, insieme al differimento da dodici a sessanta mesi nel rilascio del tesserino prescritto per le zone di caccia controllata, per avere essi esercitato la caccia senza tale documento.

Il giudice a quo solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 della legge della Regione Emilia n. 34 del 1977 sostitutivo dell'art. 14 della legge regionale dell'Emilia n. 31 del 1976 - per presunto contrasto con gli artt. 23, 117 e 119 Cost., - in relazione agli artt. 8 e 12 bis del t.u. della legge sulla caccia, e all'art. 1 della legge n. 281 del 1970. La disposizione censurata prevede che il tesserino per l'esercizio della caccia sia rilasciato dietro versamento di una quota, da determinarsi annualmente dalla Giunta regionale, a titolo di partecipazione alle spese di gestione, o di rimborso delle spese di stampa e di distribuzione del tesserino stesso. Nell'ordinanza di rinvio é prospettata la violazione degli artt. 23 e 119 Cost. Si asserisce che il versamento per il rilascio del tesserino, in quanto dovuto per l'esplicazione del potere d'imperio dell'ente, possa rivestire i caratteri del tributo; e ciò in una materia in cui la Regione non avrebbe capacità impositiva. D'altra parte, si ammette che l'intento del legislatore sembra quello di esigere non una prestazione tributaria, bensì il corrispettivo di un servizio reso all'utente, e giustificato come quota di partecipazione alle spese di gestione. La violazione dell'articolo 117 é dedotta sul presupposto che l'esercizio del diritto di caccia é un aspetto del diritto di libertà, soggetto alle sole limitazioni fissate nella legge statale, nella quale non sono comprese quelle di ordine tributario.

La Regione Emilia-Romagna si é costituita in giudizio per sostenere che la norma impugnata prevede il versamento per il tesserino in conformità della riserva di legge ex art. 23 Cost., e come corrispettivo di un servizio reso dalla Regione stessa. Non vi sarebbe pertanto alcuna lesione dei precetti costituzionali che si assumono violati.

6. - Il pretore di Morbegno, con ordinanza emessa il 30 giugno 1977, sospendeva i procedimenti riuniti civili vertenti tra Gaddi Alessandro ed altri, ed il Sindaco di Rogolo e sollevava questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge regionale della Lombardia del 2 dicembre 1973, n. 56, in riferimento agli artt. 117 e 119 Cost. I rilievi del giudice a quo sono analoghi a quelli esposti nelle altre ordinanze di rinvio.

La parte privata si é costituita in giudizio per sentir dichiarare la fondatezza della questione. Essa deduce la irrilevanza, nel caso all'esame di questa Corte, delle norme statali in materia di caccia sopravvenute rispetto all'ordinanza di rinvio - il d.P.R. n. 616 del 1977, e la legge n. 968 del 1977 -, le quali hanno conferito alla Regione il potere di istituire una tassa sulla licenza di caccia, di cui questa sarebbe stata priva per l'innanzi. Le norme regionali censurate dovrebbero pertanto ritenersi lesive dei limiti concernenti l'autonomia legislativa della Regione. La violazione dell'art. 179 é argomentata sempre in base all'assunto che il versamento richiesto per il rilascio del tesserino integri gli estremi di un tributo, e precisamente di una tassa, relativa all'emanazione di un provvedimento amministrativo regionale, con il risultato di violare la riserva di competenza stabilita dalla Costituzione a favore degli organi statali.

7. - Il pretore di Lonigo, con ordinanza emessa il 26 gennaio del 1978, sospendeva un procedimento civile vertente fra tale Cisotto Rodolfo e la Giunta regionale del Veneto sollevando questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge regionale del Veneto 8 settembre 1974, n. 48, per asserito contrasto con gli artt. 117 e 119 Cost. Il pretore ritiene la questione non manifestamente infondata sostanzialmente, per le considerazioni sopra esposte con riguardo alle altre ordinanze di rinvio - e rilevante per la controversia di cui egli conosce - perché, se accolta, non sarebbe più applicabile la sanzione amministrativa comminata dalla Regione nei confronti della parte privata.

La Regione Veneto si é costituita in giudizio per dedurre l'infondatezza della questione prospettata alla Corte. La disposizione censurata avrebbe prescritto il tesserino per l'esercizio venatorio in conformità delle norme costituzionali che governano la competenza legislativa ed impositiva della Regione. L'unico principio scaturente, ex art. 117 Cost., dalla legislazione statale in materia sarebbe quello di non porre discriminazioni fra i cacciatori in possesso di licenza, e ad esso la Regione afferma di essersi puntualmente uniformata. Non sussisterebbe, d'altronde, nemmeno la presunta violazione degli artt. 23 e 119 Cost. La prestazione pecuniaria di chi ottiene il tesserino, sarebbe, da un canto, imposta sulla base della legge regionale, e perciò secondo il precetto dell'art. 23 Cost., dall'altro, priva di quel carattere tributario che il giudice a quo ha invece assunto, nel denunziare il contrasto della norma regionale impositiva di tale prestazione con l'art. 119 Cost. Questa conclusione, soggiunge la difesa della Regione, resterebbe comunque ferma, dato e non concesso che qui si abbia un vero e proprio tributo. In questo caso, si tratterebbe infatti, di tassa sulle concessioni regionali: ed il tipo, così individuato, della prestazione tributaria, si osserva, trova specifico fondamento nella legge statale - legge n. 281 del 1970 "Provvedimenti finanziari per l'attuazione delle Regioni a Statuto ordinario" - la quale, agli artt. 1 e 3, prevede l'istituzione di una tassa sulle concessioni regionali (ai sensi dell'art. 117 Cost. e dell'art. 1 lett. o del d.P.R. n. 11 del 15 gennaio 1972 - precisa la difesa della Regione); la licenza di porto d'armi per uso di caccia, qual é configurata dalla legislazione applicabile nella specie, comprenderebbe due distinte concessioni: l'una per il porto d'armi, riservata allo Stato, l'altra per l'esercizio della caccia, attribuita alla competenza della Regione, ai sensi dell'art. 117 Cost. e del d.P.R. n. 11 del 1972; questa seconda concessione potrebbe allora essere assoggettata alla tassa regionale, senza che ne risulti offeso il disposto dell'art. 119 Cost.

8. - Il pretore di Vicenza, con ordinanza emessa il 21 gennaio del 1978, sollevava, nel corso di un procedimento civile vertente tra tale Maruzzo Domenico e la Regione Veneto, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Veneto n. 48 del 1974, per presunto contrasto con gli artt. 23, 117 e 119 Cost. La non manifesta infondatezza della questione é motivata sostanzialmente negli stessi termini delle altre ordinanze di rimessione sopra menzionate.

La Regione si é costituita parte in giudizio. La memoria della difesa é identica a quella presentata con riguardo alla questione che solleva il pretore di Lonigo. Con successive deduzioni, la Regione, nel ribadire le proprie tesi, ha eccepito che la questione di cui questa Corte é investita rileva, nel giudizio a quo solo limitatamente ai commi 5 e 6 dell'art. 1 della legge della Regione Veneto n. 48 del 1974 e non all'intero contenuto della citata disposizione di cui l'ordinanza di rinvio ha denunziato l'illegittimità costituzionale. La parte privata, si osserva, era ricorsa innanzi al giudice a quo contro l'ingiunzione del pagamento per il rilascio del tesserino: ed il pagamento é prescritto appunto nel comma sesto, con riferimento all'esercizio della caccia controllata, di cui si occupa il comma quinto, che del comma sesto costituisce il necessario presupposto; i rimanenti commi della disposizione sarebbero irrilevanti.

9. - Tutte le ordinanze di rinvio sono state ritualmente notificate e pubblicate. All'udienza pubblica del 18 aprile 1979 le difese delle parti private e delle Regioni intervenute, Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia- Romagna, hanno insistito nelle già prese conclusioni.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze di rinvio, emanate dai pretori di Alessandria, Vigevano, Parma, Morbegno e Lonigo, ed in distinti procedimenti dal pretore di Vicenza, sollevano tutte la medesima questione di legittimità costituzionale. I giudizi, con esse promossi davanti questa Corte, vanno perciò riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Le leggi che contengono le norme censurate istituiscono, nei rispettivi territori regionali, un regime di caccia controllata, volto da un canto a disciplinare l'esercizio venatorio, dall'altro a proteggere patrimonio faunistico ed agricoltura. A questo fine, é previsto che i titolari di licenze di caccia siano ammessi a praticare l'esercizio venatorio soltanto dopo aver ottenuto un apposito tesserino dall'amministrazione regionale, o dai comitati provinciali della caccia. Nel tesserino, il cacciatore deve annotare le indicazioni prescritte dalla legge con riferimento ai giorni prescelti per la caccia, al numero dei capi abbattuti, e all'ora dell'abbattimento. Il rilascio del tesserino é subordinato al versamento di una somma, il cui importo é variamente determinato, secondo che la caccia sia esercitata in una o più Province, ovvero, dove queste siano state previste, anche nelle particolari zone di caccia controllata.

Formano oggetto del presente giudizio le disposizioni legislative regionali istitutive del tesserino: art. 2 della legge regionale del Piemonte 13 agosto 1973, n. 21, artt. 2 e 4 della legge regionale della Lombardia 2 dicembre 1973, n. 56, art. 1 della legge regionale del Veneto 8 settembre 1974, n. 48, art. 16 della legge regionale dell'Emilia-Romagna 13 luglio 1977, n. 34, sostitutivo dell'art. 14 della legge regionale dell'Emilia-Romagna 19 luglio 1976, n. 31.

La illegittimità costituzionale delle norme citate é prospettata alla Corte sotto i seguenti profili:

a) nelle ordinanze di rinvio si rileva che la Regione ha, ex art. 117, comma 1, Cost., competenza legislativa in materia di caccia, nel rispetto, tuttavia, dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi della Repubblica. Si assume, d'altra parte, che il testo unico delle leggi sulla caccia del 18 giugno 1939, n. 1016, abbia sancito il principio della libertà dell'attività venatoria in tutto il territorio nazionale: libertà, il cui esercizio sarebbe soggetto soltanto alle restrizioni tassativamente previste dalle leggi statali. Le norme censurate violerebbero per più versi il suddetto principio, in quanto: il regime della caccia controllata é esteso dall'ambito della Provincia, entro il quale esso é circoscritto ai sensi del citato testo unico del 1939, all'intera Regione; il rilascio del tesserino predisposto dalle amministrazioni regionali, al quale viene subordinato l'esercizio della caccia, costituirebbe un provvedimento autorizzativo, incompatibile con la vigente normazione statale: la licenza di porto d'armi, riservata agli organi centrali, sarebbe l'unica autorizzazione prevista dalla legge, già idonea, in quanto rilasciata anche per uso di caccia, a rimuovere ogni ostacolo alla attività venatoria; infine, il versamento richiesto per il rilascio del tesserino integrerebbe gli estremi del tributo, mentre alla Regione sarebbe precluso di subordinare l'esercizio della caccia ad imposizioni tributarie, come, del resto, ad ogni altra limitazione, diversa ed ulteriore rispetto a quelle previste o consentite dalla legislazione dello Stato.

b) Le disposizioni censurate lederebbero altresì gli artt. 23 e 119 Cost. Si deduce al riguardo che le Regioni hanno autonomia finanziaria soltanto nelle forme e nei limiti stabiliti dalle leggi della Repubblica. Qui, si soggiunge, la prestazione imposta al privato costituisce una tassa sulle concessioni regionali, laddove questo tipo di imposizione tributaria non trova alcun fondamento nella legge 16 maggio 1970, n. 281 - "Provvedimenti finanziari per l'attuazione delle Regioni a Statuto ordinario" - nella quale sono tassativamente elencate le entrate tributarie delle Regioni. Precisamente, si osserva che, in virtù dell'art. 3 della citata legge, le tasse sulle concessioni regionali si applicano ai provvedimenti adottati dalle Regioni nell'esercizio delle loro funzioni, e corrispondenti a quelli già di competenza dello Stato, assoggettati alle tasse sulle concessioni governative ai sensi delle vigenti disposizioni. Il provvedimento adottato col rilascio del tesserino non corrisponderebbe, tuttavia, alla licenza della autorità statale, rilasciata per il porto d'armi ed, insieme, per uso di caccia, perché, si dice, non ne assolve gli scopi, e costituisce manifestazione di un preteso potere autorizzativo della Regione, diverso da quello che legittima la concessione della licenza suddetta. Posto ciò, ne discenderebbe anche la violazione della riserva di legge, stabilita dall'art.23 Cost. La disposizione della legge regionale, che prevede la prestazione patrimoniale del privato, travalicherebbe la sfera dell'autonomia finanziaria della Regione: sarebbe così invasa una materia, con riguardo alla quale si assume che la riserva di legge, e la connessa garanzia del contribuente, siano soddisfatte solamente quando il tributo risulti imposto in base ad atto legislativo dello Stato.

3. - La questione non é fondata. Anzitutto, non sussiste l'asserita violazione dell'art.117 Cost. Secondo questa statuizione costituzionale, la materia della caccia spetta alla Regione, é vero, nei limiti dei principi stabiliti dalle leggi della Repubblica: ma nel nostro caso non vi é alcuno di questi principi che precluda al legislatore regionale di subordinare l'esercizio della caccia al possesso di un documento, qual é il tesserino previsto nelle disposizioni censurate. Nessun fondamento ha infatti il rilievo, prospettato nelle ordinanze di rimessione, che vi é una libertà di caccia, il cui esercizio rimane soggetto ai soli limiti configurati dalle leggi statali. Semmai, nella legislazione statale é sancito il principio, secondo il quale l'attività venatoria subisce necessariamente limitazioni, poste, come questa Corte ha avvertito nella sentenza n. 59 del 1965, a salvaguardia di altri interessi della collettività: incolumità delle persone, protezione della fauna, tutela delle colture e dei prodotti agricoli, disciplina della caccia come attività sportiva.

Del resto, é lo stesso testo unico del 1939, come modificato dalla legge 2 agosto 1967, n. 799, a predisporre - con particolare riferimento alla tutela dell'agricoltura e alla protezione della selvaggina - il regime della caccia controllata. Il che dimostra che, anche in base alla vigente legislazione statale, l'esercizio venatorio ben poteva essere assoggettato a limitazioni, ed ai controlli conseguenti. Il regime anzidetto, sempre ai sensi del testo unico del 1939, viene adottato - con il risultato di sottoporvi, in tutto o in parte, il territorio della Provincia - mediante deliberazione del comitato provinciale della caccia, resa esecutiva dal suo presidente. Chi esercita l'attività venatoria nelle zone di caccia controllata deve inoltre osservare - secondo l'art. 12 bis del citato testo unico - le condizioni stabilite dal regolamento deliberato dal comitato provinciale della caccia, sulla scorta di un regolamento-tipo nazionale, predisposto dal Ministero dell'Agricoltura e Foreste. Detto regolamento é stato emesso con decreto ministeriale 18 giugno 1969. Esso definisce, all'art. 5, le caratteristiche e l'estensione delle zone da vincolare al regime di caccia controllata, e dispone espressamente che, per l'esercizio della caccia in tali zone, i competenti comitati provinciali possono rilasciare un apposito tesserino di autorizzazione, contenente le indicazioni relative alle modalità dell'attività venatoria, alle quali gli interessati dovranno attenersi. In altro giudizio, la Corte ha affermato (sentenza n. 69 del 1971) che i regolamenti, emanati dai comitati provinciali sulla traccia del regolamento-tipo nazionale, "sono stati previsti dalla legge per specificare, principalmente per la necessità di adattarle alla diversa condizione dei luoghi, le caratteristiche già fissate, con sufficiente precisione, ad opera della legge". Nel nostro caso, questo compito di svolgere e specificare il regime dell'attività venatoria viene assolto dalla legge regionale. Correttamente, dunque, gli atti legislativi in cui si trovano le disposizioni censurate, seguono lo stesso criterio adottato dal legislatore dello Stato, disciplinando l'esercizio della caccia compatibilmente con la tutela dell'agricoltura e del patrimonio faunistico, senza porre d'altra parte limiti all'attività venatoria, diversi da quelli che l'autorità centrale provvede a rimuovere con il provvedimento autorizzativo di sua competenza. Il tesserino é anzi prescritto allo scopo di assicurare il rispetto del regime della caccia controllata, quale esso é configurato dalla normazione statale. L'adozione di tale regime, e così la stessa prescrizione del tesserino, sono dal citato testo unico del 1939 rimesse alla fonte regolamentare: non vi é allora dubbio che esse siano consentite al legislatore regionale, il quale ha in questa materia una competenza concorrente, sì, con quella dello Stato, ma costituzionalmente garantita.

Vanno quindi disattese le rimanenti censure, secondo le quali le disposizioni impugnate avrebbero violato l'art. 117 Cost. con l'estendere il regime della caccia controllata oltre la Provincia, e comunque oltre l'ambito spaziale previsto dal decreto ministeriale 18 giugno 1969. Fin dove esso non lede alcun principio della legislazione statale, né altro limite della sua competenza, l'organo legislativo della Regione dispone della discrezionalità, propria dell'autonomia che gli é conferita dalla Costituzione: ed il potere discrezionale é stato qui esercitato, nel legittimo apprezzamento delle esigenze alle quali risponde il regime della caccia controllata, col disporre che detto regime vige in tutto il territorio regionale.

4. - Le disposizioni censurate non contraddicono, poi, nemmeno gli artt. 23 e 119 Cost. La violazione di questi precetti costituzionali é denunziata sull'assunto che il versamento richiesto per il rilascio del tesserino rivesta i caratteri del tributo. Si é anche prospettato che esso costituirebbe una tassa sulle concessioni regionali, istituita ed imposta dalla Regione, senza che, però, alcun titolo giustificativo di simile imposizione sia offerto - ai sensi dell'art. 119 Cost. - dalle leggi statali concernenti l'autonomia finanziaria delle Regioni. Senonché, così ragionando, si trascura che il versamento per il rilascio del tesserino - di vario ammontare, secondo le Regioni, come sopra si é detto - non costituisce un tributo in senso proprio. Esso é, invece, previsto come quota di partecipazione alle spese di gestione del servizio reso dalla Regione con l'organizzare e gestire la caccia controllata: servizio che procura un vantaggio agli stessi cacciatori, grazie all'ordinato svolgimento dell'attività venatoria, e soddisfa al tempo stesso il generale interesse alla protezione, e al ripopolamento della selvaggina, nonché alla tutela dell'agricoltura. Che tale sia il titolo della prestazione pecuniaria in esame é testualmente detto in alcune delle disposizioni legislative impugnate: nell'art. 4, comma 1, della legge regionale della Lombardia n. 56 del 1973, nell'art. 14, comma 14, della legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 31 del 1976 e nell'art. 16, comma 13, della successiva legge della medesima Regione, n. 34 del 1977. Ma anche là dove manca questa precisazione del legislatore, depone nel senso anzidetto la destinazione dei proventi delle quote versate per il rilascio del tesserino. Così, a norma dell'art. 2, comma 7, della legge regionale del Piemonte n. 21 del 1973, le somme introitate dall'amministrazione regionale sono utilizzate nella misura di almeno il 50% per le spese di vigilanza; il residuo é utilizzato per il ripopolamento faunistico e per il risarcimento dei danni causati dalla selvaggina nelle colture agricole. A norma dell'art. 1, comma 4, della legge regionale del Veneto n. 48 del 1974 le somme introitate "saranno utilizzate nella misura del 50% per la concessione di contributi ai comitati provinciali della caccia in relazione alle spese di attuazione dei programmi di vigilanza, di ripopolamento e di organizzazione dell'esercizio venatorio, al numero dei cacciatori che praticano la caccia in ogni Provincia, e nella misura del 20% per il rimborso degli indennizzi", dovuti per danni arrecati alle colture dalla selvaggina nelle oasi di protezione e rifugio della fauna e nelle zone di ripopolamento e cattura. Analoghe disposizioni si trovano nelle citate leggi regionali dell'Emilia-Romagna (art.14, comma ultimo, legge n. 31 del 1976; art. 16, comma 15, legge n. 34 del 1977). Nell'art. 4, comma 2, della legge n. 56 del 1973 della Regione Lombardia si dispone anche che gli introiti riscossi dalla Regione siano ridistribuiti tra i comitati provinciali della caccia - ai quali é affidata la gestione della caccia controllata, in collaborazione con le associazioni venatorie - secondo le percentuali indicate alla lettera c) dell'art. 1, comma 1, della legge stessa. In ogni caso, vi é diretta e puntuale imputazione delle somme introitate alle spese di gestione del servizio.

5. - D'altra parte, il rilascio del tesserino é pur sempre subordinato al pagamento di una somma di denaro. Rimane allora da indagare se qui, ancorché non si tratti di tributo propriamente inteso, si esiga comunque dal privato una prestazione patrimoniale, con riguardo alla quale debba essere osservato il disposto dell'art. 23 Cost. In alcune delle ordinanze é infatti denunziata la violazione di quest'ultimo precetto costituzionale. Ma la questione é infondata, sotto il profilo ora considerato, quand'anche si assuma che la cerchia delle prestazioni patrimoniali, alle quali si riferisce l'art.23 Cost., sia più estesa, rispetto a quella delle prestazioni imposte dall'autorità pubblica nell'esercizio della potestà tributaria. Il citato articolo della Costituzione statuisce: "nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge". Come questa Corte ha già precisato (sentenza n. 64 del 1975), "la parola legge" nel contesto dell'art.23, sta ad indicare sia la legge dello Stato sia la legge che viene in rilievo nella specie, quella della Regione. Peraltro, la prestazione patrimoniale é imposta al privato, non soltanto, come prescrive l'art. 23 Cost., "in base", ma, immediatamente, ad opera della legge regionale: nella quale é, appunto, individuato l'importo della somma da versare per il rilascio del tesserino, e sono altresì predeterminati i tipi dell'esercizio venatorio nel sistema della caccia controllata, in considerazione dei quali vien fatto variare l'ammontare del versamento.

Il solo caso in cui l'entità del versamento non é fissata direttamente dal legislatore, ma, annualmente, dalla Giunta regionale, é previsto dalle leggi della Regione Emilia-Romagna (art. 14, comma 14, legge n. 31 del 1976; art. 16, comma 13, della legge n. 34 del 1977). Anche qui, tuttavia, la riserva di legge non é vulnerata: le disposizioni censurate, insieme alle rimanenti altre degli atti legislativi che le contengono, pongono "i criteri idonei a delimitare" - alla stregua dell'art. 23 Cost., e dell'interpretazione datane da questa Corte - la discrezionalità della Giunta regionale nella determinazione della somma occorrente per il rilascio del tesserino, e ad assicurare per questa via che l'esercizio del potere conferito all'organo amministrativo "non possa trasmodare in arbitrio" (sentenze n. 56 del 1959 e n. 51 del 1960).

Un'altra considerazione giova, infine, a confermare l'infondatezza della questione. Una volta assunto che la riserva di legge ex art. 23 Cost. operi oltre la cerchia delle vere e proprie imposizioni tributarie, ne discende una duplice conseguenza. Da un canto, si allarga la sfera della garanzia, posta dal costituente a favore del soggetto vincolato alla prestazione. Dall'altro, però, si viene nel nostro caso a riconoscere al legislatore regionale una capacità impositiva, basata sulla potestà legislativa, della quale egli é investito in virtù dell'art. 117 Cost.: e tale potestà si può esplicare anche fuori dai vincoli afferenti, ex art. 119 Cost., all'autonomia finanziaria della Regione, seppure, occorre avvertire, necessariamente nei limiti di una competenza, che deve concorrere con la competenza legislativa dello Stato. Ora, un'imposizione patrimoniale della Regione, diversa dal tributo in senso proprio, non eccede i poteri di autonomia, né offende altrimenti la Costituzione, quando essa trae fondamento dalla stessa normazione dello Stato, e rimane nell'ambito da questa fissato. Così accade nella specie. La previsione del tesserino, e della quota prescritta per ottenerlo, lungi dal confliggere, per le ragioni sopra esposte, con alcun principio scaturente dalla legislazione statale, trova un idoneo e specifico addentellato nell'art. 5 del decreto ministeriale 18 giugno 1969, con cui é stato emanato, ai sensi dell'art. 12 bis del t.u. 1939, il regolamento-tipo della caccia controllata. Precisamente, a norma della citata disposizione, l'esercizio venatorio nelle zone sottoposte al regime di caccia controllata "può essere subordinato al pagamento di una quota, a titolo di partecipazione alle spese di gestione", destinato alle spese di ripopolamento e vigilanza delle zone suindicate.

La prestazione personale del soggetto é stata dunque imposta in piena conformità dell'art. 23 Cost.: il versamento per il rilascio del tesserino é autorizzato dalla normazione statale; la legge regionale ne ha, dal canto suo, determinato l'importo e la destinazione, sempre nei limiti della discrezionalità garantita alla Regione. La riserva di legge risulta, così, soddisfatta mediante il concorso dell'una e dell'altra fonte normativa che governano la materia, trattandosi nella specie di competenze legislative ripartite tra Stato e Regioni.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, in riferimento agli artt. 23, 117 e 119 Cost., la questione di legittimità costituzionale, sollevata con le ordinanze in epigrafe, dell'art. 2 della legge regionale del Piemonte 13 agosto 1973, n. 21, degli artt. 2 e 4 della legge regionale della Lombardia 2 dicembre 1973, n. 56, dell'art. 1 della legge regionale del Veneto 8 settembre 1974, n. 48, dell'art. 16 della legge regionale dell'Emilia-Romagna 13 luglio 1977, n. 34, sostitutivo dell'art. 14 della legge regionale dell'Emilia- Romagna 19 luglio 1976, n. 31, aventi ad oggetto l'istituzione di un tesserino da rilasciarsi, dietro pagamento, per l'esercizio della attività venatoria nei rispettivi territori regionali.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 dicembre 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 14 dicembre 1979.