Sentenza n. 63 del 1977
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SENTENZA N. 63

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 31 e 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 14 maggio 1975 dalla Commissione tributaria di 2 grado di Mantova sul ricorso di Ferri Alfio, iscritta al n. 326 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 249 del 17 settembre 1975;

2) ordinanza emessa il 3 ottobre 1975 dalla Commissione tributaria di 2 grado di Pordenone sul ricorso del Comune di Prata di Pordenone, iscritta al n. 185 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 105 del 21 aprile 1976;

3) ordinanza emessa il 16 dicembre 1975 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Ancona sul ricorso di Durantini Giovanni, iscritta al n. 188 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 99 del 14 aprile 1976;

4) ordinanza emessa il 29 novembre 1975 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Trani sul ricorso di Aloisi Nicola, iscritta al n. 356 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 151 del 9 giugno 1976;

5) ordinanze emesse il 4 dicembre 1975 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Salerno sui ricorsi di Fresa Salvatore, Lanzara Amalia ed altra e di Cirillo Lucia ed altra, iscritte ai nn. 431, 432 e 433 del registro ordinanze 1976 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 218 del 18 agosto 1976;

6) ordinanza emessa il 3 marzo 1976 dalla Commissione tributaria di 2 grado di Macerata sul ricorso di Pennaroli Giuseppina, iscritta al n. 484 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 239 dell'8 settembre 1976;

7) ordinanze emesse il 4 dicembre 1975 dalla Commissione tributaria di 2 grado di Pesaro sui ricorsi di Sgarzini Ruggero e Bolelli Adelmo, iscritte ai nn. 513 a 523 del registro ordinanze 1976 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 246 del 15 settembre 1976;

8) ordinanza emessa il 15 maggio 1976 dalla Commissione tributaria di 2 grado di Lucca sul ricorso di Antoniazzi Lilia, iscritta al n. 542 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 260 del 29 settembre 1976;

9) ordinanza emessa il 31 dicembre 1975 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Vicenza sul ricorso di Grandis Ezzelino ed altra, iscritta al n. 563 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 260 del 29 settembre 1976;

10) ordinanza emessa il 6 marzo 1976 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Paola sul ricorso di Noceti Nocito Francesco, iscritta al n. 583 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 267 del 6 ottobre 1976;

11) ordinanze emesse il 12 luglio 1976 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Orvieto sui ricorsi di Benicchi Adriano e Valentini Faustino, iscritte ai nn. 584 e 585 del registro ordinanze 1976 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 274 del 13 ottobre 1976;

12) ordinanza emessa il 19 giugno 1976 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Sala Consilina sul ricorso di Salluzzi Mario, iscritta al n. 606 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 300 del 10 novembre 1976;

13) ordinanza emessa il 12 gennaio 1976 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Catania sul ricorso di Torrisi Salvatore, iscritta al n. 415 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 177 del 7 luglio 1976.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1977 il Giudice relatore Guido Astuti;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - La Commissione tributaria di 2 grado di Mantova, giudicando del reclamo proposto da Ferri Alfio avverso l'ordinanza presidenziale di estinzione del procedimento per mancata richiesta di trattazione entro il termine stabilito dalla legge 2 agosto 1974, n. 350, ritenuta la reclamabilità del provvedimento stesso, ha sollevato, di ufficio, in riferimento agli artt. 3, 24, 76 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nella parte in cui commina l'estinzione dei vecchi processi tributari, ove sia mancata, nella fase transitoria della entrata in vigore del nuovo contenzioso tributario, l'istanza di trattazione dei procedimenti stessi.

Ad avviso della Commissione, la norma impugnata violerebbe, in primo luogo, il principio di eguaglianza, comminando la estinzione del processo, per mancata richiesta della trattazione, soltanto a carico del contribuente e non dell'ufficio finanziario. Una così grave disparità di trattamento non sarebbe giustificata dalla pur innegabile differenza di situazioni delle due parti del procedimento.

In secondo luogo l'esercizio del diritto di difesa, tutelato dall'art. 24 Cost., sarebbe stato reso eccessivamente difficoltoso, con la introduzione della formalità della richiesta di trattazione, in un processo come quello tributario, nel quale, per di più, la difesa tecnica é facoltativa.

Infine, la complicazione processuale introdotta dalla norma non sarebbe coerente ai principi ed ai criteri direttivi della legge delega, in forza della quale la norma stessa é stata emanata. Infatti, il tenore dell'art. 10 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, di delega per riforma tributaria, secondo cui "le disposizioni da emanare in materia di... contenzioso, saranno intese... ad assicurare... la tutela dei contribuenti, a semplificare i rapporti tributari nelle varie fasi", renderebbe evidente la contraddizione con il testo della norma delegata, con conseguente illegittimità di questa ultima per violazione dell'art. 76 Cost.

Identiche questioni di legittimità costituzionale sono state sollevate dalla Commissione tributaria di 2 grado di Macerata, sul ricorso di Pennaroli Giuseppina, dalla Commissione tributaria di 2 grado di Pesaro, su cinque ricorsi di Sgarzini Ruggero e su sei ricorsi di Bolelli Adelmo, dalla Commissione tributaria di 2 grado di Pordenone, sul ricorso del Comune di Prata Pordenone, limitatamente alla violazione degli artt. 24 e 76 Cost., ed infine dalla Commissione tributaria di 1 grado di Salerno, sui ricorsi proposti da Fresa Salvatore, Lanzara Amalia ed altra, Cirillo Lucia ed altra, limitatamente alla violazione dell'art. 3 Cost. Identiche questioni hanno, ancora, sollevato la Commissione tributaria di 1 grado di Paola, sul ricorso di Noceti Nocito Francesco, e la Commissione tributaria di 1 grado di Trani, sul ricorso di Aloisi Nicola, le quali hanno altresì prospettato un ulteriore profilo di illegittimità della norma impugnata per violazione del diritto di difesa. L'art. 24 Cost. sarebbe leso, infatti, anche dalla mancata previsione di qualsiasi difesa ed impugnativa di fronte al provvedimento di estinzione emesso ai sensi del citato art. 44.

La non reclamabilità del provvedimento di estinzione del procedimento é stata invocata anche dalla Commissione di 1 grado di Sala Consilina, per affermare, sul ricorso proposto da Salluzzi Mario, la violazione, oltre che dell'art. 24 anche dell'art. 3 Cost., sul rilievo che la reclamabilità é prevista espressamente, viceversa, per l'ordinanza di estinzione emessa ai sensi dell'art. 17, con conseguente ingiustificata disparità di trattamento per contribuenti in identiche situazioni.

Le medesime questioni sollevate dalla Commissione di 2 grado di Mantova sono state proposte anche dalla Commissione tributaria di 1 grado di Orvieto, che, sui ricorsi proposti da Benicchi Adriano e Valentini Faustino, ha altresì rilevato che la disposizione impugnata violerebbe il principio di eguaglianza anche sotto il profilo che la norma si risolverebbe in una insidiosa forma di limitazione dei diritti proprio per i cittadini, che, non avendo mezzi e possibilità di svolgere, con l'ausilio di tecnici, la propria attività dinanzi alle Commissioni tributarie, verrebbero a trovarsi in posizione deteriore rispetto ai soggetti più abbienti, in grado di ricorrere a tale assistenza.

La violazione del principio di eguaglianza é stata dedotta anche dalla Commissione tributaria di 1 grado di Catania, sui ricorsi proposti da Torrisi Salvatore, con riferimento, oltre che al citato art. 44, anche all'art. 31 del d.P.R. 636 del 1972. La prima norma, comminando la estinzione del processo per la mancata richiesta di trattazione del ricorso, prescinderebbe dalla effettiva conoscenza della pendenza del ricorso stesso, mentre l'esigenza di una effettiva conoscenza sarebbe stata tenuta presente rispetto ai soli eredi del contribuente dal citato art. 31, che prevede una proroga di sei mesi di tutti i termini processuali. L'omissione di analoga previsione per gli altri casi di sostituzione del ricorrente originario, come nel caso del curatore del fallimento, determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento ed una limitazione del diritto di difesa.

La violazione del principio di eguaglianza é stata, ancora, dedotta, sul ricorso proposto da Durantini Giovanni, anche dalla Commissione tributaria di 1 grado di Ancona, secondo cui sarebbe ingiustificata la differenza di trattamento tra coloro che hanno proposto ricorso prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 636 del 1972, e coloro che lo hanno proposto in epoca successiva, essendo solo i primi assoggettati all'onere di riassumere il ricorso.

Infine, la Commissione tributaria di 2 grado di Lucca ha sollevato, sul ricorso proposto da Antoniazzi Lucia, questioni identiche, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., a quelle proposte dalla Commissione tributaria di 2 grado di Mantova. Inoltre, in riferimento all'art. 76 Cost., ha rilevato che la disposizione impugnata violerebbe il principio di un identico trattamento delle parti in causa, previsto dalla legge delega, contraddetto dall'imposizione, a carico dei soli contribuenti, di un ulteriore atto di impulso processuale.

2. - Non si é costituita nessuna delle parti private. Viceversa, in tutti i giudizi, salvo quello promosso dalla Commissione tributaria di 1 grado di Catania, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato.

L'intervento é avvenuto fuori termine relativamente al giudizio promosso dalla Commissione tributaria di 1 grado di Orvieto.

Con riferimento al solo giudizio promosso dalla Commissione tributaria di 1 grado di Trani, l'Avvocatura generale dello Stato ha preliminarmente dedotto la irrilevanza delle questioni proposte, in quanto avverso l'ordinanza di estinzione emessa in base alla norma impugnata, non essendo previsti specifici mezzi di impugnazione, sarebbe pur sempre proponibile il ricorso in cassazione per violazione di legge ai sensi dell'art. 111 Cost. e, quindi, sarebbe da escludere il contrasto con il diritto di difesa. Di conseguenza, la Commissione avrebbe dovuto limitarsi a dichiarare la inammissibilità del ricorso proposto innanzi alla medesima, avverso l'ordinanza di estinzione, con conseguente manifesta irrilevanza delle ulteriori questioni di merito.

Nel merito, tutte le questioni dedotte sarebbero infondate. In particolare, non sarebbe ravvisabile violazione del principio di eguaglianza nella limitazione al solo contribuente dell'obbligo di presentare l'istanza di trattazione.

Andrebbe, infatti, considerato che i ricorsi e le impugnazioni proposte dai contribuenti alle Commissioni tributarie potevano - e possono tuttora - essere di carattere c.d. interruttivo, non contenendo la indicazione dei motivi di gravame o di ricorso, riservato sino al termine di dieci giorni prima dell'udienza di discussione. Tale situazione, esclusiva del solo contribuente, avrebbe determinato la pendenza di molti ricorsi per i quali sarebbe stata incerta la ragione del decidere, e destinati ad esaurirsi per inattività delle parti. Di qui l'interesse del legislatore a sollecitare, in sede di riforma dell'ordinamento tributario, la definizione delle controversie pendenti, mediante l'imposizione al contribuente di confermare, entro un congruo termine (oltre un anno), l'intenzione di insistere nella trattazione del ricorso o della impugnazione. Analoga esigenza non avrebbe potuto sussistere nei rispetti degli uffici finanziari, che non propongono ricorso alle Commissioni di 1 grado e le cui impugnazioni alle Commissioni di 2 grado non possono avere carattere interruttivo.

Inoltre, dovendo l'istanza di fissazione del contribuente contenere anche la indicazione della residenza o la elezione di domicilio, come richiesto per la prima volta, a pena di inammissibilità, dall'art. 15 del d.P.R. n. 636, la norma transitoria dell'art. 44 non farebbe che adeguare alle esigenze del nuovo processo i ricorsi e le impugnazioni preventivamente proposti, imponendo al contribuente un obbligo che sarebbe del tutto fuor di luogo per la Finanza.

Il principio di eguaglianza non sarebbe neppure violato dal diverso trattamento riservato ai nuovi ed ai vecchi ricorsi, essendo il relativo contenuto del tutto diverso, sia dal punto di vista sostanziale, in quanto afferente per i primi ai nuovi tributi e per i secondi a tributi soppressi, e sia dal punto di vista processuale, perché osservanti i primi delle nuove norme processuali ed i secondi delle antiche forme di rito.

Sarebbe egualmente da escludere la violazione del diritto di difesa sia per la ragionevolezza dell'onere processuale imposto e sia per il lungo termine stabilito per il suo adempimento, assistito da ogni garanzia di conoscenza da parte di tutti.

Infine, la norma dell'art. 44, per il suo carattere di norma transitoria imposta dalla necessità di adeguamento dal vecchio al nuovo sistema del contenzioso tributario, tenderebbe anche essa alla attuazione del criterio direttivo, contenuto nella legge delega, di semplificazione del processo tributario. Ciò in quanto rivolta a consentire la estensione ai giudizi già pendenti del nuovo più semplice processo tributario e ad eliminare i vecchi procedimenti inutili.

Considerato in diritto

1. - Le ventisei ordinanze delle Commissioni tributarie di 1 e di 2 grado, analiticamente considerate nella esposizione di fatto, sollevano sotto diversi profili, in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, contenente revisione della disciplina del contenzioso tributario. Vengono denunciate le disposizioni del primo e del terzo comma dell'art. 44, che rispettivamente impongono ai contribuenti di produrre istanza di fissazione d'udienza per la trattazione dei ricorsi e delle impugnazioni pendenti, nel termine perentorio di sei mesi dalla data di insediamento delle nuove commissioni tributarie, e comminano, in difetto di tale istanza, la declaratoria di estinzione dei processi con ordinanza presidenziale.

L'onere imposto ai contribuenti, che avevano ritualmente proposto ricorsi o impugnazioni prima della riforma, confliggerebbe con i principi sanciti dall'art. 24 Cost., condizionando la prosecuzione dei procedimenti al compimento, entro un termine breve e di malcerta decorrenza, di un atto d'impulso processuale ignoto al preesistente ordinamento del contenzioso tributario, caratterizzato dall'impulso di ufficio; tale onere costituirebbe notevole ostacolo all'esercizio del diritto di difesa, tanto più rilevante in un procedimento nel quale la difesa tecnica era ed é rimasta facoltativa, e quindi particolarmente gravoso per i cittadini meno abbienti, privi della possibilità di ricorrere ad assistenza professionale.

Alcune ordinanze prospettano una ulteriore illegittimità, anche in riferimento all'art. 3 Cost., in quanto ritengono la non impugnabilità dell'ordinanza con cui il presidente della commissione dichiara estinto il processo, ravvisando altresì una disparità di trattamento rispetto alla analoga fattispecie prevista dall'art. 17 dello stesso decreto legislativo, per cui avverso l'ordinanza é ammesso reclamo alla Commissione.

Alla violazione dell'art. 24 si aggiungerebbe quella dell'art. 3 Cost., per la ingiustificata introduzione dell'onere di produrre l'istanza e della connessa sanzione solo nei confronti dei contribuenti, senza porre invece alcun limite o requisito per la ulteriore procedibilità delle impugnazioni proposte dagli uffici fiscali. Qualche ordinanza ravvisa una disparità di trattamento anche tra i contribuenti che avevano iniziato il processo tributario prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 636 del 1972, e coloro che pur versando in identica situazione lo hanno iniziato in un momento successivo, rimanendo esenti dall'onere imposto ai primi.

La maggior parte delle ordinanze prospetta anche violazione dell'art. 76 Cost., in relazione all'art. 10, primo comma e n. 14, della legge di delegazione 9 ottobre 1971, n. 825, osservando che il legislatore delegato, con le disposizioni dell'art. 44, non si sarebbe attenuto ai principi e criteri direttivi che gli imponevano, nella nuova disciplina del contenzioso tributario, di assicurare la tutela dei contribuenti, semplificare i rapporti tributari nelle diverse fasi, e garantire l'imparziale applicazione della legge.

La Commissione di 1 grado di Catania denuncia, oltre all'art. 44, anche l'art. 31 dello stesso decreto, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui detto art. 31 accorda agli eredi del contribuente una proroga dei termini dei processi pendenti alla data della sua morte, omettendo analoga previsione per l'ipotesi in cui, - come nel caso di specie: fallimento del contribuente -, ad esso sia succeduta altra persona per la quale la conoscenza della pendenza del ricorso non può essere presunta.

2. - Poiché tutte le ordinanze propongono, pur con varia prospettazione e con motivi in parte diversi, la stessa questione di legittimità, in riferimento agli indicati parametri costituzionali o ad alcuni di essi, i giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

Nel giudizio promosso dalla Commissione tributaria di 1 grado di Trani, l'Avvocatura dello Stato ha osservato che la Commissione, avendo ritenuto non impugnabile davanti a sé l'ordinanza di estinzione del procedimento emessa dal suo presidente a norma dell'art. 44 del d.P.R. n. 636 del 1972 (ordinanza soggetta peraltro al ricorso in Cassazione ai sensi dell'art. 111, secondo comma, Cost.), avrebbe logicamente dovuto dichiarare la inammissibilità del ricorso proposto dal contribuente avverso detta ordinanza: ed ha pertanto eccepito il difetto di rilevanza della proposta questione di costituzionalità in ordine alla definizione del giudizio a quo. Ma l'eccezione non é fondata: la Commissione di Trani, infatti, presupponendo la non impugnabilità dell'ordinanza presidenziale, ha proprio per questo motivo ravvisato nel terzo comma dell'art. 44 una ulteriore lesione del diritto di difesa del contribuente, oltre a quella da essa stessa denunziata con riguardo all'onere di presentazione dell'istanza di trattazione.

Non può dunque dubitarsi della rilevanza della dedotta questione di costituzionalità, sotto entrambi i profili prospettati dall'ordinanza della Commissione di Trani, così come risulta indubbia la rilevanza in ordine alla decisione di tutti gli altri giudizi.

3. - La questione non é fondata. Per quanto concerne la denunziata violazione dell'art. 24 Cost., si deve anzitutto notare che - in linea di principio - la garanzia costituzionale del diritto di difesa non preclude al legislatore, nell'occasione della riforma di un ordinamento processuale, la facoltà di introdurre, con norme eccezionali e transitorie, nuovi adempimenti in relazione ai giudizi pendenti, ad essi condizionando l'ulteriore prosecuzione dei giudizi stessi. Questa Corte ha più volte affermato che il precetto costituzionale non impone che il cittadino possa conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti, e non vieta quindi che la legge possa subordinare l'esercizio dei diritti a controlli o condizioni, purché non vengano imposti oneri tali o non vengano prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell'attività processuale (sentenze n. 113 del 1963, n. 47 del 1964, n. 214 del 1974).

Nel caso in esame, la disposizione transitoria dell'art. 44 del d.P.R. n. 636 del 1972 ha stabilito che il contribuente, entro un termine perentorio dalla data di insediamento della commissione competente, é tenuto a chiedere la trattazione del ricorso o della propria impugnazione con istanza per fissazione d'udienza, nella quale deve anche indicare la residenza o l'eventuale domicilio eletto ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 15. Indubbiamente trattasi d'un atto di impulso processuale, in difetto del quale é comminata la estinzione del processo. Ma in questo speciale onere non può ravvisarsi un adempimento vessatorio, di difficile osservanza, né una insidiosa complicazione processuale, tale da ledere il diritto di difesa dei contribuenti.

L'onere consiste, in effetti, nella presentazione di una semplice istanza, che non richiede alcuna motivazione e si riduce al richiamo del ricorso o dell'impugnazione pendente, con la indicazione della residenza o del domicilio eletto: adempimento di facile esecuzione, che alcune ordinanze qualificano come mera formalità, e che appare ben compatibile anche con un procedimento nel quale la difesa tecnica é facoltativa. Né può ravvisarsi un'apprezzabile difficoltà nella individuazione della "commissione competente ai sensi dell'art. 43", posto che l'istanza deve essere dal contribuente presentata all'ufficio finanziario impositore a cui spetta l'inoltro della istanza alla Commissione.

4. - Nemmeno può trarsi serio argomento dalla asserita brevità del termine stabilito dalla legge, o dalla incertezza sull'inizio della sua decorrenza. L'art. 44 accordava ai contribuenti "sei mesi dalla data di cui al secondo o al terzo comma dell'art. 42, ossia dalla data di insediamento delle commissioni, previsto in una data unica entro il 31 dicembre 1973, o in eventuali date successive, determinate sempre con decreti del Ministro per le finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale almeno trenta giorni prima. Di fatto, dopo un primo decreto ministeriale 29 novembre 1973 (G.U. n. 309 del 30 novembre 1973), si procedette all'insediamento della quasi totalità delle commissioni tributarie di 1 e 2 grado, nonché della commissione centrale, con altri decreti 15 gennaio 1974 (G.U. 16 gennaio 1974), 13 marzo 1974 (G.U. 13 marzo 1974), 24 maggio 1974 (G.U. 25 maggio 1974); ed é ovvio che questi ritardi hanno avuto l'effetto di protrarre, con vantaggio per i contribuenti interessati, la data di decorrenza del termine stabilito dall'art. 44. Inoltre, con l'articolo unico della legge 2 agosto 1974, n. 350 (in sede di conversione del decreto-legge 19 giugno 1974, n. 237), é stata accordata una proroga generale, disponendo che "il termine per la presentazione dell'istanza di cui all'art. 44 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, é fissato, per tutti i procedimenti pendenti innanzi le commissioni tributarie già insediate, al 31 dicembre 1974".

Poiché il d.P.R. n. 636 del 1972 é entrato in vigore il 1 gennaio 1973, per l'adempimento loro imposto dall'art. 44 i contribuenti hanno dunque avuto a disposizione un termine non di sei mesi ma di due anni: termine che non può certo essere qualificato come breve, e la cui proroga esclude che con il disposto dell'art. 44 il legislatore avesse inteso eliminare in modo surrettizio il contenzioso tributario pendente.

Proprio l'ampiezza del termine, oltre alla semplicità dell'adempimento, che non richiedeva conoscenze giuridiche, né assistenza tecnico-professionale, consente di escludere che la disposizione denunciata possa considerarsi viziata da illegittimità anche in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3, secondo comma, Cost., in quanto lesiva nei confronti dei cittadini meno abbienti. E non é certo consentito porre in dubbio, con riguardo alle diverse condizioni economiche dei contribuenti, la validità della presunzione generale di conoscenza della legge, tanto più se si considera la pubblicità che alle disposizioni dell'art. 44 é stata data non solo dalla stampa quotidiana ed economico-finanziaria, ma anche dai giornali di categoria, che non hanno mancato di diffonderne la notizia tra i commercianti, gli artigiani, gli agricoltori.

5. - Qualche ordinanza ravvisa una sorta di insidia processuale nella novità dell'onere imposto ai contribuenti, in quanto adempimento estraneo ed ignoto ad un procedimento caratterizzato dall'impulso di ufficio. Occorre ricordare anzitutto che con la riforma attuata dal d.P.R. n. 636 del 1972 il potere d'impulso é stato spostato dagli uffici fiscali alle commissioni tributarie, e che pertanto nella fase di transizione al nuovo sistema non può dirsi ingiustificata né incongrua la disposizione che ha condizionato l'ulteriore procedibilità dei ricorsi e delle impugnazioni pendenti alla iniziativa degli interessati. Anche la sanzione dell'estinzione del processo per inattività della parte istante non costituisce una novità in senso assoluto, essendo ben nota al processo civile ed amministrativo: e nel caso in esame la sua applicazione trova adeguata giustificazione nelle speciali esigenze connesse all'attuazione della riforma. Occorre non dimenticare al riguardo che una condizione imprescindibile per l'avvio del nuovo sistema tributario, anche sotto il profilo dei procedimenti contenziosi, era la ricognizione dei giudizi pendenti in gran numero e spesso da lunghi anni, nel fine di smaltire e per quanto possibile eliminare rapidamente la massa dei procedimenti arretrati, imputabile in parte alla inerzia o al sovraccarico degli uffici fiscali, ma in non minor misura dovuta anche ai contribuenti, per l'abituale ed abusiva prassi dei ricorsi senza indicazione di motivi, proposti solo a scopo interruttivo o dilatorio, nelle diverse istanze consentite dalla legge. Nell'occasione di una riforma generale del sistema fiscale, caratterizzata dalla soppressione o sostituzione di numerose imposte e dall'introduzione di nuovi istituti e metodi di accertamento, nonché da una radicale revisione della disciplina del contenzioso tributario, le norme dei primi tre commi dell'art. 44, al pari delle altre disposizioni transitorie contenute negli artt. 43 e seguenti, rispondono ad una precisa esigenza di interesse generale, in ordine al fine di accertare la effettiva situazione dei procedimenti in corso, anche in relazione alla contemporanea concessione del beneficio del condono, pur essa indirizzata al medesimo intento di consentire agli uffici e alle commissioni di provvedere con tempestività all'attuazione del nuovo sistema tributario.

É stata ricordata, a proposito della comminata estinzione del processo per mancata presentazione dell'istanza di cui al primo comma dell'art. 44, la decisione di questa Corte con la quale fu dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 6 del r.d. 6 febbraio 1942, n. 50, nella parte in cui escludeva, per i ricorsi in materia di pensioni ordinarie, l'obbligo della nota di avvertenza circa la decadenza conseguente all'omessa osservanza del termine di un anno per l'istanza di fissazione di udienza (sentenza n. 85 del 1975). Ma deve rilevarsi che quella decisione fu motivata con esclusivo e puntuale riferimento all'art. 3 Cost., per l'irrazionale disparità di trattamento che si verificava per situazioni omogenee, tra i ricorsi relativi alle pensioni di guerra e quelli relativi alle pensioni civili ordinarie, e non già con riguardo all'art. 24 e ad una eventuale lesione del diritto di difesa, che non può senz'altro ravvisarsi per il solo fatto che la legge ricolleghi a determinati atti processuali termini di decadenza.

6. - Un ulteriore profilo di incostituzionalità é stato prospettato da alcune ordinanze che assumono la non impugnabilità del provvedimento con cui il presidente della Commissione dichiara l'estinzione del processo, a norma dell'art. 44, terzo comma. Ma anche sotto questo profilo la questione non é fondata, dovendosi a giudizio di questa Corte riconoscere, pur nel difetto di espressa previsione nell'art. 44, l'ammissibilità del reclamo alla Commissione avverso l'ordinanza presidenziale, ammissibilità concordemente ritenuta dalla maggior parte delle Commissioni di 1 e di 2 grado, ed anche dalla recente giurisprudenza della Corte di cassazione. La facoltà di reclamo può infatti desumersi con certezza dal sistema, in relazione al principio sancito dagli artt. 178 e 308 del codice di procedura civile, ed anche alla espressa disposizione contenuta nell'art. 17 dello stesso d.P.R. n. 636 del 1972, che regola l'analoga fattispecie del reclamo avverso l'ordinanza presidenziale di estinzione del processo per mancato deposito in segreteria della copia del ricorso. Anche sotto questo profilo non sussiste dunque alcun contrasto con i principi sanciti dall'art. 24 della Costituzione.

7. - Le ordinanze denunciano, in correlazione con quella dell'art. 24, la violazione dell'art. 3 Cost., per la disparità di trattamento tra i contribuenti e gli uffici fiscali, nei confronti dei quali il legislatore delegato non ha imposto alcun onere per la procedibilità delle loro impugnazioni. Ma anche questa censura si rivela priva di fondamento, considerando la diversa situazione delle parti nel processo tributario, processo di impugnazione degli accertamenti fiscali - assistiti dalla presunzione di legittimità - da parte dei contribuenti, per ottenere un definitivo accertamento giurisdizionale dei loro debiti di imposta.

Questa Corte ha già avuto occasione di dichiarare che il principio di eguaglianza non preclude al legislatore di differenziare la tutela giurisdizionale con riguardo alle particolarità dei rapporti da regolare, e ciò con espresso riferimento al rapporto che si stabilisce tra lo Stato creditore e il contribuente (sentenza n. 87 del 1962). Anche per quanto concerne i giudizi promossi davanti alle Commissioni di 2 grado o alla Commissione centrale, l'imposizione dell'onere della istanza per fissazione di udienza ai soli contribuenti trova adeguata giustificazione, per le considerazioni già svolte, nel fine contingente di stabilire, in correlazione con la riforma tributaria, l'effettiva persistenza dell'interesse alla continuazione del giudizio, anche con riguardo alla facoltà accordata ai contribuenti di chiedere l'applicazione del condono; ossia in ordine a situazioni direttamente note ai singoli contribuenti, più che agli uffici nella loro complessa organizzazione, e non facilmente conoscibili dalle stesse Commissioni tributarie nella loro autonoma competenza. L'onere di produrre istanza per la trattazione delle proprie impugnazioni, qualora fosse stato imposto agli uffici, avrebbe determinato la presentazione dell'istanza per tutti i giudizi pendenti, data la ovvia impossibilità pratica in cui gli uffici stessi si sarebbero trovati, di compiere una selezione dei ricorsi meritevoli di essere ulteriormente coltivati.

Non senza motivo, dunque, l'art. 44 e altre norme (si vedano in particolare gli artt. 17, secondo comma, 22, secondo e sesto comma, 25, terzo e sesto comma), hanno condizionato la procedibilità dei ricorsi ad adempimenti richiesti esclusivamente ai contribuenti.

8. - Alcune ordinanze denunciano la disparità di trattamento che si verifica tra i contribuenti, secondo che essi abbiano proposto i loro ricorsi prima dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 636 del 1972, ovvero successivamente a tale data, secondo le nuove disposizioni sul procedimento introdotte con gli artt. 15 e seguenti. Ma la denunciata violazione del principio di eguaglianza non sussiste, perché l'applicabilità d'una diversa disciplina normativa é conseguenza inevitabile della riforma tributaria, che comporta necessariamente il regolamento delle situazioni giuridiche sostanziali e processuali mediante norme di diritto transitorio, come quelle che negli articoli 43 e 44, quarto e quinto comma, si riferiscono alle controversie pendenti e ne precisano le vicende con riguardo allo stato, nel tempo, dei singoli procedimenti.

9. - Le considerazioni già svolte consentono di dichiarare con sicurezza l'inconsistenza della prospettata violazione dell'art. 76 Cost. da parte del legislatore delegato, per inosservanza dei principi e criteri direttivi enunciati dalla legge 9 ottobre 1971, n. 825; questione che qualche ordinanza ha ritenuto manifestamente infondata, in considerazione della ampiezza e genericità delle enunciative contenute nella legge di delegazione. Per vero, le indicazioni fornite dalla legge n. 825 del 1971 con espresso riferimento alla revisione del contenzioso tributario (art. 10, primo comma e n. 14), non contengono alcuna determinazione specifica rispetto alla quale possa ravvisarsi contrasto o esorbitanza nelle disposizioni dei primi tre commi dell'art. 44 del decreto legislativo.

Esse non precludono sicuramente ai contribuenti la possibilità di ottenere la tutela giurisdizionale dei loro diritti, né introducono una complicazione processuale incompatibile con il fine della semplificazione dei rapporti tributari, né infine possono considerarsi tali da confliggere con il principio della imparziale applicazione della legge nel contenzioso tributario.

10. - Deve infine esaminarsi la questione sollevata dalla Commissione tributaria di 1 grado di Catania, con riguardo alla speciale situazione verificatasi nel caso del curatore del fallimento d'un contribuente, il quale, non avendo avuto tempestiva conoscenza dei ricorsi pur ritualmente proposti dal fallito, non era stato in grado di presentare l'istanza per fissazione di udienza nel termine stabilito dall'art. 44.

L'ordinanza di rimessione osserva che in tale ipotesi si verifica pregiudizio per il diritto di difesa e disparità di trattamento rispetto alla situazione analoga in cui si trovano gli eredi del contribuente, ai quali l'art. 31 del d.P.R. n. 636 del 1972 accorda una proroga di sei mesi per tutti i termini di procedimenti pendenti alla data della morte del contribuente.

Il dubbio così prospettato costituisce un aspetto particolare della più generale questione concernente tutti i casi di sopravvenuta incapacità del contribuente; e la questione é fondata. Si deve riconoscere che la previsione normativa contenuta nell'art. 31, primo comma, é lacunosa e viziata da illegittimità, in quanto non prevede la proroga dei termini processuali anche nel caso di perdita della capacità del contribuente, caso perfettamente assimilabile, sotto questo profilo, a quello della morte. Deve pertanto dichiararsi la illegittimità parziale dell'art. 31, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, con la conseguente estensione della proroga dei termini anche quando si verifichi un caso di incapacità del ricorrente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 31, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, "Revisione del contenzioso tributario", nella parte in cui non estende la proroga dei termini, ivi accordata nel caso di morte del contribuente, anche al caso di perdita della capacità;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44, primo e terzo comma, dello stesso decreto legislativo, sollevata dalle ordinanze di cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 20 aprile 1977.