SENTENZA N. 41
ANNO 1977
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 25, primo, secondo e terzo comma, del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749 (conglobamento dell'assegno mensile e competenze analoghe negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale statale, in applicazione dell'art. 3 della legge 5 dicembre 1964, n. 1268); dell'art. 11 della legge 24 febbraio 1967, n. 62 (nuova disciplina degli incarichi di insegnamento universitario e degli assistenti volontari); e dell'art. 20 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079 (nuovi stipendi, paghe e retribuzioni del personale delle Amministrazioni dello Stato, comprese quelle ad ordinamento autonomo), promosso con ordinanza emessa il 15 luglio 1975 dal Consiglio di Stato - sezione VI giurisdizionale -, sui ricorsi riuniti proposti da Domenico Ceruso ed altri contro il Ministero della pubblica istruzione ed il Rettore dell'Università di Messina, iscritta al n. 486 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 218 del 18 agosto 1976.
Visti gli atti di costituzione di Saitta Emilio e di Saitta Nazareno, di Iannelli Santi ed altri, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
udito nell'udienza pubblica del 24 novembre 1976 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;
uditi l'avv. Nazareno Saitta, per Saitta Emilio e Nazareno, Iannelli Santi ed altri, e il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza 18 aprile 1972, emessa sui ricorsi riuniti proposti da Domenico Ceruso ed altri (a vario titolo incaricati di insegnamento nell'Ateneo di Messina) contro il Ministero della pubblica istruzione ed il Rettore della predetta Università, l'adito Consiglio di Stato - Sezione VI giurisdizionale - denunciava, per sospetta violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione:
a) l'art. 11, comma primo, della legge 1967, n. 62, "nel punto in cui implicitamente consente il conferimento di incarichi universitari senza retribuzione";
b) l'art. 25, commi secondo e terzo, del d.P.R. 1965, n. 749, e l'art. 20 del d.P.R. 1970, n. 1079 "per la parte in cui, discostandosi dalla disciplina generale del trattamento di cumulo consentito di pubblici impieghi, di cui all'art. 99 r.d. 1923, n. 2960, stabiliscono una retribuzione minore per gli incarichi di insegnamento universitario conferiti rispettivamente ai professori di ruolo (e aggregati ex art. 11 legge 1966, n. 585) e ad assistenti ordinari, incaricati esterni, liberi docenti e cultori della materia, in quanto ricoprano altro ufficio con retribuzione a carico dello Stato o di altro ente pubblico o privato";
c) l'art. 25, comma primo, d.P.R. 1965, n. 749, e l'articolo 20 d.P.R. 1970, n. 1079, "nel punto in cui stabiliscono, per lo espletamento del servizio di incarico universitario, retribuzioni differenziate a seconda della qualifica di provenienza dell'incaricato". Investita del decidere sulle dette questioni, questa Corte, con ordinanza n. 12 del 1973, restituì gli atti limitatamente alla questione concernente l'art. 11 legge 1967 citata, avendo ritenuto che si rendeva necessario ai fini di un completo esame della rilevanza che il giudice a quo prendesse in considerazione l'incidenza che sulla disposizione impugnata (che stabiliva, sul presupposto della "distinzione tra insegnamenti fondamentali e complementari", il numero massimo degli incarichi - complementari - non retribuiti) potesse avere avuto la successiva legge n. 910 del 1969 (che prevede la facoltà, invece, degli studenti di predisporre piani di studio "diversi da quelli stabiliti dai vigenti ordinamenti didattici").
Il detto giudice a quo, con nuova ordinanza 15 luglio 1975, ha osservato:
1) che la rilevanza della questione di legittimità dell'art. 11 della legge 1967, n. 62, va (pur dopo il chiesto ed effettuato suo riesame) confermata.
Giacché, invero (pur prescindendo dal fatto che il problema si porrebbe, in ogni caso, "nei riguardi degli incarichi gratuiti conferiti, nella specie, anteriormente all'anno accademico 1969/70"), nessuna innovazione, ad avviso di esso Consiglio, sembra apportata (alla disciplina impugnata) dalla legge 1969 menzionata.
Ciò in quanto la facoltà, che (da tale ultima normativa) viene riconosciuta allo studente, di scegliere il proprio piano di studio, resterebbe, comunque, sempre subordinata all'approvazione (del piano stesso) da parte del Consiglio di Facoltà : il quale non potrebbe, ovviamente, prescindere dal parametro rappresentato dai "piani previsti dagli ordinamenti in vigore": con le correlate distinzioni tra insegnamenti fondamentali e complementari (circostanza, questa, confermata nella circolare del Ministero della pubblica istruzione n. 1485 del 1971);
2. - Che, d'altra parte, quanto alla questione sub b della precedente ordinanza - pur essendo nota la sentenza della Corte (emessa su ricorsi relativi a fattispecie analoghe) n. 11 del 1973 (dichiarativa della incostituzionalità dei commi secondo e terzo dell'art. 25 d.P.R. 1965, n. 749 "nella parte in cui dispongono che le retribuzioni fissate al primo comma vengano ridotte rispettivamente al 31% per gli incaricati interni ed al 38% per gli incaricati esterni, anziché stabilire che in entrambe le ipotesi venga ridotta del terzo la retribuzione minore") - resta un problema di "estensione, per quanto di ragione", di tale pronuncia, all'art. 20 d.P.R. n. 1079: che (nella precedente ricordata ordinanza della Sezione VI giurisdizionale del Consiglio di Stato n. 151 del 1972) risultava anche esso denunziato siccome (appunto) modificativo dell'art. 25 d.P.R. 1965, n. 749.
3. - Che, infine, doveva riproporsi anche la questione sub c - di legittimità del primo comma dell'art. 25 d.P.R. 1965, n. 749 e dell'art. 20 d.P.R. 1970 citato - già ritenuta rilevante e non manifestamente infondata.
Tutto ciò premesso, il Consiglio di Stato ha nuovamente rimesso gli atti alla Corte "per la pronuncia sulla conformità agli artt. 3 e 36 della Costituzione delle norme di legge di cui alla precedente ordinanza 151 del 1972".
4. - Nel giudizio si sono costituite le parti private concludendo nel senso della declaratoria di illegittimità dell'art. 11 della legge 1967, n. 62 (quantomeno per il periodo anteriore alla entrata in vigore della legge 1969, n. 910) e di tutte le altre norme denunziate, in adesione ai rilievi già dal giudice a quo formulati.
Si é, altresì, costituito il Ministero della pubblica istruzione, per mezzo dell'Avvocatura dello Stato, che ha contestato la fondatezza delle sollevate questioni: in particolare, quanto a quella sub art. 11 legge 1967 citata, in considerazione del fatto che la norma denunziata non conterrebbe la ravvisata previsione di conferibilità di incarichi gratuiti.
Considerato in diritto
1. - Come in narrativa più dettagliatamente esposto, il Consiglio di Stato - Sez. VI giurisdizionale - avendo, a seguito dell'ordinanza di restituzione degli atti n. 12 del 1973 di questa Corte, integrato sul punto della rilevanza (anche in relazione alla legge 1969, n. 910, contenente "Provvedimenti urgenti per l'Università "), la motivazione di cui alla propria precedente ordinanza 18 aprile 1972 - ripropone, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, le questioni (ivi già sollevate) di legittimità costituzionale:
a) dell'art. 11, comma primo, legge 1967, n. 62 "nel punto in cui implicitamente consente il conferimento di incarichi senza retribuzione";
b) degli artt. 25, commi secondo e terzo, d.P.R. 1965, n. 749, e 20 d.P.R. 1970, n. 1079, "nella parte in cui stabiliscono una disciplina ingiustificatamente differenziata del cumulo di retribuzioni per gli incaricati di insegnamento universitario";
c) degli artt. 25, comma primo, d.P.R. 1965, n. 749, e 20 d.P.R. 1970, n. 1079 "nel punto in cui prevedono retribuzioni differenziate a seconda della qualifica di provenienza dell'incaricato".
2. - La prima delle sopra enunciate questioni investe - come detto - l'art. 11, comma primo, della legge 1967, n. 62.
La norma, stabilendo il numero massimo degli incarichi universitari retribuiti conferibili, consentirebbe, infatti, secondo il giudice a quo, il conferimento di incarichi senza retribuzione; e proprio per tale ragione verrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione.
3. - Oppone, però, l'Avvocatura - nel contesto della formulata eccezione di non fondatezza della questione - che la norma impugnata nulla, in realtà, disporrebbe, né espressamente né implicitamente, circa la possibilità di conferire incarichi non retribuiti.
Analogamente, una previsione di gratuità dell'incarico mancherebbe anche nella disposizione (richiamata in motivazione dal Consiglio di Stato in collegamento a quella denunziata) di cui all'art. 21, comma nono, della legge 1958, n. 311; la quale si limiterebbe ad identificare l'organo legittimato al conferimento degli incarichi e sarebbe stata, comunque, abrogata dal comma quarto dell'art. 5 della successiva legge 1962, n. 16.
La possibilità di svolgere, nell'ambito della Facoltà, corsi di insegnamento non retribuiti si troverebbe, invece - sempre ad avviso dell'Avvocatura - unicamente prevista dall'art. 63, comma quarto, r.d. 6 aprile 1924, n. 674: il quale, per altro, non verrebbe in questa sede in discussione, per non essere stato investito da specifica impugnazione.
Il rilievo dell'Avvocatura non é esatto.
A parte l'inconferenza del richiamo all'art. 63 del r.d. 1924 cit., che esula dalla materia in argomento (inserendosi nella pregressa disciplina dell'insegnamento a titolo privato nelle Università : con la previsione della facoltà dei liberi docenti di rinunziare alle tasse, che secondo il decreto stesso sarebbero loro dovute direttamente dagli studenti), deve, invero, convenirsi che il fenomeno della gratuità dell'incarico é evenienza di fatto che la legislazione statuale non ha ignorato, sibbene più volte disciplinato.
Ne danno conferma già l'art. 9 del r.d. 1935, n. 1071, che prescrive il nulla osta del Ministro della pubblica istruzione per l'assegnazione di incarichi: i quali, secondo l'art. 112 del t.u. (sull'istruzione superiore) n. 1592 del 1933 potevano essere anche "senza retribuzione"; l'art. 21, comma nono, della menzionata legge 311 del 1958 che richiedeva il decreto del Ministro per il conferimento (che, ex art. 5 della successiva legge 1962, n. 16, é diventato di competenza del Rettore, previo sempre, però, nulla osta ministeriale) degli incarichi di insegnamento, tra questi compresi quelli, dall'art. 9 della stessa legge del 1958 definiti "a titolo gratuito"; l'art. 12, inoltre, della legge 1967, n. 62, che stabilisce imiti al numero degli incarichi conferibili, e ciò sia per i gratuiti come per i retribuiti.
Deve, per ciò, concludersi che la disposizione impugnata (in connessione alle altre superiormente ricordate) effettivamente presuppone ed autorizza l'esplicazione di attività di insegnamento universitario senza retribuzione.
E, in relazione a tale (sia pur implicito) contenuto, la verifica di costituzionalità della norma, rispetto ai parametri di cui agli artt. 3 e 36 della Costituzione, é, pertanto, correttamente invocata.
4. - La questione é, però, non fondata.
Non v'é dubbio che le mansioni svolte dall'incaricato a titolo gratuito sono le stesse che esplica l'incaricato retribuito e che identica (a parte, ovviamente, il trattamento economico) é anche la complessiva disciplina dei rispettivi rapporti (cfr. art. 2 r.d.l. 1946, n. 534): oggetto dei quali sono una attività di insegnamento, in ogni caso, a titolo ufficiale e una attività di ricerca, nell'ambito della libertà che a ciascuna di esse é connaturale.
Ciò non pertanto la possibilità del conferimento di incarichi non retribuiti resta giustificata.
Pur prescindendo dal riferimento (che, con riguardo all'attività di insegnamento - anche gratuito - non sarebbe puntuale) alla "funzione onoraria" a cui si é invece riferita la Corte per ritenere la legittimità delle norme sulla gratuità dell'ufficio di conciliatore e sulla limitata compensabilità delle prestazioni di componenti commissioni elettorali con le sentenze 1971, n. 70, e 1965, n. 67), é decisivo, infatti, il rilievo assolutamente peculiare che nella specie assumono gli elementi caratterizzanti della possibilità di larghi margini di autonomia per lo svolgimento di altre attività professionali (che restano consentite ed anzi di fatto agevolate, nei limiti in cui la titolarità dell'incarico può tradursi in ulteriore qualificazione professionale) e soprattutto della libera scelta, che, nella esaminata ipotesi, attiene non al solo momento dell'accettazione dell'ufficio, sibbene si radica in un momento anteriore, quale quello della richiesta, che spontaneamente proviene dallo stesso interessato.
Gli é, in realtà, che l'insegnamento universitario - anche quando non procura diretti corrispettivi economici - resta attività pur sempre ambita, in vista di finalità che (anche a prescindere dalla prospettiva, per altro normalmente ricorrente, di un inquadramento definitivo) riguardano la stessa acquisizione di elementi di miglioramento ed affinamento delle attitudini e qualità del soggetto interessato.
Ne dà conferma la genesi stessa del fenomeno esaminato, sorto in risposta ad esigenze delle Università, per la copertura di corsi che non si era in grado di retribuire, ed anche degli stessi aspiranti docenti, cui si intendeva consentire, nella maniera più estesa possibile, l'accesso all'insegnamento.
A ciò deve, poi, aggiungersi l'elemento ('di cui si é in precedenza fatto cenno) del prestigio, che l'esplicazione dell'attività di insegnamento, appunto, conferisce al docente e che é suscettibile di tradursi in concreti vantaggi nell'ambito dell'attività professionale che il medesimo collateralmente svolga.
Si tratta - é pur vero - di vantaggi potenzialmente conseguibili anche dall'incaricato retribuito e, comunque, eventuali (la cui verificabilità in concreto dipende, caso per caso, dalla possibilità che il docente abbia di utilizzare in maniera più o meno proficua il suo tempo libero).
Gli é però che, nel caso dell'insegnamento gratuito, il fatto stesso dell'accettazione (ed anzi della richiesta) dell'incarico (pur) senza retribuzione lascia fondatamente presumere che - per valutazione dello stesso interessato - le condizioni per la realizzazione dei vantaggi sopra detti sussistono effettivamente in concreto.
Deve quindi concludersi - tenendo presenti gli elementi che caratterizzano l'incarico gratuito ed in considerazione della intensità e della maniera (reciprocamente combinata) con cui incidono nel relativo rapporto - che non si verifica nella specie, in ragione della mancanza di un corrispettivo economico, violazione dei precetti di cui agli articoli della Costituzione 3 e 36 richiamati.
5. - La seconda questione - di legittimità costituzionale degli artt. 25, commi secondo e terzo, d.P.R. 1965, n. 749, e 20 d.P.R. 1970, n. 1079, "per la parte in cui, discostandosi dalla disciplina generale del trattamento di cumulo consentito di pubblici impieghi, di cui all'art. 99 r.d. 1923, n. 2960, stabiliscono una retribuzione minore per gli incarichi di insegnamento universitario" - é, a sua volta, manifestamente infondata, per quanto riguarda l'art. 25, commi secondo e terzo, citato, il quale é già stato dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza di questa Corte n. 11 del 1972; ed inoltre non fondata, per quanto attiene all'art.20 d.P.R. 1970, n. 1079, nei cui riguardi (contrariamente a quanto mostra di ritenere il giudice a quo) non va estesa la declaratoria di cui alla sentenza indicata, trattandosi di norma che riguarda la determinazione della retribuzione, e non già della sua percentuale di riduzione in caso di cumulo.
6. - Non fondata é, infine, anche la terza questione di legittimità del primo comma dell'art. 25 d.P.R. 1965 citato.
La disposizione impugnata (contrariamente a quanto dedotto) non prevede, infatti, una ingiustificata diversificazione della retribuzione di prestazioni identiche, sibbene, in realtà, prevede una progressione economica per i professori incaricati, razionalmente collegata a determinati titoli scientifici; il conseguimento dei quali presuntivamente incide, in senso migliorativo, sulla qualità stessa della prestazione, che - ex art. 36 della Costituzione - é pur un elemento di riferimento della retribuzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, con l'ordinanza del Consiglio di Stato indicata in epigrafe - dell'art. 25, commi secondo e terzo, del d.P.R.5 giugno 1965, n.749 (Conglobamento dell'assegno mensile e competenze analoghe del personale statale), già dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza della Corte n. 11 del 1973;
dichiara non fondate:
a) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma primo, della legge 24 febbraio 1967, n. 62 (Nuova disciplina degli incarichi di insegnamento universitario), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, con l'ordinanza del Consiglio di Stato di cui sopra;
b) la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, comma primo, del d.P.R. 1965, n. 749, citato, sollevata, rispetto ai medesimi parametri, con l'ordinanza medesima;
c) le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 20 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079 (Nuovi stipendi del personale delle Amministrazioni dello Stato), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, con la stessa ordinanza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 gennaio 1977.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 20 gennaio 1977.